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Articolo 43 Testo Unico sulle successioni e donazioni

(D.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346)

[Aggiornato al 13/01/2024]

Disposizioni testamentarie impugnate o modificate

Dispositivo dell'art. 43 Testo Unico sulle successioni e donazioni

1. Nelle successioni testamentarie l'imposta si applica in base alle disposizioni contenute nel testamento, anche se impugnate giudizialmente, nonché agli eventuali accordi diretti a reintegrare i diritti dei legittimari, risultanti da atto pubblico o da scrittura privata autenticata, salvo il disposto, in caso di accoglimento dell'impugnazione o di accordi sopravvenuti, dell'art. 28, comma 6, o dell'art. 42, comma 1, lettera e).

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Consulenze legali
relative all'articolo 43 Testo Unico sulle successioni e donazioni

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

R. D. P. chiede
martedì 27/06/2023
“Buongiorno,
avrei una domanda in merito ad una successione testamentaria. Vi sono 4 eredi (moglie e tre figli) i quali hanno eseguito presso il notaio la pubblicazione del testamento olografo. Gli eredi sono in perfetto accordo su quanto scritto dal padre pur non rispettando le quote di legittima. La domanda è: nella compilazione della successione testamentaria bisogna tenere conto della quota di legittima e di quella disponibile oppure si può inoltrare la successione seguendo le indicazioni del testamento pur non rispettando le quote di legittima essendoci perfetto accordo? Grazie. Cordiali Saluti”
Consulenza legale i 03/07/2023
Le istruzioni alla compilazione della dichiarazione di successione fornite dall’Agenzia delle Entrate sono abbastanza chiare al riguardo.
Occorre innanzitutto precisare che cos’è ed a cosa serve la dichiarazione di successione: si tratta di un adempimento obbligatorio, di natura prevalentemente fiscale, attraverso il quale viene comunicato all’Agenzia delle Entrate il subentro degli eredi nel patrimonio del defunto e vengono così determinate le imposte dovute sulla base del quadro normativo in vigore.

Soggetti tenuti a tale adempimento sono i chiamati all’eredità (salvo che non abbiano dichiarato di volervi rinunciare), i legatari ed i loro rappresentanti, nonchè gli immessi nel possesso dei beni ereditari, gli amministratori dell’eredità, i curatori dell’eredità giacente e gli esecutori testamentari.
Non sono invece obbligati alla presentazione della dichiarazione di successione i parenti in linea retta o il coniuge ai quali sia devoluta l’eredità, purchè nell’asse ereditario non siano compresi immobili o diritti reali immobiliari e purchè il patrimonio del defunto non sia di importo superiore a 100.000 euro.
Qualora vi siano più soggetti obbligati a presentare la dichiarazione di successione, è sufficiente che uno solo di essi vi provveda.

Ebbene, il primo aspetto che occorre chiarire è che con l’espressione “chiamati all’eredità” ci si intende riferire a coloro che si trovano in tale posizione sia per legge (è questo il caso di apertura della successione legittima) che per testamento (è questo il caso, invece, della successione testamentaria).
L’art. 29 del T.U. successioni e donazioni contiene un elenco di elementi che debbono corredare la dichiarazione di successione, tra i quali vanno in particolare evidenziati i seguenti dati:
- quelli che consentono al fisco di identificare il defunto, i chiamati o gli eredi e i legatari;
- la composizione dell’attivo ereditario con una descrizione analitica dei beni e dei diritti che lo compongono;
- le passività e gli oneri deducibili con i relativi documenti probatori;
- il valore complessivo netto dell’asse ereditario;
- le riduzioni e le detrazioni anch’esse con i relativi documenti di prova.

A tali elementi si aggiungono, invece, una serie di documenti che, ex art. 30 del T.U. successioni e donazioni vanno allegati alla medesima dichiarazione e la cui mancanza può pregiudicare l’efficacia dell’intera procedura di presentazione.

Tra questi, in particolare, vanno segnalati, per il caso di successione testamentaria (che è quella che qui interessa):
- la copia degli atti di ultima volontà del defunto, nonché la copia del
verbale di pubblicazione del testamento, da cui è regolata la successione;

- la copia dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata dai quali risulta l’eventuale accordo delle parti per l’integrazione dei diritti di legittima lesi.

Da ciò se ne desume che in casi come quello in esame, in cui il de cuius ha voluto disporre per testamento dei suoi beni (pur se con tale disposizione non sono state rispettate le quote di riserva spettanti ai legittimari), è sulla base di quanto contenuto nella scheda testamentaria che dovranno identificarsi i chiamati all’eredità ed è anche sulla base dei beni a ciascuno di essi assegnati (e conseguentemente volturati al catasto, nel caso di immobili) che verranno ripartite le relative imposte.
Qualora, invece, i chiamati all’eredità siano d’accordo per integrare i diritti dei legittimari risultati lesi secondo la volontà del testatore, gli stessi avranno tutto il diritto di “rimediare” a tale lesione stipulando un vero e proprio contratto che si definisce “accordo di reintegrazione della quota di legittima”.

Si tratta di una fattispecie negoziale che trova riconoscimento legislativo soltanto nella normativa tributaria, ed in particolare agli artt. 43 e 30 lett. d) del Testo Unico sulle successioni e donazioni.
Solo in questo caso, oltre alla copia del testamento ed al relativo verbale di pubblicazione, andrà allegato alla dichiarazione di successione anche la copia dell’atto pubblico o della scrittura privata con sottoscrizione autenticata da cui risulta detto accordo tra i legittimari.

Pertanto, se tutti i chiamati all’eredità sono d’accordo nel voler rispettare e dare esecuzione alla volontà del testatore, sarà corretto inoltrare la dichiarazione di successione seguendo le indicazioni del testamento, pur se questo non rispetta le quote di riserva.

Alessandro V. chiede
mercoledì 19/05/2021 - Lazio
“Salve,
nel caso in cui un nominato in un testamento olografo pubblicato facesse la dichiarazione di successione, cosa avverrebbe se un altro nominato, ovvero altro avente concreto interesse circa l'eredità (quest'ultimo perché ritiene sia apocrifo), impugnassero il testamento successivamente entro il termine quinquennale? Od al contrario avente concreto interesse circa l'eredità impugnasse il testamento olografo perché lo ritiene apocrifo, cosa accadrebbe se nel mentre che il giudice dichiari l'invalidità, un nominato nel testamento facesse la successione? Cosa accadrebbe in entrambi i casi prospettati alla successione presentata? Inoltre quali passaggi dovrebbero considerare gli attori promoventi l'impugnazione in ambo i casi?
Nel caso di impugnazione di un testamento olografo pubblicato, come funziona l'adempimento concernente la successione entro 1 anno dalla morte del testatore? Al contrario cosa avviene in caso di mancata successione entro l'anno?
Sempre in relazione all'impugnazione di un testamento olografo pubblicato, come avviene la gestione dei beni mobili ed immobili ricadenti nell'asse ereditario; voglio dire manutenzioni, imposte da pagare, adempimenti fiscali ecc.? Grazie.
Cordiali saluti.”
Consulenza legale i 26/05/2021
Tutte le domande che vengono qui poste hanno trovato espressa ed univoca risposta in una sentenza della Corte di Cassazione del 2007, e precisamente Cass. Civ. Sez. V sent. N. 23471 del 12.11.2007.
In detta pronuncia la S.C. fa applicazione di quanto disposto dall’art. 43 del D.lgs 346/1990, c.d. Testo unico sulle successioni e donazioni, affermando che l'impugnazione del testamento in sede civile è "priva d'influenza sulla debenza dell'imposta di successione e sulla relativa procedura di liquidazione" e, precisando ulteriormente che per "successione testamentaria deve intendersi quella così qualificata nella denuncia di successione, alla quale deve essere necessariamente allegata … la copia autentica degli atti di ultima volontà dai quali è regolata la successione".

Da ciò se ne deve dedurre che in materia tributaria le "successioni testamentarie sono quelle che tali risultano all'ufficio per effetto della denunzia di successione presentata anche da uno solo dei coeredi, accompagnata da copia autentica del testamento"; anche quando la validità del testamento "sia stata contestata da altri coeredi nella competente sede giudiziaria e fino all'esito definitivo della lite".
Soltanto in tale momento il contribuente che, in sede di presentazione della denuncia di successione, abbia provveduto al pagamento delle imposte dovute, ha diritto di chiedere un rimborso d’imposta allorchè si sia verificata una variazione nella soggettività passiva (per essere stato riconosciuto come erede colui che ha impugnato il testamento) o nella diversa quantificazione dell’imposta, a seguito di una mutata devoluzione ereditaria definitivamente stabilita nelle sede giudiziaria competente.

Quanto sopra detto, dunque, comporta che colui il quale risulta nominato nel testamento pubblicato è il solo soggetto passivo dell’imposta di successione, al cui pagamento deve provvedere entro il termine di un anno dall’apertura della successione.
La mancata presentazione della denuncia di successione entro il suddetto termine (così stabilito dal primo comma dell’art. 31 del T.U. successioni e donazioni, legittima l’Agenzia delle entrare a procedere all’accertamento dell’attivo ereditario e alla liquidazione dell’imposta sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza.
In tale ipotesi, secondo quanto disposto dall’art. 35 del T.U. successioni e donazioni, verrà notificato a colui che risulta nominato erede in forza dell’avvenuta pubblicazione del testamento un avviso di liquidazione per il pagamento dell’imposta di successione dovuta e non versata, oltre alle relative sanzioni ed interessi per mancata o ritardato versamento dell’imposta.

Ciò vale sia per l’ipotesi di impugnazione dell’intero testamento che per quella di impugnazione delle singole disposizioni testamentarie, dovendosi riconoscere anche nella prima ipotesi al contribuente il diritto al rimborso dell'imposta pagata o pagata in più, in caso di accoglimento da parte del Giudice civile dell’istanza volta a far dichiarare la nullità del testamento impugnato e sulla cui base era stato versato quanto dovuto.
Peraltro, si ritiene che neppure possa invocarsi la sospensione dell' accertamento in caso d'impugnazione del testamento, in quanto tale istituto urterebbe contro la
previsione di termini di decadenza per l'azione del fisco, da esercitare nel triennio dalla denunzia di successione ex art. 27 comma 2 del D.Lgs. n. 346/1990 ovvero, ai sensi del quarto comma della medesima norma, entro il termine di cinque anni per il caso di omessa dichiarazione.

Dispone la lettera e) dell’art. 42 del T.U. successioni e donazioni che deve essere rimborsata, unitamente agli interessi, alle soprattasse ed alle pene pecuniarie eventualmente pagati, l’imposta risultante pagata o pagata in più a seguito di sopravvenuto mutamento della devoluzione ereditaria.
Tale rimborso deve essere richiesto, a pena di decadenza, entro il termine di tre anni dal giorno del pagamento o, se posteriore, da quello in cui è sorto il diritto alla restituzione (ossia, nel caso di specie, dalla data di pubblicazione della sentenza).

Per quanto concerne, invece, la problematica relativa a spese di manutenzione, gestione ed oneri, anche fiscali, relativi ai beni, mobili ed immobili, caduti in successione, trovano applicazione le norme che il codice civile detta in tema di petizione di eredità, ed in particolare quanto disposto dall’art. 535 del c.c., che a sua volta richiama le disposizioni in materia di possesso in generale, con espresso riferimento alla restituzione dei frutti, alle spese, ai miglioramenti ed alle addizioni.
Si legge, intanto, in detta norma che deve qualificarsi come possessore di buona fede colui il quale abbia acquistato il possesso dei beni ereditari ritenendo per errore di essere erede, posizione senza alcun dubbio assimilabile a quella di chi pone il quesito, salvo che l’errore dipenda da sua colpa grave (ipotesi configurabile nel caso in cui abbia personalmente concorso alla formazione del testamento falso).

In particolare, delle norme in materia di possesso, richiamate dall’art. 535 c.c., troveranno applicazione gli artt. dal 1148 al 1152 c.c., inseriti nella Sezione dedicata proprio ai diritti e obblighi facenti capo al possessore nella restituzione della cosa.
Tali norme riconoscono innanzitutto il diritto del possessore in buona fede (ossia dell’erede apparente) di far propri i frutti naturali e civili maturati fino al giorno della domanda giudiziale, con correlativo obbligo di rispondere nei confronti del rivendicante per quelli percepiti dopo tale momento o per quelli che avrebbe dovuto percepire usando la diligenza del buon padre di famiglia.

L’art. 1150 del c.c., invece, riconosce al possessore il diritto al rimborso delle spese fatte per riparazioni straordinarie, miglioramenti recati alla cosa nonché il rimborso delle spese fatte per riparazioni ordinarie nel caso in cui venga fatto gravare su di lui l’obbligo di restituzione dei frutti.

Pertanto, è facendo applicazione di tali norme che verranno regolati i rapporti tra l’erede indicato nel testamento pubblicato e colui che eventualmente assumerà la qualità di erede a seguito di mutata devoluzione ereditaria, come stabilita in sede giudiziaria.
Si ritiene, infine, opportuno precisare che, secondo quanto affermato da Cass. n. 14917/2012, gli eredi che erano stati immessi nel possesso dei beni ereditari in buona fede permangono nella condizione di buona fede sino al momento della notificazione della domanda di restituzione dei beni ereditari.