Brocardi.it - L'avvocato in un click! CHI SIAMO   CONSULENZA LEGALE

Articolo 245 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Ordinanza di ammissione

Dispositivo dell'art. 245 Codice di procedura civile

Con l'ordinanza che ammette (1) la prova (2) il giudice istruttore riduce le liste dei testimoni sovrabbondanti (3) ed elimina i testimoni che non possono essere sentiti per legge [102 disp. att.] (4).

La rinuncia fatta da una parte all'audizione dei testimoni da essa indicati non ha effetto se le altre non vi aderiscono e se il giudice non vi consente (5).

Note

(1) Si tratta di una tipica ordinanza istruttoria, non più soggetta al reclamo immediato al collegio, ma modificabile e revocabile dallo stesso giudice che l'ha pronunciata ai sensi dell'art. 177 del c.p.c., nonché dal collegio in sede di decisione della causa (art. 178 del c.p.c.).
Con l'ordinanza di ammissione della prova testimoniale è possibile per il giudice eliminare i capitoli che ritenga irrilevanti o inammissibili.
La giurisprudenza non reputa cause di inammissibilità della prova testimoniale il fatto che i testi potrebbero non ricordare le circostanze di fatto in essa dedotte né la scarsa credibilità di un fatto (avuto riguardo all'id quod plerumque accidit).
Infine, con l'ordinanza ammissiva della testimonianza chiesta dalla parte, il giudice istruttore fissa l'udienza per l'assunzione, che potrebbe avvenire nella stessa udienza in cui viene pronunciato il provvedimento qualora i testi siano eccezionalmente presenti.
(2) Per costante giurisprudenza, l'inammissibilità della prova testimoniale relativa gli atti che esigono la forma scritta ad substantiam è rilevabile d'ufficio, mentre per quelli dove essa sia richiesta ad probationem è necessaria l'istanza di parte.
Una parte della giurisprudenza, tuttavia, ritiene che i limiti di ammissibilità della prova testimoniale rientrino nella disponibilità delle parti, in quanto la relativa disciplina sarebbe dettata nel loro esclusivo interesse: esse potrebbero pertanto rinunciare a tali limiti, e comunque l'inosservanza delle relative norme non sarebbe mai rilevabile d'ufficio dal giudice, ma solo eccepibile dalle stesse parti prima che il giudice emetta l'ordinanza di ammissione o che la prova venga materialmente assunta.
(3) La riduzione delle liste sovrabbondanti rientra tra i poteri discrezionali del giudice istruttore: la sua scelta risulta pertanto insindacabile in sede di legittimità.
Tuttavia, il giudice è solito invitare le parti ad indicare quali siano i testimoni più rilevanti, per evitare di eliminare dalla lista proprio le persone che avrebbero potuto portare al processo un apporto più significativo: solo le parti, infatti, possono sapere chi siano i testi chiave, mentre il giudice ha una visione ancora parziale della vicenda, limitata a quanto riportato negli atti e nei documenti acquisiti al processo.
E' altresì usuale che il giudice fissi un limite numerico di testimoni, lasciando alla parte la decisione di quali testi citare.
(4) Attualmente, sono incapaci a testimoniare coloro che hanno nella causa un interesse che potrebbe legittimare la loro partecipazione al giudizio, ai sensi dell'art. 246 del c.p.c.. Sono invece stati dichiarati incostituzionali i limiti previsti dagli artt. 247 e 248.
(5) La rinuncia unilaterale alla prova non è sufficiente ad escluderla dal processo, in virtù del principio dell'acquisizione processuale, in base al quale l'elemento di prova, una volta introdotto nel processo, rimane definitivamente acquisito alla causa e può essere utilizzato sia dalla controparte che dal giudice. La parte che intenda opporsi alla rinuncia deve dichiararlo espressamente e assume su di sé l'onere di citazione i testimoni se la prova non è ancora stata assunta.

Spiegazione dell'art. 245 Codice di procedura civile

Con questa norma viene sancito il principio della infrazionabilità e concentrazione della prova testimoniale, principio che risulta strettamente connesso con quello delle decadenze e dei limiti temporali di cui all’art. 244 del c.p.c..

Il giudizio sulla ammissibilità e rilevanza della prova per testi costituisce atto riservato al giudice istruttore e si sostanzia nel valutare la "possibilità" (intesa come esistenza dei requisiti che la legge subordina all'esperimento del mezzo) e "utilità" (ossia il contributo che l'eventuale risultanza positiva apporterebbe al processo) di provvedere all'acquisizione del mezzo di prova (l'ammissione della prova testimoniale non può, tuttavia, essere negata sulla base di un possibile esito negativo della stessa o sulla supposta inverosimiglianza dei fatti dedotti dalla parte).

Nel giudicare dell'ammissibilità della prova testimoniale, il giudice deve anche prendere in considerazione i limiti che l’ordinamento prevede in favore della prova scritta.
E’ stato in giurisprudenza affermato che il giudice, nell'ammette la prova testimoniale, non è tenuto ad alcuna specifica motivazione, che la relativa ordinanza è revocabile e che, in ogni caso, la parte può sempre far valere in sede di impugnazione della sentenza l'eventuale irrilevanza dei capitoli ammessi (non è, infatti, possibile, impugnare direttamente l'ordinanza emessa ai sensi dell'art. 245, trattandosi di provvedimento privo di efficacia decisoria e pertanto non impugnabile nemmeno con il ricorso straordinario in Cassazione).

Non può neppure invocarsi una pretesa lesione dell’art. 6 comma 1 CEDU, al preciso scopo di censurare la valutazione sulla ammissibilità di mezzi di prova concretamente effettuata dal giudice nazionale in applicazione del regime processuale interno.

La facoltà che viene qui concessa al giudice di ridurre la lista di testimoni sovrabbondanti costituisce espressione di un suo potere discrezionale; tale scelta, tuttavia, è insindacabile in Cassazione, soprattutto se giustificata dal fatto che il giudice ha ritenuto di aver raggiunto la certezza degli elementi necessari alla decisione.
Oltre che ridurre, il giudice può anche eliminare i testimoni che non possono essere sentiti per legge.

Questo duplice potere (di riduzione e di esclusione) si pone come obiettivo quello di escludere anticipatamente le testimonianze inammissibili o quelle che risultano superflue perchè non farebbero che ripetere l'esito di altre testimonianze.

Il secondo comma della norma disciplina la rinuncia della parte all'audizione dei testi da essa stessa indicati, disponendo che tale rinuncia è priva di effetto se le altre parti non vi aderiscono e se il giudice non vi consente.

Viene così concessa libertà al giudice di sentire il teste cui la parte abbia rinunciato, allorchè lo ritenga utile ai fini della decisione.
Si è osservato in giurisprudenza che la richiesta di fissazione dell'udienza di precisazione delle conclusioni o l’adesione della controparte a tale richiesta, deve configurarsi quale ipotesi di rinuncia alle prove testimoniali richieste.

Dalla necessità che tutte le parti aderiscano alla rinuncia se ne deve dedurre la non rilevabilità d'ufficio della decadenza della prova testimoniale causata dalla mancata intimazione del teste.
Deve precisarsi che se la controparte dovesse opporsi alla rinuncia, il giudice non è per ciò solo vincolato all'assunzione del teste rinunciato.

Incombe su colui che ha dedotto la prova, l'onere di richiedere all'ufficiale giudiziario l'intimazione dei testi a comparire, secondo i modi e i tempi stabiliti (si vedano in tal senso art. 250 del c.p.c. e art. 103 delle disp. att. c.p.c.); se la parte non vi provvede, il giudice la dichiara decaduta dalla prova ex art. 104 delle disp. att. c.p.c., salvo il caso che l'altra parte dichiari di avere interesse all'audizione.

Massime relative all'art. 245 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 1926/2021

In ipotesi di assunzione frazionata della prova testimoniale, la decadenza per mancata comparizione, ai sensi del combinato disposto degli artt. 104 disp. att. c.p.c. e 208 c.p.c., non si estende a tutta la prova già ammessa ma opera unicamente in relazione all'udienza nella quale in concreto la prova stessa doveva essere assunta e limitatamente alle attività ivi previste. (Nella specie, è stata ritenuta illegittima la pronuncia con cui la parte non comparente all'udienza fissata per l'escussione di un teste per parte era stata dichiarata decaduta da tutta la prova richiesta ed ammessa, non avendo il giudice ridotto la lista testimoniale bensì solo limitato e disciplinato l'assunzione). (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO L'AQUILA, 18/02/2016).

Cass. civ. n. 190/2020

L'ammissione della prova testimoniale oltre i limiti di valore stabiliti dall'art. 2721 c.c. costituisce un potere discrezionale del giudice di merito, il cui esercizio, o mancato esercizio, è insindacabile in sede di legittimità ove sia correttamente motivato. (Rigetta, CORTE D'APPELLO CATANZARO, 25/02/2014).

Cass. civ. n. 31077/2019

In tema di prova testimoniale, i limiti di cui all'art. 2721 c.c. trovano applicazione anche alle testimonianze rese (in merito al medesimo contratto) in altro giudizio e documentate attraverso il verbale in quanto la fonte di conoscenza del fatto, cui si riferiscono le cautele di legge, deriva pur sempre dalla narrazione del testimone, ancorché acquisita mediante il verbale di assunzione di prova in altro processo. (Rigetta, CORTE D'APPELLO VENEZIA, 30/05/2018).

Cass. civ. n. 8929/2019

L'assunzione di testi che non siano stati preventivamente e specificamente indicati può essere consentita solamente nei casi previsti dall'art. 257 c.p.c., con una enunciazione che deve ritenersi tassativa, dal momento che l'obbligo della rituale indicazione è inderogabile e la preclusione ex art. 244 c.p.c. ha il suo fondamento nel sistema del vigente codice e si inquadra nel principio, espresso dal successivo art. 245 c.p.c., secondo il quale il giudice provvede sull'ammissibilità delle prove proposte e sui testi da escutere con una valutazione sincrona e complessiva delle istanze che tutte le parti hanno sottoposto al suo esame. Di conseguenza, la parte non può pretendere di sostituire i testi deceduti prima dell'assunzione con altri che non siano stati da essa stessa indicati nei modi e nei termini di cui all'art. 244 c.p.c. (Rigetta, CORTE D'APPELLO NAPOLI, 29/10/2013).

Cass. civ. n. 17004/2018

In tema di prova, non può essere invocata la lesione dell'art. 6, primo comma, della Convenzione Europea dei diritti dell'uomo al fine di censurare la valutazione sulla ammissibilità di mezzi di prova concretamente effettuata dal giudice nazionale in applicazione del regime processuale interno, spettando esclusivamente a quest'ultimo valutare gli elementi di prova già acquisiti e la rilevanza di quelli di cui una parte chiede la ammissione. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto non pertinente il richiamo all'art. 6 CEDU al fine di censurare la sentenza del giudice del merito in ordine alla ritenuta superfluità della prova testi, peraltro congruamente motivata, sul rilievo che l'istruttoria avesse già consentito di raccogliere tutti gli elementi necessari alla decisione). (Rigetta, CORTE D'APPELLO ROMA, 27/03/2014).

Cass. civ. n. 10797/2018

Qualora la parte che abbia indicato un teste richieda la fissazione dell'udienza di precisazione delle conclusioni, tale inequivoco comportamento ne manifesta la volontà di rinunciare all'audizione del teste stesso e se la controparte aderisce alla richiesta di remissione della causa al collegio anch'essa pone in essere una condotta adesiva alla rinuncia al teste. Tale rinuncia acquista efficacia per effetto del consenso del giudice implicitamente espresso con il provvedimento di chiusura dell'istruttoria e di remissione della causa in decisione, per cui compete solo al collegio, con giudizio non sindacabile in sede di legittimità, ordinare la riapertura della istruttoria, revocando l'ordinanza del giudice istruttore. (Rigetta, CORTE D'APPELLO ROMA, 28/11/2011).

Cass. civ. n. 8204/2018

La censura contenuta nel ricorso per cassazione relativa alla mancata ammissione della prova testimoniale è inammissibile qualora con essa il ricorrente si duole della valutazione rimessa al giudice del merito, quale è quella di non pertinenza della denunciata mancata ammissione della prova orale rispetto ai fondamenti della decisione, senza allegare le ragioni che avrebbero dovuto indurre ad ammettere tale prova, né adempiere agli oneri di allegazione necessari a individuare la decisività del mezzo istruttorio richiesto e la tempestività e ritualità della relativa istanza di ammissione. (Dichiara inammissibile, CORTE D'APPELLO CATANZARO, 15/01/2016).

Cass. civ. n. 5654/2017

Il vizio di motivazione per omessa ammissione della prova testimoniale o di altra prova può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui essa abbia determinato l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, quindi, ove la prova non ammessa ovvero non esaminata in concreto sia idonea a dimostrare circostanze tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la “ratio decidendi” venga a trovarsi priva di fondamento. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto carente di motivazione la mancata ammissione delle prove testimoniali, articolate in un ricorso di opposizione allo stato passivo fallimentare e letteralmente riprodotte nel ricorso per cassazione, miranti a dimostrare l’“an debeatur” del credito e, quindi, inerenti a circostanze decisive ai fini della richiesta di ammissione al passivo).

Cass. civ. n. 2132/2017

La parte rimasta contumace, dovendo accettare il processo nello stato in cui si trova al momento in cui si costituisce, con tutte le preclusioni e decadenze già verificatesi, non può, ove la controparte, precedentemente alla sua tardiva costituzione, abbia rinunciato all’audizione dei testimoni e tale rinuncia sia stata, seppur implicitamente, autorizzata dal giudice istruttore, successivamente chiedere l'assunzione della prova, non avendo fatto esplicita e tempestiva dichiarazione di dissenso a detta rinuncia, ex art. 245, comma 2, c.p.c..

Cass. civ. n. 11114/2015

In tema di prova testimoniale, non si verifica rinuncia al mezzo istruttorio articolato, né, tanto meno, alla volontà di dimostrare i fatti contestati, qualora la parte, che ne abbia comunque formulato i relativi capitoli, rimetta all'apprezzamento del giudice se assumerla direttamente o avvalersi, per il proprio convincimento, anche in conformità a principi di economia processuale e di celerità procedimentale, dei verbali di un diverso giudizio tra le stesse parti, sempre che ritualmente prodotti ed offerti al contraddittorio, in cui quella medesima prova sullo specifico punto sia stata già raccolta.

Cass. civ. n. 6426/2014

La statuizione di ammissibilità della prova testimoniale, pur se contenuta in una sentenza non definitiva, ha la natura di ordinanza, limitandosi a provvedere, impregiudicata la decisione finale, in ordine all'ammissione delle prove richieste dalle parti; in quanto priva di efficacia decisoria, essa non può essere oggetto di impugnazione, segnatamente di ricorso per cassazione.

Cass. civ. n. 9551/2009

La riduzione delle liste testimoniali sovrabbondanti costituisce un potere tipicamente discrezionale del giudice di merito, non censurabile in sede di legittimità, ed esercitabile anche nel corso dell'espletamento della prova, potendo il giudice non esaurire l'esame di tutti i testi ammessi qualora, per i risultati raggiunti, ritenga superflua l'ulteriore assunzione della prova. Tale ultima valutazione non deve essere necessariamente espressa, potendo desumersi per implicito dal complesso della motivazione della sentenza.

Cass. civ. n. 24321/2008

L'ordinanza istruttoria relativa all'ammissione di una prova è provvedimento tipicamente ordinatorio, con funzione strumentale e preparatoria rispetto alla futura definizione della controversia, privo come tale di qualunque efficacia decisoria e quindi insuscettibile di impugnazione davanti al giudice superiore, e tanto meno di ricorso per cassazione.

Cass. civ. n. 6361/2000

La riduzione delle liste testimoniali sovrabbondanti costituisce un potere tipicamente discrezionale del giudice di merito (non censurabile in sede di legittimità) che può essere esercitato anche nel corso dell'espletamento della prova, potendo il giudice non esaurire l'esame di tutti i testi ammessi qualora, per i risultati raggiunti, ritenga superflua l'ulteriore assunzione della prova. Tale ultima valutazione non deve essere necessariamente espressa, potendo desumersi per implicito dal complesso della motivazione della sentenza.

Cass. civ. n. 2404/2000

Anche nel processo del lavoro la riduzione delle liste testimoniali sovrabbondanti, ex art. 245 c.p.c., costituisce un potere discrezionale del giudice del merito, che può essere esercitato nel corso dell'espletamento della prova e con provvedimento che può essere dato anche per implicito, mediante sospensione degli esami testimoniali e chiusura dell'istruzione a norma dell'art. 209 c.p.c.

Cass. civ. n. 1176/1985

La mancata assunzione di prove testimoniali precedentemente ammesse e poi ritenute superate da altre risultanze probatorie non comporta alcuna nullità della sentenza, atteso che la riduzione, ex art. 245 c.p.c., delle liste testimoniali sovrabbondanti costituisce un potere discrezionale del giudice del merito (non censurabile in sede di legittimità) che può essere esercitato anche nel corso dell'espletamento della prova, come si evince dall'art. 209 dello stesso codice, e con provvedimento che può essere dato anche per implicito, mediante sospensione degli esami testimoniali e chiusura dell'istruttoria.

Cass. civ. n. 550/1981

Qualora la parte che abbia indicato un teste richieda la fissazione dell'udienza di precisazione delle conclusioni, la stessa manifesta con tale inequivoco comportamento la sua volontà di rinunciare all'audizione del teste stesso e se la controparte aderisce alla richiesta di remissione della causa al collegio in sostanza accede alla rinuncia al teste. Tale rinuncia acquista poi efficacia per effetto del consenso del giudice implicitamente espresso con il provvedimento di chiusura dell'istruttoria e di remissione della causa in decisione, per cui compete solo al collegio, con giudizio non sindacabile in sede di legittimità, ordinare la riapertura dell'istruttoria, revocando l'ordinanza del giudice istruttore.

Cass. civ. n. 324/1980

Le ragioni di opportunità, che possono indurre il giudice a non assumere la deposizione di un determinato testimone, non possono comportare l'esclusione totale della prova testimoniale, ma, eventualmente possono solo influire sull'esercizio del potere discrezionale del giudice istruttore di ridurre le liste dei testimoni sovrabbondanti a norma dell'art. 254 c.p.c., in quanto l'incapacità a testimoniare, disciplinata dall'art. 246 c.p.c., non può essere estesa oltre l'ambito delle persone aventi nella causa un interesse che potrebbe legittimare la loro partecipazione al giudizio. (Nella specie la prova testimoniale relativa all'interpretazione di un verbale di separazione personale omologata era stata rifiutata dal giudice in base alla considerazione che non era opportuno sentire l'unico teste indicato, in quanto questi aveva assistito la parte, nella sua qualità di avvocato, nella separazione consensuale).

Cass. civ. n. 403/1979

L'esclusione di un testimone effettuata dalla parte in ossequio all'ordinanza con la quale il giudice istruttore, nell'ammettere la prova, abbia ridotto la lista dei testi sovrabbondanti, è valida anche se le altre parti non vi aderiscano, in quanto la fattispecie dell'esclusione dei testi sovrabbondanti, prevista dal primo comma dell'art. 245 c.p.c., costituisce ipotesi distinta e autonoma rispetto alla rinuncia all'audizione del teste già ammesso, disciplinata dal capoverso dell'articolo citato.

Cass. civ. n. 2389/1951

In tanto la parte può fare valere la sua facoltà di aderire o meno alla rinunzia all'audizione di uno o più testi, fatta dalla controparte, in quanto sia presente all'esame dei testimoni, così posta in condizioni di esercitare tale facoltà. Tale facoltà non può quindi competere alla parte che non sia comparsa all'udienza di trattazione in cui la rinunzia è stata fatta.

Hai un dubbio o un problema su questo argomento?

Scrivi alla nostra redazione giuridica

e ricevi la tua risposta entro 5 giorni a soli 29,90 €

Nel caso si necessiti di allegare documentazione o altro materiale informativo relativo al quesito posto, basterà seguire le indicazioni che verranno fornite via email una volta effettuato il pagamento.

SEI UN AVVOCATO?
AFFIDA A NOI LE TUE RICERCHE!

Sei un professionista e necessiti di una ricerca giuridica su questo articolo? Un cliente ti ha chiesto un parere su questo argomento o devi redigere un atto riguardante la materia?
Inviaci la tua richiesta e ottieni in tempi brevissimi quanto ti serve per lo svolgimento della tua attività professionale!

Consulenze legali
relative all'articolo 245 Codice di procedura civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

R. L. chiede
domenica 17/03/2024
“Buongiorno,
Avrei una domanda.
Ho una testimonianza in sede di un processo civile per un sinistro stradale avvenuto 5 anni fa.
Soffro di depressione e ansia , sono sotto cura con psicofarmaci.
Ho tremori, urti di vomito, attacchi di panico e facilità al pianto nei momenti di forte stress emotivo.
Penso di non riuscire a gestire l’ansia in quel momento e ho paura, tanta paura, di bloccarmi proprio, di non riuscire a guardare nessuno, di stare male.
L’avvocato della parte mi ha chiesto il certificato della psichiatra dicendomi che se non riesco a testimoniare di non presentarmi per il giorno stabilito, chiederà la rinuncia della prova il giorno stesso. Ma si può fare?
Sto troppo male.”
Consulenza legale i 22/03/2024
È possibile per una parte costituita in giudizio rinunciare all’audizione dei testimoni che ha citato, come previsto dall’art. 245 c.c. comma 2.
La legge, però, stabilisce che la controparte aderisca alla rinuncia e che il giudice vi consenta.

Per quanto riguarda la controparte si suppone che la rinuncia di un teste “contro” sia solo una notizia positiva e quindi non abbia motivi per opporsi alla richiesta.

Il giudice, in presenza di un giustificato motivo, come la presentazione di un certificato redatto dallo psichiatra curante, si ritiene che accetterà la rinuncia senza problemi.

Inoltre, se il legale della parte ha dichiarato di poter rinunciare alla testimonianza della persona che si trova in difficoltà a comparire, si suppone che abbia altri testimoni o mezzi di prova per poter provare le ragioni del suo assistito e che quindi la testimonianza a cui rinuncia non sia così determinante per l’esito del giudizio.

Raffaela chiede
venerdì 24/02/2012 - Sardegna

“BUONGIORNO.
SONO UN GIOVANE AVVOCATO.
HO NECESSITA' DI UN CONSIGLIO SULLA RINUNCIA.
MI SONO RESA CONTO CHE UN MIO TESTIMONE E' INCAPACE A TESTIMONIARE E NON SO SE PROCEDERE IO ALLA RINUNCIA O FARLO TESTIMONIARE E ASPETTARE CHE SIA IL GIUDICE O LA PARTE A ECCEPIRE LA INCAPACITA'.

A TAL PROPOSITO MI CHIEDEVO IL GIUDICE PUO' D'UFFICIO ECCEPIRE LA INCAPACITA' A TESTIMONIARE DI UN TESTE? GRAZIE MILLE.”

Consulenza legale i 27/02/2012

L'art. 246 del c.p.c. dispone che non possano essere assunte come testimoni le persone aventi nella causa un interesse che potrebbe legittimare la loro partecipazione al giudizio. Si tratta di quei soggetti terzi che, pur non essendo parti della causa, sono portatori di un interesse che li legittimerebbe alla causa stessa, facendoli diventare parte.
Mancando maggiori dettagli, si ipotizza che il quesito verta su un caso di questo genere e su questo si risponde.

La dottrina e la giurisprudenza sono divise in ordine alla natura della norma in commento. Per la prima, la norma de qua ha natura pubblicistica, e la relativa violazione, incidendo sul libero convincimento del giudice, è da questi rilevabile, indipendentemente dalla iniziativa delle parti. In giurisprudenza, invece, è pacifico che le disposizioni che limitano la capacità a testimoniare sono dettate dall'esclusivo interesse delle parti, per cui il relativo rilievo resta subordinato all'iniziativa dei soggetti interessati. La giurisprudenza, quindi, esclude che la incapacità a testimoniare sia rilevabile d'ufficio da parte del giudice, pretendendo invece una eccezione di nullità ad opera della parte interessata. Per la Suprema Corte, infatti, l'incapacità a testimoniare di cui all'art. 246 c.p.c. determina la nullità della deposizione e non può essere rilevata d'ufficio, ma deve essere eccepita dalla parte interessata a farla valere al momento dell'espletamento della prova o nella prima difesa successiva, altrimenti la nullità dell'assunzione resta definitivamente sanata ex art. 157 del c.p.c. (sul punto si veda ad esempio Cass. Civ. 2004/5550). Se, per difetto di eccezione o per rigetto della stessa, la testimonianza resti validamente acquisita al processo, non è precluso al giudice di procedere comunque alla valutazione della deposizione, in relazione all'attendibilità del testimone, tenendo conto anche della situazione potenzialmente produttiva di incapacità.