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Articolo 1727 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 31/01/2024]

Rinunzia del mandatario

Dispositivo dell'art. 1727 Codice Civile

Il mandatario che rinunzia(1) senza giusta causa al mandato deve risarcire i danni al mandante. Se il mandato è a tempo indeterminato [1725], il mandatario che rinunzia senza giusta causa è tenuto al risarcimento, qualora non abbia dato un congruo preavviso(2).

In ogni caso la rinunzia deve essere fatta in modo e in tempo tali che il mandante possa provvedere altrimenti(3), salvo il caso di impedimento grave da parte del mandatario [1747].

Note

(1) Anche in tal caso si tratta di un recesso che il mandatario esercita con un atto unilaterale (1324, 1334, 1335 c.c.).
(2) La congruità del preavviso deve essere valutata considerando la possibilità del mandante di provvedere in altro modo, incaricando un nuovo mandatario o agendo personalmente.
(3) Il secondo comma si riferisce sia al tempo che al modo del recesso: la buona fede impone che il recesso non determini lo sfumare dell'affare per il mandante.

Ratio Legis

La norma detta una disciplina analoga a quella prevista in caso di recesso del mandante (v. 1723, 1725 c.c.): se il mandato è a termine, esso è ammesso solo solo se vi è una giusta causa, se è a tempo indeterminato è necessaria una giusta causa ovvero un congruo preavviso. Tuttavia, a differenza del recesso del mandante, quello del mandatario riceve la disciplina in esame anche se non è oneroso: ciò in quanto il recesso del mandatario lede l'interesse del mandante, che sussiste sempre.

Spiegazione dell'art. 1727 Codice Civile

Se e quando la rinunzia impegna la responsabilita del mandatario

La facoltà di rinuncia del mandatario è correlativa a quella di revoca del mandante: sono due facoltà che scaturiscono dai medesimi principi.
L'art.1761 codice del 1865 statuiva che il mandante aveva diritto a essere indennizzato del pregiudizio derivatogli dalla rinuncia salvo che il mandatario dovesse esporsi a notevole danno per continuare il mandato. E l'art. 366 cod. comm., considerando sul medesimo piano la facoltà di revoca e quella di rinunzia, disponeva che il mandatario era responsabile dei danni verso il mandante se rinunziava senza giusta causa.
La norma stabilita per il mandato commerciale è stata generalizzata nel codice vigente conformemente al principio della unità del diritto delle obbligazioni. Conseguentemente è stata avvertita la opportunità di una precisazione che risulta dal confronto tra gli articoli 1725 e 1727 e ha per fondamento la realtà stessa del rapporto in relazione alle sue pratiche finalità.

La responsabilità del mandante per revoca senza giusta causa si giustifica quando il mandato è oneroso perché solo allora è configurabile il diritto del mandatario alla esecuzione del rapporto. Il mandatario invece è responsabile dei danni se rinunzia senza giusta causa anche quando il mandato è gratuito. Egli è libero di accettare o no l'incarico ma dopo l'accettazione è obbligato a eseguirlo. Al suo obbligo corrisponde il diritto del mandante a pretendere l'esecuzione anche se non è tenuto ad alcun corrispettivo: tale diritto è la base della responsabilità del mandatario.


La rinuncia al mandato a tempo indeterminato

Nel mandato a tempo indeterminato, in mancanza della giusta causa, come il mandante che dà la revoca è tenuto al risarcimento solo se omette un congruo preavviso (art. 1725, comma 2°), così il mandatario che rinuncia è responsabile dei danni solo in mancanza del preavviso.
Trattasi di una norma che conferma un modo di vedere già accolto dalla dottrina e dalla giurisprudenza e che si adegua alla disciplina del rapporto di lavoro sul presupposto che il mandato ha per base un'attività di lavoro qualificata.
La congruità del termine di preavviso è stabilita dal giudice di merito con riguardo agli usi ovvero secondo equità.

In ogni caso la rinunzia deve essere fatta in modo e in tempo tali che il mandante possa provvedere altrimenti, salvo impedimento grave da parte del mandatario. Perciò qualsiasi preavviso non è congruo se non è tale da lasciare la possibilità al mandante di provvedere altrimenti.

Relazione al Libro delle Obbligazioni

(Relazione del Guardasigilli al Progetto Ministeriale - Libro delle Obbligazioni 1941)

535 La facoltà del mandatario di rinunciare al mandato, non affermata esplicitamente, è per implicito ammessa nell'articolo 614, che sostanzialmente riproduce l'articolo 574 del progetto della Commissione reale.
Ho formulato l'articolo 614 nel senso di fare risultare che la rinunzia stessa non crea responsabilità per il mandatario se essa si verifica per giusta causa, se non era convenuta l'esclusione della facoltà di rinunzia, se il mandato era gratuito, e, in ogni caso, se la rinuncia è stata fatta in modo e in tempo tale che il mandante fu posto in grado di provvedere altrimenti.
Fuori di questi casi il mandatario risponde dei danni che, nell'ipotesi di rinuncia intempestiva, sono esclusi soltanto quando risulti un impedimento grave da parte del mandatario.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

716 Dell'estinzione del mandato. L'elencazione delle cause di estinzione del mandato, fatta nell'art. 1757 del codice abrogato, si è integrata (art. 1722 del c.c.) con la previsione delle ipotesi di scadenza del termine e di compimento dell'affare da parte del mandatario (se l'affare è compiuto dal mandante si ha revoca tacita dell'incarico: art. 1724 del c.c.). Si è omessa la previsione dell'ipotesi di fallimento, che è regolata dalla legge fallimentare; e si è soggiunto che la morte, l'interdizione, l'inabilitazione del mandante non estingue il mandato se questo ha per oggetto il compimento di atti relativi ad un'impresa e l'esercizio dell'impresa è continuato dagli eredi, dal tutore dall'inabilitato con l'assistenza del curatore (art. 1722, n. 4): vale qui la ragione che è stata espressa per giustificare in questi casi la continuata efficacia della proposta nonostante la morte, l'interdizione o l'inabilitazione del proponente che sia imprenditore (nn. 608 e 609). Altra ipotesi in cui la morte o la sopravvenuta incapacità del mandante non estingue il mandato è quella d'incarico conferito nell'interesse del mandatario o in quello di terzi (art. 1723 del c.c., secondo comma). Allora il mandato è irrevocabile; il che tuttavia non esclude validità al patto con cui si conviene la revocabilità dell'incarico e non esclude nemmeno che il mandato possa revocarsi qualora ricorra una giunta causa, come quando l'interesse del mandante debba essere altrimenti curato. Sarebbe manifestamente inammissibile che la volontà del mandatario o dei terzi potesse prevalere pure quando apparisca ingiusta un'ulteriore prosecuzione del rapporto. L'estinzione del mandato talvolta dà luogo a danni: questi sono dovuti dal mandante, se il mandato è a titolo oneroso ed è revocato senza giusta causa prima della scadenza del termine, prima del compimento dell'affare o, nel caso di mancanza di termine, senza un congruo preavviso (art. 1725 del c.c.); sono dovuti dal mandatario, tanto nel caso di mandato gratuito quanto in quello a titolo oneroso, se il mandatario rinuncia all'incarico senza giusta causa prima della scadenza del termine o del compimento dell'affare o, qualora il mandato sia a tempo indeterminato, senza un congruo preavviso (art. 1727 del c.c., primo comma). Obblighi specifici si pongono circa le modalità della rinunzia da parte del mandatario (art. 1727, secondo comma), e in conseguenza dell'estinzione del mandato per morte o incapacità del mandante o del mandatario (art. 1728 del c.c.): l'inadempimento di tali obblighi produce responsabilità per danni.

Massime relative all'art. 1727 Codice Civile

Cass. civ. n. 9996/2004

Si ha perizia contrattuale quando le parti deferiscono secondo le regole del mandato collettivo ad uno o più soggetti, scelti per la loro particolare competenza tecnica, il compito di formulare un apprezzamento tecnico che esse parti si impegnano ad accettare come diretta espressione della loro volontà contrattuale. Si ha invece arbitrato irrituale quando il compito affidato è quello di elaborare una soluzione transattiva di una questione su cui esiste controversia tra le parti, le quali si impegnano ad assumere tale soluzione come contenuto della propria volontà, cioè del negozio transattivo cui esse si sono obbligate. Entrambi i negozi sono caratterizzati dal conferimento, agli esperti nominati, di un mandato per una definizione negoziale, che nel primo caso attiene solo ad un apprezzamento tecnico, mentre nel secondo attiene all'intera controversia; in entrambi i casi, il perito o l'arbitro mandatario che rinunzia all'incarico senza giusta causa è tenuto, ai sensi dell'art. 1727 c.c., a risarcire i danni.

Cass. civ. n. 10923/1996

Con riguardo ad arbitrato irrituale, nel caso in cui gli arbitri siano nell'impossibilità di rendere il lodo nel termine, per causa a loro non imputabile (nella specie, giustificato ritardo nel deposito di una consulenza tecnica d'ufficio), il rifiuto di una delle parti mandanti di concedere una proroga si configura come fatto imputabile alla parte stessa (creditrice della prestazione di rendimento del lodo), che rende legittima, alla stregua dell'art. 1727 c.c., la rinuncia degli arbitri al mandato.

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