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Articolo 106 Codice Penale

(R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Effetti dell'estinzione del reato o della pena

Dispositivo dell'art. 106 Codice Penale

Agli effetti della recidiva e della dichiarazione di abitualità [102-104] o di professionalità nel reato, si tiene conto altresì delle condanne per le quali è intervenuta una causa di estinzione del reato o della pena.

Tale disposizione non si applica quando la causa estingue anche gli effetti penali [178, 544, 556, 563, 573, 574](1).

Note

(1) La norma chiarisce che per le dichiarazioni di recidiva, abitualità e professionalità nel reato, si deve tener conto della sospensione condizionale della pena, della prescrizione della pena, della liberazione condizionale, dell'indulto, della grazia e dell'amnistia impropria. Invece non si tengono in considerazione, per lo scopo predetto, di quegli istituti che estinguono gli effetti penali, come la riabilitazione, l'abolitio criminis e la dichiarazione di illegittimità costituzionale.

Ratio Legis

La norma chiarisce quali elementi debbano essere tenuti in considerazione al fine di integrare i presupposti previsti per le dichiarazioni di recidiva, abitualità e professionalità nel reato, fermo restando che si tratta di istituiti differenti. Infatti, mentre la recidiva è una circostanza soggettiva, ma che rientra tra le forme di manifestazione del reato, l'abitualità e la professionalità riguardano il reo e la sua condizione personale.

Spiegazione dell'art. 106 Codice Penale

La norma specifica che, per quanto riguarda gli effetti che il codice prevede come conseguenza della dichiarazione di recidiva (art. 99) e di abitualità nel reato di cui agli articoli precedenti, si tiene comunque conto dei reati per i quali è intervenuta una causa di estinzione del reato o della pena (artt. 151 e ss.).

Per contro, quando la causa di cui sopra estingue anche gli effetti penali (come nei casi di cui agli artt. 178, 556, 573 e 554), dei relativi reati non va tenuto conto.

Massime relative all'art. 106 Codice Penale

Cass. pen. n. 5859/2011

Nel caso in cui la causa di estinzione della pena, anche se parziale, estingua anche gli effetti penali, non può tenersi conto della condanna ai fini della recidiva e della dichiarazione di abitualità o di professionalità nel reato.

Cass. pen. n. 9083/1983

La declaratoria di estinzione del reato, che consegue all'applicazione di una sanzione sostitutiva (art. 77 legge 24 novembre 1981 n. 689 concernente «modifiche al sistema penale»), costituisce una anomalia in relazione al principio che le cause estintive del reato sono quelle che estinguono la cosiddetta punibilità in astratto: nell'ipotesi dell'art. 77 infatti l'estinzione è la conseguenza proprio dell'applicazione di una sanzione. Tale anomalia tuttavia non altera il sistema penale, sia perché l'estinzione del reato può in taluni casi seguire la condanna (come nella sospensione), sia perché l'estinzione del reato rappresenta sempre una mera convenzione giuridica, prevista in relazione a determinati fini ed effetti, in quanto il reato, una volta commesso, è un dato storico ineliminabile e continua a produrre alcuni suoi effetti dal punto di vista giuridico (artt. 106, 170 c.p.).

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Maria P. chiede
giovedì 15/10/2015 - Lombardia
“Buongiorno, ho un problema su una sanatoria per abusi edilizi.
Ho presentato domanda in sanatoria presso l'ufficio tecnico inerente abusi, fatti dal costruttore, nel mio immobile nel lontano 2006. Casa acquistata direttamente da lui nell 'agosto 2007. Bene, a mia insaputa e senza la mia autorizzazione, apprendo ora che il soggetto in questione, ha presentato anche lui, domanda in sanatoria. Vorrei sapere se e' legittimato a fare cio' in quanto il Comune e' in difficolta'. Non so ancora cosa vuole sistemare in quanto il comune non mi ha ancora dato la copia della sua domanda.
Le difformita' sono anche materiali (occorre fare un antibagno che non e' stato fatto, allargare una porta dello stesso non a norme ASL)
e oltretutto il predetto soggetto, ha dichiarato nelle planimetrie che il mio seminterrato sarebbe un ripostiglio, quanto invece per il Comune ancora oggi a distanza di ben 8 anni sarebbe garage, perché cosi' assentito nel progetto e, nulla e' stato consegnato dal costruttore come variante al comune. NON INTENDO ASSOLUTAMENTE DARE ACCESSO AL MIO IMMOBILE ALL COSTRUTTORE. Mi potete dare anche riferimenti a leggi che posso girare al Comune per sistemare la loro incertezza. Io affermo che ci vuole la mia autorizzazione.”
Consulenza legale i 24/10/2015
Con riferimento al quesito, allo stato attuale della conoscenza della situazione in fatto e con riserva di approfondire ulteriormente la questione, si rileva quanto segue.

In particolare, il quesito formulato, ha ad oggetto l'eventuale carenza sopravvenuta di legittimazione alla presentazione delle domanda di sanatoria da parte del costruttore dell'immobile, nel caso in cui, successivamente alla presentazione della domanda di sanatoria, la titolarità dell'immobile si trasferisca dal costruttore all'acquirente.

Solamente con riferimento agli effetti amministrativi della presentazione della domanda di sanatoria (da cui verranno distinti al passaggio successivo gli effetti in ambito penale della domanda di sanatoria), pure essendo il costruttore legittimato a presentare la domanda di sanatoria, l'alienazione dell'immobile abusivo comporta l'automatico subentro dell'acquirente nella posizione del venditore - richiedente la sanatoria, il quale, correlativamente, perde la disponibilità della relativa posizione.

Infatti, la semplice presentazione della domanda di sanatoria implica, in caso di vendita dell'immobile, il subentro del nuovo acquirente negli obblighi derivanti dalla sanatoria, a fronte del fatto che egli sarà anche beneficiario dei diritti conseguenti al rilascio della sanatoria.

Tale principio di diritto è confermato dalla Giurisprudenza, per esempio, del TAR Puglia, Bari, Sez. II, 4 giugno 2010, n. 2250: "La stretta connessione sussistente tra titolarità di un immobile e gli obblighi e i benefici derivanti dalla concessione in sanatoria rende questi ultimi assimilabili ad obbligazioni propter rem, cioè ad obbligazioni caratterizzate dal fatto che l'obbligato è individuabile in base alla titolarità di un diritto reale su un determinato bene ed implica il trasferimento di essi in concomitanza con il trasferimento del diritto reale cui accedono. È proprio in ragione di tale meccanismo che l'art. 40 comma 2, l. n. 47 del 1985 ha consentito la commerciabilità dei beni immobili in tutto o in parte abusivi, ove all'atto di trasferimento risulti allegata la domanda di condono; infatti, la semplice presentazione della domanda di sanatoria ex art. 31, l. n. 47 del 1985 implica, in caso di vendita dell'immobile, il subentro del nuovo acquirente negli obblighi derivanti dalla sanatoria, a fronte del fatto che egli sarà anche beneficiario dei diritti conseguenti al rilascio della sanatoria. Pertanto, quantomeno con riferimento alla sanatoria disciplinata dal Capo IV della l. n. 47 del 1985, e limitatamente agli effetti amministrativi, l'alienazione dell'immobile abusivo comporta l'automatico subentro dell'acquirente nella posizione del venditore - richiedente la sanatoria, il quale, correlativamente, perde la disponibilità della relativa posizione (nel caso di specie, veniva quindi affermato che la rinuncia alla pratica di condono effettuata dal venditore dell'immobile era priva di efficacia in quanto proveniente da un soggetto a ciò non legittimato)".

Al contrario, per quanto riguarda gli effetti penali della domanda di sanatoria dell'immobile abusivo, per ottenere la dichiarazione di estinzione dei reati edilizi e/o urbanistici contestatigli, la normativa di riferimento prevede che sia il proprietario, sia il titolare della concessione edilizia, sia il committente delle opere, sia il costruttore, che il direttore dei lavori, debbano presentare autonoma domanda di oblazione e versare le somme di denaro personalmente dovute (cfr. Cass. Pen., Sez. III, 3 giugno 1997, n. 6333: "In tema di condono edilizio, a mente del combinato disposto dell'art. 38 comma 5 e dell'art. 6 l. 28 febbraio 1985 n. 47 - richiamati dall'art. 39 comma 6 l. 23 dicembre 1994 n. 724 - legittimati alla presentazione dell'istanza di concessione in sanatoria sono il proprietario della costruzione abusiva, il titolare della concessione edilizia, il committente delle opere, il costruttore ed il direttore dei lavori. Ciascuno di costoro, per ottenere la dichiarazione di estinzione dei reati edilizi e/o urbanistici contestatigli, deve presentare autonoma domanda di oblazione e versare le somme di denaro personalmente dovute. Soltanto l'istanza presentata da uno degli eventuali comproprietari dell'immobile abusivo estende i propri effetti all'altro o agli altri comproprietari, mentre ciascuno degli altri soggetti su indicati deve proporre autonoma istanza").
Pertanto, il costruttore, al fine di tutelarsi agli effetti penali, ha correttamente presentato autonoma domanda di sanatoria, restando fermo quanto evidenziato a livello di effetti amministrativi - legati al trasferimento del diritto reale sull'immobile - nel passaggio precedente (subentro dell'acquirente nella posizione del costruttore).

Per concludere, allo stato attuale della conoscenza della questione, chiarita la legittimità del costruttore alla presentazione della domanda di sanatoria, alla luce del subentro - dal punto di vista degli effetti amministrativi - da parte dell'acquirente nella posizione del costruttore, sembrerebbe opportuno presentare un'istanza di accesso agli atti al fine di visionare la prima richiesta di sanatoria presentata dal costruttore (unitamente alla documentazione), al fine eventualmente di integrare il relativo fascicolo, anche in relazione alla domanda presentata dall'acquirente.