Cassazione penale Sez. I sentenza n. 24103 del 15 maggio 2017

(2 massime)

(massima n. 1)

In tema di apologia di reato, premesso che il requisito della pubblicità è ravvisabile anche nel caso in cui il messaggio apologetico venga inserito in un sito internet privo di vincoli di accesso, deve ritenersi configurabile il reato nella condotta consistita nel postare sul proprio profilo personale “facebook” messaggi di esaltazione dei metodi e delle finalità di una organizzazione terroristica di ispirazione “jihadista”, quale deve qualificarsi quella costituita dall'ISIS (acronimo significante Islamic State of Irak and Syria).

(massima n. 2)

Integra il reato di istigazione a delinquere, la diffusione, mediante l'inserimento su profilo personale Facebook, di comunicazioni contenenti riferimenti alle azioni militari del conflitto bellico siro-iracheno e all'Isische ne è parte attiva, dai quali, anche solo indirettamente, possa dedursi un richiamo alla jihad islamica e al martirio, in considerazione, sia della natura di organizzazioni terroristiche, rilevanti ai sensi dell'art. 270-bis cod.pen., delle consorterie di ispirazione jihadista operanti su scala internazionale sia della potenzialità diffusiva indefinita della suddetta modalità comunicativa.(Fattispecie in cui la Corte ha annullato con rinvio l'ordinanza del Tribunale del riesame che aveva disposto la liberazione dell'indagato, escludendo la rilevanza apologetica di alcune videoregistrazioni postate sul profilo Facebook tra le quali alcune, riguardanti il conflitto bellico siro-iracheno, prive di espliciti riferimenti all'Isis e alla matrice islamica radicale che ispirava le sue azioni, ma altre inneggianti esplicitamente alla jihad e al martirio).

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