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Articolo 183 Legge fallimentare

(R.D. 16 marzo 1942, n. 267)

[Aggiornato al 01/01/2023]

Reclamo

Dispositivo dell'art. 183 Legge fallimentare

(1) Contro il decreto del tribunale può essere proposto reclamo [131] alla corte di appello, la quale pronuncia in camera di consiglio.

Con lo stesso reclamo è impugnabile la sentenza dichiarativa di fallimento, contestualmente emessa a norma dell'articolo 180, settimo comma.

Note

(1) Articolo così sostituito con d.lgs. 169/2007.
La Corte Costituzionale con sentenza 7 - 12 novembre 1974 n. 255 ha dichiarato "la illegittimità costituzionale dell'art. 183, primo comma, del r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (così detta legge fallimentare), nella parte in cui, per le parti costituite, fa decorrere il termine per proporre appello contro la sentenza che omologa o respinge il concordato preventivo dall'affissione, anzichè dalla data di ricezione della comunicazione della stessa; b) in applicazione dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, dichiara, altresì, la illegittimità costituzionale derivata dell'ultimo comma del medesimo art. 183 e del primo e terzo comma dell'art. 131 del decreto predetto, nella parte in cui fanno decorrere dall'affissione i termini, rispettivamente, per ricorrere in cassazione contro la sentenza di appello che decide in merito alla omologazione o reiezione del concordato preventivo, per proporre appello contro la sentenza che omologa o respinge il concordato successivo, nonchè per ricorrere in cassazione contro quest'ultima sentenza".

Rel. ill. riforma fall. 2007

(Relazione Illustrativa al decreto legislativo 12 Settembre 2007, n. 169)

16 L’articolo 16 del decreto legislativo reca disposizioni correttive del Titolo III, Capo V della legge fallimentare.
Il comma 5 sostituisce l’art. 183 del r.d.. Con l’inserimento della previsione del reclamo alla corte di appello per l’impugnazione sia del decreto, che dell’eventuale sentenza di fallimento emessi all’esito del giudizio di omologazione, serve a chiarire e razionalizzare il regime di impugnativa dei provvedimenti emessi all’esito del giudizio di omologazione, nel rispetto dei principi del “giusto processo”.

Massime relative all'art. 183 Legge fallimentare

Cass. civ. n. 1521/2013

Impugnati separatamente, dalla medesima società, il decreto di rigetto del reclamo, ex art. 183 legge fall., avverso il diniego di omologazione di un concordato preventivo da essa proposto e la sentenza di rigetto del reclamo, ex art. 18 legge fall., contro il provvedimento che, successivamente, concludendo un autonomo procedimento prefallimentare, ne abbia dichiarato il fallimento, l'indispensabile interesse al ricorso in tema di concordato presuppone l'esito positivo di quello contro la dichiarazione di fallimento, altrimenti risultando del tutto inutile l'eventuale accoglimento del primo ricorso, che non potrebbe produrre effetti su di una non più contestabile sentenza di fallimento.

Cass. civ. n. 4304/2012

Il reclamo alla corte d'appello avverso il decreto con il quale il tribunale abbia provveduto sull'omologazione (accordandola o negandola) del concordato preventivo, ai sensi dell'art. 183 legge fall., va proposto entro il termine di trenta giorni, in quanto la circostanza che con lo stesso reclamo, proponibile contro il decreto che pronuncia sull'omologazione del concordato preventivo, possa essere impugnata anche la eventuale sentenza dichiarativa di fallimento impone, per una lettura costituzionalmente orientata della norma, di reputare applicabile il medesimo termine previsto dall'art. 18 legge fall.

Cass. civ. n. 22932/2011

In tema di concordato preventivo, al decreto emesso, ai sensi dell'art. 183, comma 1, legge fall., dalla corte d'appello, che decida sul reclamo avverso il decreto di omologazione, si applica il rito camerale di cui agli artt. 737 e ss. c.p.c. e, quindi, è ricorribile per cassazione entro il termine ordinario di sessanta giorni, decorrenti dalla data di notificazione dello stesso; infatti, non può applicarsi per analogia la disciplina prevista per il concordato fallimentare dall'art. 131 legge fall., e riformata con il d.l.vo n. 169 del 2007, attesa la compiutezza della disciplina del concordato preventivo e stante la diversità dei presupposti oggettivi in cui interviene la rispettiva omologazione (impresa fallita da un lato e "in bonis" dall'altro).

Cass. civ. n. 26212/2010

La sentenza con cui il tribunale dichiara il fallimento del debitore, dopo l'instaurazione del giudizio di omologazione del concordato preventivo, non è suscettibile di opposizione ex art. 18 legge fall. (possibile unicamente prima di tale fase), ma unicamente dell'appello preveduto dall'art. 183 legge fall. (nel testo vigente prima del d.l.vo n. 5 del 2006), anche se, come nella specie, essa sia fondata sul sopravvenuto diniego del voto favorevole da parte della maggioranza dei creditori, nuovamente chiamati a votare in una seconda adunanza; la predetta dichiarazione di fallimento, infatti, non può che ritenersi emessa all'esito e per effetto del mancato accoglimento della domanda di omologazione del concordato, a nulla rilevando la natura del predetto vizio, attenendo esso ad un controllo generale che comunque compete al tribunale, ai sensi dell'art. 181 legge fall., ed il cui riscontro non può che risolversi nella mancata omologazione.

Cass. civ. n. 10635/2007

Il garante del concordato preventivo non è parte necessaria del relativo giudizio di omologazione e non può, quindi, proporre appello avverso la sentenza che respinge o omologa la proposta concordataria.

Cass. civ. n. 2886/2007

In base all'art. 183, primo comma, legge fall., la legittimazione ad impugnare la sentenza che omologa o respinge il concordato spetta solo ai creditori opponenti e al debitore, ma non al commissario giudiziale, che non è portatore di specifici interessi da far valere, in sede giurisdizionale, in nome proprio o in veste di sostituto processuale.

Cass. civ. n. 2560/2002

A seguito della declaratoria di incostituzionalità della disposizione del terzo comma dell'art. 183 L. fall. (nella parte in cui disponeva che il termine per impugnare la sentenza che pronunzia sulla proposta di concordato preventivo, ai fini dell'omologazione, decorresse dall'affissione, invece che dalla comunicazione eseguita a norma degli artt. 133 e 136 c.p.c.) ha comportato il venir meno della decorrenza del termine per l'appello in coincidenza con l'affissione, anziché con la comunicazione, in considerazione che solo quest'ultimo atto garantisce il diritto di difesa, perché pone l'interessato nella situazione di avere conosciuto l'esito giudiziale della sua domanda. Va, pertanto, escluso che la menzionata disposizione possa essere interpretata nel senso che sia indispensabile, perché decorra il termine per l'impugnazione, la comunicazione congiunta con l'affissione.

Cass. civ. n. 10424/1997

La pronuncia con la quale il Tribunale, avendo il giudice delegato constatato il mancato raggiungimento delle maggioranze richieste ai fini dell'omologazione del concordato preventivo di una società, ed avendogliene riferito ai sensi dell'art. 179 L. fall., dichiari d'ufficio, ed ex art. 162 — dopo di aver constatato tale mancato raggiungimento — il fallimento della società, costituisce solo l'epilogo negativo della prima fase della procedura di omologazione, e non può in alcun modo parificarsi alla sentenza la quale, ex art. 181 della stessa legge fallimentare, neghi — a conclusione del giudizio promosso d'ufficio dal giudice delegato (il quale abbia invece ritenuto raggiunte le maggioranze richieste) — l'omologazione. Da ciò consegue — fra l'altro — che, avverso una tale pronuncia, si renda possibile non l'appello ex art. 183 L. fall. (appello costituente — in realtà — mezzo di gravame appropriato al solo tipo di pronuncia ex art. 181, sopravveniente — in quanto tale — a conclusione di un giudizio a piena cognizione), ma la sola opposizione ex art. 18 L. fall., la quale si rende introduttiva di un giudizio di primo grado a cognizione piena che ben si addice ad un tal tipo di dichiarazione di fallimento (quella ex artt. 179 e 162 L. fall.), facente seguito ad un contraddittorio dalla natura del tutto sommaria.

Cass. civ. n. 9026/1993

Con riguardo al ricorso per cassazione, contro la sentenza d'appello che abbia omologato o respinto il concordato preventivo, l'allegazione di una copia di tale sentenza priva di annotazione circa la data della sua comunicazione (dies a quo per il computo del termine di sessanta giorni ai sensi dell'art. 183 della legge fallimentare, nel testo risultante a seguito della pronuncia della Corte costituzionale n. 255 del 1974) non implica improcedibilità del ricorso stesso, ove l'indicata data sia evincibile dal fascicolo d'ufficio, acquisito su conforme richiesta del ricorrente.

Cass. civ. n. 4541/1993

Nel giudizio che si instaura a seguito dell'opposizione di un creditore contro l'omologazione del concordato preventivo, il debitore ammesso al concordato, il quale insista per detta omologazione, rimane soccombente, e quindi legittimamente viene condannato alle spese processuali, a fronte del diniego dell'omologazione stessa, ancorché questo, in adesione ad una sua deduzione subordinata, venga reso per ragioni formali (nella specie, invalidità della votazione dei creditori, con ordine di rinnovazione della medesima).

Cass. civ. n. 12934/1992

Ai fini dell'omologazione del concordato preventivo è necessario che sussistano tutte le condizioni, di ordine soggettivo ed oggettivo, previste dai numeri da 1 a 4 dell'art. 181 legge fall., mentre per il rigetto dell'istanza è sufficiente il giudizio negativo su una soltanto di esse. Pertanto, qualora il tribunale abbia accolto l'opposizione all'omologazione per il difetto della condizione relativa al raggiungimento delle prescritte maggioranze (n. 2 art. cit.), il giudice di appello, davanti al quale sia contestata l'esistenza anche di altre condizioni (nella specie, quelle di cui ai nn. 1 e 3, riguardanti la convenienza economica del concordato e la sicurezza dell'adempimento), non può limitarsi a ritenere erroneo il giudizio sul raggiungimento delle maggioranze, ma è tenuto, per il principio di economia processuale, ad esaminare la ricorrenza delle ulteriori condizioni, poiché la mancanza di una sola di esse basterebbe ad escludere l'omologazione, rendendo così ininfluente il giudizio sulla sussistenza o meno delle maggioranze.

Cass. civ. n. 7790/1991

Nel giudizio d'omologazione del concordato preventivo la qualità di parti spetta ai creditori opponenti, non anche ai creditori non opponenti, i quali si pongono nella veste di terzi. Questi ultimi, peraltro, non sono portatori di diritti autonomi suscettibili di lesione per effetto dell'esito del giudizio stesso, di modo che un loro intervento adesivo, consentito in primo grado, non può essere ammesso in fase di gravame, in quanto non riconducibile nelle previsioni dell'art. 344 c.p.c.

Cass. civ. n. 3431/1991

Nella procedura di concordato preventivo, se al commissario giudiziale è riconosciuta legittimazione nei giudizi di cognizione, la medesima è negata al curatore, essendo la vicenda processuale fallimentare un mero riflesso di quella concordataria, come si desume dallo stesso art. 183 legge fallimentare, nella parte in cui dispone che l'appello contro la sentenza che omologa o respinge il concordato deve essere notificata al commissario liquidatore giudiziale, al debitore ed alle parti costituite in giudizio, con esclusione, quindi, del curatore, del quale pure può ipotizzarsi l'esistenza con riferimento al caso di reiezione del concordato. Pertanto, nell'ipotesi in cui, respinta dal tribunale la proposta di omologazione del concordato e dichiarato il fallimento, la sentenza venga appellata ai sensi dell'art. 183 legge fallimentare e riformata dalla corte d'appello che omologa, invece, il concordato, il curatore di detto fallimento è privo di legittimazione ad impugnare per cassazione la sentenza di appello.

Cass. civ. n. 6065/1985

Anche al fine della ritualità e tempestività dell'opposizione del creditore dissenziente avverso l'omologazione del concordato preventivo, qualora il giudice istruttore, avvalendosi del disposto dell'art. 291 primo comma c.p.c., disponga la rinnovazione della notificazione affetta da nullità, la nuova notificazione, se eseguita nel termine all'uopo fissato, vale ad impedire ogni decadenza, e si risolve quindi in una sostanziale sanatoria ex tunc della prima.

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