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Articolo 651 Codice Penale

(R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Rifiuto d'indicazioni sulla propria identità personale

Dispositivo dell'art. 651 Codice Penale

Chiunque, richiesto da un pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni(1), rifiuta di dare indicazioni sulla propria identità personale, sul proprio stato, o su altre qualità personali(2)(3), è punito con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda fino a euro 206.

Note

(1) La richiesta deve essere legittima e deve al contempo provenire da un pubblico ufficiale, qualifica riconosciuta anche al controllore o al capotreno rispetto al controllo dei titoli di viaggio.
(2) Si tratta di un reato omissivo proprio che difatti si sostanzia in un'attività di inerzia nei riguardi della richiesta di identificazione mossa dall'autorità di polizia.
(3) E' sufficiente ai fini dell'integrazione della norma in esame che il soggetto declini le proprie generalità, non essendo richiesto che fornisca i documenti attestanti la propria identità personale.

Ratio Legis

La disposizione in esame trova il proprio fondamento nell'interesse che lo svolgimento dell'attività di polizia non risulti ostacolato o intralciato.

Spiegazione dell'art. 651 Codice Penale

Scopo della norma è quello di evitare l'intralcio all'attività della pubblica amministrazione nel momento in cui deve identificare una determinata persona.

Il bene giuridico tutelato è dunque il potere-dovere di vigilanza attribuito alla P.A..

La contravvenzione in esame non presuppone in alcun modo che il soggetto richiesto di fornire le proprie generalità sia responsabile di qualche reato o di qualche illecito amministrativo. Vi è di più, il giudice non può nemmeno sindacare la scelta del pubblico ufficiale in merito alla richiesta di cui sopra, potendo perlopiù sindacare la qualifica soggettiva e la competenza del richiedente.

Il rifiuto non è riferito al solo nome e cognome, ma anche a tutte le altre indicazioni richieste per una completa identificazione.

Importante sottolineare che il pubblico ufficiale richiedente deve agire nell'esercizio delle sue funzioni, e quindi essenzialmente nell'orario di servizio.

Trattandosi di contravvenzione, è sufficiente la colpa, non occorrendo dunque la conoscenza, ma la semplice rappresentabilità della qualifica di pubblico ufficiale.

Massime relative all'art. 651 Codice Penale

Cass. pen. n. 19677/2022

Integra la contravvenzione di cui all'art. 651 cod. pen. la condotta di chi rifiuti di declinare le proprie generalità a richiesta delle guardie venatorie nell'esercizio dei compiti di vigilanza loro propri, in quanto queste ultime, pur non rivestendo la qualifica di agenti di polizia giudiziaria, ricoprono la veste di pubblici ufficiali, atteso che esercitano poteri autoritativi e certificativi nell'ambito dell'attività di protezione della fauna selvatica, che attiene ad un interesse pubblico della comunità nazionale.

Cass. pen. n. 2021/2019

Non integra il reato di rifiuto di fornire indicazioni sulla propria identità personale, di cui all'art. 651 cod. pen., bensì, eventualmente, ricorrendone gli ulteriori presupposti, quello previsto dagli artt. 4 T.U.L.P.S. e 294 del relativo regolamento, la condotta di chi rifiuti di consegnare il documento di riconoscimento al pubblico ufficiale che gliene faccia richiesta.

Cass. pen. n. 14811/2015

Ai fini della configurabilità del reato di rifiuto di fornire le proprie generalità, il presupposto dell'"esercizio delle funzioni", nel cui contesto deve essere formulata la richiesta di dare le indicazioni, non può ritenersi sussistente solo perché il pubblico ufficiale, in quanto appartenente alla Polizia di Stato, è da considerare in "servizio permanente", trattandosi di due nozioni diverse. (In applicazione del principio, la Corte ha escluso che il reato di cui all'art. 651 c.p., fosse stato integrato da una tardiva risposta a richiesta di generalità formulata da un assistente di Polizia di Stato il quale, giunto sul posto in abiti civili e con vettura privata, nel domandare le precisate indicazioni, pur qualificandosi, non aveva proceduto ad alcuna formale contestazione di specifiche infrazioni).

Cass. pen. n. 9957/2015

Il reato previsto dall'art. 651 cod.pen., si perfeziona con il semplice rifiuto di fornire al pubblico ufficiale indicazioni sulla propria identità personale ed è, pertanto, irrilevante, ai fini della configurazione dell'illecito, che tali indicazioni vengano fornite successivamente. (In motivazione, la Corte ha precisato che la "ratio" della norma incriminatrice è quella di evitare che l'attività della P.A. sia intralciata nell'identificazione della persona le cui generalità sono richieste nell'esercizio del potere discrezionale attribuito al pubblico ufficiale).

Cass. pen. n. 39227/2013

Il reato di cui all'art. 651 c.p. non rimane assorbito ma concorre con quello di resistenza a pubblico ufficiale di cui all'art. 337 c.p., risultando le relative condotte completamente diverse, se raffrontate in astratto, e susseguenti materialmente l'una all'altra, se considerate in concreto. (Fattispecie relativa a minacce rivolte da più persone per evitare di essere identificate dal pubblico ufficiale che, a tal fine, aveva vanamente chiesto loro i documenti).

Cass. pen. n. 5091/2012

Il rifiuto di indicazioni sulla propria identità personale - punito dall'art. 651 c.p. - va riferito non solo al nome e cognome ma a tutte le altre informazioni richieste per una completa identificazione, fra le quali, quindi, rientra anche il luogo di residenza.

Cass. pen. n. 18592/2011

Il rifiuto di indicazioni sulla propria identità personale, sul proprio stato o su altre qualità personali, che integra la condotta dell'omonima contravvenzione, non presuppone che il soggetto richiesto sia responsabile di un reato o di un illecito amministrativo.

Cass. pen. n. 14211/2009

Il rifiuto di consegnare il documento di riconoscimento al pubblico ufficiale integra il reato di cui agli artt. 4 T.U.L.P.S. e 294 del relativo regolamento, non già il rifiuto di fornire indicazioni sulla propria identità personale, sanzionato invece dall'art. 651 c.p..

Cass. pen. n. 47585/2007

Il reato di cui all'art. 651 c.p. non rimane assorbito ma concorre con quello di resistenza a pubblico ufficiale di cui all'art. 337 c.p., risultando le relative condotte completamente diverse, se raffrontate in astratto, e susseguenti materialmente l'una all'altra, se considerate in concreto. (Fattispecie in cui l'imputato, dopo aver opposto resistenza agli agenti di polizia che gli avevano chiesto i documenti per l'identificazione, si è divincolato dalla presa degli operanti ed è stato condotto con forza negli uffici di P.S., ove ha fornito le sue generalità).

Cass. pen. n. 47469/2003

In tema di rifiuto di generalità (art. 651 c.p.), atteso che il bene giuridico protetto dalla norma incriminatrice è costituito dal potere-dovere di vigilanza attribuito dalla legge all'amministrazione di appartenenza del pubblico ufficiale al quale il rifiuto viene opposto, detta amministrazione è legittimata a costituirsi parte civile nel procedimento penale a carico del responsabile del reato onde ottenere il risarcimento del danno da essa subito. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte, nel dichiarare estinto per prescrizione il reato di cui all'art. 651 c.p. configurato a carico di soggetto che aveva rifiutato di declinare le proprie generalità a guardie dell'ente Parco Nazionale d'Abruzzo, ha lasciato ferma la condanna dell'imputato al risarcimento del danno in favore del suddetto ente, costituitosi parte civile).

Cass. pen. n. 21730/2001

Per la configurazione del reato di cui all'art. 651 c.p. è necessario che il soggetto il quale richieda ad altri di fornire le sue generalità, oltre che essere in servizio permanente, eserciti in concreto le pubbliche funzioni, giacché la nozione di «servizio permanente» è diversa da quella di «esercizio delle funzioni», implicando essa che il dipendente pubblico può in ogni momento intervenire per esercitare i propri compiti, ma non che egli in concreto al momento li eserciti. (La Corte di cassazione, in applicazione di tale principio, ha annullato con rinvio la sentenza di condanna, ritenendo necessario che il giudice di merito accerti se il pubblico ufficiale abbia formalmente contestato una specifica infrazione ed abbia a tal fine richiesto le generalità, senza ottenerle, al conducente di un veicolo che, a seguito di un'errata manovra, aveva intralciato la marcia del veicolo alla cui guida era lo stesso pubblico dipendente).

Cass. pen. n. 10027/2000

Risponde del reato di cui all'art. 651 c.p. chi rifiuta indebitamente di fornire le proprie generalità al capotreno delle Ferrovie dello Stato Spa addetto al controllo dei titoli di viaggio, dovendosi riconoscere al suddetto capotreno, nell'espletamento della suindicata attività, la qualità di pubblico ufficiale, non venuta meno per il solo fatto dell'intervenuta trasformazione delle Ferrovie dello Stato da ente pubblico in società per azioni; trasformazione che non ha cancellato le originarie connotazioni pubblicistiche proprie della gestione del servizio ferroviario.

Cass. pen. n. 3764/1998

Poiché la ratio dell'art. 651 c.p. è quella di salvaguardare l'esigenza di consentire al pubblico ufficiale una pronta e compiuta identificazione del soggetto in circostanze di interesse generale, e allo scopo precipuo di evitare intralci all'attività di soggetti istituzionalmente preposti all'assolvimento di compiti di prevenzione, di accertamento o repressione dei reati, o di semplice garanzia della quiete pubblica, non può valere ad escludere il reato né la circostanza che il soggetto fornisca una qualche indicazione sulla propria identità personale, senza fornire le complete generalità, né il fatto che la sua identità sia facilmente accertabile.

Cass. pen. n. 8624/1997

L'obbligo di fornire le richieste indicazioni sulla propria identità personale, penalmente sanzionato dall'art. 651 c.p., può essere assolto anche mediante esibizione, di un documento contenente i dati all'uopo necessari, sempre che lo stesso venga lasciato nella disponibilità del pubblico ufficiale richiedente per il tempo necessario alla identificazione. Risponde, quindi, del reato di rifiuto di generalità il soggetto che, pur avendo esibito un proprio documento di identità, se ne riappropri prima che il pubblico ufficiale abbia avuto il tempo di procedere alla detta identificazione.

Cass. pen. n. 4898/1997

All'agente venatorio deve essere riconosciuta la qualità di pubblico ufficiale, pur non essendo qualificabile come agente di polizia giudiziaria. Pertanto, il rifiuto di fornire le proprie generalità a guardia giurata che agisca nell'esercizio delle funzioni di vigilanza venatoria configura il reato di cui all'art. 651 c.p.

Cass. pen. n. 7250/1993

In tema di rifiuto d'indicazioni sulla propria identità personale, di cui all'art. 651 c.p., l'esigenza di assicurare speditezza alle funzioni dei pubblici ufficiali, nell'adempimento dei loro compiti istituzionali, non può, in uno Stato di diritto, anteporsi al potere-dovere del giudice penale di sindacare la legittimità della richiesta del pubblico ufficiale e non può, pertanto, limitare l'esercizio di detto controllo, che può tuttavia investire la qualifica soggettiva e la competenza del richiedente, ma non anche la discrezionalità della concreta iniziativa del richiedente medesimo, in relazione alla causa della richiesta. (Nella specie relativa ad annullamento con rinvio, la Suprema Corte ha ritenuto che il giudice di merito aveva ecceduto dai suoi compiti sindacando ed erroneamente, tali ultimi profili).

Cass. pen. n. 2261/1992

Il precetto di cui all'art. 651 c.p., è adempiuto quando il soggetto richiesto indichi al pubblico ufficiale le proprie generalità ed eventuali qualità personali. Tale obbligo non si estende all'esibizione dei documenti di identità, non essendo il soggetto richiesto tenuto a documentare la propria identità personale. (Fattispecie in cui il soggetto aveva rifiutato di esibire il proprio documento di identificazione all'ufficiale giudiziario in sede di pignoramento dopo avere mostrato la licenza di commercio da cui risultavano le sue generalità).

Cass. pen. n. 10378/1989

Il rifiuto di consegnare un documento di riconoscimento integra — ricorrendone le altre condizioni richieste dalla legge (persone pericolose o sospette) — gli estremi del reato di cui agli artt. 4 T.U. legge di P.S. e 294 del relativo regolamento e non già quello previsto dall'art. 651 c.p., trattandosi di reati aventi diverso elemento materiale e diversa obiettività giuridica. Ne consegue che qualora la persona si rifiuti di dare indicazioni sulla propria identità personale e di esibire un documento di riconoscimento, si avrà concorso materiale della contravvenzione di cui all'art. 651 c.p. con quella preveduta dalla legge di P.S.

Cass. pen. n. 1959/1988

Non può configurarsi il reato di cui all'art. 651 c.p. quando non venga accertato un effettivo rifiuto d'indicazione sulla propria identità personale. Pertanto, il rifiuto di consegnare i propri documenti per la identificazione non concreta gli estremi della contravvenzione se il soggetto fornisce le proprie generalità al pubblico ufficiale, consentendogli di procedere alla sua identificazione attraverso altri mezzi, quali il prelievo del numero di targa dell'autovettura o l'accompagnamento a un posto di polizia per l'identificazione, poiché il precetto di cui al citato art. 651 contiene l'obbligo per il soggetto di fornire al pubblico ufficiale indicazioni sulla propria identità personale e non di documentarla.

Cass. pen. n. 1804/1985

Il reato di cui all'art. 651 c.p. si perfeziona con il semplice rifiuto di indicare la propria identità personale, onde è irrilevante ai fini della sussistenza dell'illecito, che successivamente vengano fornite le generalità o che l'identità del soggetto sia facilmente accertata per conoscenza personale da parte del pubblico ufficiale o per altra ragione.

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U. B. chiede
mercoledì 07/02/2024
“Buongiorno,
le guardie zoofile (Legge 189/04 art. 6 comma 2), sono anche Ufficiali di P.G. (ART. 55-57 c.p.p. comma 3)? Essendo pubblici ufficiali (quando sono in servizio), possono identificare/generalizzare un soggetto per un controllo diverso dalla Legge 189/04? Per esempio, procedere all’identificazione di un soggetto che con un mezzo scarica sul suolo pubblico rifiuti in presenza delle Guardie Zoofile o di un soggetto che in zone boschive si aggira (nel periodo estivo) in luoghi in cui si sono verificati incendi? Ed infine, sempre dette guardie, nominate ai sensi della Legge sopra citata, non essendo agenti di Polizia stradale; quindi, non potendo utilizzare la cosiddetta “paletta” (segnale distintivo) come possono fermare i veicoli in movimento nel caso vi sia un cane a bordo libero il cui conducente commette violazione ad un regolamento comunale o ordinanza sindacale, o altra norma che non sia codice della strada?
In attesa, ringrazio e porgo cordiali saluti.”
Consulenza legale i 09/02/2024
La legge 189 del 2004 costituisce un importante modifica normativa – resa necessaria anche dalle modifiche costituzionali in tema di tutela ambientale e animale – che ha sostanzialmente mutato il volto delle disposizioni penalistiche in tema di maltrattamenti, uccisione e sfruttamento di animali.

La novella ha in buona sostanza implementato la tutela della fauna riconnettendola, da un lato, a quella ambientale e dall’altro all’esigenza di tutelare il sentimento collettivo di pietà e affezione che l’uomo nutre nei confronti della specie animale.

Oltre a queste disposizioni di natura sostanziale, la normativa in parola ha poi previsto, con l’articolo 6, che al fine di vegliare sul rispetto delle previsioni legislative vi sia:
- un coordinamento tra le forze dell’ordine “classiche” del nostro paese (Polizia di Stato, Carabinieri, Finanza etc);
- un coinvolgimento delle guardie particolari giurate delle associazioni protezionistiche e zoofile riconosciute.

Ora, seppure è vero che tali guardie vengono nominate ai sensi e per gli effetti dell’art. 55 e seguenti del c.p.p., ritenere che le stesse siano perfettamente assimilabili alla polizia giudiziaria non è possibile.

La legge 189, infatti, è molto chiara nell’affermare che le particolari guardie giurate hanno una funzione di vigilanza con esclusivo riferimento alle disposizioni della “presente legge” e “delle altre norme relative alla protezione degli animali”. L’addentellato normativo dunque circoscrive in modo netto l’ambito di azione delle guardie in questione, che in ciò si differenziano nettamente dalla polizia giudiziaria che ha il generale compito di prevenire e sopprimere qualsivoglia forma di reato, anche su delega del Pubblico Ministero procedente.

In teoria, dunque, le particolari guardie giurate non avrebbero attività di prevenzione rispetto a fatti ultronei e diversi da quelli previsti dalla legge 189.
In tale ottica va ricordato la differenza sostanziale che v’è tra attività preventiva di polizia giudiziaria e la diversa funzione di doverosa comunicazione delle notizie di reato cui i pubblici ufficiali soggiacciono ai sensi della normativa processualpenalistica. Le guardie di cui si discute conservano la prima e la seconda qualifica solo rispetto alle attività censurate dalla novella normative e non già per ulteriori e diverse categorie delittuose.
Per gli ulteriori reati, quindi, le guardie possono intervenire solo se sussistono concreti indizi di reità che spingerebbero l’attivazione della normativa connessa alla qualifica di pubblici ufficiali che abiliterebbe le guardie predette alla comunicazione di qualsivoglia notizia di reato e all’identificazione dei soggetti sospettati.

Quanto detto ha dei riverberi sostanziali anche rispetto al secondo quesito posto e specificamente connesso all’attività di “blocco” stradale.
Se le guardie particolari non hanno sentore di fattispecie costituenti reato non si vede per quale ragione dovrebbero procedere all’attività di blocco stradale che esubera dalle loro mansioni.

Va da sé, in ogni caso, che queste differenze dal punto di vista sostanziale e fattuale sono molto poco marcate. Non va dimenticato, infatti, che il codice penale, all’ art. 651 del c.p., punisce la condotta di chi rifiuta di dare indicazioni sulla propria identità personale se richieste da un pubblico ufficiale.

E’ chiaro quindi che se un soggetto dovesse essere interrogato in tale senso dalle guardie particolari non potrebbe sottrarsi alla comunicazione delle proprie generalità e quindi quelle differenze di cui abbiamo discusso prima (anche rispetto al perimetro funzionale delle guardie giurate particolari) sono sostanzialmente obliterate dall’applicazione delle ulteriori disposizioni dell’ordinamento penale, prima tra tutte quella di cui all’articolo 651 c.p.