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Articolo 213 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Richiesta d'informazioni alla pubblica amministrazione

Dispositivo dell'art. 213 Codice di procedura civile

Fuori dei casi previsti negli articoli 210 e 211, il giudice può richiedere d'ufficio(1) alla pubblica amministrazione(2) le informazioni scritte relative ad atti e documenti dell'amministrazione stessa, che è necessario acquisire al processo [96 disp. att.](3).

L'amministrazione entro sessanta giorni dalla comunicazione del provvedimento di cui al primo comma trasmette le informazioni richieste o comunica le ragioni del diniego(4).

Note

(1) La richiesta di informazioni è disposta dal giudice con ordinanza, revocabile e modificabile ai sensi dell'art. 177 del c.p.c. anche se è stata emessa sull'accordo delle parti, in quanto è mezzo disponibile d'ufficio. Il giudice ha un potere del tutto discrezionale, pertanto può decidere di non esercitarlo se ritiene che siano già stati acquisiti al processo elementi sufficienti per la decisione.
La facoltà concessa al giudice non può sopperire all'inerzia della parte nel provare i fatti posti a sostegno delle proprie ragioni.
(2) Si ritiene che la norma faccia riferimento alla pubblica amministrazione, esclusi gli enti pubblici economici.
(3) Le informazioni necessarie al processo non attengono all'attività funzionale della stessa (ciò è precluso al giudice in virtù del principio di separazione dei poteri), ma devono riguardare solo scritti in possesso o formati dall'amministrazione nella sua funzione istituzionale.
Non vi è univocità di vedute in ordine all'efficacia probatoria delle informazioni rese dalla pubblica amministrazione: secondo alcuni si tratterebbe di semplici argomenti di prova ex art. 116, secondo comma, c.p.c.; per altri, di vere e proprie fonti di convincimento del giudice sufficienti di per se stesse a dimostrare l'esistenza di un certo evento.
(4) Comma inserito dal D. Lgs. 10 ottobre 2022 n. 149 (c.d. "Riforma Cartabia").
Il D. Lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, come modificato dalla L. 29 dicembre 2022, n. 197, ha disposto (con l'art. 35, comma 1) che "Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti".

Ratio Legis

L'istituto della richiesta di informazioni alla P.A. risponde ad una esigenza di collaborazione tra pubblici poteri. Esso viene in rilievo quando la parte è impossibilitata a produrre o fornire in giudizio documenti di cui è in possesso la pubblica amministrazione (che non è parte in causa) o informazioni ad essi relative.

Spiegazione dell'art. 213 Codice di procedura civile

Questa norma prevede una delle ipotesi in cui il giudice può assumere d’ufficio l’iniziativa istruttoria, esercitando un potere discrezionale, il quale, come tale, è incensurabile in sede di legittimità.

Dalla natura discrezionale del potere che il giudice è chiamato ad esercitare ne discende che, pur nelle ipotesi in cui la parte abbia formulato un’apposita istanza in tal senso, il giudice non sarà tenuto ad accogliere la richiesta se ritiene che la prova dei fatti sia stata già raggiunta (ovviamente, il rigetto dell’istanza dovrà essere adeguatamente motivato).

In considerazione della sua esperibilità d’ufficio, se ne è dedotto che si tratta di uno strumento probatorio diverso dall'esibizione disciplinata all’art. 210 del c.p.c., la quale, infatti, può essere disposta solo su istanza di parte ed è applicabile non soltanto nei confronti della pubblica amministrazione, ma anche nei confronti di qualunque altro soggetto.

In particolare, in ordine al rapporto esistente fra richiesta di informazioni e ordine di esibizione, si sono sviluppati in dottrina due orientamenti contrapposti.
Secondo la tesi prevalente, l’uso da parte del legislatore dell’espressione “fuori dai casi previsti dagli artt. 210, 211” lascia intendere che sussiste tra i due istituti un rapporto di contrapposizione, per effetto del quale la richiesta di informazioni qui prevista è ammessa solo nei casi in cui non sia possibile ricorrere all'esibizione.
Secondo altra orientamento, invece, l'espressione “fuori dei casi” deve intendersi in senso cumulativo, nel senso che entrambi i mezzi istruttori devono ritenersi contemporaneamente utilizzabili.

Oggetto di questo mezzo istruttorio sono gli “atti e i documenti” che concernono l'attività istituzionale dell'ente pubblico, anche quelli relativi all'attività privatistica della pubblica amministrazione, e con esclusione di quelli che riguardano la sua attività interna.

Parte della dottrina ritiene che tra gli atti in relazione ai quali possono richiedersi informazioni vi si debbano far rientrare anche i fatti e i comportamenti della stessa amministrazione, mentre si esclude che la richiesta possa riguardare le determinazioni verbali dell'amministrazione o eventuali fatti di cui i dipendenti dell'ente siano personalmente a conoscenza (in questi casi sarà necessario ricorrere alla prova testimoniale).

E’ stato invece precisato in giurisprudenza che oggetto della richiesta di informazioni possono essere anche i regolamenti amministrativi; in particolare ciò è stato affermato con riferimento ai regolamenti edilizi comunali, i quali, in quanto integrano le norme del codice civile, sono soggetti al principio iura novit curia, e si ammette che di essi il giudice può acquisirne conoscenza non soltanto per scienza personale o grazie alla collaborazione delle parti, ma anche attraverso la richiesta di informazione ai Comuni secondo il disposto della norma in esame.

Per quanto concerne l’efficacia probatoria delle informazioni ottenute attraverso l’uso di questo mezzo istruttorio, parte della dottrina ritiene che si tratti di prove atipiche, considerandole mere fonti di indizi o argomenti di prova.
Secondo altra tesi, invece, poiché la richiesta ex art. 213 è un mezzo istruttorio specificamente disciplinato dalla legge, non si possono ridurre le informazioni fornite dall'amministrazione a meri indizi, dovendosi piuttosto qualificare come fonti di convincimento, idonee a fondare il convincimento del giudice.
Destinatari della richiesta di informazioni possono essere soltanto autorità italiane e non anche quelle straniere (si esclude che ci si possa avvalere di tale strumento quando la pubblica amministrazione sia parte in causa).

Per quanto concerne il procedimento, il giudice dispone la richiesta di informazioni per mezzo di una ordinanza istruttoria (modificabile e reclamabile ex art. 177 del c.p.c.), la quale deve essere comunicata alla pubblica amministrazione dalle parti o, in mancanza, dalla cancelleria (mediante biglietto di cancelleria).

Secondo il disposto dell’art. 96 delle disp. att. c.p.c., la pubblica amministrazione risponde alla richiesta per iscritto, facendo pervenire una nota da inserire nel fascicolo d'ufficio (tale inserimento consentirà alle parti di esaminare le informazioni, assicurandosi così il rispetto del principio del contraddittorio).

A seguito della Riforma Cartabia è stato aggiunto alla norma in esame un ulteriore comma, in forza del quale si prevede che la pubblica amministrazione, destinataria della richiesta di informazioni, sia tenuta a trasmetterle o a comunicare le ragioni del diniego entro sessanta giorni dalla comunicazione del provvedimento di richiesta del giudice.
Il procedimento istruttorio può ritenersi concluso nel momento in cui la pubblica amministrazione fornisce la sua risposta, anche se in modo soltanto indiretto.

Massime relative all'art. 213 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 34158/2019

L'esercizio del potere, previsto dall'art. 213 c.p.c., di richiedere d'ufficio alla P.A. le informazioni relative ad atti e documenti della stessa che sia necessario acquisire al processo, costituisce una facoltà rimessa alla discrezionalità del giudice, il mancato ricorso alla quale non è censurabile in sede di legittimità. (Rigetta, CORTE D'APPELLO TORINO, 03/05/2017).

Cass. civ. n. 20972/2018

L'opponente ad ordinanza-ingiunzione di pagamento di somme a titolo di sanzione amministrativa, il quale ne deduca l'illegittimità per insussistenza della delega di firma in capo al funzionario che, in sostituzione del prefetto o del vice-prefetto vicario, ha emesso il provvedimento, ha l'onere di provare detto fatto negativo; sicché, ove non riesca a procurarsi la pertinente relativa attestazione da parte dell'Amministrazione, il ricorrente è tenuto comunque a sollecitare il giudice ad acquisire informazioni ex art. 213 c.p.c. ovvero ad avvalersi dei poteri istruttori di cui all'art. 23, comma 6, della l. n. 689 del 1981 presso l'Amministrazione medesima, la quale non può esimersi dalla relativa risposta, con l'ulteriore conseguenza che, se l'opponente rimanga del tutto inerte processualmente, la presunzione di legittimità che assiste il provvedimento sanzionatorio non può reputarsi superata. (Rigetta, TRIBUNALE LECCE, 21/01/2015).

Cass. civ. n. 11564/2015

In tema di risarcimento del danno derivante da paventate violazioni agli artt. 2 e seguenti della legge 10 ottobre 1990, n. 287, il giudice non può decidere la causa applicando meccanicamente il principio dell'onere della prova, ma è chiamato a rendere effettiva la tutela dei privati che agiscono in giudizio, tenuto conto dell'asimmetria informativa esistente tra le parti nell'accesso alla prova, sicché, fermo restando l'onere dell'attore di indicare in modo sufficientemente plausibile seri indizi dimostrativi della fattispecie denunciata come idonea ad alterare la libertà di concorrenza e a ledere il suo diritto di godere del beneficio della competizione commerciale, il giudice è tenuto a valorizzare in modo opportuno gli strumenti di indagine e conoscenza che le norme processuali già prevedono, interpretando estensivamente le condizioni stabilite dal codice di procedura civile in tema di esibizione di documenti, richiesta di informazioni e consulenza tecnica d'ufficio, al fine di esercitare, anche officiosamente, quei poteri d'indagine, acquisizione e valutazione di dati e informazioni utili per ricostruire la fattispecie anticoncorrenziale denunciata. (Cassa con rinvio, App. Roma, 08/03/2010).

Cass. civ. n. 1484/2014

L'istanza di esibizione, ex art. 210 cod. proc. civ., si distingue dalla richiesta di informazioni alla P.A., di cui all'art. 213 cod. proc. civ., sia per i presupposti, atteso che solo per la prima è richiesta l'indispensabilità dell'acquisizione del documento e l'iniziativa di parte, sia per la natura, pubblica o privata, del destinatario della richiesta, sia, infine, per l'oggetto in quanto, mentre la richiesta di ordine di esibizione è diretta ad acquisire uno o più specifici documenti, posseduti dall'altra parte o da un terzo, e il cui possesso l'istante dimostri di non essere riuscito diversamente ad acquisire, la richiesta ex art. 213 cod. proc. civ. ha per oggetto informazioni scritte relative ad atti e documenti propri della P.A. e, dunque, istituzionalmente in possesso di quest'ultima. Ne consegue che, ove la richiesta ex art. 210 cod. proc. civ. sia stata presentata solo in appello, la parte è tenuta a provare di non aver potuto produrre nel giudizio di primo grado, per causa ad essa non imputabile, i documenti oggetto della richiesta di esibizione, non essendo ammissibile, attraverso l'ordine ex art. 210 cod. proc. civ., superare le preclusioni processuali, previste dagli articoli 345 e 437 cod. proc. civ., né aggirare l'onere incombente sulla parte di fornire le prove che essa sia in grado di procurarsi e che non può pretendere di ricercare mediante l'attività del giudice. (Cassa con rinvio, App. Torino, 31/05/2007).

Cass. civ. n. 6101/2013

Il potere di cui all'art. 213 c.p.c., di richiedere d'ufficio alla P.A. le informazioni scritte relative ad atti e documenti della stessa che sia necessario acquisire al processo, non può essere esercitato per acquisire atti o documenti della p.a. che la parte è in condizioni di produrre, come nel caso del verbale di polizia relativo alle modalità di un incidente stradale, che ciascun interessato può direttamente acquisire dai competenti organi, a norma dell'art. 11, quarto comma, d.l.vo 30 aprile 1992, n. 285.

Cass. civ. n. 10692/2010

Nel procedimento disciplinare a carico degli avvocati trovano applicazione, quanto alla procedura, le norme particolari che, per ogni singolo istituto, sono dettate dalla legge professionale e, in mancanza, quelle del codice di procedura civile, mentre le norme del codice di procedura penale si applicano soltanto nelle ipotesi in cui la legge professionale faccia espresso rinvio ad esse, ovvero allorché sorga la necessità di applicare istituti che hanno il loro regolamento esclusivamente nel codice di procedura penale; pertanto, nulla disponendo la legge professionale in ordine alla richiesta di informazioni da parte del giudice disciplinare, va applicato l'art. 213 c.p.c., ai sensi del quale le informazioni scritte e i documenti necessari al processo possono essere richiesti d'ufficio dal giudice alla P.A., in essa compresa l'amministrazione della giustizia.

Cass. civ. n. 17692/2009

Le norme dei regolamenti comunali edilizi e i piani regolatori sono, per effetto del richiamo contenuto negli artt. 872, 873 c.c., integrative delle norme del codice civile in materia di distanze tra costruzioni, sicché il giudice deve applicare le richiamate norme locali indipendentemente da ogni attività assertiva o probatoria delle parti, acquisendone conoscenza attraverso la sua scienza personale, la collaborazione delle parti o la richiesta di informazioni ai comuni.

Cass. civ. n. 16713/2003

L'esercizio del potere di cui aIl'art. 213 c.p.c. di richiedere d'ufficio alla pubblica amministrazione le informazioni relative ad atti e documenti della stessa che sia necessario acquisire al processo (nella specie, richiesta di documentazione relativa ai controlli periodici sulla funzionalità del misuratore autovelox utilizzato — dagli organi di polizia stradale — per l'accertamento dell'eccesso di velocità), rientra, al pari del ricorso ai poteri istruttori previsti dall'art. 421 c.p.c., nella discrezionalità del giudice, e non può comunque risolversi nell'esenzione della parte dall'onere probatorio a suo carico. Tale facoltà del giudice ha ad oggetto poteri inquisitori non sostitutivi dell'onere probatorio incombente alla parte, con la conseguenza per cui essi possono essere attivati soltanto quando, in relazione a fatti specifici già allegati, sia necessario acquisire informazioni relative ad atti o documenti della P.A. che la parte sia impossibilitata a fornire e dei quali solo l'amministrazione sia in possesso proprio in relazione all'attività da essa svolta. (Fattispecie in cui la Corte ha respinto il motivo di ricorso del ricorrente poiché la richiesta istruttoria, disattesa dal giudice di merito, non era sorretta da alcuna allegazione idonea a farne presumere la necessità).

Cass. civ. n. 1304/1990

Per le informazioni scritte, che la P.A. fornisce su richiesta del giudice a norma dell'art. 213 c.p.c., l'inserimento nel fascicolo d'ufficio, con la conseguenziale facoltà delle parti di esaminarle, ai sensi degli artt. 96 e 76 disp. att. c.p.c., assicura il principio del contraddittorio, senza che si richieda una comunicazione del cancelliere od un'iniziativa al riguardo delle parti interessate.

Cass. civ. n. 2435/1988

Il potere attribuito al giudice del merito, ai sensi degli artt. 118, 210 e 213 c.p.c., di ordinare, su istanza di parte o d'ufficio, l'acquisizione di prove nel processo, configurando un'eccezione al principio generale dell'incidenza sulle parti dell'onere probatorio stabilito dall'art. 2697 c.c., non può essere esercitato al di fuori delle ipotesi ed oltre i limiti previsti nelle citate disposizioni. Pertanto, poiché la richiesta di informazioni ai sensi dell'art. 213 c.p.c. — ove le parti non possano acquisirle direttamente — riguarda soltanto atti o documenti della P.A. in senso stretto — con esclusione degli enti pubblici economici quali gli istituti di credito — fuori di tale ipotesi l'ordine di esibizione alla parte o ad un terzo può essere emesso dal giudice solo su istanza di parte (actio ad exibendum), nei modi e con i limiti fissati dall'art. 210 citato.

Cass. civ. n. 7803/1986

La richiesta di informazioni alla pubblica amministrazione (art. 213 c.p.c.) costituisce una facoltà rimessa all'insindacabile discrezionalità del giudice del merito ed è limitata al caso in cui le informazioni richieste riflettano atti e documenti dei quali solo l'amministrazione sia in possesso in relazione all'attività da essa svolta in ordine ai singoli rami e a determinati oggetti.

Cass. civ. n. 1032/1986

Il potere del giudice istruttore di richiedere, ex art. 213 c.p.c., le informazioni scritte relative ad atti e documenti dell'amministrazione, comprende anche quello di acquisire al processo le relazioni orali o scritte di assistenti sociali, già in precedenza svolte nell'esercizio delle loro pubbliche funzioni, quando esse — come nel caso del giudizio di separazione dei coniugi in ordine ai provvedimenti sull'affidamento dei figli minori — si rivelino pertinenti all'oggetto del processo medesimo. Tali relazioni, vagliate dopo essere state oggetto di contraddittorio, hanno valore di prova indiziaria e di consulenza tecnica.

Cass. civ. n. 7000/1983

Il controllo in sede di legittimità dell'esercizio della facoltà del giudice del merito, di richiedere informazioni alla P.A., a norma dell'art. 213 c.p.c., in relazione al limite previsto dalla citata norma, che non consente di delegare alla P.A. attività istruttorie che solo il giudice può compiere con le dovute forme, può essere sollecitato solo con la indicazione della consistenza delle violazioni in cui sarebbe incorso il giudice del merito nel richiedere le informazioni e non anche con la generica enunciazione di principi di diritto.

Cass. civ. n. 5557/1982

La facoltà di richiedere informazioni alla pubblica amministrazione costituisce esercizio di un potere discrezionale del giudice del merito, insindacabile, come tale, in sede di legittimità. Questo potere concerne, in particolare, anche l'individuazione dell'organo della P.A. al quale il giudice medesimo ritiene di indirizzare la richiesta, con la precisazione che l'art. 213 c.p.c., consente di chiedere informazioni scritte solo nel caso in cui queste riguardino propriamente atti e documenti già in possesso dell'amministrazione, non anche nel caso in cui questi costituiscano il risultato di particolari indagini, sia pure rientranti nei poteri istituzionali di vigilanza, giacché in tale caso verrebbe delegata alla P.A. attività istruttoria che solo il giudice può compiere con le debite forme. (Nella specie, la Suprema Corte — alla stregua del principio suesposto — ha ritenuto che la richiesta d'informazioni, in ordine all'individuazione della persona da assumere ai sensi della L. n. 482 del 1968, bene fosse stata rivolta all'Ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione anziché all'Ispettorato del lavoro, investito di compiti di vigilanza ai sensi dell'art. 28 della stessa legge).

Cass. civ. n. 551/1981

Le informazioni suscettibili di essere richieste alla P.A. ai sensi dell'art. 213 c.p.c. per essere utilizzate come fonte di prova nel giudizio possono concernere anche atti e documenti riferentisi all'attività privatistica dell'amministrazione; ma tali informazioni devono limitarsi alla consistenza effettiva di atti e documenti posti in essere o acquisiti indipendentemente dalla richiesta del giudice, con esclusione di ogni possibilità di giudizi o di indagini ad hoc sui fatti da accertarsi nel processo.

Cass. civ. n. 518/1981

La facoltà del giudice di richiedere le informazioni può essere esercitata qualora il giudice abbia conoscenza del possesso da parte della pubblica amministrazione non soltanto della generica documentazione interessante la controversia, ma di uno specifico e ben individuato documento costituente elemento decisivo ed essenziale ai fini del decidere, la cui produzione in giudizio non sia nella potestà della parte interessata, alla quale quindi non può addebitarsi il mancato assolvimento dell'onere probatorio.

Cass. civ. n. 4722/1980

L'art. 213 c.p.c. che disciplina la richiesta d'informazioni alla pubblica amministrazione si riferisce ad autorità italiane e non anche a quelle estere che non hanno alcun obbligo di rispondere e di fornire le chieste informazioni e la cui eventuale omissione di risposta non è in alcun modo sanzionabile o coercibile.

Cass. civ. n. 3050/1980

La richiesta di informazioni alla pubblica amministrazione, nell'esercizio del potere conferito al giudice dall'art. 213 c.p.c., non può tradursi in un esonero della parte dall'onere di fornire la prova che essa stessa sia in grado di procurarsi. Pertanto, qualora la produzione delle matrici di assegni bancari non sia idonea a dimostrare, a fronte delle contestazioni della controparte, il pagamento di un determinato debito, a tale carenza probatoria non può sopperirsi sollecitando l'esercizio dell'indicato potere, per acquisire copie degli assegni medesimi, atteso che, anche se la banca trattaria sia un istituto di diritto pubblico, il cliente ha facoltà di conseguire il rilascio di dette copie, in forza del rapporto di conto corrente.

Cass. civ. n. 5927/1978

Il provvedimento con il quale il giudice, nell'esercizio dei poteri conferitigli dall'art. 213 c.p.c., richieda informazioni all'amministrazione, può essere modificato o revocato, anche implicitamente col non darvi corso, pure nel caso in cui sia stato pronunciato sull'accordo delle parti, atteso che il principio dell'immodificabilità ed irrevocabilità delle ordinanze pronunciate sull'accordo dei contendenti, fissato dall'art. 177, terzo comma, n. 1, c.p.c., opera, in materia di prove, con riguardo ai mezzi disponibili dai contendenti stessi, non a quelli che il giudice può disporre d'ufficio.

Cass. civ. n. 2560/1966

Alla disciplina che regola la richiesta di informazioni alla pubblica amministrazione è riconducibile anche la richiesta di informazioni ad altri enti.

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