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Articolo 44 Legge sull'adozione

(L. 4 maggio 1983, n. 184)

[Aggiornato al 02/01/2024]

Dispositivo dell'art. 44 Legge sull'adozione

1. I minori possono essere adottati anche quando non ricorrono le condizioni di cui al comma 1 dell'articolo 7:

  1. a) da persone unite al minore da vincolo di parentela fino al sesto grado o da preesistente rapporto stabile e duraturo, anche maturato nell'ambito di un prolungato periodo di affidamento, quando il minore sia orfano di padre e di madre;
  2. b) dal coniuge nel caso in cui il minore sia figlio anche adottivo dell'altro coniuge;
  3. c) quando il minore si trovi nelle condizioni indicate dall'articolo 3, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e sia orfano di padre e di madre;
  4. d) quando vi sia la constatata impossibilità di affidamento preadottivo.

2. L'adozione, nei casi indicati nel comma 1, è consentita anche in presenza di figli.

3. Nei casi di cui alle lettere a), c), e d) del comma 1 l'adozione è consentita, oltre che ai coniugi, anche a chi non è coniugato. Se l'adottante è persona coniugata e non separata, l'adozione può essere tuttavia disposta solo a seguito di richiesta da parte di entrambi i coniugi.

4. Nei casi di cui alle lettere a) e d) del comma 1 l'età dell'adottante deve superare di almeno diciotto anni quella di coloro che egli intende adottare.

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Consulenze legali
relative all'articolo 44 Legge sull'adozione

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

Alex M. O. chiede
venerdģ 30/04/2021 - Lombardia
“Buongiorno.
Le volevo chiedere un parere, o meglio, una conferma se quello che scrivo sia veritiero o meno, che riguarda un caso pratico di Diritto Civile e in particolare il tema dell'adozione e della successione, ed è una vicenda reale che mi sta capitando in questi giorni.
Io sono stato adottato a 13 anni, nella forma dell'adozione in casi particolari (legge 184/1983), da una famiglia nel 2009, anno in cui la sentenza di adozione è stata promulgata dal Tribunale per i minorenni di Milano.
Sono stato allontanato dalla mia mamma naturale nel 2004, e fino al 2009 sono stato in affido presso la stessa famiglia che nel 2009 mi ha adottato "ufficialmente".
Ora è nata una questione che riguarda la mia famiglia biologica, quindi NON la famiglia in cui sono stato adottato.
Il mio prozio naturale (parentela di 4° grado), cioè lo zio della mia mamma, è deceduto il 16 Aprile senza lasciare coniuge, ascendenti e discendenti, e nel suo testamento (depositato tempo fa presso un notaio) ha nominato eredi suo fratello (cioè mio nonno) e la cognata (cioè la moglie di mia nonno, quindi mia nonna).
Mio nonno (deceduto nel 2017) ha avuto 2 figlie, mia mamma e mia zia, quindi per l'istituto della rappresentazione, mio nonno nel testamento sarebbe "rappresentato" da mia mamma e da mia zia.
Mia mamma però è morta nel 2007, e ha avuto 2 figli (il sottoscritto e mia sorella) entrambi avuti con 2 persone diverse e riconosciuti dalla madre ma non dai rispettivi padri, quindi a questo punto seguendo ancora l'istituto della rappresentazione, mia mamma (che rappresentava insieme a mia zia il mio nonno defunto) è rappresentata dal sottoscritto e da mia sorella.
Di conseguenza, gli eredi testamentari sarebbero:
-Mia nonna (citata nel testamento)
-Mia zia (che rappresenta mio nonno, citato nel testamento)
-Il sottoscritto e mia sorella (che rappresentiamo mia mamma, che a sua volta rappresentava mio nonno, citato nel testamento).
A questo punto, essendo adottato nella forma dell'adozione in casi particolari, gli eredi testamentari sarebbero:
-Mia nonna (citata nel testamento)
-Mia zia (che rappresenta mio nonno, citato nel testamento)
-Il sottoscritto e mia sorella (che rappresentiamo mia mamma, che a sua volta rappresentava mio nonno, citato nel testamento).
A questo punto, essendo stato adottato nella forma dell'adozione in casi particolari, dovrei avere avrei diritto alla successione nei confronti del mio prozio biologico, mentre in caso di successione legittima si sarebbero recisi i legami con la mia famiglia di origine e non avrei avuto diritto alla successione nei confronti del mio prozio biologico.
Scusandomi per l'eccessiva lunghezza, volevo sapere se quello che ho scritto fosse corretto dal punto di vista giuridico, e volevo chiedere se ci fosse eventualmente qualche sentenza della Cassazione o della Corte Costituzionale in merito a questo argomento.”
Consulenza legale i 06/05/2021
La ricostruzione fatta nel quesito di come dovrebbe devolversi il patrimonio ereditario del defunto prozio risulta correttissima e conforme alla norme dettate dal codice civile.

Secondo quanto espressamente disposto dall’art. 467 del c.c., l’istituto giuridico della rappresentazione consente che, nel caso in cui il soggetto chiamato all’eredità (c.d. rappresentato) non possa (perché, come in questo caso, premorto) o non voglia (perché vi rinunzia) accettarla, il correlativo diritto si trasmette ai suoi discendenti (c.d. rappresentanti), i quali subentrano nel luogo e nel grado del loro ascendente.

Nel caso che si sottopone all’attenzione, il de cuius ha nominato quali suoi eredi testamentari il fratello (nonché nonno di chi pone il quesito) e la di lui moglie, senza lasciare eredi legittimari (coniuge, figli e ascendenti ex art. 536 del c.c.).
Ora, al momento dell’apertura della successione (avvenuta in data 16.04.2021) si ha che uno solo degli eredi testamentari, ossia la cognata (nonché nonna di chi pone il quesito) è ancora in vita, mentre l’altro erede, ossia il fratello, è premorto al testatore.
Non potendo per tale ragione accettare o rinunziare all’eredità, si viene a realizzare uno dei presupposti previsti dal sopra citato art. 467 c.c. per l’operatività della rappresentazione, c.d. presupposto oggettivo.

Ma il codice civile richiede anche un altro presupposto, c.d. soggettivo, per poter operare la rappresentazione, individuando all’art. 468 del c.c. la cerchia dei soggetti in favore dei quali la stessa si applica.
In particolare, da tale norma si evince che soggetti rappresentati possono essere, nella linea retta, i figli del de cuius, mentre, nella linea collaterale, i fratelli e le sorelle del defunto.
Poiché l’erede premorto è fratello del de cuius, sembra evidente che sussistono tutti i requisiti richiesti dal codice civile per la trasmissione della delazione in favore dei discendenti del fratello del testatore.

Aggiunge l’art. 469 c.c. che “la rappresentazione ha luogo in infinito”, disciplinando anche le modalità da seguire per dividere tra i vari discendenti il patrimonio ereditario.
Ciò significa che, come accaduto nel caso di specie, anche il rappresentante può a sua volta essere rappresentato dai suoi discendenti.
Così, poiché uno dei discendenti del fratello del de cuius (ossia la mamma di chi pone il quesito) è premorta, anche quest’ultima rivestirà la posizione di “rappresentata” e “rappresentanti” saranno i suoi due figli.

A questo punto si tratta di stabilire secondo quali quote gli eredi diretti e quelli per rappresentazione succederanno al defunto prozio.
Immaginiamo che gli eredi, nonno e nonna, ossia fratello e cognata del de cuius, siano stati nominati nel testamento per quote eguali (nel quesito non viene data alcuna indicazione al riguardo).
Alla morte del fratello del nonno, l'eredità va divisa in ragione di 12/24 in favore della nonna e di altri 12/24 in favore del nonno.
Poiché il nonno è deceduto, i suoi 12/24 vanno divisi in parti eguali, per effetto del diritto di rappresentazione, tra i suoi figli, cioè la mamma e la sorella della mamma (zia di chi scrive).
Quindi alla mamma spettano 6/24, alla sorella della mamma altri 6/24
La quota della mamma, anche lei premorta, andrà ulteriormente divisa per quote eguali tra i suoi due figli rappresentanti, ai quali andranno 3/24 ciascuno.

Tutto ciò si realizza perché il testatore (cioè il fratello del nonno) non ha previsto alcuna sostituzione, il che consente l'operare dell'istituto della rappresentazione.
Stesso discorso non si sarebbe potuto fare se a premorire fosse stata la nonna, in quanto affine del de cuius, la quale, in virtù di quanto disposto dalle norme sulla rappresentazione, non può assumere la posizione di rappresentata.

Nessun ostacolo a quanto sopra detto può derivare, come pure correttamente osservato nel quesito, dalla circostanza che colui il quale pone il quesito abbia assunto lo stato di figlio adottivo di altra coppia di coniugi.
Infatti, come è stato riferito e come si evince chiaramente dalla sentenza di adozione inviata a questa Redazione, trattasi di c.d. adozione in casi particolari disposta ex artt. 44 e ss. Legge 184/1983, come modificati dalla Legge n. 149/2001, alla quale si ricorre in casi specifici nei quali non sono presenti i presupposti per l'adozione legittimante (in particolare lo stato di abbandono del minore), ossia l'adozione che taglia definitivamente i legami dell'adottato con la famiglia di origine e per effetto della quale il minore acquista tutti i diritti di un figlio biologico.

Questo tipo di adozione, quindi, non elimina i rapporti con la famiglia di origine, ma si radica sul consenso tra le parti, creando solo uno status personale tra adottante e adottato.
Per effetto di essa, il minore:
  1. acquista lo stato di figlio adottivo dell’adottante;
  2. conserva i diritti/doveri verso la famiglia di origine, mentre i genitori biologici perdono la responsabilità genitoriale sul minore;
  3. antepone al proprio cognome quello della famiglia adottiva;
  4. non acquista alcun legame di parentela rispetto ali familiari dell’adottante, ma nascono gli impedimenti matrimoniali;
  5. acquista nei confronti dell’adottante i medesimi diritti successori del figlio legittimo.