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Articolo 122 Nuovo Codice Appalti (D. Lgs. 36/2023)

(D.lgs. 31 marzo 2023, n. 36)

[Aggiornato al 21/05/2025]

Risoluzione

Dispositivo dell'art. 122 Nuovo Codice Appalti (D. Lgs. 36/2023)

1. Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 121, le stazioni appaltanti possono risolvere un contratto di appalto senza limiti di tempo, se si verificano una o più delle seguenti condizioni:

  1. a) modifica sostanziale del contratto, che richiede una nuova procedura di appalto ai sensi dell’articolo 120;
  2. b) con riferimento alle modificazioni di cui all’articolo 120, comma 1, lettere b) e c), superamento delle soglie di cui al comma 2 del predetto articolo 120 e, con riferimento alle modificazioni di cui all’articolo 120, comma 3, superamento delle soglie di cui al medesimo articolo 120, comma 3, lettere a) e b);
  3. c) l’aggiudicatario si è trovato, al momento dell’aggiudicazione dell’appalto, in una delle situazioni di cui all’articolo 94, comma 1, e avrebbe dovuto pertanto essere escluso dalla procedura di gara;
  4. d) l’appalto non avrebbe dovuto essere aggiudicato in considerazione di una grave violazione degli obblighi derivanti dai trattati, come riconosciuto dalla Corte di giustizia dell’Unione europea in un procedimento ai sensi dell’articolo 258 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea.

2. Le stazioni appaltanti risolvono un contratto di appalto qualora nei confronti dell’appaltatore:

  1. a) sia intervenuta la decadenza dell’attestazione di qualificazione per aver prodotto falsa documentazione o dichiarazioni mendaci;
  2. b) sia intervenuto un provvedimento definitivo che dispone l’applicazione di una o più misure di prevenzione di cui al codice delle leggi antimafia e delle relative misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, ovvero sia intervenuta sentenza di condanna passata in giudicato per i reati di cui al Capo II del Titolo IV della Parte V del presente Libro.

3. Il contratto di appalto può inoltre essere risolto per grave inadempimento delle obbligazioni contrattuali da parte dell’appaltatore, tale da compromettere la buona riuscita delle prestazioni. Il direttore dei lavori o il direttore dell’esecuzione, se nominato, quando accerta un grave inadempimento ai sensi del primo periodo avvia in contraddittorio con l’appaltatore il procedimento disciplinato dall’articolo 10 dell’allegato II.14. All’esito del procedimento, la stazione appaltante, su proposta del RUP, dichiara risolto il contratto con atto scritto comunicato all’appaltatore.

4. Qualora, al di fuori di quanto previsto dal comma 3, l’esecuzione delle prestazioni sia ritardata per negligenza dell’appaltatore rispetto alle previsioni del contratto, il direttore dei lavori o il direttore dell’esecuzione, se nominato, gli assegna un termine che, salvo i casi d’urgenza, non può essere inferiore a dieci giorni, entro i quali deve eseguire le prestazioni. Scaduto il termine, e redatto il processo verbale in contraddittorio, qualora l’inadempimento permanga, la stazione appaltante risolve il contratto, con atto scritto comunicato all’appaltatore, fermo restando il pagamento delle penali.

5. In tutti i casi di risoluzione del contratto l’appaltatore ha diritto soltanto al pagamento delle prestazioni relative ai lavori, servizi o forniture regolarmente eseguiti.

6. Nei casi di risoluzione del contratto di cui ai commi 1, lettere c) e d), 2, 3 e 4, le somme di cui al comma 5 sono decurtate degli oneri aggiuntivi derivanti dallo scioglimento del contratto, e in sede di liquidazione finale dei lavori, servizi o forniture riferita all’appalto risolto, l’onere da porre a carico dell’appaltatore è determinato anche in relazione alla maggiore spesa sostenuta per il nuovo affidamento, se la stazione appaltante non si sia avvalsa della facoltà prevista dall’articolo 124, comma 2, primo periodo.

7. L’allegato II.14 disciplina le attività demandate al direttore dei lavori e all’organo di collaudo o di verifica di conformità in conseguenza della risoluzione del contratto.

8. Nei casi di risoluzione del contratto, l’appaltatore provvede al ripiegamento dei cantieri già allestiti e allo sgombero delle aree di lavoro e relative pertinenze nel termine assegnato dalla stazione appaltante; in caso di mancato rispetto del termine, la stazione appaltante provvede d’ufficio addebitando all’appaltatore i relativi oneri e spese. In alternativa all’esecuzione di eventuali provvedimenti giurisdizionali cautelari, possessori o d’urgenza comunque denominati che inibiscano o ritardino il ripiegamento dei cantieri o lo sgombero delle aree di lavoro e relative pertinenze, la stazione appaltante può depositare cauzione in conto vincolato a favore dell’appaltatore o prestare fideiussione bancaria o polizza assicurativa con le modalità di cui all’articolo 106, pari all’1 per cento del valore del contratto. Resta fermo il diritto dell’appaltatore di agire per il risarcimento dei danni.

Spiegazione dell'art. 122 Nuovo Codice Appalti (D. Lgs. 36/2023)

Nel settore dei contratti pubblici (come anche in ambito privatistico), può rendersi necessario porre anticipatamente fine al vincolo negoziale, determinando lo scioglimento del rapporto e la cessazione degli effetti obbligatori che da esso discendono. Il nuovo Codice dei contratti pubblici si occupa specificamente della risoluzione contrattuale, mirando a garantire un corretto equilibrio fra la tutela dell’interesse pubblico e il rispetto dei principi generali che permeano l’intero Codice, quali imparzialità, trasparenza e buona fede.
La disciplina differisce a seconda della tipologia di contratto: per gli appalti è prevista dall’articolo 122 del Codice, mentre per le concessioni l’articolo di riferimento è il 190.

L’articolo 122 disciplina in modo organico le ipotesi di risoluzione del contratto di appalto, distinguendo chiaramente tra i casi in cui la stazione appaltante può sciogliere il vincolo contrattuale e quelli in cui è invece obbligata a procedere alla risoluzione.

La norma si pone tre obiettivi principali:
  • garantire che l’appalto non rimanga in vita quando si fonda su situazioni illegittime o contrarie ai principi europei e nazionali;
  • tutelare l’effettiva esecuzione delle prestazioni, sanzionando inadempienze gravi o ritardi ingiustificati;
  • regolare gli effetti economici conseguenti alla risoluzione, in termini di pagamento delle prestazioni utilmente rese e di addebito degli oneri aggiuntivi all’appaltatore.

Il comma 1 riconosce alle stazioni appaltanti un potere di risoluzione senza limiti temporali, quando ricorrono specifiche condizioni che mettono in discussione la legittimità o la correttezza dell’affidamento. Si tratta di casi di rilievo:
  • lettera a): la modifica sostanziale del contratto che avrebbe imposto una nuova gara (cfr. art. 120 del nuovo codice appalti), a tutela del principio di concorrenza;
  • lettera b): il superamento delle soglie quantitative di modifica contrattuale, che trasformerebbe l’oggetto dell’appalto in modo inammissibile;
  • lettera c): la scoperta, successiva all’aggiudicazione, che l’appaltatore era gravato da una causa di esclusione obbligatoria (art. 94 del nuovo codice appalti, comma 1);
  • lettera d): l’aggiudicazione è in contrasto con il diritto dell’Unione europea, come riconosciuto da parte della Corte di giustizia, in un procedimento ai sensi dell’articolo 258 TFUE.

La ratio è evitare la prosecuzione di rapporti contrattuali nati da vizi sostanziali o incompatibili con il diritto europeo e nazionale, anche a distanza di tempo.

Nelle ipotesi di cui al comma 2 la risoluzione diventa un obbligo per la stazione appaltante: non si tratta più di mera facoltà, ma di atto vincolato. Le ipotesi sono due:
  • la decadenza dell’attestazione SOA per falsa documentazione, che incide sulla qualificazione professionale dell’appaltatore;
  • la sopravvenienza di provvedimenti antimafia o di condanne definitive per reati gravi (quelli del Capo II, Titolo IV, Parte V), che rendono incompatibile la prosecuzione del contratto per ragioni di ordine pubblico e legalità.

Il comma 3 dispone che l’appalto può essere risolto quando le violazioni dell’appaltatore siano gravi e tali da compromettere la corretta esecuzione. È previsto un procedimento in contraddittorio: il direttore dei lavori o dell’esecuzione segnala l’inadempimento e avvia il procedimento disciplinato dall’Allegato II.14; il RUP, all’esito, propone la risoluzione. L’atto conclusivo deve avere forma scritta e dev’essere comunicato all’appaltatore. Si tratta quindi di una procedura garantita, che bilancia l’interesse pubblico con la tutela dell’affidatario.

Al comma 4 il legislatore disciplina un’ipotesi meno grave rispetto al comma precedente: il ritardo nell’esecuzione per negligenza dell’appaltatore. In questo caso la norma prevede un meccanismo di “diffida ad adempiere”: il direttore dei lavori o dell’esecuzione assegna un termine non inferiore a 10 giorni (salvo urgenza), trascorso il quale, in caso di persistente inadempimento, la stazione appaltante dichiara risolve il contratto, redigendo processo verbale in contraddittorio. La risoluzione si accompagna al diritto della stazione appaltante di applicare le penali.

Il comma 5 definisce gli effetti economici della risoluzione: l’appaltatore conserva solo il diritto al pagamento delle prestazioni già eseguite e regolarmente accettate. Non ha quindi diritto a ulteriori indennizzi per mancato guadagno o per la perdita del contratto.

Tramite il comma 6 si aggiunge una regola specifica: nei casi più gravi (quelli dei commi 1, lettere c) e d), 2, 3 e 4), dalle somme dovute per prestazioni già rese si detraggono gli oneri aggiuntivi derivanti dallo scioglimento del contratto. Inoltre, se la stazione appaltante affida nuovamente le prestazioni, l’appaltatore risolto deve sostenere anche i maggiori costi derivanti dal nuovo affidamento, salvo che l’amministrazione eserciti la facoltà di affidamento diretto al secondo classificato (124, comma 2).

Il comma 7 richiama espressamente l’Allegato II.14, che regola le attività del direttore dei lavori e dell’organo di collaudo o verifica di conformità a seguito della risoluzione.

Al comma 8 è disciplinata la fase materiale di chiusura del cantiere: l’appaltatore deve procedere al ripiegamento e allo sgombero entro il termine fissato dalla stazione appaltante. Se non lo fa, l’amministrazione interviene d’ufficio addebitando i costi.
È poi previsto un meccanismo particolare per i casi in cui vi siano provvedimenti giurisdizionali che impediscono o rallentano lo sgombero: la stazione appaltante può depositare una cauzione o prestare fideiussione o polizza pari all’1% del valore del contratto, mantenendo fermo il diritto dell’appaltatore di agire per il risarcimento dei danni.

Rel. C.d.S. al Codice dei Contratti

(Relazione del Consiglio di Stato al Codice dei Contratti del 7 dicembre 2022)

122 
La disposizione, che disciplina la risoluzione del contratto, corrisponde all’attuale art. 108.

Si è ritenuto di introdurre al comma 1 l’inciso chiarificatore per il quale le stazioni appaltanti possono risolvere il contratto di appalto “senza limiti di tempo”, in correlazione con la soppressione dell’attuale comma 1-bis dell’art. 108 (che esclude l’applicabilità alla risoluzione del termine di cui all’art. 21-nonies della l. n. 241 del 1990, sull’autoannullamento).

Il problema del richiamo all’istituto dell’annullamento d’ufficio in autotutela non è, infatti, risolto dall’attuale comma 1-bis, che lo implica in modo allusivo solo per escludere l’applicabilità del termine di cui al citato art. 21-nonies della l. n. 241.

Il problema nasce dal fatto che l’attuale art. 108 ospita al suo interno fattispecie:

(a) strutturalmente e ontologicamente disomogenee, in parte corrispondenti alla risoluzione civilistica per inadempimento (commi 3 e 4), che non hanno nulla a che vedere con l’annullamento d’ufficio,

(b) riconducibili ad ipotesi di autotutela [comma 1, lettere c) e d); comma 2, lett. a) e lett. b)], per cui l’istituto sarebbe applicabile,

(c) altre ipotesi eterodosse [comma 1, lettere a) e b)] di sopravvenuta modifica del quadro esigenziale pubblico che implica una rinegoziazione incompatibile con l’esecuzione dell’appalto affidato e che pretende una nuova procedura di affidamento (in pratica: un recesso motivato e giustificato da presupposti oggettivi, in cui l’appaltatore non ha diritto al ristoro del mancato guadagno).

Si segnala la reimpostazione delle lettere a) e b) del comma 1 in linea con il riferimento alla necessità di introdurre le modifiche sostanziali o oltre soglia (“il contratto dovrebbe subire una modifica sostanziale che richiede una nuova procedura di appalto ai sensi dell'articolo…”).

La disposizione del codice sulla risoluzione viene snellita spostando nell’allegato II.14 le previsioni di dettaglio evidenziate. Si è ritenuto di mantenere nel codice l’ultimo comma dell’art. 108 (divenuto comma 8 dell’art. 120) poiché prevede in capo alla stazione appaltante una facoltà alternativa all’esecuzione di provvedimenti giurisdizionali (che inibiscano o ritardino il ripiegamento dei cantieri o lo sgombero delle aree di lavoro), che non può essere demandata alla normativa secondaria, trattandosi di un diritto soggettivo riconosciuto in favore della stazione appaltante.

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