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Articolo 414 Codice Penale

(R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398)

[Aggiornato al 23/02/2024]

Istigazione a delinquere

Dispositivo dell'art. 414 Codice Penale

Chiunque pubblicamente [266](1) istiga a commettere uno o più reati(2) è punito, per il solo fatto dell'istigazione [115, 302, 303, 322, 415, 580]:

  1. 1) con la reclusione da uno a cinque anni, se trattasi di istigazione a commettere delitti;
  2. 2) con la reclusione fino a un anno, ovvero con la multa fino a euro 206, se trattasi di istigazione a commettere contravvenzioni.

Se si tratta di istigazione a commettere uno o più delitti e una o più contravvenzioni, si applica la pena stabilita nel numero 1(3).

Alla pena stabilita nel numero 1 soggiace anche chi pubblicamente [266] fa l'apologia di uno o più delitti(4). La pena prevista dal presente comma nonché dal primo e dal secondo comma è aumentata se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici.

Fuori dei casi di cui all'articolo 302, se l'istigazione o l'apologia di cui ai commi precedenti riguarda delitti di terrorismo o crimini contro l'umanità la pena è aumentata della metà(5). La pena è aumentata fino a due terzi se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici.

Note

(1) La pubblicità viene considerata diversamente considerata, secondo alcuni autori si tratterebbe di un elemento essenziale del reato, dal momento che nello stesso si situa la portata lesiva della fattispecie, mentre altri ritengono sia una condizione obiettiva di punibilità (v. 44).
(2) Per istigazione s'intende qualsiasi fatto diretto a suscitare o a rafforzare in altri il proposito criminoso di delinquere o di perpetrare i fatti illeciti indicati. Non appare necessario che tale istigazione sia accolta e che porti dunque alla commissione del fatto, diversamente infatti l'agente risponde del reato commesso.
(3) E' necessario che l'istigazione abbia per oggetto uno o più reati determinati, se infatti violasse genericamente la legge penale integrerebbe gli estremi del delitto di cui all'art. 415.
(4) Per aversi apologia non basta che venga espresso un giudizio positivo su un episodio criminoso, ma occorre che si determini il rischio di consumazione di delitti lesivi di interessi analoghi a quelli offesi dal crimine esaltato.
(5) Tale comma è stato aggiunto dall’art. 15, comma 1 bis, del D.L. 27 luglio 2005, n. 144, convertito con modificazioni, nella l. 31 luglio 2005, n. 155.

Ratio Legis

La norma è diretta a tutelare l'ordine pubblico, inteso come buon assetto e regolare andamento della vita sociale.

Spiegazione dell'art. 414 Codice Penale

La norma è posta a tutela dell'ordine pubblico, in particolare punendo quelle condotte che, pur non determinando la commissione di un reato specifico, provocano nella collettività inquietudine ed allarme sociale.

Tale articolo è una chiara deroga a quanto disposto dall'art. 115, secondo il quale non è punibile l'istigazione no seguita dalla commissione di un reato.

Elemento distintivo è chiaramente la pubblicità dell'istigazione, in quanto viene diminuita nell'opinione pubblica la fiducia nella sicurezza sociale.
Il reato può essere commesso da chiunque, ma se commesso da un militare, si applica l'art. 212 c.p. mil.pace.

Per istigazione è da intendersi la determinazione o il rafforzamento in altri di un proposito criminoso, ovvero il far insorgere un proposito prima inesistente o rafforzare un proposito già presente.

Inoltre, il reato può realizzarsi sia in forma commissiva che omissiva, qualora si tenga una condotta silenziosa violando i propri obblighi di garanzia, e l'istigazione può altresì avvenire tramite la commissione di altro reato, quando si dimostri la ferma volontà di istigare commettendo un reato a fini dimostrativi.

Viene richiesta una certa contestualità cronologica tra tra istigazione e fatto istigato, venendo altrimenti meno il presupposto dell'idoneità dell'azione.

La giurisprudenza maggioritaria qualifica il delitto come reato di pericolo concreto, in cui va accertata la concreta idoneità della condotta, per il suo contenuto, per i destinatari e per le circostanze di fatto, a provocare delitti.

Per contro, non è necessario che si istighi alla commissione di un preciso reato, essendo sufficiente la determinazione dei suoi elementi di fatto. Per tale motivo è indifferente che intervenga una causa di estinzione del reato, che manchi una condizione di punibilità o che la persona istigata sia non imputabile o non punibile.

L'istigazione, per configurare reato, deve essere fatta pubblicamente, secondo la definizione di cui all'art. 266.

Viene richiesto il dolo generico, e dunque la volontà di istigare alla commissione di reati, con la consapevolezza di farlo pubblicamente.

La norma disciplina l'istigazione a commettere insieme delitti e contravvenzioni. Quando, tuttavia, con più fatti si istighi la commissione di più reati, si verifica un concorso materiale di reati, eventualmente uniti dal vincolo della continuazione (art. 81).

Fondamentale sottolineare come l'istigatore, qualora venga commesso il fatto istigato, risponderà in concorso anche di questo, sempre se abbia apportato un contributo materiale o morale causalmente riconducibile alla istigazione. Non vi è dunque alcun ostacolo alla configurabilità di entrambi i reati, data anche la diversità dei beni giuridici tutelati (ordine pubblico nell'istigazione ed il bene giuridico di volta in volta individuato).

Al terzo comma viene punita l'apologia di delitti (che non include le contravvenzioni), figura autonoma di reato rispetto all'istigazione.

L'apologia si concreta in una particolare forma di manifestazione del pensiero che, se diretta a far commettere delitti, rappresenta una modalità di istigazione indiretta. Difatti, a differenza della mera istigazione di cui al primo comma, l'apologia non è diretta alla persona, ma la spinta motivazionale deriva dalla approvazione, glorificazione, esaltazione di attività contrarie alle norme penali, idonea a turbare l'ordine pubblico.

Anche qui è necessario il concreto accertamento dell'idoneità della condotta a mettere in pericolo l'ordine pubblico.

Parte della dottrina ha qualificato l'elemento soggettivo come dolo istigatorio, una speciale forma di dolo specifico, costituito dalla rappresentazione del delitto istigato come modello da seguire.

Massime relative all'art. 414 Codice Penale

Cass. pen. n. 23943/2021

Il delitto di istigazione o apologia a pratiche di pedofilia e di pedopornografia è un reato di pericolo concreto, richiedendo l'effettiva idoneità della condotta ad indurre altri alla commissione di reati analoghi a quelli istigati o di cui si è fatta apologia, ed a dolo generico, essendo del tutto irrilevanti il fine particolare perseguito ed i motivi dell'agire.

Cass. pen. n. 48247/2019

Il delitto di istigazione a delinquere, previsto dall'art. 414 cod. pen., è reato di pericolo concreto e non presunto e richiede di conseguenza per la sua configurazione un comportamento che sia ritenuto concretamente idoneo, sulla base di un giudizio "ex ante", a provocare la commissione di delitti. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto integrato il reato dalla pubblicazione di alcuni opuscoli con cui si affermava che "i C.I.E. si chiudono con il fuoco" da parte di un gruppo che aveva organizzato in precedenza attentati incendiari contro alcuni C.I.E.).

Cass. pen. n. 31562/2019

Ai fini dell'integrazione del delitto di cui all'articolo 414, terzo comma, cod. pen., non basta l'esternazione di un giudizio positivo su un episodio criminoso, ma occorre che il comportamento dell'agente sia tale per il suo contenuto intrinseco, per la condizione personale dell'autore e per le circostanze di fatto in cui si esplica, da determinare il rischio effettivo della consumazione di altri reati lesivi di interessi omologhi a quelli offesi dal crimine esaltato. (Fattispecie in cui la Corte ha confermato l'esito proscioglitivo del giudizio di merito, in relazione alla pubblicazione su un sito internet, da parte dell'agente, di scritti contenenti espressioni offensive nei confronti della vittima di un attentato terroristico, rivendicato da un gruppo di area anarco-insurrezionalista, unitamente a generiche manifestazioni di solidarietà verso "i compagni arrestati" ed incitamenti all'azione diretta).

Cass. pen. n. 1970/2019

Integra il reato di apologia di delitti di terrorismo, previsto dall'art. 414, comma quarto, cod. pen., la diffusione di documenti di contenuto apologetico - nella specie consistenti in tre "playlist" inneggianti al martirio per lo Stato islamico (IS), alle attività terroristiche dell'Isis ed alla figura del suo portavoce Al Adnani - mediante il loro inserimento sulla piattaforma internet denominata "Soundcloud", in considerazione sia della natura di organizzazioni terroristiche, rilevanti ai sensi dell'art. 270-bis cod.pen., delle consorterie di ispirazione jihadista operanti su scala internazionale, sia della potenzialità diffusiva indefinita di tale modalità comunicativa.

Cass. pen. n. 26315/2018

La condotta di chi esalta un fatto di reato al fine di spronare altri all'imitazione integra il delitto di istigazione a delinquere quando, per il suo contenuto intrinseco, per la condizione personale dell'autore e per le circostanze di fatto in cui si esplica, sia effettivamente idonea a determinare il rischio concreto della commissione di altri reati lesivi di interessi omologhi a quelli offesi dal crimine esaltato. (Nella specie, è stata ravvisata la sussistenza del delitto nella condotta dell'agente che, sfruttando la propria posizione di "Imam" di un centro di accoglienza per richiedenti asilo, invitava gli ospiti ad azioni violente, esaltava gli attentati terroristici già avvenuti e il martirio suicidario e minacciava di morte chi mostrava di non aderire all'attività di istigazione).

Cass. pen. n. 24103/2017

In tema di apologia di reato, premesso che il requisito della pubblicità è ravvisabile anche nel caso in cui il messaggio apologetico venga inserito in un sito internet privo di vincoli di accesso, deve ritenersi configurabile il reato nella condotta consistita nel postare sul proprio profilo personale “facebook” messaggi di esaltazione dei metodi e delle finalità di una organizzazione terroristica di ispirazione “jihadista”, quale deve qualificarsi quella costituita dall'ISIS (acronimo significante Islamic State of Irak and Syria).

Cass. pen. n. 25833/2012

L'esaltazione di un fatto di reato, finalizzata a spronare altri all'imitazione integra il delitto di istigazione a delinquere quando, per le sue modalità, sia concretamente idonea a provocare la commissione di delitti, il cui accertamento, riservato al giudice di merito, è incensurabile in sede di legittimità se correttamente motivato. (Nella specie è stata ritenuta la sussistenza del reato nell'esposizione, in occasione di un incontro di calcio, di uno striscione con la scritta "sotto l'ombra del cappello non ti fa capire se tira fuori il suo coltello o ti chiede come stai" con in calce la sigla B.I.S.L., dal significato "basta infami solo lame").

Cass. pen. n. 26907/2001

A seguito della sentenza interpretativa della Corte cost. n. 65/70, l'apologia di reato punita dall'art. 414 ultimo comma c.p. deve considerarsi reato a pericolo concreto; pertanto la condotta di chi compia l'esaltazione di un fatto o del suo autore al fine di spronare altri all'imitazione o anche solo per negare la ripugnanza del fatto o del suo autore, deve tradursi in un comportamento che abbia probabilità di un effetto suggestivo tenuto conto della qualità dell'agente e della massa generalizzata di persone potenziali recettrici delle espressioni apologetiche. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che configurasse il reato de quo la condotta di un sindaco che relativamente ad un omicidio compiuto ai danni di un tunisino, aveva affermato al telegiornale di una emittente televisiva nazionale che «nella medesima situazione anche lui avrebbe fatto lo stesso» e che «così il tunisino non poteva più nuocere a nessuno» e, in due quotidiani, che anche lui avrebbe fatto altrettanto, «anzi avrebbe ammazzato lo spacciatore con le sue mani.

Cass. pen. n. 16041/2001

È atta ad integrare la fattispecie di cui all'art. 414 c.p. (istigazione a delinquere) sotto il profilo in particolare, dell'idoneità dell'azione a suscitare consensi, la condotta di chi, nel corso di una attività identificativa condotta dalle forze di polizia nei confronti di un gruppo di persone rispetto alle quali egli rivesta un ruolo «di riferimento», inciti pubblicamente i componenti del gruppo anzidetto a non ottemperare alla richiesta di fornire le generalità ed a commettere, quindi, in tal modo il reato di cui all'art. 651 c.p.

Cass. pen. n. 8850/1998

L'espressione «chiunque pubblicamente istiga a commettere uno o più reati» di cui all'art. 414 c.p. va interpretata nel senso che l'istigazione deve avvenire in luogo pubblico o aperto al pubblico e deve rivolgersi a una pluralità indeterminata di persone. (Nella specie la Corte Suprema ha escluso la fattispecie delittuosa nell'operato di un agente di polizia giudiziaria che, incaricato di svolgere indagini in un negozio in cui era stato consumato il furto di parte della merce, aveva istigato due suoi colleghi a impossessarsi della merce residua non asportata, sia in considerazione del fatto che l'episodio si era verificato all'interno del negozio, fuori dell'orario di apertura e in occasione di indagini di polizia giudiziaria, sia perché l'istigazione non era stata indirizzata nei riguardi di un numero indeterminato di persone).

Cass. pen. n. 11578/1997

L'elemento oggettivo dell'apologia di uno o più reati punibile ai sensi dell'art. 414, comma terzo, c.p., non si identifica nella mera manifestazione del pensiero, diretta a criticare la legislazione o la giurisprudenza o a promuovere l'abolizione della norma incriminatrice o a dare un giudizio favorevole sul movente dell'autore della condotta illecita, ma consiste nella rievocazione pubblica di un episodio criminoso diretta e idonea a provocare la violazione delle norme penali, nel senso che l'azione deve avere la concreta capacità di provocare l'immediata esecuzione di delitti o, quanto meno, la probabilità che essi vengano commessi in un futuro più o meno prossimo. (Fattispecie relativa alla pubblicazione, in un periodico di ispirazione anarchica, di tre articoli dedicati alla descrizione di altrettanti attentati a impianti di pubblica utilità, nonché a stabilimenti industriali, e connotati da una forte esaltazione dei fatti, capace di far sorgere il pericolo di ulteriori reati e di turbare l'ordine pubblico).

Cass. pen. n. 10641/1997

Affinché possa ravvisarsi la materialità del delitto di istigazione a delinquere di cui all'art. 414 c.p., occorre che sia posta in essere pubblicamente la propalazione di propositi aventi ad oggetto comportamenti rientranti in specifiche previsioni delittuose, effettuata in maniera tale da poter indurre altri alla commissione di fatti analoghi: di talché è indefettibile l'idoneità dell'azione a suscitare consensi ed a provocare “attualmente e concretamente” — in relazione al contesto spazio-temporale ed economico-sociale ed alla qualità dei destinatari del messaggio — il pericolo di adesione al programma illecito. La valutazione circa la sussistenza di quest'ultimo requisito non può prescindere dalle stesse modalità del comportamento tenuto dal soggetto attivo, sì che il giudice di merito deve individuare il perché la condotta incriminata — assistita dal c.d. dolo istigatorio, consistente nella coscienza e volontà di turbare l'ordine pubblico o la personalità dello Stato — sia da ritenersi dotata di forza suggestiva e persuasiva tale da poter stimolare nell'animo dei destinatari la commissione dei fatti criminosi propalati o esaltati. (Nella fattispecie, la Suprema Corte ha annullato con rinvio la sentenza di condanna oggetto del ricorso proposto dall'imputato, avendo rilevato la mancanza, da parte del giudice di merito, di una esaustiva indagine sulla pericolosità concreta ed immediata — nel senso precisato in massima — della condotta posta in essere dall'imputato medesimo, il quale aveva postulato nell'atto di appello l'assenza di uno specifico turbamento dell'ordine pubblico, dimostrata dall'esplicito dissenso manifestato dai destinatari del messaggio, lavoratori e studenti, al programma illecito dallo stesso propalato mediante la diffusione di volantini incitanti alla diserzione).

Cass. pen. n. 6004/1996

Attesa l'inquadrabilità del delitto di pubblica istigazione a delinquere (art. 414 c.p.), fra i reati di pericolo, per i quali non è ammissibile la figura del tentativo, deve escludersi la legittimità del sequestro di cose che si assumano riferibili ad un illecito penale costituito dal tentativo di commettere il suddetto reato. (Nella specie trattavasi di sciarpe che, nel corso di un servizio di prevenzione, erano state trovate in possesso ad alcuni sostenitori di una squadra di calcio e dalle cui caratteristiche si era ritenuto di desumere che esse fossero idonee a costituire incoraggiamento alla violenza, provvedendosi pertanto, da parte della polizia giudiziaria, al loro sequestro, ai sensi dell'art. 354 c.p.p.).

Cass. pen. n. 2997/1994

Per la configurabilità del delitto di cui all'art. 414 c.p. è sufficiente la formulazione di un giudizio favorevole del fatto delittuoso, trattandosi di una figura di reato con evento di pericolo presunto. (Fattispecie relativa ad apologia dei reati di strage e di omicidio fatta in aula di giustizia).

Cass. pen. n. 350/1991

Quando l'istigazione a delinquere viene contestata come commessa con il mezzo della stampa, non dall'autore dell'articolo incriminato, bensì dal direttore responsabile per fatto proprio, può pervenirsi all'affermazione della responsabilità di quest'ultimo dopo aver approfondito ed accertato non soltanto l'omesso controllo sul periodico ma anche — e per prima cosa — l'idoneità dello scritto a turbare l'ordine pubblico, che è il bene giuridico tutelato dalla norma di cui all'art. 414 c.p. Siffatta valutazione va compiuta tenendo conto che la libertà di pensiero, il diritto di cronaca e quello di critica non sono assoluti: essi trovano limiti nella necessità di proteggere altri beni costituzionalmente tutelati e nell'esigenza di prevenire o far cessare quei turbamenti della sicurezza pubblica, la cui salvaguardia costituisce finalità immanente al sistema.

Cass. pen. n. 13541/1986

Condizione di punibilità del delitto di apologia di reato, di cui all'art. 414, terzo comma del codice penale, è che il fatto sia stato commesso pubblicamente. Pertanto, ai sensi del quarto comma, n. 2 dell'art. 266, c.p., è sufficiente che il fatto medesimo sia commesso in luogo aperto al pubblico, come il salone di un barbiere, in cui chiunque può accedere per i servizi che esso offre, e in presenza di più persone (almeno due, come nella specie).

Le ipotesi previste dall'art. 414, primo comma, n. 1 (istigazione a delinquere) e dal terzo comma (apologia di reato), anche se equivalenti rispetto alla pena e sostanzialmente simili, sono strutturalmente autonome, non tanto nel contenuto, costituito nell'una e nell'altra ipotesi dalla esaltazione del delitto, quanto nel significato direzionale. Infatti, nell'ipotesi di «istigazione», la spinta al reato è diretta alla persona, mentre nell'ipotesi di «apologia» la spinta è indiretta, essendo affidata al contenuto apologetico, che può, peraltro, produrre i medesimi risultati dell'istigazione diretta.

Cass. pen. n. 13534/1986

L'elemento soggettivo del reato previsto dall'ultimo comma dell'art. 414 c.p. si identifica nel dolo generico e nella cosciente volontà di commettere il fatto in sé, con la intenzione di fare l'apologia di uno o più delitti, ed è irrilevante l'indagine sul fine particolare del colpevole e sui motivi del fatto.

Cass. pen. n. 8600/1986

Fare «apologia» agli effetti della sussistenza del reato preveduto nell'ultimo capoverso dell'art. 414 c.p. significa esprimere un giudizio positivo di valore rispetto ad un comportamento che la legge, invece, prevede come delitto ed il pericolo derivante dall'apologia dei delitti è presunto dal legislatore e, perciò, ne è superfluo l'accertamento.

Cass. pen. n. 2252/1985

L'elemento soggettivo del reato di istigazione a delinquere, di cui all'art. 414 c.p., è costituito dal dolo generico, ossia dalla coscienza e volontà di incitamento o di esaltazione suggestiva a commettere determinati fatti delittuosi, anche soltanto come reazione ad un provvedimento che si ritiene oggettivamente ingiusto. (Nella specie, nel corso di riunioni avvenute in un cantiere di escavazione, gli imputati avevano istigato le maestranze a continuare l'attività di estrazione di inerti dal fiume, anche di notte, nonostante la revoca della concessione amministrativa).

Corte cost. n. 65/1970

Non è fondata, in relazione all'art. 21 Cost. la questione di legittimità costituzionale dell'art. 414 ultimo comma c.p., perché nell'ordinamento attuale l'apologia punibile è solo quella manifestazione di pensiero, che per le sue modalità integri comportamento concretamente idoneo a provocare la commissione di delitti.

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