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Capo VII - Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 27/03/2024]

Dell'appalto

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)
700 L'appalto, che nel codice del 1865 era considerato come sottospecie della locazione d'opera, acquista nel nuovo sistema una individualità autonoma, pur rivelando, nella disciplina per esso dettata, le tracce della sue origine. La caratteristica essenziale che ha permesso il differenziarsi dell'appalto dalla più semplice figura di contratto d'opera, regolata negli articoli 2222 e seguenti, non è data dal risultato, che in entrambi è un'opera o un servizio, ma dal fatto che nell'appalto vi è un'organizzazione ad impresa, la quale pone in secondo piano la prestazione di lavoro dell'appaltatore. Il risultato contrattuale non si raggiunge, in altri termini, direttamente attraverso il lavoro dell'appaltatore come attraverso il lavoro prevalentemente proprio del prestatore si consegue nel contratto d'opera, ma attraverso l'organizzazione dei mezzi necessari, che l'appaltatore cura e gestisce a suo rischio: il confronto tra l'art. 1655 del c.c. che definisce l'appalto e l'art. 2222 del c.c. che individua il contratto d'opera (nel quale si comprende anche il contratto tra colui che esercita una professione intellettuale e il cliente), mostra con sufficiente chiarezza i concetti esposti. In sostanza, che l'appaltatore sia un imprenditore non è una premessa logica dell'istituto o comunque un elemento in astratto essenziale. La legge però, considerando che, là dove si ha una vera e propria organizzazione ad impresa, la disciplina giuridica del contratto posto in essere dall'imprenditore deve essere necessariamente diversa e più complessa di quella che deve darsi quando quell'organizzazione non esiste, ha ritenuto opportuno distinguere, sotto quel profilo, l'appalto dal contratto di opera, uniformandosi, del resto, al modo in cui la pratica intende queste due figure. Dopo ciò la nozione che l'art. 1655 del c.c. dà del contratto di appalto deve riuscire sufficientemente chiara, dovendosi solo avvertire che la prestazione di un servizio a cui allude l'articolo suddetto deve intendersi sempre come risultato al pari del compimento di un'opera, e quindi non come semplice attività lavorativa; mentre l'elemento della gestione a rischio dell'appaltatore è richiesto per significare che l'organizzazione e l'impiego del mezzi necessari alla produzione del risultato promesso è a rischio dell'appaltatore medesimo. Bisogna ancora notare che, quando oggetto dell'appalto è la prestazione di un servizio, non tutte le norme possono senz'altro trovare applicazione; e infatti, alcune di esso presuppongono che il risultato promesso sia una determinata opera materiale (cfr., ad esempio, art. 1669 del c.c.). Quando poi il servizio ha carattere continuativo o periodico, è possibile anzi che l'applicazione delle norme relative al contratto di somministrazione debba prevalere sull'applicazione delle norme relative all'appalto. Per tale ipotesi perciò l'art. 1677 del c.c. dispone che debbano osservarsi, in quanto compatibili, le nonne dell'appalto e quelle dalla somministrazione, lasciando così al giudice il compito di vedere quali tra le due categorie di norme siano idonee, per il loro contenuto e per la loro ratio, a integrare in concreto la disciplina legale del rapporto.