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Articolo 386 Codice Penale

(R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Procurata evasione

Dispositivo dell'art. 386 Codice Penale

Chiunque procura o agevola l'evasione di una persona legalmente arrestata o detenuta per un reato(1), è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni(2).

Si applica la reclusione da tre a dieci anni se il fatto è commesso a favore di un condannato [alla pena di morte o](3) all'ergastolo.

La pena è aumentata [64] se il colpevole, per commettere il fatto, adopera alcuno dei mezzi indicati nel primo capoverso dell'articolo precedente.

La pena è diminuita [65]:

  1. 1) se il colpevole è un prossimo congiunto(4);
  2. 2) se il colpevole, nel termine di tre mesi dall'evasione, procura la cattura della persona evasa o la presentazione di lei all'Autorità [391, 392].

La condanna importa in ogni caso l'interdizione dai pubblici uffici [28].

Note

(1) Lo stato di arresto o detenzione è presupposto del reato, che viene dunque ad integrarsi ogni volta che il soggetto evade da una struttura carceraria, dalla propria abitazione, da una struttura ospedaliera o da qualsiasi altro luogo indicato nel provvedimento di restrizione. Non rientrano invece nella disposizione in esame l'accompagnamento coattivo, le misure di prevenzione e il fermo per identificazione.
(2) La norma si considera come una deroga alla disciplina di cui agli artt. 110 e ss., in materia di concorso di persone nel reato, in quanto prevede un trattamento sanzionatorio più severo per il soggetto che concorre all'altrui evasione. Si applica infatti chi agevola o procura l'evasione, intendendosi per procurare consentire un'evasione che altrimenti sarebbe stata impossibile.
(3) La pena di morte è stata abrogata dall'ordinamento con successiva sostituzione con la pena dell'ergastolo.
(4) Si considerano, agli effetti della legge penale, prossimi congiunti gli ascendenti, i discendenti, il coniuge, i fratelli, le sorelle, gli affini nello stesso grado, gli zii e i nipoti: nondimeno, nella denominazione di prossimi congiunti, non si comprendono gli affini, allorché sia morto il coniuge e non vi sia prole, secondo quanto previsto dall'art. 307.

Ratio Legis

La norma si ritiene tuteli tutte le forme di detenzione o restrizione della libertà personale disposte dall'autorità giudiziaria, garantendo che queste, se legalmente disposte, vengano eseguite.

Spiegazione dell'art. 386 Codice Penale

La presente disposizione punisce la condotta di chi procuri o agevoli l'evasione (art. 385) di una persona legalmente detenuta o arrestata.

Il bene giuridico tutelato è l'interesse al rispetto delle restrizioni della libertà personale legittimamente disposte.

Vengono previste varie circostanze aggravanti, qualora il reato sia commesso con violenza o minaccia verso la persona ovvero mediante effrazione, o che la violenza o minaccia sia esercitata con armi o da più persone riunite, oppure la persona detenuta sia un condannato all'ergastolo.

Per contro, la pena è diminuita se il colpevole è un prossimo congiunto oppure se, nel termine di tre mesi, il colpevole procuri la cattura dell'evaso, o almeno la presentazione di quest'ultimo alle autorità.

Trattasi, va precisato, di reato di evento e non di pericolo, per cui è necessaria l'effettiva evasione ai fini della consumazione. Per tali motivi, è pacificamente ammesso il tentativo (art. 56).

Massime relative all'art. 386 Codice Penale

Cass. pen. n. 16460/2015

Ai fini della configurabilità del delitto di procurata evasione, è sufficiente che il soggetto in cui favore la condotta venga compiuta sia "legalmente" arrestato in relazione alle circostanze obiettivamente sussistenti al momento dei fatti, anche se poi non venga aperto un procedimento penale con riferimento allo specifico reato per il quale è stata applicata la misura pre-cautelare. (Nella specie, la Corte ha ritenuto correttamente motivata la decisione impugnata che aveva ravvisato il delitto di procurata evasione con riguardo a fatto commesso in favore di persona arrestata dalla polizia giudiziaria, in presenza dei presupposti di legge, per resistenza a pubblico ufficiale, e poi iscritta solo per altre fattispecie nel registro delle notizie di reato).

Cass. pen. n. 14612/2006

Risponde del reato di cui all'art. 386 c.p. anche colui che abbia agevolato l'evasione di una persona in stato di arresto presso la propria abitazione. (In applicazione di tale principio la Corte ha annullato con rinvio la sentenza con la quale erano stati assolti gli imputati, sul rilievo che il reato contestato, a causa del mancato coordinamento tra gli artt. 385, comma terzo e 386 c.p. dopo la riforma introdotta con la legge n. 352 del 1982, era configurabile solo nel caso in cui il soggetto sia legalmente detenuto o arrestato con affidamento alle forze dell'ordine o alle guardie carcerarie).

Cass. pen. n. 3251/1991

Il reato di procurata evasione, previsto dall'art. 386 c.p. è perpetrabile anche mediante omissione. (Fattispecie in cui l'agevolazione dell'evasione di taluni reclusi era stata attuata mediante la totale omissione di controlli).

Cass. pen. n. 5241/1988

Non integra l'ipotesi criminosa prevista dall'art. 386 c.p., neanche nella forma dell'agevolazione, la condotta di chi, avendo assunto l'obbligo anomalo di riaccompagnare in carcere un detenuto allo scadere del permesso concessogli ai sensi dell'art. 30 L. 26 luglio 1975, n. 354, senza facilitare in alcun modo il mancato rientro nell'istituto penitenziario, tralasci di adempierlo.

Cass. pen. n. 886/1980

L'art. 386 del c.p., punendo al primo comma colui che procura o agevola l'evasione di una persona legalmente arrestata o detenuta, prevede un delitto che può concretarsi in due distinte forme di attività, la prima diretta allo svolgimento di un ruolo determinante e di primo piano nella preparazione immediata o nell'esecuzione dell'evasione e la seconda intesa invece a favorire la fuga, predisponendo i mezzi opposti o assicurando gli aiuti necessari allo scopo. Poiché in entrambe le forme l'attività delittuosa deve essere finalizzata all'evasione della persona arrestata o detenuta, il delitto in questione consiste in un fatto di compartecipazione al reato di evasione, di cui all'art. 385 c.p., che la legge ha incriminato automaticamente, con la previsione di una specifica figura di reato, allo scopo di punirlo più gravemente, almeno di norma, di quanto non avverrebbe con l'applicazione delle norme sul concorso di persone nel reato. Per la configurabilità del delitto previsto dall'art. 386 c.p., nelle forme, a seconda dei casi, del reato consumato o tentato, è sempre necessario che la persona arrestata o detenuta effettivamente evada o tenti di evadere o che comunque abbia quanto meno la sicura volontà di evadere; ma quando l'evasione si sia verificata, è anche sufficiente, perché il delitto si realizzi nella forma dell'agevolazione, che l'agente abbia promesso allo scopo la sua assistenza o il suo aiuto, a nulla invece rilevando che i mezzi materiali in questo senso predisposti non si siano rivelati in concreto necessari o utili alla fuga.

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