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Articolo 2501 bis Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 31/01/2024]

Fusione a seguito di acquisizione con indebitamento

Dispositivo dell'art. 2501 bis Codice Civile

Nel caso di fusione tra società, una delle quali abbia contratto debiti per acquisire il controllo dell'altra, quando per effetto della fusione il patrimonio di quest'ultima viene a costituire garanzia generica o fonte di rimborso di detti debiti, si applica la disciplina del presente articolo.

Il progetto di fusione di cui all'articolo 2501 ter deve indicare le risorse finanziarie previste per il soddisfacimento delle obbligazioni della società risultante dalla fusione.

La relazione di cui all'articolo 2501 quinquies deve indicare le ragioni che giustificano l'operazione e contenere un piano economico e finanziario con indicazione della fonte delle risorse finanziarie e la descrizione degli obiettivi che si intendono raggiungere.

La relazione degli esperti di cui all'articolo 2501 sexies, attesta la ragionevolezza delle indicazioni contenute nel progetto di fusione ai sensi del precedente secondo comma.

Al progetto deve essere allegata una relazione del soggetto incaricato della revisione legale dei conti della società obiettivo o della società acquirente.

Alle fusioni di cui al primo comma non si applicano le disposizioni degli articoli 2505 e 2505 bis.

Ratio Legis

L'utilità della fusione a seguito di acquisizione con indebitamento è quella di consentire alla società incorporante di ottenere un finanziamento, che non sarebbe in grado di garantire con il proprio patrimonio, facendo leva sul patrimonio della società incorporata.

Spiegazione dell'art. 2501 bis Codice Civile

Il c.d. leveraged buy out (L.B.O.) è l'operazione con cui una società (preesistente oppure costituita allo scopo), ottenuto un finanziamento da parte di una banca, acquista una partecipazione di controllo o, addirittura, totalitaria di un'altra società, quest'ultima detta "società bersaglio". Quindi viene deliberata la fusione, c.d. merger leveraged buy out (M.L.B.O.) mediante incorporazione della società bersaglio nella società che ha acquisito le partecipazioni. A seguito della fusione, i patrimoni delle due società si unificano, con la conseguenza che il patrimonio della società bersaglio-incorporata, divenuto ormai patrimonio della società incorporante, costituisce il mezzo utilizzato per rimborsare il debito contratto dalla incorporante per procedere all'acquisizione della società bersaglio (CAMPOBASSO).

Il legislatore, con la riforma del diritto societario (D. Lgs. 6/2003), introducendo tale norma, ha chiarito i dubbi della dottrina stabilendo che l'operazione in questione è lecita, ma ha previsto un procedimento più gravoso di quello ordinario.
I presupposti per l'operazione sono i seguenti:
  1. una delle due società abbia contratto debiti;
  2. tali debiti siano stati contratti per acquisire il controllo dell'altra società;
  3. la garanzia del debito sarà costituita dal patrimonio della società acquisita.
Il procedimento più gravoso si applica anche quando l'operazione realizza una incorporazione di società interamente posseduta o posseduta al 90%, per cui la fusione dovrebbe essere semplificata (v. artt. 2505 e 2505 bis).
La finalità è quella di evitare comportamenti distorsivi del mercato e dell'economia posti in essere sfruttando la leva finanziaria attuata mediante l'acquisto del controllo di società con finanziamenti destinati ad essere garantiti o rimborsati con il patrimonio delle medesime società acquistate.

La normativa in esame è inderogabile e non sono rinunciabili, neppure all'unanimità, le relazioni degli amministratori (2501 quinquies) e degli esperti (2501 sexies).


Relazione al D.Lgs. 6/2003

(Relazione illustrativa del decreto legislativo recante: "Riforma organica della disciplina delle società di capitali e società cooperative, in attuazione della legge 3 ottobre 2001, n. 366.")

14 DELLA FUSIONE E DELLA SCISSIONE Per quel che riguarda il tema delle fusioni, l'indicazione contenuta nella legge-delega di "semplificare e precisare il procedimento" doveva coniugarsi con l'esigenza di rispettare i vincoli di derivazione comunitaria (e, in particolare, quelli imposti dalla direttiva 78/855/CEE del 9.10.1978, cui – nel nostro Paese – è stata data attuazione in forza del d. lgs 16.1.1991, n. 22). Si è così ritenuto di operare su due piani: a) da un lato – per quanto riguarda le fusioni cui partecipano società il cui capitale è rappresentato da azioni (alle quali si applicano le previsioni della sopramenzionata direttiva comunitaria) – sfruttando, al fine di "semplificare e precisare il procedimento", taluni margini consentiti dalla direttiva stessa e non "sfruttati" dal d. lgs. n. 22/1991; b) da altro lato – per quanto riguarda le fusioni cui, invece, non partecipano società il cui capitale è rappresentato da azioni (alle quali non trovano applicazione le previsioni della sopramenzionata direttiva comunitaria) – derogando altresì, sempre al fine di "semplificare e precisare il procedimento", a talune indicazioni previste come tassative dalla direttiva stessa. Così: Dal primo punto di vista, si è utilizzato il margine di discrezionalità consentito agli Stati membri dall'art. 1, comma 3°, della direttiva per eliminare l'attuale previsione secondo cui "la partecipazione alla fusione non è consentita alle società sottoposte a procedure concorsuali" (art. 2501 del c.c., comma 2°); si è espressamente consentita una (seppure estremamente limitata) possibilità di modifica del progetto di fusione in sede di approvazione della fusione stessa (art. 2502 del c.c., comma 2°); si è cercato di trovare un miglior contemperamento tra l'esigenza di celerità del procedimento di fusione e quella di tutela dei creditori sociali (art. 2503 del c.c., commi 1°, 2° e 3°); si è sfruttato il margine di discrezionalità concesso agli Stati membri dagli artt. 25 e 27 della direttiva per consentire, in ipotesi di fusione per incorporazione di una o più società in un'altra che possiede almeno il 90% di tutte le loro azioni o quote, che l'approvazione della fusione stessa venga effettuata dall'organo amministrativo (art. 2505 del c.c., comma 2°; art. 2505-bis, comma 2°), ecc.; Dal secondo punto di vista – con riferimento alle fusioni cui non partecipano società il cui capitale è rappresentato da azioni – si è prevista (all'art. 2505 quater), proprio al fine di ulteriormente semplificare ed accelerare il procedimento di fusione, tutta una serie di deroghe al modello di derivazione comunitaria. Per quel che concerne le operazioni di leveraged buyout – relativamente alle quali la legge-delega (art. 7, comma 1°, lett. d) demandava al legislatore delegato di "prevedere che le fusioni tra società, una delle quali abbia contratto debiti per acquisire il controllo dell'altra, non comportano violazione del divieto di acquisto e di sottoscrizione di azioni proprie, di cui, rispettivamente, agli articoli 2357 e 2357 quater del codice civile, e del divieto di accordare prestiti e di fornire garanzie per l'acquisto o la sottoscrizione di azioni proprie, di cui all'articolo 2358 del codice civile" – si sono indicate le condizioni cui dette fusioni devono sottostare (art. 2501-bis). Infine, si sono introdotte specifiche previsioni per dare attuazione, da un alto, all'indicazione della legge– delega (art. 7, comma 1, lett. c) che impone al legislatore delegato di "disciplinare i criteri di formazione del primo bilancio successive alle operazioni di fusione" (cfr. art. 2504-bis, comma 4°) e, da altro lato, a quelle (art. 7, comma 1, lett. b) di "disciplinare possibilità, condizioni e limiti delle (…) fusioni eterogenee" (cfr. art. 2502, comma 2°; art. 2504-bis, comma 5°). Anche per quel che riguarda le scissioni, è stato necessario contemperare le indicazioni contenute nella legge delega con l'esigenza di rispettare i vincoli di derivazione comunitaria (e, in particolare, quelli imposti dalla direttiva 82/891/CEE del 17.12.1982, cui – nel nostro Paese – è stata data attuazione in forza del d. lgs. 16.11.1991, n. 22). Si è così provveduto – come già in tema di fusione – a sfruttare taluni margini consentiti dalla direttiva e non "sfruttati" dal d. lgs. n. 22/1991). Il che è stato fatto, da un lato, facendo ampio ricorso alla tecnica del rinvio alle nuove norme in tema di fusione e, da latro lato, a previsioni specifiche, quale quella (art. 2506 del c.c., comma 2°) che consente "un conguaglio in denaro, purché non superiore al dieci per cento del valore nominale della azioni o quote attribuite" ai soci della società scissa, ovvio quello (art. 2506, comma 2°) che consente "che, per consenso unanime, ad alcuni soci non vengano distribuite azioni di una delle società beneficiarie della scissione, ma azioni della società scissa"; o, ancora, quella (art. 2506-bis, comma 3°) che contempla che, per gli "elementi del passivo, la cui destinazione non è desumibile dal progetto", "la responsabilità solidale è limitata all'attivo netto attribuito in ciascuna società beneficiaria", o, infine, quello (art. 2506-bis, comma 4°) che preveda che, "nell'ipotesi in cui le azioni delle società beneficiarie sono attribuite agli azionisti della società scissa non proporzionalmente ai loro diritti sul capitale di tale società, gli azionisti minoritari possono esercitare il diritto di far acquistare le proprie azioni al valore corrente concordemente determinato, ovvero a quello che, in mancanza di accordo, sarà determinato dal giudice". Da un punto di vista terminologico si è ritenuto opportuno in tema di scissione caratterizzare i suoi riflessi sui beni in termini di "assegnazione" e non di "trasferimento". Ciò anche la fine di chiarire, come riconosciuto da giurisprudenza consolidata, che nell'ipotesi di scissione medesima non si applicano le regole peculiari dei trasferimenti dei singoli beni (ad esempio relative alla situazione edilizia degli immobili).

Massime relative all'art. 2501 bis Codice Civile

Cass. civ. n. 3193/2013

Il termine dilatorio di un mese, previsto dall'art. 2501 bis c.c. (nel testo anteriore alla riforma di cui al d.l.vo 17 gennaio 2003, n. 6), che deve intercorrere tra la pubblicazione del progetto di fusione e la relativa delibera di approvazione, è dettato dalla legge nell'interesse esclusivo dei soci, i quali pertanto possono rinunciarvi. Ne consegue che legittimamente una società commerciale, nell'epoca in cui le era consentito utilizzare il disavanzo di fusione per compensare eventuali plusvalenze (e cioè prima dell'entrata in vigore dell'art. 27 della legge 23 dicembre 1994, n. 724), poteva approvare la delibera di fusione senza attendere il suddetto termine, a nulla rilevando che, ove esso fosse stato rispettato, la società incorporante a causa di sopravvenute modifiche normative non avrebbe potuto trarre alcun beneficio fiscale dall'operazione di fusione.

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F.C. chiede
giovedì 09/09/2021 - Lombardia
“Buongiorno,
SRL 1 intende acquisire altra SRL mediante un'operazione di merger leverage buy out.
Con questa operazione, disciplinata dall'art.2501-bis c.c., la liquidità della società target rappresenta la garanzia per procedere con la richiesta di un finanziamento bancario per l'acquisto delle quote e la successiva fusione per incorporazione di SRL 1 in SRL 2 e si supererebbe il limite previsto dall'art.2474 c.c.

Dal momento che le banche interpellate stanno impiegando molto tempo a rispondere, la società sarebbe intenzionata a procedere in autonomia come segue:
FASE 1. acquisto di quote e pagamento rateale;
FASE 2. una volta perfezionatasi la cessione quote, SRL 1 diventa socio al 100% di SRL2 ed SRL 2 eroga un finanziamento soci "ascendente" alla controllante SRL 1; SRL 1 utilizza la disponibilità liquida così ricevuta per procedere al pagamento delle rate del prezzo di cessione quote;
FASE 3. SRL 2 incopora al 100% SRL 2.

La domanda è: tale operazione (senza finanziamento bancario) è in violazione dell'art.2474 c.c.?

Grazie.
Cordiali saluti”
Consulenza legale i 22/09/2021
L’operazione che si propone di attuare, una fusione a seguito di acquisizione con indebitamento, consiste proprio nella fusione di due società, una delle quali ha contratto un debito per acquisire il controllo sull’altra, mentre il patrimonio della seconda costituisce garanzia o fonte di rimborso del debito contratto dalla prima per l’acquisizione.

Con la riforma del diritto societario si è data espressa previsione codicistica alle operazioni di merger leverage buy out, denominate appunto "Fusione a seguito di acquisizione con indebitamento"; le ragioni della riforma si rinvengono espressamente nella relazione ministeriale, da cui emerge l’intenzione di prevedere operazioni che non comportino violazione del divieto di acquisto e di sottoscrizione di azioni proprie, di cui, rispettivamente, agli art. 2357 del c.c. e art. 2357 quater del c.c., e del divieto di accordare prestiti e di fornire garanzie per l'acquisto o la sottoscrizione di azioni proprie, di cui all'art. 2358 del c.c..
L’art. 2474 del c.c. ripropone sostanzialmente il medesimo divieto previsto per le società per azioni all’art. 2358 del c.c., cioè quello di accordare prestiti o fornire garanzie per l'acquisto di quote rappresentative del proprio capitale; di conseguenza l’operazione di fusione a seguito di acquisizione con indebitamento, prevista dagli artt. 2501 bis ss. c.c., consente di oltrepassare il limite imposto dall’art. 2474 del c.c. ed è perfettamente valida, con le dovute formalità imposte dalla citata normativa.

Si tratta, in ogni caso, di un’operazione piuttosto complessa che rientra nel novero delle operazioni straordinarie.
Una fusione di questo tipo deve sottostare alla disciplina di cui all’art. 2501 bis del c.c., il quale, anche rinviando agli art. 2501 ter del c.c., art. 2501 quater del c.c., art. 2501 quinquies del c.c., art. 2501 sexies del c.c., prescrive le formalità che è necessario rispettare.
L’ordinamento, infatti, prescrive che vengano presentate tre specifiche documentazioni, il cui contenuto, rispetto alle tre classiche fasi che caratterizzano la fusione in generale, deve seguire specifiche formalità: il progetto di fusione, che deve indicare le risorse finanziarie previste per il soddisfacimento delle obbligazioni della società risultante dalla fusione e che deve avere il contenuto di cui all’art. 2501 ter; la relazione degli amministratori di cui all’art. 2501 quinquies, che chiarifichi il progetto di fusione e il rapporto di cambio delle quote, sotto un profilo sia giuridico che economico; la relazione degli esperti di cui all’art. 2501 sexies, che definisca e certifichi la ragionevolezza dell’operazione.

Il procedimento tipico di attuazione dell'operazione è scandito in più fasi.
In primo luogo viene costituita di una nuova società, normalmente non dotata di mezzi propri sufficienti a procedere all'acquisizione (detta newco); in alternativa, l’operazione può scaturire anche da una società esistente (la futura controllante).
In secondo luogo, interviene la contrazione da parte della newco (o della futura controllante) di un prestito, normalmente con un istituto bancario, finalizzato all'acquisizione del controllo di un'altra società (la futura controllata, detta target), prospettando al creditore la ragionevole aspettativa di conseguire la restituzione del prestito sulla base del patrimonio o del cash flow della target e spesso garantito con pegno sulle quote della stessa.
Successivamente, la newco acquisisce tutto o parte del capitale sociale della target, così da assumerne il controllo.
Infine si procede alla fusione tra newco e target, la quale, producendo la confusione dei patrimoni delle società fuse, fa sì che il debito contratto da newco per l'acquisizione venga a gravare sul patrimonio di target; non di rado, a fusione attuata, al pegno sulle quote di target viene sostituita una garanzia reale su beni già appartenenti al patrimonio di questa.

Tanto premesso, il ritardo delle banche nella concessione del finanziamento, certamente introduce un elemento di disturbo alla procedura “standard”, ma non la inficia completamente, lasciando intatta la possibilità di ricondurre l’operazione nell’alveo dell’art. 2501 bis, superando così il limite di cui all’art. 2474.
Nulla vieta, infatti, che il debito contratto per l'acquisizione del controllo derivi dal pagamento del saldo prezzo della vendita alla controllante delle quote di controllo della controllata (così ritiene la dottrina maggioritaria: L. PICONE, M.S. SPOLIDORO, M L. ARDIZZONE).
Tale obbligazione infatti senza dubbio costituisce un debito contratto dalla controllante per acquisire il controllo della controllata ed anzi trattasi di un'ipotesi in cui la finalizzazione dell'assunzione del debito è in re ipsa.

Sembrerebbe, tuttavia, opportuno svolgere l’operazione secondo un ordine cronologico differente da quello prospettato nel quesito, cioè invertendo le fasi 2 e 3; effettuando, così, prima la fusione per incorporazione
Tale passaggio, infatti, producendo la confusione dei patrimoni delle società fuse, comporterà che la società incorporante (risultante dalla fusione) potrà da sola corrispondere il prezzo delle quote, cioè il debito insorto per l’acquisizione della controllata da parte della controllante.
Dovrebbe essere possibile, così, qualificare l'operazione come fusione a seguito di acquisizione con indebitamento e, di conseguenza, rientrare nell'ambito applicativo degli artt. 2501 bis ss c.c..