Cass. civ. n. 12662/2025
In caso di comproprietà di un bene, l'occupante che abbia goduto del bene in via esclusiva è tenuto al pagamento della corrispondente quota di frutti civili solo qualora gli altri partecipanti abbiano manifestato l'intenzione di utilizzare il bene in maniera diretta e ciò non sia stato loro consentito, poiché tale utilizzo costituisce una manifestazione del diritto di comproprietà.
Cass. civ. n. 10646/2024
L'art. 1147 c.c., in base al quale la buona fede è presunta ed è sufficiente sussista al tempo dell'acquisto, detta un principio di carattere generale, applicabile anche al possessore dei beni ereditari; ne consegue che chi agisce per rivendicare i beni ereditari può pretendere soltanto i frutti indebitamente percepiti nei limiti fissati dall'art. 1148 c.c.
Cass. civ. n. 12353/2023
In caso di intestazione fiduciaria di partecipazioni sociali, al fiduciario che non restituisca le azioni una volta richiesto dal fiduciante e non riversi al medesimo i dividendi azionari percepiti è inapplicabile il regime degli artt. 1147 e 1148 c.c. sul possesso di buona fede della cosa, risolvendosi per intero la vicenda nell'ambito della disciplina delle obbligazioni e dei contratti, onde il fiduciario è tenuto a pagare quanto ricevuto a titolo di dividendi sin dal momento in cui li abbia riscossi dalla società, e, sugli stessi, sono altresì dovuti gli interessi di pieno diritto dallo stesso momento, o, in presenza di una domanda in tal senso limitata ex art. 99 c.p.c., dal giorno della messa in mora.
Cass. civ. n. 423/2023
La disciplina della ripetizione di indebito non può implicare ingiustificati arricchimenti di una parte ai danni dell'altra e, in caso di scambio di un bene fruttifero con una somma di denaro, i frutti e gli interessi non possono avere diversa decorrenza, sicché, risolto il contratto per inadempimento, in presenza dell'obbligo di restituzione dei frutti maturati in base alla previsione contrattuale, gli interessi sulla somma di denaro corrisposta dal percettore di tali frutti, che se ne vede privato, decorrono dalla data del suo versamento.
Cass. civ. n. 848/2020
L'art. 1148 c.c. si applica sia ai frutti civili sia a quelli naturali, venendo in rilievo, nel primo caso, un debito di valuta e, nel secondo, uno di valore.
Cass. civ. n. 21505/2019
L'art. 1147 c.c., in base al quale la buona fede è presunta ed è sufficiente sussista al tempo dell'acquisto, detta un principio di carattere generale, applicabile anche al possessore dei beni ereditari; ne consegue che chi agisce per rivendicare i beni ereditari - eventualmente previo annullamento del testamento che ha chiamato all'eredità il possessore di buona fede - può pretendere soltanto i frutti indebitamente percepiti nei limiti fissati dall'art. 1148 c.c..
Cass. civ. n. 19502/2019
Il possesso di un bene, che sia stato acquisito in forza di un contratto poi dichiarato nullo, resta soggetto ai principi generali fissati dagli artt. 1147 e 1148 c.c., con la conseguenza che, ove sussista la buona fede (da presumersi) alla data del suddetto acquisto, la medesima buona fede non viene esclusa dalla mera proposizione della domanda rivolta a far valere quella nullità, ed il possessore è tenuto alla restituzione dei frutti solo a partire dalla data della domanda di rilascio.
Cass. civ. n. 23035/2013
Il promissario acquirente di un fondo agricolo, che ne abbia conseguito la disponibilità a titolo di anticipata esecuzione di un contratto preliminare poi dichiarato nullo, in quanto detentore della cosa, è tenuto a restituire non solo il bene indebitamente goduto, ma anche le utilità "ab initio" ricavate dallo stesso, non rilevando, al riguardo, la disposizione di cui all'art. 1148 c.c., la quale limita temporalmente l'obbligo restitutorio dei frutti per il possessore in buona fede con decorrenza dal giorno della domanda giudiziale.
Cass. civ. n. 7536/2006
Il principio della presunzione di buona fede (art. 1148 c.c.), non limitato all'istituto del possesso di beni, ha portata generale, rilevando, in ambito contrattuale, nell'adempimento del debitore e nell'accettazione dell'adempimento da parte del creditore sicché il debitore, che eccepisca la violazione del principio di buona fede da parte del creditore nell'esigere la prestazione, ha l'onere di fornirne la relativa prova. Conseguentemente, il lavoratore (debitore della prestazione) che, illegittimamente licenziato e poi reintegrato, lamenti la violazione, da parte del datore (creditore), del principio di buona fede per non aver questi cooperato con una limitata modifica dell'organizzazione aziendale (
medio tempore mutata) per rendere possibile una mansione adeguata alla sua ridotta capacità lavorativa, ha l'onere di provare l'esistenza di questa possibilità (la limitata modifica organizzativa, senza aggravio creditorio), quale presupposto della violazione dell'indicato principio.
Cass. civ. n. 2747/1998
L'obbligo di restituzione dei frutti percepiti e percipiendi dopo la domanda giudiziale posto dall'art. 1148 c.c. a carico del possessore si estende anche ai frutti prodotti dal bene a seguito dell'intervento dello stesso possessore, rilevando, a vantaggio di questi, tale intervento ai soli fini del rimborso delle spese, a norma del successivo art. 1149.
Cass. civ. n. 3315/1985
Il possesso di un bene, che sia stato acquisito in forza di un contratto poi dichiarato nullo, resta soggetto ai principi generali fissati dagli artt. 1147 e 1148 c.c., con la conseguenza che, ove sussista la buona fede (da presumersi) alla data del suddetto acquisto, la medesima buona fede non viene esclusa dalla mera proposizione della domanda rivolta a far valere quella nullità, ed il possessore è tenuto alla restituzione dei frutti solo a partire dalla data della domanda di rilascio.
Cass. civ. n. 1446/1985
La buona fede, che qualifica il possesso idoneo
ex art. 1148 c.c. a determinare l'acquisto dei frutti della cosa posseduta fino al giorno della domanda giudiziale di restituzione, da una parte si presume (
ex art. 1147, terzo comma, c.c.) d'altra parte prescinde dall'esistenza di un titolo mentre è rilevante (
ex art. 1147, primo comma, citato) la cosiddetta
opinio domini, ossia il ragionevole convincimento di poter esercitare sulla cosa posseduta il diritto di proprietà od altro diritto reale senza ledere la sfera altrui.