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Articolo 337 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Sospensione dell'esecuzione e dei processi

Dispositivo dell'art. 337 Codice di procedura civile

L'esecuzione della sentenza non è sospesa per effetto dell'impugnazione di essa (1), salve le disposizioni degli articoli 283, 373, 401 e 407 (2).

Quando l'autorità di una sentenza è invocata in un diverso processo, questo può essere sospeso, se tale sentenza è impugnata (3).

Note

(1) La norma costituisce corollario a quella sull'esecuzione provvisoria della sentenza di primo grado (art. 282 del c.p.c.).
L'impugnazione, quindi, non sospende di per sé né l'efficacia esecutiva della sentenza né il processo esecutivo eventualmente già iniziato. Casomai, sarà il giudice dell'impugnazione ad avere la facoltà di sospendere, su istanza di parte, l'esecuzione della sentenza impugnata (art. 283 del c.p.c.).
(2) Comma così modificato con l. 26 novembre 1990, n. 353.
(3) Il secondo comma è formulato in modo tale da aver dato adito a numerosi dubbi sulla reale volontà del legislatore.
Secondo un primo orientamento, la norma prevederebbe un'ipotesi di sospensione facoltativa (se tra le cause esistesse un rapporto di pregiudizialità-dipendenza, la sospensione sarebbe necessaria ex art. 295 del c.p.c.) rimessa ad una valutazione discrezionale del giudice, insindacabile in sede di legittimità. Il suo ambito di applicazione andrebbe circoscritto ai casi in cui la sentenza sia impugnata per revocazione straordinaria o opposizione di terzo ex art. 404, primo comma, ed abbia già autorità di cosa giudicata: solo l'autorità di questa sentenza potrebbe essere invocata in altro giudizio.
Altra parte della dottrina, invece, sostiene che la sentenza la cui autorità sia invocabile in un diverso processo potrebbe essere anche una sentenza non ancora passata in giudicato: tali autori riconoscono alla sentenza di primo grado un'efficacia di accertamento del rapporto sostanziale anche fuori del processo in cui è stata pronunciata, rendendola entro questi limiti immediatamente operante.

Spiegazione dell'art. 337 Codice di procedura civile

La norma in esame rappresenta un completamento del disposto di cui all' art. 282 del c.p.c., in forza del quale la sentenza di primo grado è provvisoriamente esecutiva tra le parti.
Ciò comporta che la proposizione di una impugnazione avverso tale sentenza non ne sospende l'esecutorietà né basta a sospendere, da sola, l'esecuzione eventualmente già intrapresa.
La sospensione è possibile sia con riferimento all'esecutorietà che alla procedura di esecuzione; di essa se ne dovrà fare esclusivamente richiesta al giudice (il solo chiamato a valutare discrezionalmente la presenza di gravi motivi), al fine di ottenerne un provvedimento di interdizione.

Il riferimento esplicito agli articoli 283, 373, 401 e 407 deve intendersi non solo nel senso che il principio è applicabile riguardo a tutti i mezzi di vera e propria impugnazione, ossia l'appello, il ricorso in cassazione, la revocazione (salvo l'ipotesi di cui all'art. 391 bis del c.p.c.) e l'opposizione di terzo, ma anche nel senso che esso trova applicazione oltre la stessa sentenza di primo grado.

La procedura per mezzo della quale va chiesta e ottenuta la sospensione varia a seconda che si tratti di:
a) appello: competente è il giudice d'appello;
b) ricorso per cassazione: competente è il giudice che ha pronunciato la sentenza oggetto di impugnazione;
c) in tutti gli altri casi competente è il giudice della revocazione o della opposizione.
Tutte le fattispecie sopra viste sono accomunate dal presupposto della immediata eseguibilità della sentenza, malgrado la proposizione di una impugnazione.

Al secondo comma si prevede un'ipotesi di sospensione del processo che si verifica quando nello stesso venga invocata l'autorità di una sentenza, resa in un altro giudizio, che sia stata impugnata e che sia in qualche modo pregiudicante l'esito del processo in cui viene invocata.
In questo caso si conferisce al giudice il potere discrezionale di tenere conto della sentenza pronunciata nell'altro processo (sebbene sia stata impugnata), ovvero di sospendere il processo in attesa di conoscere l'esito dell'impugnazione.
Parte della dottrina interpreta questa norma nel senso che essa è applicabile solo quando la sentenza invocata in un altro processo sia munita di autorità di cosa giudicata e sia stata impugnata con revocazione straordinaria o con opposizione di terzo.
Anche in giurisprudenza non vi era un’unanimità di opinioni in ordine all'ambito di applicazione delle sospensioni previste dal comma 2 di questa norma e dall’art. 295 del c.p.c..
Secondo un primo orientamento, la norma in commento si applica quando tra i due giudizi esista un rapporto di pregiudizialità, e quello pregiudicante sia stato definito con sentenza non passata in giudicato (pertanto, se il giudice dispone la sospensione ai sensi dell'art. 295 c.p.c., il relativo provvedimento è di per sé illegittimo).
Secondo altro orientamento la norma in commento trova applicazione quando il rapporto pregiudiziale è stato definito con sentenza passata in giudicato.
A risolvere il contrasto è intevenuta la Corte di Cass. SS.UU. con sentenza n. 10027/2012, , nella quale si afferma che, definito il primo giudizio senza che nel secondo la sospensione sia stata disposta o ripreso il secondo giudizio dopo che il primo sia stato definito, la sospensione del secondo può solo essere pronunziata sulla base della norma in esame quando il giudice ritenga di non poggiarsi sull'autorità della decisione pronunciata nel primo giudizio.

A differenza dell’art. 295, questa norma disciplina un’ipotesi di sospensione facoltativa del processo: il giudice può sospendere il processo in attesa dell'esito dell'impugnazione, ovvero può conformarsi alla decisione impugnata, ovvero può decidere in modo difforme da essa, ma motivando la diversa valutazione; la sua valutazione in merito alla sospensione è discrezionale e non censurabile in sede di legittimità se congruamente motivata.

Massime relative all'art. 337 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 14738/2019

Ai fini del legittimo esercizio del potere di sospensione discrezionale del processo ex art. 337, comma 2, c.p.c., è indispensabile un'espressa valutazione di plausibile controvertibilità della decisione di cui venga invocata l'autorità in quel processo, sulla base di un confronto tra la decisione stessa e la critica che ne è stata fatta. Ne consegue che la sospensione discrezionale in parola è ammessa ove il giudice del secondo giudizio motivi esplicitamente le ragioni per le quali non intende riconoscere l'autorità della prima sentenza, già intervenuta sulla questione ritenuta pregiudicante, chiarendo perché non ne condivide il merito o le ragioni giustificatrici. (In applicazione del principio, la S.C. ha disposto la prosecuzione del giudizio innanzi al giudice che, in una causa avente ad oggetto la restituzione di un fondo occupato dalla P.A. "sine titulo", aveva sospeso il procedimento limitandosi ad evidenziare il rapporto di pregiudizialità con il procedimento pendente davanti al Consiglio di Stato avverso il provvedimento ablatorio emesso nelle more senza spiegare perché la sentenza del T.A.R., che lo aveva annullato, fosse inidonea a spiegare effetti di autorità nel giudizio davanti a sé). (Regola sospensione).

Cass. civ. n. 14337/2019

Il provvedimento di sospensione del processo ex art. 337, comma 2, c.p.c. può essere impugnato, in applicazione analogica di quanto previsto dall'art. 42 c.p.c. per le ordinanze di sospensione del processo per cd. pregiudizialità-dipendenza, mediante regolamento di competenza, rimedio che, anche in tale ipotesi, conserva la propria struttura e funzione, sicché il sindacato esercitabile dalla Corte di cassazione è limitato alla verifica dell'esistenza dei presupposti giuridici in base ai quali il giudice di merito si è avvalso del potere discrezionale di sospensione, nonché della presenza di una motivazione non meramente apparente in ordine al suo esercizio. (Nella specie, la S.C. ha cassato l'ordinanza di sospensione perché mancava del tutto la valutazione circa il nesso di pregiudizialità tra l'accertamento incidentale sulla illiceità dell'appalto e il "petitum" della causa sospesa, di pagamento delle retribuzioni per le mensilità successive all'accertamento della illegittima interposizione di manodopera, oltre che l'esame dei motivi di impugnazione formulati avverso la decisione la cui autorità era invocata nel processo). (Regola sospensione).

Cass. civ. n. 80/2019

Salvi i casi in cui la sospensione del giudizio sulla causa pregiudicata sia imposta da una disposizione specifica, che richieda di attendere la pronuncia con efficacia di giudicato sulla causa pregiudicante, quando fra due giudizi esista un rapporto di pregiudizialità, e quello pregiudicante sia stato definito con sentenza non passata in giudicato, la sospensione del giudizio pregiudicato non è doverosa, ma può essere disposta, ai sensi dell'art. 337 c.p.c., come si desume dall'interpretazione sistematica della disciplina del processo, in cui un ruolo decisivo riveste l'art. 282 c.p.c.; il diritto pronunciato dal giudice di primo grado, infatti, qualifica la posizione delle parti in modo diverso rispetto allo stato iniziale della lite, giustificando sia l'esecuzione provvisoria, sia l'autorità della sentenza di primo grado (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che l'accertamento del passaggio del rapporto di lavoro in capo alla società cessionaria, con decorrenza dalla data della cessione di azienda, operato in separato giudizio con sentenza non definitiva, ma dotata di provvisoria efficacia esecutiva, consentisse di escludere in capo alla società cedente la qualifica di parte datoriale alla data di intimazione del licenziamento, successiva a quella della cessione, e di ritenere perciò l'inefficacia del recesso).

Cass. civ. n. 18494/2018

Il provvedimento di sospensione del processo ex art. 337, comma 2, c.p.c. può essere impugnato, in applicazione analogica di quanto previsto dall'art. 42 c.p.c. per le ordinanze di sospensione del processo per cd. pregiudizialità-dipendenza, mediante regolamento di competenza, rimedio che, anche in tale ipotesi, conserva la propria struttura e funzione, sicché la Corte di cassazione deve verificare la ricorrenza del rapporto di pregiudizialità ravvisato dal giudice "a quo".

Cass. civ. n. 17936/2018

Quando tra due giudizi esista un rapporto di pregiudizialità e quello pregiudicante sia stato definito con sentenza non passata in giudicato, la sospensione del giudizio pregiudicato può essere disposta soltanto ai sensi dell'art. 337, comma 2, c.p.c., sicché, ove il giudice abbia provveduto ex art. 295 c.p.c., il relativo provvedimento è illegittimo e deve essere, dunque, annullato, ferma restando la possibilità, da parte del giudice di merito dinanzi al quale il giudizio andrà riassunto, di un nuovo e motivato provvedimento di sospensione in base al menzionato art. 337, comma 2, c.p.c. (In applicazione dell'enunciato principio, la S.C. ha cassato il provvedimento con cui il Tribunale aveva disposto la sospensione del giudizio nel quale era stata chiesta la restituzione di un immobile detenuto senza titolo dal convenuto in seguito alla avvenuta pronuncia di risoluzione, in altro procedimento, di un contratto preliminare perché, contro tale pronuncia, pendeva ricorso in cassazione).

Cass. civ. n. 12773/2017

Il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo avente ad oggetto la restituzione di somme versate a seguito di una sentenza di condanna in primo grado, poi riformata in appello, non può essere sospeso ex art. 337, comma 2, c.p.c., in attesa della decisione sul ricorso per cassazione proposto avverso la stessa sentenza di riforma, atteso che tra i due procedimenti non ricorre un rapporto di pregiudizialità logico-giuridica tale da giustificare la sospensione dell’opposizione suddetta, e costituente presupposto comune alle ipotesi di sospensione sia necessaria, ex art. 295 c.p.c., che facoltativa, ex art. 337, comma 2, c.p.c., in quest’ultima occorrendo, peraltro, anche una valutazione del giudice della causa dipendente sulla controvertibilità effettiva della decisione impugnata.

Cass. civ. n. 15603/2015

Ai fini del legittimo esercizio del potere di sospensione discrezionale del processo, previsto dall'art. 337, comma 2, c.p.c., è necessario che vi sia un rapporto di dipendenza tra i due giudizi, tale per cui la definizione della lite pregiudicata deve attendere il giudizio sull'elemento di connessione tra le situazioni giuridiche controverse collegate. (In applicazione dell'enunciato principio, la S.C. ha disposto la prosecuzione di un giudizio di risarcimento dei danni per responsabilità professionale di un legale facoltativamente sospeso in attesa dell'esito del giudizio di impugnazione, che concerneva una causa per la riscossione di crediti da forniture, nel cui ambito il legale aveva asseritamente compiuto "scelte processuali non corrette").

Cass. civ. n. 24046/2014

Ai fini del legittimo esercizio del potere di sospensione discrezionale del processo, previsto dall'art. 337, secondo comma, cod. proc. civ., è indispensabile un'espressa valutazione di plausibile controvertibilità della decisione di cui venga invocata l'autorità in quel processo, sulla base di un confronto tra la decisione stessa e le critica che ne é stata fatta. Ne consegue che la sospensione discrezionale in parola è ammessa ove il giudice del secondo giudizio motivi esplicitamente le ragioni per le quali non intende riconoscere l'autorità della prima sentenza, già intervenuta sulla questione ritenuta pregiudicante, chiarendo perché non ne condivide il merito o le ragioni giustificatrici.

Cass. civ. n. 375/2013

In tema di sospensione del processo, qualora penda in sede di legittimità il giudizio sulla risoluzione di un contratto di locazione e, contemporaneamente, penda in primo grado un altro giudizio sulla nullità e sostituzione "ex lege" del medesimo contratto, quest'ultimo giudizio non è soggetto alla sospensione necessaria ex art. 295 c.p.c., in attesa che si formi il giudicato sulla risoluzione, bensì alla sospensione facoltativa ex art. 337 c.p.c., che il giudice può disporre ove ritenga di non poggiarsi sull'autorità della sentenza impugnata.

Cass. civ. n. 21348/2012

Quando fra due giudizi esista rapporto di pregiudizialità, e quello pregiudicante sia stato definito con sentenza non passata in giudicato, la sospensione del giudizio sulla causa pregiudicata, salvi i casi in cui essa sia imposta da una disposizione specifica, è possibile soltanto ai sensi dell'art. 337 c.p.c., pur se la sentenza di primo grado, la cui autorità è invocata, sia stata emessa dal giudice amministrativo, dovendosi anche in tal caso identificare il rilievo di una sentenza oggetto di impugnazione, pronunciata nell'esercizio di una specifica giurisdizione, con riguardo al bene della vita del quale si discute davanti al giudice ordinario.

Cass. civ. n. 10027/2012

Salvi soltanto i casi in cui la sospensione del giudizio sulla causa pregiudicata sia imposta da una disposizione specifica ed in modo che debba attendersi che sulla causa pregiudicante sia pronunciata sentenza passata in giudicato, quando fra due giudizi esista rapporto di pregiudizialità, e quello pregiudicante sia stato definito con sentenza non passata in giudicato, è possibile la sospensione del giudizio pregiudicato soltanto ai sensi dell'art. 337 c.p.c., come si trae dall'interpretazione sistematica della disciplina del processo, in cui un ruolo decisivo riveste l'art. 282 c.p.c.: il diritto pronunciato dal giudice di primo grado, invero, qualifica la posizione delle parti in modo diverso da quello dello stato originario di lite, giustificando sia l'esecuzione provvisoria, sia l'autorità della sentenza di primo grado. Pertanto, allorché penda, in grado di appello, sia il giudizio in cui è stata pronunciata una sentenza su causa di riconoscimento di paternità naturale e che l'abbia dichiarata, sia il giudizio che su tale base abbia accolto la domanda di petizione di eredità, ed entrambe le sentenze siano state impugnate, il secondo giudizio non deve di necessità essere sospeso, in attesa che nel primo si formi la cosa giudicata sulla dichiarazione di paternità naturale, ma può esserlo, ai sensi dell'art. 337 c.p.c., se il giudice del secondo giudizio non intenda riconoscere l'autorità dell'altra decisione. Non ostano, a tale conclusione, le disposizioni degli artt. 573 e 715 c.c., non essendo in questione il momento dal quale si producono gli effetti della dichiarazione di filiazione naturale, ma il potere del giudice, cui la seconda domanda sia proposta, di conoscerne sulla base della filiazione naturale già riconosciuta con sentenza, pur non ancora passata in giudicato.

Cass. civ. n. 9478/2012

impugnata - trova applicazione allorché gli effetti dichiarativi o costitutivi della sentenza invocata siano pregiudiziali all'oggetto del processo nel quale si fanno valere, e presuppone, pertanto, la necessità di due decisioni: una nella controversia che costituisce l'indispensabile antecedente logico e giuridico della decisione dell'altra o nella quale viene decisa una questione fondamentale comune alla seconda lite, e l'altra nel secondo processo (che viene sospeso), nel quale si dibattono questioni conseguenziali o domande più ampie. (Nella specie, la S. C, in applicazione degli enunciati principi, ha annullato l'ordinanza di sospensione del processo resa dal tribunale, ai sensi dell'art. 337, secondo comma, c.p.c., in attesa della decisione dell'appello sull'ordinanza dichiarativa dell'estinzione relativa alle domande formulate dai convenuti).

Cass. civ. n. 23483/2007

Nell'ipotesi di contemporanea pendenza del giudizio sul licenziamento e dell'opposizione a decreto ingiuntivo concernente l'indennità sostitutiva della reintegrazione nel posto di lavoro, il secondo giudizio non può essere sospeso ai sensi dell'art. 337 c.p.c., atteso che avendo i due distinti processi entrambi fondamento nella illegittimità del licenziamento, non ricorre l'ipotesi, disciplinata dal citato articolo, in cui l'autorità di una sentenza è invocata in un diverso processo; né il secondo dei suddetti giudizi può essere sospeso ex art. 295 c.p.c. poiché, essendo provvisoriamente esecutiva la sentenza dichiarativa del licenziamento per effetto dell'art. 18 della legge n. 300 del 1970, la sospensione del processo che ha per oggetto l'indennità sostitutiva equivarrebbe alla sospensione della provvisoria esecutorietà della suddetta pronuncia; del resto, la mancata sospensione non può determinare contraddittorietà di giudicati, visto che il disposto dell'art. 336, secondo comma, c.p.c. comporta che la riforma o la cassazione della sentenza concernente l'accertamento del diritto pone nel nulla la sentenza che abbia deciso sul quantum.

Cass. civ. n. 5006/2002

In tema di sospensione del processo, poiché l'art. 295 c.p.c., la cui ratio è quella di evitare il rischio di un conflitto tra giudicati, fa esclusivo riferimento all'ipotesi in cui fra due cause pendenti davanti allo stesso giudice o a due giudici diversi esista un nesso di pregiudizialità in senso tecnico-giuridico e non già in senso meramente logico, la sospensione necessaria del processo non può essere disposta nell'ipotesi di contemporanea pendenza davanti a due giudici diversi del giudizio sull'an debeatur e di quello sul quantum (fra i quali esiste un rapporto di pregiudizialità solamente in senso logico), essendo in tal caso applicabile l'art. 337 secondo comma c.p.c. — il quale, in caso di impugnazione di una sentenza la cui autorità possa essere invocata in un separato processo, prevede soltanto la possibilità della sospensione facoltativa di tale processo —, e tenuto conto altresì del fatto che a norma dell'art. 336, secondo comma, c.p.c., la riforma o la cassazione della sentenza sull'an determina l'automatica caducazione della sentenza sul quantum, anche se su quest'ultima sia sia formato un giudicato apparente.

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