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Articolo 348 ter Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Pronuncia sull'inammissibilità dell'appello

[ABROGATO]

Dispositivo dell'art. 348 ter Codice di procedura civile

Articolo abrogato dal D. Lgs. 1 ottobre 2022 n. 149 (c.d. "Riforma Cartabia"), come modificato dalla L. 29 dicembre 2022 n. 197.

[(1) All'udienza di cui all'articolo 350 il giudice, prima di procedere alla trattazione, sentite le parti (2), dichiara inammissibile l'appello, a norma dell'articolo 348-bis, primo comma, con ordinanza succintamente motivata, anche mediante il rinvio agli elementi di fatto riportati in uno o più atti di causa e il riferimento a precedenti conformi (3). Il giudice provvede sulle spese a norma dell'articolo

L'ordinanza di inammissibilità è pronunciata solo quando sia per l'impugnazione principale che per quella incidentale di cui all'articolo 333 ricorrono i presupposti di cui al primo comma dell'articolo 348-bis. In mancanza, il giudice procede alla trattazione di tutte le impugnazioni comunque proposte contro la sentenza.

Quando è pronunciata l'inammissibilità, contro il provvedimento di primo grado può essere proposto, a norma dell'articolo 360, ricorso per cassazione. In tal caso il termine per il ricorso per cassazione avverso il provvedimento di primo grado decorre dalla comunicazione o notificazione, se anteriore, dell'ordinanza che dichiara l'inammissibilità. Si applica l'articolo 327, in quanto compatibile.

Quando l'inammissibilità è fondata sulle stesse ragioni, inerenti alle questioni di fatto, poste a base della decisione impugnata, il ricorso per cassazione di cui al comma precedente può essere proposto esclusivamente per i motivi di cui ai numeri 1), 2), 3) e 4) del primo comma dell'articolo 360.

La disposizione di cui al quarto comma si applica, fuori dei casi di cui all'articolo 348-bis, secondo comma, lettera a), anche al ricorso per cassazione avverso la sentenza d'appello che conferma la decisione di primo grado.]

Note

(1) Articolo aggiunto con D.L. 22 giugno 2012 n. 83, convertito in l. 11 agosto 2012, n. 143.
(2) L’inciso “sentite le parti” è stato inserito in sede di conversione del decreto legge.
(3) Il legislatore ha dato al giudice dell'appello la possibilità di motivare utilizzando precedenti giurisprudenziali conformi: è stata così legittimata la facoltà di formulare una c.d. motivazione per relationem.

Spiegazione dell'art. 348 ter Codice di procedura civile

Con questa norma, introdotta dalla lettera a) del comma 1, dell'art. 54, D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito in L. 7 agosto 2012, n. 134 (c.d. decreto sviluppo), vengono dettate disposizioni sulla pronuncia d'inammissibilità dell'appello.

Il giudice d’appello, dopo aver sentito le parti, in sede di prima udienza di trattazione (art. 350 del c.p.c.) adotta l’ordinanza di inammissibilità, la quale deve essere “succintamente motivata”, anche facendo rinvio ad elementi di fatto riportati negli atti di causa ed a precedenti conformi.
Inoltre, nella medesima ordinanza il giudice deve anche pronunziarsi sulle spese ex art. 91 del c.p.c..

Precisa, tuttavia, il secondo comma che l'inammissibilità può essere dichiarata solo quando la prognosi di infondatezza del gravame sussista sia per l'appello principale che per quello incidentale; in caso contrario, il giudice dovrà trattare tutte le impugnazioni proposte contro la decisione di primo grado.

Se l'appello dovesse essere dichiarato inammissibile ai sensi del nuovo articolo 348 bis, la sentenza di primo grado diventerebbe ricorribile per cassazione; in questo caso, il termine di venti giorni per il ricorso decorre dalla comunicazione o notificazione dell'ordinanza che ha pronunciato l'inammissibilità dell'appello (così il terzo comma).

Nel caso in cui l'ordinanza di inammissibilità dell'appello ex art. 348 bis sia fondata sulle stesse ragioni, relative a questioni di fatto, poste alla base della sentenza di primo grado appellata, il ricorso per cassazione sarà limitato ai soli motivi attinenti alla giurisdizione, alla violazione delle norme sulla competenza (quando non è prescritto il regolamento di competenza), alla violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro, alla nullità della sentenza o del procedimento (art. 360 del c.p.c., comma primo, nn. 1-4).

Il quinto comma precisa che, fatta eccezione per le cause in cui è obbligatorio l'intervento del PM (si veda art. 348 bis del c.p.c., comma secondo, lett. a), la limitazione dei motivi del ricorso per cassazione (come prevista dal quarto comma della norma in esame) si applica anche al ricorso per cassazione proposto a seguito della c.d. doppia sentenza conforme (sentenza di appello che conferma la sentenza di primo grado).

Come si evince, dunque, da questa norma e da quella che precede, la cognizione piena in appello è limitata alle sole impugnazioni per le quali sussiste una ragionevole probabilità di essere accolte.
A tale riguardo si è fatto osservare che, l’aver riservato, almeno prevalentemente, la cognizione piena in appello alle impugnazioni che risultano manifestamente fondate, appare una scelta che presenta evidenti profili di asistematicità, in quanto, ordinariamente, i filtri di ammissibilità sono strutturati in maniera tale da evitare che l’attività di cognizione piena debba occuparsi di ciò che è manifestamente infondato ovvero, al limite, fondato (scopo di tali meccanismi è proprio quello di evitare una complessa verifica processuale che appaia sin da subito inutile).

Sembra, invece, chiaro che il pieno svolgimento dell’attività di cognizione possa avere un senso soprattutto nei casi in cui le questioni di diritto e di fatto proposte presentino obiettivi margini di incertezza.

L’innovazione contenuta nella norma in esame (ed in quella che precede) impedirebbe l’accesso alla cognizione piena non solo alle impugnazioni che risultano manifestamente infondate, ma anche a quelle che presentano oggettivi margini di incertezza e problematicità, ossia proprio quelle che dovrebbero costituire l’oggetto di una cognizione piena e più ampia.

Per quanto concerne la proponibilità del ricorso per cassazione nell’ipotesi prevista dal terzo comma di questa norma, la Corte di Cassazione SS.UU., con sentenza n. 11850/2018, ha precisato che tale ricorso, ai fini del requisito di procedibilità previsto dal secondo comma dell’art. 369 del c.p.c., è soggetto ad un duplice onere di deposito.
Infatti, dovranno essere depositati sia la copia autentica della sentenza di primo grado sia l’ordinanza di inammissibilità con la relativa comunicazione o notificazione, e ciò per verificare la tempestività dl ricorso.
In difetto, il ricorso sarà improcedibile, salvo che il ricorrente abbia assolto all’onere di richiedere il fascicolo d’ufficio alla cancelleria del giudice a quo e che la Corte, nell’esercizio del proprio potere officioso, rilevi che l’impugnazione sia stata proposta nei 60 gg. dalla comunicazione o dalla notificazione ovvero, in mancanza dell’una o dell’altra, entro il c.d. termine lungo di cui all’art. 327 del c.p.c..

Massime relative all'art. 348 ter Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 37272/2021

La scelta del giudice d'appello di definire il giudizio prendendo in esame il merito della pretesa azionata (sia con il rigetto che con l'accoglimento) non può dirsi proceduralmente viziata sul presupposto che si sarebbe dovuta affermare l'inammissibilità per assenza di ragionevole probabilità di accoglimento; pertanto, ove il giudice non ritenga di assumere la decisione ai sensi dell'art. 348-ter, comma 1, c.p.c., la questione di inammissibilità resta assorbita dalla sentenza che definisce l'appello, che è l'unico provvedimento impugnabile, ma per vizi suoi propri, "in procedendo" o "in iudicando", e non per il solo fatto del non esservi stata decisione nelle forme semplificate. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO BOLOGNA, 31/10/2018).

Cass. civ. n. 29222/2019

La disposizione di cui all'art. 348 ter, ultimo comma, c.p.c., in base alla quale non sono impugnabili per omesso esame di fatti storici le sentenze di secondo grado in ipotesi di c.d. doppia conforme, presuppone che nei due gradi di merito le "questioni di fatto" siano state decise in base alle "stesse ragioni", sicché la preclusione non opera nel caso in cui l'istruzione probatoria sia del tutto mancata.

Cass. civ. n. 23334/2019

L'ordinanza di inammissibilità dell'appello ex art. 348 bis c.p.c. non è impugnabile con ricorso per cassazione quando confermi le statuizioni di primo grado, pur se attraverso un percorso argomentativo "parzialmente diverso" da quello seguito nella pronuncia impugnata, non configurandosi, in tale ipotesi, una decisione fondata su una ratio decidendi autonoma e diversa né sostanziale né processuale.

Cass. civ. n. 20926/2019

La decisione che pronunci l'inammissibilità dell'appello per ragioni processuali (nella specie per mancanza di procura del difensore dell'appellante) resa con ordinanza ex art. 348 ter c.p.c. è impugnabile con ricorso ordinario per cassazione, trattandosi, nella sostanza, di una sentenza di carattere processuale che, come tale, non contiene alcun giudizio prognostico negativo circa la fondatezza nel merito del gravame.

Cass. civ. n. 13835/2019

È inammissibile il ricorso per cassazione, con il quale si contesti un "error in judicando", contro l'ordinanza ex artt. 348 bis e ter c.p.c., motivata con la formulazione del giudizio prognostico di manifesta infondatezza nel merito dell'appello, per il sol fatto che essa, pur condividendo le ragioni della decisione appellata, contenga anche proprie argomentazioni, diverse da quelle prese in considerazione dal giudice di primo grado, perché tale possibilità è consentita dall'art. 348 ter, comma 4, c.p.c., che permette, in tal caso, l'impugnazione dell'ordinanza per vizio di motivazione, facoltà esclusa qualora le ragioni delle decisioni di primo e secondo grado siano identiche quanto al giudizio di fatto.

Cass. civ. n. 10422/2019

Qualora il giudice d'appello abbia proceduto alla trattazione nel merito dell'impugnazione, ritenendo di non ravvisare un'ipotesi di inammissibilità ai sensi dell'art. 348 bis c.p.c., la decisione sulla ammissibilità non è ulteriormente sindacabile sia davanti allo stesso giudice dell'appello che al giudice di legittimità nel ricorso per cassazione, anche alla luce del più generale principio secondo cui il vizio di omissa pronuncia non è configurabile su questioni processuali.

Cass. civ. n. 3980/2019

La declaratoria di inammissibilità dell'appello per tardività ex art. 348 bis c.p.c., erroneamente pronunciata dal giudice del gravame con ordinanza, anziché con sentenza, è ricorribile per cassazione, sia perché l'errore sulla tempestività dell'appello è vizio proprio del suddetto provvedimento, sia in quanto l'omessa impugnazione comporterebbe il passaggio in giudicato della relativa statuizione.

Cass. civ. n. 23320/2018

Nel caso in cui l'appello sia stato dichiarato inammissibile ex art. 348 ter c.p.c., il ricorso per cassazione avverso la sentenza di primo grado può essere proposto entro i limiti delle questioni già sollevate con l'atto di appello e di quelle riproposte ex art. 346 c.p.c., senza che possa assumere rilievo la diversa formulazione dei motivi, che trova giustificazione nella natura del ricorso per cassazione, quale mezzo di impugnazione a critica vincolata, proponibile esclusivamente per i vizi previsti dall'art. 360, comma 1, c.p.c., non comportando la dichiarazione di inammissibilità dell'appello sostanziali modificazioni nel giudizio di legittimità, fatta eccezione per la necessità che l'impugnazione sia rivolta direttamente contro la sentenza di primo grado e per l'esclusione della deducibilità del vizio di motivazione.

Cass. civ. n. 20852/2018

La parte che intenda esercitare il diritto di ricorrere in cassazione ex art. 348 ter, comma 3, c.p.c. deve rispettare il termine di sessanta giorni, di cui all'art. 325, comma 2, c.p.c., che decorre dalla comunicazione dell'ordinanza, ovvero dalla sua notificazione, nel caso in cui la controparte vi abbia provveduto prima della detta comunicazione o se la cancelleria abbia del tutto omesso tale adempimento, mentre il termine lungo di cui all'art. 327 c.p.c. opera esclusivamente quando risulti non solo omessa la comunicazione, ma anche la notificazione. Ne consegue che il ricorrente, per dimostrare la tempestività del ricorso ex art. 348 ter c.p.c. proposto oltre i sessanta giorni dalla pubblicazione dell'ordinanza, ha l'onere di allegare sia l'assenza di comunicazione (potendo quest'ultima avvenire lo stesso giorno della pubblicazione), sia la mancata notificazione, affermando, pertanto, di fruire del cd. termine lungo.

Cass. civ. n. 19333/2018

L'inosservanza della specifica previsione, di cui all'art. 348 ter, comma 1, c.p.c., secondo cui l'inammissibilità dell'appello va dichiarata, sentite le parti, prima di procedere alla trattazione ex art. 350 c.p.c., costituisce un vizio proprio dell'ordinanza resa a norma dell'art. 348 bis c.p.c. e, pertanto, integra una violazione della legge processuale deducibile per cassazione ai sensi dell'art. 111, comma 7, Cost., escludendo anche la necessità di valutare se da tale violazione sia derivato un concreto ed effettivo pregiudizio al diritto di difesa delle parti. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio l'ordinanza della corte territoriale che aveva dichiarato inammissibile l'appello dopo essere pervenuta alla fase della trattazione della causa, avendo le parti dibattuto sull'ammissibilità delle richieste istruttorie e sulla sospensione della provvisoria esecutività della sentenza impugnata).

Cass. civ. n. 17020/2018

In materia di giudizio di legittimità, chi propone ricorso per cassazione avverso la sentenza di primo grado, a norma dell'art. 348 ter, comma 3, c.p.c., è sollevato dall'onere di allegare la comunicazione (o la notificazione, se antecedente) dell'ordinanza che ha dichiarato inammissibile l'appello, qualora il ricorso sia stato proposto entro il termine di sessanta giorni dalla pubblicazione dell'ordinanza, poiché, in tal caso, non occorre dimostrare la tempestività dell'impugnazione.

Cass. civ. n. 20758/2017

L'inosservanza della specifica previsione, di cui all’art. 348 ter, comma 1, c.p.c., di sentire le parti prima di procedere alla trattazione ex art. 350 c.p.c. e di dichiarare inammissibile l’appello, costituisce un vizio proprio dell’ordinanza di inammissibilità resa a norma dell'art. 348 bis c.p.c. e, pertanto, integra una violazione della legge processuale deducibile per cassazione ai sensi dell'art. 111, comma 7, Cost., escludendo anche la necessità di valutare se da tale violazione sia derivato un concreto ed effettivo pregiudizio al diritto di difesa delle parti. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio l'ordinanza della corte territoriale, che, dopo aver disposto un rinvio puro e semplice della prima udienza, aveva dichiarato inammissibile l'appello senza procedere a sentire specificamente le parti sull'applicabilità dell'art. 348 bis c.p.c.).

Cass. civ. n. 3067/2017

In tema di ricorso per cassazione, il termine previsto dall’art. 348 ter c.p.c. è applicabile anche all’impugnazione autonoma dell’ordinanza di inammissibilità dell’appello ex art. 348 bis c.p.c. nei casi in cui questa risulti consentita.

Cass. civ. n. 2351/2017

In tema di giudizio d’appello, è ricorribile per cassazione, ai sensi dell’art. 111, comma 7, Cost., l’ordinanza d’inammissibilità emessa - ex art. 348 ter c.p.c. - sul presupposto della tardività delle istanze istruttorie dedotte dall'appellante, qualora quest'ultimo lamenti l’erronea applicazione dell’art. 345, comma 3, c.p.c., atteso che tale supposto “error in procedendo”, riflettendosi sulla prognosi di accoglibilità del gravame, non potrebbe essere dedotto contro la sentenza di primo grado, ma unicamente contro la menzionata ordinanza, non essendo altrimenti sindacabile la decisione che neghi alla parte la possibilità di potersi giovare dell'appello, ossia di una impugnazione idonea a provocare un riesame - sia pure nei limiti del proposto gravame - della causa nel merito, non limitato al controllo di vizi specifici.

Cass. civ. n. 25513/2016

Il ricorso per cassazione proponibile, ex art. 348-ter, comma 3, c.p.c., avverso la sentenza di primo grado, entro sessanta giorni dalla comunicazione, o notificazione se anteriore, dell’ordinanza d’inammissibilità dell’appello resa ai sensi dell'art. 348-bis c.p.c., è soggetto, ai fini del requisito di procedibilità di cui all'art. 369, comma 2, c.p.c., ad un duplice onere di deposito, avente ad oggetto la copia autentica sia della sentenza suddetta che, per la verifica della tempestività del ricorso, della citata ordinanza, con la relativa comunicazione o notificazione; in difetto, il ricorso è improcedibile, salvo che, ove il ricorrente abbia assolto l’onere di richiedere il fascicolo d’ufficio alla cancelleria del giudice “a quo”, la Corte, nell'esercitare il proprio potere officioso, rilevi che l’impugnazione sia stata proposta nei sessanta giorni dalla comunicazione o notificazione ovvero, in mancanza dell'una e dell'altra, entro il termine cd. lungo di cui all'art. 327 c.p.c.

Cass. civ. n. 19060/2016

Il ricorso per cassazione avverso la sentenza di primo grado, previsto dall'art. 348 ter, comma 3, c.p.c., ha natura ordinaria e, in quanto tale, deve contenere, a pena di inammissibilità, "l'esposizione sommaria dei fatti di causa", prevista al n. 3) dell'art. 366 c.p.c., da intendersi come esposizione dei fatti sostanziali oggetto della controversia e di quelli processuali relativi al giudizio di primo e di secondo grado, e dunque le domande ed eccezioni proposte innanzi al giudice di prime cure e non accolte o rimaste assorbite, oltre agli elementi che evidenzino la tempestività dell'appello e i motivi su cui esso era fondato.

Cass. civ. n. 18622/2016

Il termine breve di sessanta giorni per ricorrere ex art. 348 ter c.p.c. decorre dalla comunicazione dell'ordinanza emessa ai sensi dell'art. 348 bis c.p.c. (o dalla sua notificazione, se anteriore), senza che sia rilevante che il provvedimento sia stato comunicato ad uno solo dei difensori nominati, siano essi muniti di rappresentanza congiunta o disgiunta.

Cass. civ. n. 15776/2016

L'ordinanza di inammissibilità resa ex art. 348 bis c.p.c. che contenga, accanto alla valutazione complessiva, in chiave prognostica, dei motivi di gravame, anche una ulteriore statuizione di inammissibilità delle istanze istruttorie formulate in primo grado, assume il carattere sostanziale di sentenza, impugnabile con l'ordinario ricorso per cassazione, solo quando le ragioni rilevate "ex novo" dal giudice di appello si sovrappongano a quelle della decisione di primo grado, in applicazione della efficacia sostitutiva propria della sentenza di appello, sicché quando la pronuncia "aggiuntiva" non integri una autonoma "ratio decidendi", tale da esaurire o elidere la valutazione di "manifesta infondatezza", il motivo di ricorso per cassazione proposto avverso tale ulteriore statuizione va dichiarato inammissibile, per difetto di interesse, restando invece ricorribili avanti la S.C., ai sensi dell'art. 348 ter, comma 3, c.p.c., gli accertamenti già compiuti in primo grado.

Cass. civ. n. 20236/2015

Il termine breve di sessanta giorni per proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza di primo grado, in caso di ordinanza dichiarativa dell'inammissibilità dell'appello ai sensi dell'art. 348-ter c.p.c., decorre, prioritariarnente, dalla comunicazione di tale ordinanza, sicché la data di quest'ultima non è solo presupposto dell'impugnazione in sé considerata, ma pure requisito essenziale (di contenuto-forma) del ricorso introduttivo, restando onere del ricorrente allegare gli elementi necessari per configurarne la tempestività.

Cass. civ. n. 18024/2015

La comunicazione dell'ordinanza dichiarativa dell'inammissibilità dell'appello ai sensi dell'art. 348 bis c.p.c. è idonea a far decorrere il termine di sessanta giorni per la proposizione del ricorso per cassazione, a norma dell'art. 348 ter, comma 3, c.p.c., solo quando permetta alla parte destinataria di conoscere la natura del provvedimento adottato, implicante lo speciale regime d'impugnazione previsto. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto inidonea la comunicazione tramite posta elettronica certificata di un biglietto di cancelleria che recava l'indicazione, relativa all'appello "dichiarato inammissibile").

Cass. civ. n. 15235/2015

Nella ipotesi di ordinanza dichiarativa dell'inammissibilità dell'appello ex art. 348 bis, comma 1, c.p.c., il ricorso per cassazione avverso la sentenza di primo grado, ai sensi del comma 3 dell'art. 348 ter, cod. proc. civ., deve essere proposto nel termine di sessanta giorni dalla comunicazione dell'ordinanza (o dalla notificazione della stessa, se anteriore), senza che sia applicabile il termine "lungo" previsto dall'art. 327 c.p.c.

Cass. civ. n. 2784/2015

In caso di ricorso per cassazione avverso la sentenza di primo grado ai sensi dell'art. 348 ter, terzo comma, cod. proc. civ., si applicano le disposizioni di cui agli artt. 329 e 346 del medesimo codice, sicché la parte deve fornire l'indicazione che la questione sollevata in sede di legittimità era stata devoluta, sia pure nella forma propria dei motivi di appello, al giudice del gravame, dichiarato inammissibile ex art. 348 bis, cod. proc. civ. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso per non aver il ricorrente indicato come e dove la questione posta con il motivo fosse stata prospettata dinanzi al giudice che aveva pronunciato la sentenza, dovendosi, per l'effetto, considerare preclusa la sua proposizione in appello, trattandosi di questione nuova).

Cass. civ. n. 26097/2014

In ipotesi di cosiddetta. "doppia conforme" in fatto a cognizione sommaria, ex art. 348 ter, quarto comma, cod. proc. civ., è escluso il controllo sulla ricostruzione di fatto operata dai giudici di merito, sicché il sindacato di legittimità del provvedimento di primo grado è possibile soltanto ove la motivazione al riguardo sia affetta da vizi giuridici o manchi del tutto, oppure sia articolata su espressioni o argomenti tra loro manifestamente ed immediatamente inconciliabili, perplessi o obiettivamente incomprensibili.

Cass. civ. n. 8942/2014

Il ricorso per cassazione contro la sentenza di primo grado ai sensi dell'art. 348 ter, quarto comma, cod. proc. civ., ha natura di ricorso ordinario, regolato dall'art. 366 cod. proc. civ. quanto ai requisiti di contenuto forma, e deve contenere, in relazione al n. 3 di detta norma, l'esposizione sommaria dei fatti di causa, da intendersi come fatti sostanziali e processuali relativi sia al giudizio di primo grado che a quello di appello. Ne consegue che nel ricorso la parte è tenuta ad esporre, oltre agli elementi che evidenzino la tempestività dell'appello e i motivi su cui esso era fondato, le domande e le eccezioni proposte innanzi al giudice di prime cure e non accolte, o rimaste assorbite, trovando applicazione, rispetto al giudizio per cassazione instaurato ai sensi dell'art. 348 ter cod. proc. civ., le previsioni di cui agli artt. 329 e 346 del medesimo codice, nella misura in cui esse avevano inciso sull'oggetto della devoluzione al giudice di appello.

Cass. civ. n. 8940/2014

In caso di declaratoria di inammissibilità dell'appello ex art. 348 ter cod. proc. civ., la Corte di cassazione - investita, ai sensi del terzo comma di detto articolo, dell'impugnazione della sentenza di primo grado - non può esaminare la ritualità della decisione del giudice di seconde cure per ragioni inerenti la tecnica e lo svolgimento del giudizio di appello, ma può rilevare che, in ragione della tardività dell'appello o dell'erronea proposizione dello stesso in luogo di altro mezzo di impugnazione, la sentenza di primo grado risultava passata in giudicato, a prescindere dal fatto che la declaratoria di inammissibilità dell'appello sia avvenuta per una di tali ragioni.

Cass. civ. n. 7273/2014

L'ordinanza di inammissibilità dell'appello ex art. 348 ter cod. proc. civ., se emanata nell'ambito suo proprio, cioè per manifesta infondatezza nel merito del gravame, non è ricorribile per cassazione, non avendo carattere definitivo, giacché il terzo comma del medesimo art. 348 ter consente di impugnare per cassazione il provvedimento di primo grado. Viceversa, tale ordinanza è ricorribile per cassazione ove dichiari l'inammissibilità dell'appello per ragioni processuali (nella specie, per genericità dei motivi), essa avendo, in tal caso, carattere definitivo e valore di sentenza, in quanto la declaratoria di inammissibilità dell'appello per questioni di rito non può essere impugnata col provvedimento di primo grado e, ai sensi dell'art. 348 bis cod. proc. civ., deve essere pronunciata con sentenza.

Cass. civ. n. 5528/2014

Nell'ipotesi di "doppia conforme" prevista dal quinto comma dell'art. 348 ter cod. proc. civ., il ricorrente in cassazione, per evitare l'inammissibilità del motivo di cui al n. 5 dell'art. 360 cod. proc. civ., deve indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell'appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse.

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