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Articolo 2467 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 07/03/2024]

Finanziamenti dei soci

Dispositivo dell'art. 2467 Codice Civile

Il rimborso dei finanziamenti dei soci a favore della società è postergato rispetto alla soddisfazione degli altri creditori(1).

Ai fini del precedente comma s'intendono finanziamenti dei soci a favore della società quelli, in qualsiasi forma effettuati, che sono stati concessi in un momento in cui, anche in considerazione del tipo di attività esercitata dalla società, risulta un eccessivo squilibrio dell'indebitamento rispetto al patrimonio netto oppure in una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento(2).

Note

(1) Comma così modificato dal D. Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, come modificato dal D.L. 30 aprile 2022, n. 36.
(2) La Legge 27 dicembre 2017, n. 205 ha disposto (con l'art. 1, comma 239) che "L'articolo 2467 del codice civile non si applica alle somme versate dai soci alle cooperative a titolo di prestito sociale".

Ratio Legis

Scopo della norma, ritenuta peraltro applicabile anche alle s.p.a., è quello di evitare che i soci, optando per il finanziamento in luogo della ricapitalizzazione, giungano a trasferire parte del rischio d'impresa sui creditori.

Spiegazione dell'art. 2467 Codice Civile

La norma detta una disciplina specifica circa la sorte dei finanziamenti effettuati dai soci in favore della società.
Una tale previsione è stata introdotta al fine di contenere il potenziale rischio per i creditori insito in simili operazioni, mediante le quali usualmente i soci mirano a porsi sullo stesso piano dei creditori, titolari di un credito fisso nei confronti della società, pur continuando ad esercitare i diritti e i poteri che la legge concede invece a coloro che sopportino il rischio d’impresa, ovverosia ai soci.
A tal proposito, la disposizione prevede che la soddisfazione del credito alla restituzione del finanziamento sia postergata rispetto alla soddisfazione degli altri creditori, purché il finanziamento sia stato concesso:
- in un momento di eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto della società;
- in circostanze che rendevano preferibile l’apporto di risorse a titolo di conferimento.

Nonostante la norma sembri indicare due presupposti distinti, secondo la giurisprudenza il presupposto della postergazione sarebbe unitario e consisterebbe nel rischio d’insolvenza, da verificarsi sia con riferimento al momento della concessione del prestito, sia con riferimento al momento della sua restituzione.

La regola della postergazione implica l’inesigibilità del credito del socio sino all’avvenuta soddisfazione di tutti gli altri creditori, nonché l’inefficacia dell’eventuale rimborso disposto dalla società, che potrà essere oggetto di revocatoria ordinaria, alla condizione che la situazione di crisi fosse conosciuta o conoscibile dal socio e sussistesse al momento dell’erogazione del finanziamento e a quello della sua restituzione.
Qualora tuttavia il finanziamento sia stato rimborsato nell’anno che precede l’apertura della liquidazione giudiziale, sui soci graverà ipso iure un obbligo di restituzione di quanto ricevuto dalla società e il commissario giudiziale potrà promuovere avverso il socio l’azione revocatoria fallimentare, esperibile a prescindere dall’effettiva conoscenza o conoscibilità dello stato d’insolvenza e dalla sua sussistenza al momento della restituzione.

È discusso inoltre se l’operatività della norma presupponga o meno l’apertura di una procedura concorsuale. In merito, secondo l’orientamento prevalente in dottrina e giurisprudenza, la regola avrebbe natura sostanziale e sarebbe destinata a trovare applicazione anche al di fuori del concorso formale dei creditori.

Infine, va sottolineato che la giurisprudenza maggioritaria e la dottrina propendono per l’applicabilità della norma in commento anche alle società per azioni, sebbene la relativa disciplina non contempli alcuna previsione in merito.

Relazione al D.Lgs. 6/2003

(Relazione illustrativa del decreto legislativo recante: "Riforma organica della disciplina delle società di capitali e società cooperative, in attuazione della legge 3 ottobre 2001, n. 366.")

Massime relative all'art. 2467 Codice Civile

Cass. civ. n. 21422/2022

In tema di finanziamento dei soci in favore della società, il diritto al rimborso del finanziamento sorge postergato, ex art. 2467 c.c., qualora erogato in situazione di difficoltà finanziaria o di squilibrio patrimoniale della società, e tale carattere permane sia nel caso in cui il socio fuoriesca dalla società per mancato esercizio del diritto di opzione, sia allorchè egli abbia ceduto la propria partecipazione comprensiva del diritto alla restituzione della somma mutuata, in considerazione della finalità di tutela dei creditori che la norma citata mira a perseguire; ne deriva che ove tale esigenza venga meno, a seguito del superamento delle difficoltà patrimoniali e finanziarie della società, il credito restitutorio ritorna pienamente esigibile in via ordinaria, anche se in quel momento non siano stati ancora adempiuti gli altri debiti sociali.

Cass. civ. n. 20649/2019

In tema di insinuazione allo stato passivo, il credito derivante dal finanziamento alla società fallita in qualunque forma effettuato dal socio, in una situazione finanziaria in cui sarebbe stato ragionevole un conferimento ai sensi dell'art. 2467 c.c., va ammesso al concorso con il rango postergato non essendo equiparabile ad un credito chirografario.

Cass. civ. n. 12994/2019

In tema di finanziamento dei soci in favore della società, la postergazione disposta dall'art. 2467 c.c. opera già durante la vita della società e non solo nel momento in cui si apra un concorso formale con gli altri creditori sociali, integrando una condizione di inesigibilità legale e temporanea del diritto del socio alla restituzione del finanziamento sino a quando non sia superata la situazione di difficoltà economico-finanziaria prevista dalla norma; ne consegue che la società è tenuta a rifiutare al socio il rimborso del finanziamento, in presenza della indicata situazione, ove esistente al momento della concessione del finanziamento, ed a quello della richiesta di rimborso, che è compito dell'organo gestorio riscontrare mediante la previa adozione di un adeguato assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società, in grado di rilevare la situazione di crisi.

In caso di azione giudiziale del socio per la restituzione del finanziamento effettuato in favore della società, il giudice del merito deve verificare se la situazione di crisi prevista dall'art. 2467, comma 2, c.c. (eccessivo squilibrio nell'indebitamento o situazione finanziaria in cui sarebbe stato ragionevole un conferimento) sussista, oltre che al momento della concessione del finanziamento, anche a quello della decisione, trattandosi di fatto impeditivo del diritto alla restituzione del finanziamento rilevabile dal giudice d'ufficio, in quanto oggetto di un'eccezione in senso lato, sempre che la situazione di crisi risulti provata "ex actis", secondo quanto dedotto e prodotto in giudizio.

Cass. civ. n. 3017/2019

La nozione di "finanziamento dei soci a favore della società" di cui all'art. 2467 c.c. non comprende i soli contratti di credito, in quanto il secondo comma della stessa norma prevede che rientrino in quella categoria i finanziamenti effettuati "in qualsiasi forma" e, quindi, ogni atto che comporti un'attribuzione patrimoniale accompagnata dall'obbligo della sua futura restituzione, senza che rilevino la misura della partecipazione sociale e l'eventuale proposizione di azioni giudiziarie volte a recuperare il credito.

Cass. civ. n. 16348/2018

Nel concordato preventivo la proposta del debitore, di suddivisione dei creditori in classi, può prevedere il riconoscimento del diritto di voto a quei creditori che siano stati inseriti in apposita classe e postergati, perché titolari di crediti inerenti il rimborso ai soci di finanziamenti a favore della società, nelle ipotesi previste dall'art. 2467 c.c., purché il trattamento previsto per detti creditori sia tale da non derogare alla regola del loro soddisfacimento sempre posposto rispetto a quello, integrale, degli altri chirografari.

Cass. civ. n. 16291/2018

É estensibile ad altri tipi di società di capitali il disposto di cui all'art. 2467 c.c. che, nelle s.r.l., prevede la postergazione del rimborso del finanziamento del socio concesso in situazioni che renderebbero necessario un conferimento, perché la "ratio" della norma consiste nel contrastare i fenomeni di sottocapitalizzazione nominale delle società "chiuse". Tale disciplina deve trovare pertanto trovare applicazione anche al finanziamento del socio di una s.p.a., qualora le condizioni della società siano a quest'ultimo note, per lo specifico assetto dell'ente o per la posizione da lui concretamente rivestita, quando essa sia sostanzialmente equivalente a quella del socio di una s.r.l.

Cass. civ. n. 14056/2015

La "ratio" del principio di postergazione del rimborso del finanziamento dei soci posto dall'art. 2467 cod. civ. per le società a responsabilità limitata - consistente nel contrastare i fenomeni di sottocapitalizzazione nominale in società "chiuse", determinati dalla convenienza dei soci a ridurre l'esposizione al rischio d'impresa, ponendo i capitali a disposizione dell'ente collettivo nella forma del finanziamento anziché in quella del conferimento - è compatibile anche con altre forme societarie, come desumibile dall'art. 2497 quinquies cod. civ., che ne estende l'applicabilità ai finanziamenti effettuati in favore di qualsiasi società da parte di chi vi eserciti attività di direzione e coordinamento. Pertanto, con specifico riferimento alle società per azioni, occorre valutare in concreto se la stessa, per le sue modeste dimensioni o per l'assetto dei rapporti sociali (compagine familiare o, comunque, ristretta), sia idonea a giustificare l'applicazione della menzionata disposizione.

Cass. civ. n. 25585/2014

L'erogazione di somme, che a vario titolo i soci effettuano alle società da loro partecipate, può avvenire a titolo di mutuo oppure di apporto del socio al patrimonio della società. La qualificazione, nell'uno o nell'altro senso, dipende dall'esame della volontà negoziale delle parti, dovendo trarsi la relativa prova, di cui è onerato il socio attore in restituzione, non tanto dalla denominazione dell'erogazione contenuta nelle scritture contabili della società, quanto dal modo in cui il rapporto è stato attuato in concreto, dalle finalità pratiche cui esso appare essere diretto e dagli interessi che vi sono sottesi. (Nella specie, la S.C. ha respinto il ricorso avverso la sentenza impugnata, la quale aveva qualificato come finanziamenti i versamenti effettuati dai soci, sulla base del loro inserimento nello stato patrimoniale del bilancio societario sotto la voce "debiti verso altri finanziatori", nonché tenendo conto che il metodo ordinario utilizzato dalla società per fare fronte al deficit di cassa era quello del finanziamento).

Cass. civ. n. 12003/2012

Gli artt. 2467 e 2497 quinques c.c., nel testo introdotto dalla riforma societaria di cui al d.l.vo 17 gennaio 2003, n. 6, postergando in casi determinati il credito di rimborso dei soci, hanno introdotto una nuova disciplina di diritto sostanziale, non avente natura interpretativa, né processuale, ed applicabile in sede di liquidazione della società, incidendo in modo diretto sugli effetti giuridici del negozio di finanziamento; ne consegue che, in mancanza di una diversa disciplina sulla efficacia nel tempo in deroga all'art. 11 disp. prel. c.c., le predette norme non si applicano ai crediti dei soci nei confronti della società sorti per effetto di finanziamenti anteriori al 1° gennaio 2004, data di entrata in vigore della riforma.

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Orastron S. chiede
venerdì 18/06/2021 - Campania
“Buongiorno,
ho costituito a gennaio 2021 una Srl di cui sono unico socio ma non amministratore. In fase di avviamento ho preferito farmi carico di alcune spese come notaio, acquisto pc e altro. Per ogni spesa è stata fatta fattura intestata alla Srl e i pagamenti sono stati disposti tramite bonifico o carta di credito. Ora che la società è avviata e ha disponibilità di cassa vorrei chiedere il rimborso delle spese anticipate.
Come devo procedere e se c’è qualche formalità da rispettare, ho timore che il rimborso possa essere confuso come guadagno o altro.
Grazie mille”
Consulenza legale i 28/06/2021
I finanziamenti da parte dei soci alla società possono assumere essenzialmente due modalità.

Il finanziamento in conto capitale è un versamento eseguito dai soci e acquisito definitivamente dalla società, che non è tenuta a pagare alcun interesse. Il socio che ha eseguito il finanziamento in conto capitale non ha il diritto di chiederne la restituzione. È comunque possibile che la società deliberi la restituzione ai soci delle somme versate, pur non sussistendo un obbligo in tal senso, sotto forma di distribuzione delle riserve disponibili risultanti dal bilancio; restituzione che deve, tuttavia, avvenire necessariamente in proporzione alle quote di capitale sottoscritto, anche se i finanziamenti sono stati eseguiti in modo difforme. La società può impiegare le somma ricevute dai soci per eseguire investimenti, per coprire delle perdite, o anche imputarle alla successiva sottoscrizione di un vero e proprio aumento del capitale sociale (si parla, in quest’ultimo caso, di versamento in conto futuro aumento di capitale, a cui, per giurisprudenza, si applica la medesima disciplina).

La seconda modalità può consistere in un vero e proprio prestito, che il socio concede alla società, comportandosi come qualsiasi terzo. In questo caso non si tratta più di capitale di rischio, ma di un vero e proprio credito del socio verso la società, che dovrà essere restituito alla scadenza prevista, e che può anche essere produttivo di interessi (come un vero e proprio mutuo), oppure non esserlo, purché emerga una volontà in tal senso (sarebbe opportuno che la natura infruttifera sia espressa per iscritto).
La legge pone però delle limitazioni ben precise, per evitare che si verifichi, da parte della società, una raccolta del risparmio non autorizzata; infatti, ai sensi dell’art. 6 della delibera della Banca d’Italia del 19 luglio 2005 “Raccolta del risparmio da parte di soggetti diversi dalle banche”, il socio che fa il prestito alla società deve essere titolare di almeno il 2% del capitale sociale, e essere socio da almeno tre mesi (comma 2); inoltre l’atto costitutivo deve prevedere espressamente la possibilità di ricevere finanziamenti dai soci (comma 1).
La situazione da Lei descritta, pertanto, non può essere inquadrata in questa categoria di finanziamento.

Per stabilire se il socio abbia voluto eseguire un versamento in conto capitale o concedere un prestito alla società, distinzione spesso alquanto complessa, visto l’utilizzo frequente di terminologie imprecise, la giurisprudenza tiene conto del concreto atteggiarsi del rapporto e delle finalità che è diretto a soddisfare. La previsione di interessi rivela senza dubbio che si tratta di un mutuo, mentre la proporzionalità tra le quote sociali e le somme versate fa propendere per il versamento in conto capitale.

È anche dal punto di vista fiscale che la distinzione tra le due ipotesi è importante, nello specifico per quanto riguarda l’imposta di registro.
Il finanziamento in conto capitale non è soggetto ad alcuna imposta, eccetto l’imposta di registro fissa (168 euro), ma soltanto se successivamente si delibera il passaggio a capitale del finanziamento, oppure la restituzione ai soci delle somme versate, sotto forma di distribuzione delle riserve disponibili risultanti dal bilancio.
Il prestito concesso alla società dal socio, invece, è soggetto all’imposta di registro con l’aliquota del 3%, come previsto dall'art. 9 del T.U.R.. L’esenzione, infatti, si applica soltanto ai finanziamenti in conto capitale, ovvero senza obbligo di restituzione, perché solo quelli risultano equiparati, ai fini fiscali, al conferimento nella società di capitale di rischio. Per evitare la tassazione immediata si può però concordare il prestito mediante scambio di lettere raccomandate tra la società e il socio (lettera di richiesta di finanziamento da parte della società e di adesione del socio), da registrare solo in caso d’uso.

Per quanto riguarda le imposte sul reddito, per evitare che i finanziamenti dei soci, di qualsiasi tipo, siano considerati produttivi di interessi (sui quali i soci dovrebbero pagare le tasse) occorre inserire nel bilancio la causale “Debiti verso soci per finanziamenti infruttiferi”.
In caso contrario, gli interessi attivi corrisposti dalla società al socio relativamente a finanziamenti fruttiferi vanno assoggettati a tassazione come redditi d’impresa, se i percipienti sono soggetti imprenditori ovvero come redditi di capitale, se percepiti al di fuori dell’esercizio dell’attività d’impresa, ai sensi dell’art. 44 del T.U.I.R., comma 1, lett. a).

In ogni caso, vige la regola di cui all’art. 2467 del c.c. della postergazione del rimborso dei finanziamenti eseguiti dai soci rispetto al soddisfacimento degli altri creditori sociali, pertanto il rimborso del finanziamento può avvenire solo quando siano stati pagati tutti gli altri debiti della società, anche se tale regola vale nell’eventualità in cui tali finanziamenti siano stati concessi in un momento in cui risulta un eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto oppure in una situazione in finanziaria in cui sarebbe stato più opportuno un conferimento.

Nel caso di specie, pertanto, la società può deliberare la restituzione delle somme da Lei anticipate, sotto forma di distribuzione delle riserve disponibili risultanti dal bilancio. La restituzione, tuttavia, deve avvenire necessariamente in proporzione alle quote di capitale sottoscritto, con la tassazione sopra descritta.
In ogni caso, prima di procedere all’operazione, Le consigliamo di rivolgersi al commercialista della società, per definire le modalità e la fattibilità (anche da un punto di vista contabile) dell’operazione.