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Articolo 1725 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 31/01/2024]

Revoca del mandato oneroso

Dispositivo dell'art. 1725 Codice Civile

La revoca del mandato oneroso [1709], conferito per un tempo determinato(1) o per un determinato affare(2), obbliga il mandante a risarcire i danni, se è fatta prima della scadenza del termine o del compimento dell'affare, salvo che ricorra una giusta causa.

Se il mandato è a tempo indeterminato(3), la revoca obbliga il mandante al risarcimento, qualora non sia dato un congruo preavviso(4), salvo che ricorra una giusta causa(5).

Note

(1) Si tratta del termine di adempimento del contratto (v. 1184 c.c.).
(2) Ovvero anche conferito per più specifici affari, aventi tutti il medesimo termine di adempimento ovvero considerati ciascuno in relazione al proprio singolo termine.
(3) Non importa se per uno o più affari, purché a tempo indeterminato.
(4) La congruità del preavviso deve essere valutata avendo riguardo all'incarico conferito con il mandato.
(5) Ad esempio, se emerge che il mandatario non sta agendo con la diligenza ordinaria (1710, 1176 c.c.) ovvero che supera i limiti imposti (1711 c.c.).

Ratio Legis

Se il mandato oneroso è a termine, il tempo entra nella fattispecie contrattuale (v. 1184 c.c.) e la revoca prima del suo spirare importa una perdita per il mandatario.
Se il mandato è a tempo indeterminato, esso si comporta come un contratto di durata, pertanto è ammessa per la parte la possibilità di svincolarsi, atteso che sono visti con sfavore i legami giuridici illimitati, salvo il diritto della controparte ad un congruo preavviso.

Spiegazione dell'art. 1725 Codice Civile

La revoca del mandato retribuito e gli effetti di essa

La pattuizione del compenso costituisce a favore del mandatario un diritto all'esecuzione del mandato, la cui portata economica è evidente soprattutto nei casi in cui la gestione degli affari altrui costituisce la normale attività del mandatario.
Conseguentemente la libertà di revoca può esercitarsi senza alcun limite quando ricorre una giusta causa di revoca sia nel mandato a termine sia in quello a tempo indeterminato.
Quando la giusta causa manca, la legge distingue tra le due forme di mandato, equiparando per coerenza logica al mandato a tempo determinato quello per un determinato affare.

La revoca prima della scadenza del termine o del compimento dell'affare obbliga il mandante al risarcimento del danno; nel mandato a tempo indeterminato sussiste la medesima responsabilità se il mandante omette il preavviso.
Tali norme si orientano a quelle dettate per il rapporto di lavoro (cfr. art. 2118 e segg. per il lavoro nell'impresa, 2239 per il lavoro subordinato non inerente all'esercizio di un'impresa, 2227 per il lavoro autonomo). Alla base del rapporto di mandato vi è la prestazione di un'attivita di lavoro qualificato. Nel rapporto di lavoro a tempo indeterminato l'imprenditore può recedere dal contratto, dando il preavviso; in mancanza di questo è tenuto a una indennità equivalente all'importo della retribuzione che sarebbe spettata al lavoratore per il periodo di preavviso (art. 2118). Per il mandato a tempo indeterminato o il mandante dà un preavviso congruo o è tenuto al risarcimento dei danni. La liquidazione di questi segue secondo le regole generali. Non è escluso che il giudice, valutate tutte le circostanze, determini i danni in una somma corrispondente agli utili che il mandatario avrebbe realizzato dall'esecuzione del mandato per il periodo di tempo corrispondente al preavviso.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

716 Dell'estinzione del mandato. L'elencazione delle cause di estinzione del mandato, fatta nell'art. 1757 del codice abrogato, si è integrata (art. 1722 del c.c.) con la previsione delle ipotesi di scadenza del termine e di compimento dell'affare da parte del mandatario (se l'affare è compiuto dal mandante si ha revoca tacita dell'incarico: art. 1724 del c.c.). Si è omessa la previsione dell'ipotesi di fallimento, che è regolata dalla legge fallimentare; e si è soggiunto che la morte, l'interdizione, l'inabilitazione del mandante non estingue il mandato se questo ha per oggetto il compimento di atti relativi ad un'impresa e l'esercizio dell'impresa è continuato dagli eredi, dal tutore dall'inabilitato con l'assistenza del curatore (art. 1722, n. 4): vale qui la ragione che è stata espressa per giustificare in questi casi la continuata efficacia della proposta nonostante la morte, l'interdizione o l'inabilitazione del proponente che sia imprenditore (nn. 608 e 609). Altra ipotesi in cui la morte o la sopravvenuta incapacità del mandante non estingue il mandato è quella d'incarico conferito nell'interesse del mandatario o in quello di terzi (art. 1723 del c.c., secondo comma). Allora il mandato è irrevocabile; il che tuttavia non esclude validità al patto con cui si conviene la revocabilità dell'incarico e non esclude nemmeno che il mandato possa revocarsi qualora ricorra una giunta causa, come quando l'interesse del mandante debba essere altrimenti curato. Sarebbe manifestamente inammissibile che la volontà del mandatario o dei terzi potesse prevalere pure quando apparisca ingiusta un'ulteriore prosecuzione del rapporto. L'estinzione del mandato talvolta dà luogo a danni: questi sono dovuti dal mandante, se il mandato è a titolo oneroso ed è revocato senza giusta causa prima della scadenza del termine, prima del compimento dell'affare o, nel caso di mancanza di termine, senza un congruo preavviso (art. 1725 del c.c.); sono dovuti dal mandatario, tanto nel caso di mandato gratuito quanto in quello a titolo oneroso, se il mandatario rinuncia all'incarico senza giusta causa prima della scadenza del termine o del compimento dell'affare o, qualora il mandato sia a tempo indeterminato, senza un congruo preavviso (art. 1727 del c.c., primo comma). Obblighi specifici si pongono circa le modalità della rinunzia da parte del mandatario (art. 1727, secondo comma), e in conseguenza dell'estinzione del mandato per morte o incapacità del mandante o del mandatario (art. 1728 del c.c.): l'inadempimento di tali obblighi produce responsabilità per danni.

Massime relative all'art. 1725 Codice Civile

Cass. civ. n. 4586/2023

La revoca dell'amministratore di società a responsabilità limitata può essere disposta in ogni tempo dall'assemblea dei soci, anche in assenza di giusta causa ma, essendo il rapporto di amministrazione riconducibile quale "species" a sé stante al "genus" del mandato, l'amministratore revocato "ante tempus" senza giusta causa ha diritto al risarcimento del danno, per il principio posto dall'art. 1725, comma 1, c.c., salvo espressa pattuizione statutaria o convenzionale in senso contrario.

Cass. civ. n. 7874/2021

L'amministratore di condominio, in ipotesi di revoca deliberata dall'assemblea prima della scadenza del termine previsto nell'atto di nomina, ha diritto, oltre al soddisfacimento dei propri eventuali crediti, anche al risarcimento dei danni, in applicazione dell'art. 1725, comma 1, c.c., salvo che sussista una giusta causa, indicativamente ravvisabile tra quelle che giustificano la revoca giudiziale dello stesso incarico.

Cass. civ. n. 30246/2019

Il mandato "a tempo indeterminato" per il compimento di un dato atto negoziale, come il mandato ad alienare, contemplato dal comma 2 dell'art. 1725 c.c., non è "senza termine", ma è conferito per una serie indeterminata di atti. Esso, ai sensi dell'art. 1722, n. 1, c.c. si estingue con la scadenza del termine prefissato dalle parti o determinato, in mancanza, dal giudice, ai sensi dell'art. 1183 c.c. su istanza della parte che vi ha interesse. (Nella fattispecie la S.C., sul presupposto che la durata del mandato doveva ritenersi correlata ai medesimi limiti cronologici che connotavano i concorrenti diritti sull'area, ha cassato la pronuncia di merito che, pur avendo accertato la mancata realizzazione del programma negoziale, consistente nella costruzione di un porto, aveva ritenuto estinti i diritti a costruire, ma, pur tuttavia, non soggetto a prescrizione il mandato irrevocabile, reso anche nell'interesse del mandatario, ad alienare le porzioni di un terreno in contesa).

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Consulenze legali
relative all'articolo 1725 Codice Civile

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Andrea P. chiede
lunedì 09/09/2019 - Lombardia
“Buongiorno,
volevo sapere il documento in allegato ha valore legale (e quindi l’agenzia immobiliare ha diritto a chiedere penali nel caso di vendita anticipata dell’immobile ), in quanto la casa in oggetto è di proprietà di piu’ persone come da visura catastale.
Ringrazio anticipatamente
Cordiali Saluti”
Consulenza legale i 16/09/2019
Per rispondere al quesito:
  • in primo luogo bisogna capire se il mandato è oneroso o meno;
  • in secondo luogo se è stato pattuito come irrevocabile o meno.

Ebbene, sotto il primo profilo, è legittimo presumere che si tratti di mandato oneroso, considerato che stiamo parlando di un mandato a vendere conferito ad un’agenzia immobiliare.

Per quanto riguarda invece il secondo profilo, nel quesito non è specificato se si tratta di mandato irrevocabile o meno: bisognerebbe, a tal proposito, visionare il testo del mandato.
In ogni caso:
  1. se il mandato è irrevocabile, il recesso anticipato dal rapporto da parte del mandante comporta l’obbligo di risarcire i danni al mandatario, salvo che ricorra una giusta causa (la revoca, cioè, come si dirà oltre, deve essere sorretta da un valido e serio motivo e non semplicemente giustificata dal fatto che il mandante “ha cambiato idea”);

  1. se il mandato (come si presume nel caso di specie) non è irrevocabile, la revoca è appunto del tutto libera. Ciò significa che (come è di fatto avvenuto) si può in ogni momento revocare il mandato all’agenzia, senza dover addurre nessun particolare motivo o giustificazione.

Attenzione, però, che anche nel caso di mandato revocabile, se è stata pattuita – come in questo caso – una durata, la revoca anticipata rispetto alla scadenza comporta l’obbligo di risarcire i danni all’agenzia, salvo che ricorra una giusta causa.

La giusta causa di cui parlano le norme può consistere in fattori soggettivi – come determinati comportamenti del mandatario – oppure in fattori oggettivi che ostacolano il normale svolgimento dell’attività di gestione del mandato.
Devono comunque essere avvenimenti o circostanze oggettivamente rilevanti, e non il semplice venir meno – ad esempio – della fiducia nel mandatario.
Esempi di giusta causa sono un comportamento doloso o colposo tenuto dal mandatario nell’esecuzione dell’incarico, oppure l’inosservanza delle direttive impartite dal mandante.

Tornando alla fattispecie concreta, dunque, non è legittimo il vincolo imposto dall’agenzia sulla vendita della casa.
Il testo del documento parla chiaro: la mandante ha revocato l’incarico e l’agenzia non può “rifiutarsi” di accettare la revoca che, come detto sopra, per legge è del tutto libera.
La condizione che ha posto l’agenzia non è certo valida perché sottoscritta solo dall’agenzia stessa: avrebbe dovuto essere firmata, eventualmente, anche dalla mandante, così si sarebbe trasformata in una vera e propria pattuizione contrattuale cui anche la mandante stessa avrebbe dovuto attenersi.

Esiste, tuttavia, la possibilità che insorgano comunque contrasti con l’agenzia in ordine alla revoca anticipata.
Da un lato infatti, ad avviso di chi scrive, si potrebbe sostenere che avendo l’agenzia firmato che accetta la “risoluzione” anticipata del rapporto ciò significa che acconsente a non avanzare pretese, neppure a titolo di danno.
E’ però altrettanto vero che nel testo, letteralmente, l’accettazione è subordinata ad una condizione: anche se tale condizione non è legittima per legge (perché la revoca, lo ribadiamo, è libera e l’agenzia non può certo pretendere che l’incarico rimanga se la mandante non acconsente), tuttavia la presenza della stessa potrebbe essere interpretata implicitamente come volontà di non rinunciare a richiedere eventuali danni per il venir meno dell’incarico.

Va detto, in ogni caso, che i danni vanno dimostrati: perciò l’agenzia dovrà provare di aver subìto un danno economico concreto per il venir meno anticipato dell’incarico.
Se è già stata pagata per la mediazione, è quasi impossibile che possa avanzare pretese economiche di altro tipo. Se invece ancora non è stata pagata e in conseguenza del ricevuto incarico ha affrontato spese o comunque svolto dell’attività, dovrà essere pagata per il lavoro svolto fino alla revoca.


MARUSKA S. chiede
venerdì 10/03/2017 - Lombardia
“Buongiorno,
mio padre deve vendere un appartamento e ha conferito ad agenzia incarico di mediazione in via esclusiva.
dopo tale fatto ho deciso di acquistare io l'appartamento; mio padre ha contattato l'agenzia per informarli della volontà di recesso.
Devo premettere che sul contratto firmato da mio padre con detta agenzia la parte relativa alla penale in caso di recesso non è stata compilata, e in fase di trattativa tra agenzia e mio padre non è stato accennato l'argomento della penale.
L'agente immobiliare risponde a mio padre che non essendo stato compilata la parte relativa alla percentuale sulla penale mio padre dovrà comunque disporre all'agenzia l'intera provvigione pattuita (pari ad € 5.000).
Io sono disposta a pagare all'agenzia le spese di rimborso per l'attività svolta, ma la richiesta di €5.000 pari alla provvigione mi sembra eccessiva; visto e considerato anche il fatto che nel contratto non è specificato nulla in merito.
in attesa di vostro gentile riscontro,
cordiali saluti”
Consulenza legale i 17/03/2017
Il Suo caso è davvero molto comune.
Brevemente bisogna premettere che tutte le agenzie immobiliari solitamente inducono i clienti a sottoscrivere un modulo prestampato nel quale si confondono diversi istituti giuridici. Non conoscendo il tenore dell’atto devo supporre che, come nella maggior parte dei casi accade, Suo padre abbia conferito un incarico all’agenzia immobilare affinché ricerchi possibili acquirenti, impegnandosi a riconoscergli una provvigione se riesca a fargli concludere l’affare.

Si parla in questi casi di mediazione atipica: una parte, volendo concludere un affare, incarica altri di svolgere un'attività intesa alla ricerca di un persona interessata, a determinate e prestabilite condizioni.
In passato c’era un orientamento della Corte di Cassazione che con riferimento alla mediazione atipica, riteneva maturato il diritto alla provvigione per il sol fatto che si verificasse l’affare, e cioè a prescindere dal fatto che l’attività del mediatore avesse concretamente determinato l’incontro tra la domanda e l’offerta (Cass. n.16382/2009).

Di recente invece la Corte di Cassazione ha ribadito che anche nel caso di mediazione atipica il diritto alla provvigione sorge solo quando la conclusione dell'affare sia conseguenza dell’attività di mediazione dell’agente immobiliare e quando abbia messo in relazione le parti, così che, senza l’intervento del mediatore, l’affare non si sarebbe concluso (Cass. n. 24950 del 2016).
Quindi se l’agente non ha svolto alcuna attività nel favorire la conclusione dell’affare, come per il suo caso, allora non è maturato alcun diritto alla provvigione.

Spesso poi l’incarico viene conferito in esclusiva, nel senso che per un determinato periodo di tempo solo quell’agenzia immobiliare potrà occuparsi della ricerca di offerenti e non è possibile conferire incarico ad altri.
Tuttavia deve presumersi che la richiesta dell’agente è probabilmente giustificata dal fatto che l’incarico era stato conferito in maniera irrevocabile, e cioè il venditore si era impegnato a tenere fermo per un determinato periodo di tempo l’incarico a quell’agente immobiliare.
L’art. 1725 c.c., con riferimento al mandato, prevede che “il mandante può revocare il mandato; ma, se era stata pattuita l'irrevocabilità, risponde dei danni, salvo che ricorra una giusta causa".
Dunque se il venditore revocasse l’incarico o vendesse il bene, verrebbe meno all’impegno preso con la sottoscrizione dell’incarico irrevocabile e quindi sorgerebbe il diritto dell’agente al risarcimento del danno.

Per quantificare il danno subìto molte agenzie immobiliari prevedono una penale che ai sensi dell’art. 1382 c.c. non è nient’altro che una pattuizione con le quali le parti decidono, prima ancora che sorga una controversia, a quanto ammonta il risarcimento del danno che potranno chiedere per l’inadempimento dell'altra parte.
Nel suo caso, la mancata previsione di una penale non significa che non sarà dovuto il risarcimento, ma significa che il danno andrà quantificato da un giudice, oppure dalle parti se si trovano d’accordo sul punto. Ma presuntivamente un Giudice quantificherebbe il danno subìto dall'agente immobiliare nella provvigione che avrebbe potuto guadagnare se il venditore avesse tenuto fede all’atto sottoscritto e non avesse revocato l'incarico prematuramente.

Fatti i dovuti chiarimenti, comprendendo appieno il non voler corrispondere all’agenzia la provvigione per l’intero, atteso che non ha svolto nessuna attività diretta a mettere in contatto venditore ed acquirente, tuttavia l’unico modo per non corrispondergli il rilevante importo è attendere la scadenza naturale dell’incarico, facendo molta attenzione alle clausole sul rinnovo automatico e sulle modalità richieste per la valida disdetta dello stesso.

Franco A. chiede
martedì 06/09/2016 - Lombardia
“HO DATO UN INCARICO ALL'AGENZIA IMMOBILIARE PER LA VENDITA DI UN IMMOBILE. IL GIORNO 25/5/2016 PER EURO 900.000,00, + 85000,00 EURO PER L'AGENZIA. OGGI VEDO CHE L'AGENZIA METTE IN VENDITA TALE IMMOBILE PER EURO 1.07000,00. COSA POSSO FARE? GRAZIE”
Consulenza legale i 13/09/2016
Per quanto riguarda il mancato rispetto delle condizioni concordate tra le parti, in ordine alla durata del mandato nonché al prezzo a cui mettere in vendita l’immobile, si può senz’altro parlare di inadempimento dell’agenzia, che legittima la revoca per giusta causa del contratto di mandato.

L’art. [[n1711cc] del cod. civ., relativo ai limiti del mandato, recita infatti: “Il mandatario non può eccedere i limiti fissati nel mandato. L'atto che esorbita dal mandato resta a carico del mandatario, se il mandante non lo ratifica. Il mandatario può discostarsi dalle istruzioni ricevute qualora circostanze ignote al mandante, e tali che non possano essergli comunicate in tempo, facciano ragionevolmente ritenere che lo stesso mandante avrebbe dato la sua approvazione”: è evidente che nel caso specifico in esame il mandatario è andato oltre i limiti del mandato ricevuto.

Quando il mandato è oneroso, in particolare, l’art. 1725 cod. civ. stabilisce che: “La revoca del mandato oneroso, conferito per un tempo determinato o per un determinato affare, obbliga il mandante a risarcire i danni, se è fatta prima della scadenza del termine o del compimento dell'affare, salvo che ricorra una giusta causa”. La giurisprudenza, a tal proposito, ritiene che l’inottemperanza alle direttive del mandante integri pacificamente giusta causa di revoca del mandato.

Per quanto concerne, invece, la mancanza dell’abitabilità, è certamente vero che l’agenzia avrebbe dovuto informare il mandante della circostanza, per correttezza ed in forza del contenuto dell’art. 1746, I comma: “Nell'esecuzione dell'incarico l'agente deve tutelare gli interessi del preponente e agire con lealtà e buona fede. In particolare, deve adempiere l'incarico affidatogli in conformità delle istruzioni ricevute e fornire al preponente le informazioni riguardanti le condizioni del mercato nella zona assegnatagli, e ogni altra informazione utile per valutare la convenienza dei singoli affari. È nullo ogni patto contrario”.

Tuttavia, non è propriamente corretto affermare che la vendita non sia valida in assoluto né che il bene non sia commerciabile a motivo della mera mancanza del certificato di agibilità. La Cassazione ha precisato, in particolare, che un immobile senza abitabilità può essere commercializzato, a patto che l’acquirente sappia che il certificato manca e accetti questo fatto per iscritto a mezzo clausola specifica inserita nel rogito.

Più grave è il difetto di accatastamento: è, infatti, vero quanto riferito dal potenziale acquirente secondo cui l’immobile privo di accatastamento non può essere venduto.

Già dal 2010, infatti, è in vigore la norma che impone la verifica della regolarità catastale dei fabbricati prima del rogito. Il notaio, prima della stipula degli atti di vendita dei fabbricati, o di altri atti con i quali si trasferiscono o costituiscono diritti reali sugli stessi deve verificare che l’immobile sia regolarmente censito in catasto a nome del legittimo proprietario (o titolare del diritto reale), il quale deve dichiarare che i dati catastali e le planimetrie depositate in catasto corrispondono allo stato di fatto del fabbricato. La mancanza di queste dichiarazioni determina la nullità dell’atto, e dunque l’invalidità della compravendita o dell'atto relativo all’immobile (art. 29, comma 1-bis, della legge 27 febbraio 1985 n. 52, introdotto dall’art. 19, comma 14, del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, come risultante dalla legge di conversione 30 luglio 2010, n. 122).

A nulla rileva, a tal proposito, che l’immobile sia ancora in costruzione e non completato: infatti, se è vero che le norme (art. 28 del R.D.L n. 652/1939) impongono l’iscrizione in catasto dei fabbricati entro 30 giorni «dal momento in cui sono divenuti abitabili o servibili all`uso cui sono destinati» (dal che se ne desume che se un fabbricato non è ancora abitabile non deve essere iscritto in catasto), è altrettanto vero che a volte è necessario comunque identificare l’immobile (ad esempio in caso di vendita di fabbricati “al grezzo”).

Proprio per venire incontro a questa esigenza, è stata prevista una categoria catastale fittizia, denominata «F3 - unità in corso di costruzione», alla quale non viene associata alcuna rendita catastale perché l`immobile non si può ancora ritenere un fabbricato «abitabile o servibile all’uso cui è destinato».

In conclusione, quindi, è del tutto legittima la revoca del mandato all’agenzia nel caso di specie, trovando essa giustificazione nell’inadempimento agli obblighi di correttezza, buona fede ed opportuna informativa di cui all’art. 1746 cod. civ. e nell’inottemperanza alle direttive impartite dal mandante.