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Articolo 42 Testo unico degli enti locali (TUEL)

(D.lgs. 18 agosto 2000, n. 267)

[Aggiornato al 30/01/2024]

Attribuzioni dei consigli

Dispositivo dell'art. 42 TUEL

1. Il consiglio è l'organo di indirizzo e di controllo politico-amministrativo.

2. Il consiglio ha competenza limitatamente ai seguenti atti fondamentali:

  1. a) statuti dell'ente e delle aziende speciali, regolamenti salva l'ipotesi di cui all'articolo 48, comma 3, criteri generali in materia di ordinamento degli uffici e dei servizi;
  2. b) programmi, relazioni previsionali e programmatiche, piani finanziari, programmi triennali e elenco annuale dei lavori pubblici, bilanci annuali e pluriennali e relative variazioni, rendiconto, piani territoriali ed urbanistici, programmi annuali e pluriennali per la loro attuazione, eventuali deroghe ad essi, pareri da rendere per dette materie;
  3. c) convenzioni tra i comuni e quelle tra i comuni e provincia, costituzione e modificazione di forme associative;
  4. d) istituzione, compiti e norme sul funzionamento degli organismi di decentramento e di partecipazione;
  5. e) organizzazione dei pubblici servizi, costituzione di istituzioni e aziende speciali, concessione dei pubblici servizi, partecipazione dell'ente locale a società di capitali, affidamento di attività o servizi mediante convenzione;
  6. f) istituzione e ordinamento dei tributi, con esclusione della determinazione delle relative aliquote; disciplina generale delle tariffe per la fruizione dei beni e dei servizi;
  7. g) indirizzi da osservare da parte delle aziende pubbliche e degli enti dipendenti, sovvenzionati o sottoposti a vigilanza;
  8. h) contrazione di mutui e aperture di credito non previste espressamente in atti fondamentali del consiglio ed emissioni di prestiti obbligazionari;
  9. i) spese che impegnino i bilanci per gli esercizi successivi, escluse quelle relative alle locazioni di immobili ed alla somministrazione e fornitura di beni e servizi a carattere continuativo;
  10. l) acquisti e alienazioni immobiliari, relative permute, appalti e concessioni che non siano previsti espressamente in atti fondamentali del consiglio o che non ne costituiscano mera esecuzione e che, comunque, non rientrino nella ordinaria amministrazione di funzioni e servizi di competenza della giunta, del segretario o di altri funzionari;
  11. m) definizione degli indirizzi per la nomina e la designazione dei rappresentanti del comune presso enti, aziende ed istituzioni, nonché nomina dei rappresentanti del consiglio presso enti, aziende ed istituzioni ad esso espressamente riservata dalla legge.

3. Il consiglio, nei modi disciplinati dallo statuto, partecipa altresì alla definizione, all'adeguamento e alla verifica periodica dell'attuazione delle linee programmatiche da parte del sindaco o del presidente della provincia e dei singoli assessori.

4. Le deliberazioni in ordine agli argomenti di cui al presente articolo non possono essere adottate in via d'urgenza da altri organi del comune o della provincia, salvo quelle attinenti alle variazioni di bilancio adottate dalla giunta da sottoporre a ratifica del consiglio nei sessanta giorni successivi, a pena di decadenza.

Massime relative all'art. 42 TUEL

C. Conti n. 5/2018

Per i comuni di ridotte dimensioni demografiche, l'articolo 53, comma 23, della legge 388/2000 contiene una precisa deroga al generale principio di separazione tra atti di indirizzo politico-amministrativo (spettanti agli organi politici) ed atti di gestione (spettanti agli organi burocratici). Tale norma prevede che nei Comuni aventi una popolazione inferiore a cinquemila abitanti, la responsabilità degli uffici e dei servizi ed il potere di adottare atti, anche di natura tecnica gestionale, ben possono essere affidati ad un Assessore o al Sindaco pro-tempore, purché ciò avvenga con un regolamento motivato dell'Ente che ridisegni l'assetto organizzativo interno dell'Ente, al fine di operare un contenimento della spesa, contenimento che deve essere verificato e documentato ogni anno, con apposita deliberazione, in sede di approvazione del bilancio. Pertanto, spetta al Comune scegliere tra due alternative del pari giuridicamente legittime, ossia tra lo strumento associativo (convenzione/unione di comuni) o il conferimento delle funzioni del servizio finanziario e di contabilità ad uno dei membri della Giunta (Assessori o Sindaco).

Cons. Stato n. 6195/2014

Nel sistema delineato dal Testo unico degli enti locali la Giunta è l'organo politico esecutivo con competenza generale e residuale, abilitata a compiere tutti gli atti che non siano riservati dalla legge (o dallo statuto) al Consiglio comunale, la cui competenza è invece circoscritta ai soli atti fondamentali dell'ente, tassativamente ed espressamente indicati dall'art. 42 comma 2, D.L. 18 agosto 2000, n. 267.

Cons. Stato n. 5287/2014

Nell'ordinamento degli enti locali, disciplinato dal Testo unico degli enti locali approvato con D.Lgs. 18 agosto 2000 n. 267, il Consiglio comunale è chiamato ad esprimere gli indirizzi politico-amministrativi di carattere generale, che si traducono in atti amministrativi fondamentali tassativamente indicati nell'art. 42; invece la Giunta comunale ha una competenza residuale, spettandole di emanare tutti gli atti che non sono riservati dalla legge al Consiglio comunale e che non ricadono nelle competenze del Sindaco.

L'organo consiliare elettivo degli enti locali è chiamato a esprimere gli indirizzi politico-amministrativi di carattere generale, che si traducono in atti amministrativi fondamentali, tassativamente indicati nell'art. 42 t.u.e.l., mentre la giunta dell'ente ha una competenza residuale, spettandole di emanare tutti gli atti che non sono riservati dalla legge al consiglio comunale e che non ricadono nelle competenze del sindaco; in particolare, all'organo consiliare spetta in via generale ed esclusiva (art. 42, comma 2, lett. a) l'esercizio del potere normativo che, quale peculiare caratteristica dell'autonomia dell'ente locale (art. 3, comma 4), si manifesta, oltre che nell'adozione dello statuto, anche nell'emanazione di regolamenti, atti a contenuto generale e astratto, disciplinanti il comportamento, alla stregua di altre norme giuridiche, della generalità dei cittadini o di una determinata categoria di essi ed è allora da considerarsi del tutto speciale ed eccezionale la competenza della giunta comunale di emanare regolamenti, limitata ai soli «regolamenti sull'ordinamento degli uffici e dei servizi, nel rispetto dei criteri generali stabiliti dal consiglio».

Cons. Stato n. 4705/2014

Ai sensi dell'art. 42 D.Lgs. n. 267 del 2000, spetta al Consiglio comunale, quale organo politico esponenziale della comunità locale, l'adozione di atti che assumano valenza di pianificazione del territorio dei diversi interessi collettivi di rilievo generale che ad esso si riconducono e che, come nel caso dell'adozione del provvedimento di pianificazione delle sedi farmaceutiche ex art. 11 D.L. n. 1 del 2012, coinvolgono la tutela del diritto alla salute e l'accessibilità al servizio di vendita di prodotti farmaceutici.

Cons. Stato n. 4389/2014

A seguito del nuovo assetto degli enti locali determinato dall'entrata in vigore dapprima della L. 8 giugno 1992 n. 142 e poi del T.U. 18 agosto 2000 n. 267 nella giunta comunale, e non più nel consiglio comunale, va individuato l'organo competente ad intervenire nel procedimento di formazione della pianta organica delle farmacie.

Cons. Stato n. 3809/2013

In tema di maggiorazione dell'addizionale sull'imposta erariale relativa al consumo dell'energia elettrica - che configura l'istituzione di un nuovo prelievo fiscale e non una mera variazione dell'aliquota - la disciplina dettata dall'art. 6 D.L. 28 novembre 1988 n. 511, convertito dalla L. 27 gennaio 1989 n. 20, e poi modificato dall'art. 5 D.Lgs. 2 febbraio 2007 n. 26 non è assimilabile al regime previsto dal D.L. 29 dicembre 2010 n. 225 in quanto tale ultima norma, a differenza dell'altra, stabilisce che i Comuni "possono deliberare" la maggiorazione de qua e quindi li lascia liberi di introdurre una nuova entrata e non solo di determinarla, con esercizio di una potestà che è di competenza, ai sensi art. 42 comma 2, lett. f) T.U. 18 agosto 2000 n. 267/2000, del Consiglio comunale e non della Giunta.

Cons. Stato n. 12/2011

Ai sensi dell'art. 42 n. 2 lett. a), T.U. 18 agosto 2000 n. 267, l'affidamento in concessione del servizio di distribuzione del gas rientra nella competenza del Consiglio comunale concernendo l'organizzazione del servizio e non la fase di indizione della gara che, come atto di gestione, esula dalle competenze consiliari, ma ad aspetti organizzativi non prestabiliti che, in quanto tali, non possono che essere valutati dall'organo di indirizzo dell'ente.

Cons. Stato n. 6982/2010

Fermo che, ai sensi dell'art. 42 T.U. enti locali, il Consiglio comunale esprime gli indirizzi politici ed amministrativi di rilievo generale e gli atti fondamentali di natura programmatoria, tra cui gli atti di disposizione del patrimonio immobiliare, compresa l'approvazione della cessione del diritto di superficie di aree, di proprietà comunale, mentre, ai sensi del successivo art. 48, alla Giunta è riconosciuta competenza residuale relativamente agli atti non attribuiti alla competenza consiliare o al sindaco, nonché l'attuazione degli indirizzi generali del Consiglio, deve ritenersi che rientri nella competenza della Giunta deliberare la decadenza del privato dalla convenzione che attribuisce il diritto di superficie, senza che questa possa essere considerato un "contrarius actus", atteso che non afferma una diversa (e contraria) volontà rispetto a quella manifestata dall'organo consiliare, ma dà esecuzione all'indirizzo generale del Consiglio trasfuso nella convenzione.

Cons. Stato n. 4809/2010

Ai sensi dell'art. 42 comma 2, lett. b), D.Lgs. n. 267 del 2000, la Giunta Municipale ha competenza generale e residuale e quindi le appartiene il potere di approvazione del progetto preliminare di un'opera pubblica, salvo che questo comporti una variante allo strumento urbanistico, nel qual caso la competenza appartiene al Consiglio.

Cons. Stato n. 1208/2010

La Giunta comunale è competente ad emanare tutti gli atti di che non siano riservati dalla legge al Consiglio comunale e che non ricadano nelle competenze del sindaco; trattasi quindi di competenza di carattere generale e residuale, mentre invece quella del Consiglio comunale è limitata agli atti espressamente e tassativamente elencati dall'art. 42, comma 2, D.Lgs. 18 agosto n. 267 del 2000, e in tale elenco non compare l'atto di programmazione triennale del fabbisogno di personale, nè si può ritenere che possa rientrare nelle competenze riguardanti "programmi triennali ed elenco annuale di lavori pubblici", atteso che tale espressione, che compare nell'elenco di cui all'art. 42 comma 2, cit. D.Lgs. n. 267 del 2000, si riferisce al solo programma triennale dei lavori pubblici, e non a tutti i programmi triennali.

C. Conti n. 22/2009

In materia di estensione di efficacia di una deliberazione consiliare, di natura regolamentare e di modifica di un precedente regolamento, ad anni antecedenti alla emanazione normativa, non può ritenersi legittima l'adozione di un atto di indirizzo della Giunta comunale autorizzativo di interpretazione retroattiva di disposizioni regolamentari, per palese contrasto con l'art. 42 commi 1 e 2, lett. a), t.u.e.l. (D.Lgs. n. 267/2000), che in tema di organizzazione del Comune, attribuisce al Consiglio comunale la potestà regolamentare, salvo tassative eccezioni, ed il potere di modifica delle norme regolamentari, anche in via interpretativa. Peraltro, sarebbe violato il principio di irretroattività dei regolamenti, sancito dall'art. 11 delle "Disposizioni sulla legge in generale" del codice civile, in assenza di una norma di legge, che autorizzi tale retroattività, anche implicitamente, con uno specifico rinvio ad una norma regolamentare attuativa.

Cons. Stato n. 827/2009

Ai sensi dell'art. 42 comma 2 lett. a), t.u. enti locali, approvato con D.Lgs. 18 agosto 2000 n. 267, appartiene in via esclusiva al Consiglio comunale la competenza a fissare i criteri generali in materia di ordinamento degli uffici e dei servizi comunali, cui dovrà attenersi la potestà regolamentare esercitata dalla Giunta.

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Consulenze legali
relative all'articolo 42 TUEL

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Nicola M. chiede
lunedì 21/09/2020 - Sicilia
“Una ditta chiede di costruire una chiesa e quattro appartamenti nella sottozona del PRG per attrezzature private.
L'assessore propone al Consiglio comunale l'approvazione della convenzione e del progetto dell'opera, nella sottozona per attrezzature pubbliche. Il Consiglio comunale delibera di rinviare in attesa di chiarimenti.
L'assessore e il dirigente dell'ufficio urbanistica sottoscrivono un Atto con il quale sostituiscono la proposta di delibera che il Consiglio comunale aveva rinviato in attesa di chiarimenti.
Con tale Atto, assessore e dirigente, affermano che ''la proposta di delibera è relativa all'approvazione di un'opera pubblica proposta da un privato''.
Visto che l'opera non è prevista in attuazione del P.R.G. e considerato che non avendo l'opera il requisito soggettivo della proprietà, non potrebbe definirsi opera pubblica;
Con tale Atto, e senza l'approvazione del Consiglio comunale, è legittimo il Permesso di costruire che è stato rilasciato?
E' legittimo rilasciare il Permesso in sottozona del PRG destinata ad attrezzature pubbliche o deve essere rilasciato per sottozona del PRG per attrezzature private, dato che il PRG divide la Zona omogenea ''F'' in due sottozone?
Inoltre nello stesso Atto, assessore e dirigente, affermano: ''Rimane di competenza del Consiglio comunale l'approvazione dello schema di convenzione di cui parla l'art. 22 delle Norme Tecniche di Attuazione del PRG''.
Mentre, l'art. 22 delle N.T.A afferma ''Vengono classificate zone ''F1'' le parti del territorio comunale destinate alla realizzazione di edifici pubblici, da parte di enti pubblici o soggetti privati a mezzo di apposite convenzioni''.
Attribuire all'art. 22 uno schema di convenzione che non prevede, non configura una falso in atto pubblico?
Cordiali saluti.”
Consulenza legale i 01/10/2020
La valutazione sotto l’aspetto amministrativo e penale dell’operato dell’assessore e del dirigente dell'ufficio urbanistica comunale e dell’”atto” da essi sottoscritto richiede un breve riepilogo dell’iter procedimentale che ha portato al rilascio del titolo abilitativo al quale si riferisce il quesito.

Nel 2013 un’associazione religiosa ha chiesto un permesso di costruire per la realizzazione di un edificio di culto aperto al pubblico con oratorio e casa famiglia, con annesse opere di urbanizzazione primaria, da attuare nella Zona F1 del PRG.
Ai sensi dell’art. 2, D.M. 1444/68, le Zone F sono le parti del territorio destinate ad ospitare le “attrezzature ed impianti di interesse generale”.
Si tratta di una categoria ampia di opere, che non comprende solo le opere pubbliche più strettamente intese, bensì tutte quelle contrassegnate da una generale fruibilità pubblica e in grado di soddisfare i bisogni della collettività (come ad esempio chiese, ospedali, scuole, ma anche strutture alberghiere, banche, supermercati, discoteche; ex multis, T.A.R. Napoli, sez. II, 19 dicembre 2013, n. 5876).
La destinazione delle zone F può essere realizzata sia con interventi diretti da parte dell’Ente pubblico, sia su iniziativa privata (di solito tramite convenzioni) e la scelta delle concrete modalità di attuazione è demandata alle norme locali, che devono tenere conto delle particolarità del territorio.

Nel caso di specie e per quanto qui ci occupa, le N.T.A. comunali suddividono la zona F in due “sottozone”, stabilendo per ognuna di esse la seguente disciplina:
1- Zona F1 “attrezzature pubbliche”: destinata alla realizzazione di edifici pubblici da parte di Enti pubblici istituzionalmente competenti o di privati mediante apposite convenzioni, nel rispetto delle distanze e degli indici di fabbricabilità sanciti dall’art. 22 N.T.A.;
2- Zona F1* “attrezzature private di interesse collettivo”: destinata realizzazione di attrezzature private di interesse collettivo ad iniziativa pubblica o privata, mediante manutenzione o risanamento conservativo, nonché ristrutturazione (anche “pesante”) di edifici esistenti, nel rispetto delle stesse prescrizioni imposte nelle Zone F1. Le uniche attività e destinazioni d’uso ammesse sono però quelle assistenziali, religiose, educative e ricreative (art. 23 N.T.A.).

La prima proposta di deliberazione avanzata dall’assessore e dal dirigente dell'ufficio urbanistica (che avrebbe dovuto diventare la deliberazione di C.C. n. 234/14) aveva ad oggetto la presa d’atto della fattibilità dell’intervento edilizio de quo nella Zona F1 su iniziativa della Chiesa evangelica, nonché la contestuale approvazione dello schema di convenzione ex art. 22 N.T.A. e del progetto dell’opera.
Tale proposta, pur sottoposta al Consiglio, non è stata però mai approvata e la discussione sul progetto dell’edificio di culto è stata rinviata a data da destinarsi, non per la necessità di chiarimenti (come scritto nel quesito), ma per dichiarate difficoltà di funzionamento dell’organo a causa delle assenze di numerosi consiglieri (v. delib. C.C. 26.03.2015 n. 31).
Il 13.05.2015 (ed è questo l’“atto” al quale si riferisce la richiesta di parere), la prima proposta è stata sostituita da un’altra di contenuto simile ma più generale, limitata alla definizione della disciplina da applicare nella Zona F1 e all’approvazione dello schema di convenzione di cui all’art. 22 N.T.A.
Tale proposta è stata approvata con delibera di C.C. 10.06.2015 n. 58, recante “inquadramento giuridico delle zone “F”, disciplinate dalla N.T.A. del P.R.G., con particolare riferimento alla natura del vincolo, alle attrezzature di interesse comune, alle opere di urbanizzazione secondaria ed agli accordi tra P.A. e privato ed approvazione dello schema di convenzione tipo per tali interventi” (non in possesso dello scrivente).
Infine, il permesso di costruire richiesto dalla Chiesa Evangelica è stato rilasciato nel 2016, previa stipula di una convenzione, presumibilmente redatta sulla base della “convenzione tipo” approvata dal Consiglio.

Da tutto quanto sopra è possibile concludere, anzitutto, che l’”atto” al quale si riferisce il quesito è, in realtà, una semplice nuova proposta di deliberazione, che –contrariamente a quanto scritto nel quesito- è stata approvata nel 2015.
In secondo luogo, l’art. 22 della N.T.A. impone, ai fini della esecuzione degli interventi da esso previsti, la stipula di una convenzione con i privati interessati all’attuazione delle Zone F1 (che qui è presente), ma non può essere interpretato nel senso di vietare l’approvazione di convenzioni tipo da parte del Comune, destinate a fungere da modello generale per le singole convenzioni da concludere di volta in volta con i privati.
Peraltro, si nota che la pratica di adottare schemi di convenzione è molto frequentemente utilizzata da parte dei Comuni e, segnatamente, dei Consigli comunali, nell’ambito delle funzioni di indirizzo e di controllo politico-amministrativo di cui sono titolari (anche in materia urbanistica), ai sensi dell’art. art. 42 del T.U.E.L..
Non sembra, quindi, che sia possibile ravvisare sotto tale particolare profilo la sussistenza di un reato, o di illegittimità che possano inficiare il permesso di costruire relativo alla costruzione dell’edificio di culto.

Ciò che, invece, suscita alcuni dubbi è l’inquadramento di tale intervento edilizio all’interno delle Zone F1, come specificamente disciplinate dall’art. 22 N.T.A. comunali, e non nelle Zone F1*.
È vero che, come sopra scritto, le opere ammesse nelle Zone F sono quelle classificabili come di “interesse collettivo”, ma si nota che la normativa comunale pare aver ristretto tale categoria ai soli “edifici pubblici”, pur edificabili anche ad iniziativa di privati.
Sembra, quindi, che l’art. 22 N.T.A. ponga limitazioni più stringenti a quanto è possibile realizzare nelle Zone F1 comprese nel territorio comunale, rispetto alla generale categoria indicata dall’art. D.M. 1444/68, come interpretata da costante giurisprudenza.
Tuttavia, non pare che il superamento di tali limiti possa essere attuato con una semplice deliberazione “interpretativa” del Consiglio, senza passare per una modifica del testo delle N.T.A..
In ogni caso, si sottolinea che, al fine di ottenere la dichiarazione di illegittimità del permesso di costruire, sarebbe stato a suo tempo necessario far valere la questione in modo puntuale davanti al Giudice amministrativo, impugnando sia il titolo abilitativo e sia la deliberazione di C.C. del 2015 quale atto presupposto.
Entrambi tali provvedimenti, però, sono ormai diventati definitivi a seguito del decorso del termine decadenziale previsto dall’art. 41 c.p.a..


Patrizio B. chiede
sabato 28/01/2017 - Sardegna
“Nel disciplinare la la CITTADINANZA ONORARIA, un regolamento comunale ha stabilito che "Possono costituire motivazione per il conferimento[..]" indicando alcune tipologie, precissando all'articolo successivo: "[...] è conferita con atto del Sindaco adottato su conforme motivazione della Giunta Municipale. L'atto di conferimento dovrà contenere l'indicazione delle ragioni[...].La deliberazione potrà riportare, oltere a tali motivazioni,anche la biografia del beneficiario" Il sindaco può discostasi dalle motivazioni indicate nel regolamento oppure le stesse devono intendersi tassative?”
Consulenza legale i 02/02/2017
Il concetto da cui occorre partire è la stessa definizione di "regolamento comunale". Fa parte degli atti normativi approvati dal consiglio comunale contenenti obblighi, divieti, regole e prescrizioni rivolti ad una serie indeterminabile di destinatari e capaci di disciplinare una serie indefinita di casi di propria competenza, e volti in particolare alla organizzazione e funzionamento delle istituzioni.

Si tratta di un atto che, seppure formalmente amministrativo, in quanto emanato da organi del potere esecutivo, ha forza normativa (viene infatti definito sostanzialmente normativo), in quanto contenente norme destinate a innovare l’ordinamento giuridico.

La migliore, se non l’unica definizione legislativa di regolamento si rinviene nell’art. 14 del D.P.R. 24/11/1971 n. 1199 (disciplina dei ricorsi amministrativi), che lo definisce appunto come “atto amministrativo generale a contenuto normativo”.

Quanto sopra riportato, dunque, per dire che trattandosi di un atto avente forza normativa e rientrando la sua adozione, così come ogni sua eventuale modifica, nella competenza del consiglio comunale ex art. 42 D.lgs. 267/00 (Testo unico enti locali o TUEL), nessun altro organo potrà da esso discostarsi, pena ad incorrere nell’adozione di un atto illegittimo per carenza dei presupposti di legge.

Peraltro, deve anche farsi osservare che il conferimento della cittadinanza onoraria non è una procedura espressamente disciplinata dalla legge, non preoccupandosi lo stesso TUEL di fornire alcuna indicazione specifica.
Ciò comporta che finché la materia non risulti autonomamente normata dall'Ente in sede di statuto e/o specifico regolamento, potrà direttamente provvedere il Consiglio Comunale che, quale organo sovrano, avrà facoltà di deliberare il conferimento della cittadinanza onoraria a chi - non essendo iscritto nell'anagrafe del Comune - si sia distinto per una qualsiasi motivazione non prestabilita.

Qualora, invece, come nel caso che ci interessa, un regolamento sia stato adottato, con espressa indicazione di specifiche motivazioni sulla cui base conferire la cittadinanza onoraria, da esse non ci si potrà discostare, se non con una modifica del regolamento che disciplina la materia e rientrante, come appena visto, nella competenza esclusiva del consiglio comunale.

Si ritiene, infine, opportuno far osservare che, da una veloce lettura di alcuni regolamenti al riguardo adottati da diversi comuni italiani, risulta che il conferimento della cittadinanza onoraria deve formare oggetto di una specifica delibera del consiglio comunale e che il Sindaco (o un suo delegato) si limita semplicemente a conferire la stessa nel corso di una cerimonia ufficiale.
Allo stesso compete eventualmente anche il potere di avanzare una proposta per il conferimento della cittadinanza onoraria, ma tale proposta dovrà essere corredata da una relazione intesa ad evidenziare i meriti della persona cui si intende conferire il riconoscimento e sulla quale sarà sempre il consiglio a deliberare, il quale ultimo non potrà discostarsi dalle motivazioni deliberate in sede di adozione del relativo regolamento.