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Articolo 34 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 28/12/2023]

Accertamenti incidentali

Dispositivo dell'art. 34 Codice di procedura civile

Il giudice, se per legge [124 c.c.] o per esplicita domanda di una delle parti è necessario decidere con efficacia di giudicato [324; 2909 c.c.] una questione pregiudiziale (1) che appartiene per materia o valore alla competenza di un giudice superiore, rimette tutta la causa a quest'ultimo, assegnando alle parti un termine perentorio [153] per la riassunzione della causa davanti a lui [50, 307 3; disp. att. 125] (2).

Note

(1) La norma indica che nel caso in cui la questione pregiudiziale appartenga alla competenza di un giudice superiore, questo attrae nella propria competenza anche la causa principale, precisando che la questione pregiudiziale verrà decisa con efficacia di giudicato se ciò è previsto dalla legge o richiesto da una delle parti.
(2) Una questione controversa che merita di essere ricordata è quella relativa all'opposizione a decreto ingiuntivo con domanda riconvenzionale eccedente la competenza per valore del giudice dell'opposizione. La posizione della giurisprudenza sul punto è quella di ritenere che l'opposizione vada proposta davanti l'ufficio giudiziario cui appartiene il giudice che ha emesso il decreto, vista la competenza funzionale di tale ufficio che non può essere derogata per ragioni di connessione. Sarà il giudice investito dell'opposizione a rimettere al giudice superiore la causa concernente la domanda riconvenzionale e trattenere quella relativa all'opposizione a decreto ingiuntivo, salvo disporre, se del caso, la sospensione di tale ultima causa ai sensi dell'art. 295 del c.p.c..

Brocardi

Actio (o exceptio) praeiudicialis
Translatio iudicii
Transmigratio iudicii

Spiegazione dell'art. 34 Codice di procedura civile

Tre sono i principi desumibili dalla norma in esame, ossia:
  1. il giudice, al fine di decidere la controversia relativa ad una determinata situazione soggettiva, ha il potere di esaminare e risolvere ogni questione dalla quale dipenda la decisione della causa, con effetti limitati al giudizio in corso, ossia senza efficacia di cosa giudicata;
  2. le questioni pregiudiziali di merito (cioè le questioni relative ad un effetto giuridico in grado di formare oggetto di autonoma domanda giudiziale), sono conosciute incidenter tantum dal giudice, ossia con effetti limitati al processo in corso, salvo che per volontà di legge o a seguito di domanda di parte venga imposto al giudice di accertare con efficacia di giudicato la situazione sostanziale pregiudiziale;
  3. se la questione pregiudiziale di merito si trasforma in causa, sia per volontà di legge che per domanda di parte, l'ordinamento consente, entro determinati limiti, l'accertamento contestuale di entrambe le controversie (quella pregiudiziale e quella pregiudicata), di fronte al medesimo giudice, anche derogando agli ordinari criteri di competenza previsti per ciascuna di esse.
Si definisce questione pregiudiziale di merito quella relativa all'esistenza e al modo di essere di una situazione soggettiva sostanziale legata da un rapporto di pregiudizialità con la situazione che costituisce l'oggetto originario del processo in corso.
Essa si pone da un lato all'esterno dell'ambito oggettivo del giudizio e del futuro accertamento destinato al passaggio in giudicato, mentre dall'altro lato rientra nell'ambito dei poteri cognitivi del giudice, in quanto per accertare l'esistenza e il modo di essere della situazione dipendente, è necessario esaminare la questione dell'esistenza della situazione ad essa pregiudiziale.

Oggetto della presente norma, dunque, è la sussistenza di una questione pregiudiziale, la quale deve necessariamente consistere in una situazione sostanziale diversa ed autonoma rispetto alla principale.
Il diritto pregiudiziale può essere sempre oggetto della semplice cognizione incidenter tantum del giudice, senza che debba formare oggetto di decisione con efficacia di giudicato (per tale ipotesi si ritiene che non sia necessario integrare il contraddittorio nei confronti di tutti i soggetti interessati alla stessa questione).
Al contrario, la questione pregiudiziale diviene centro di attività giurisdizionale, e quindi viene decisa con efficacia di giudicato, solo quando è oggetto della domanda posta da una delle parti (ossia per volontà di una delle parti), oppure in forza di una previsione di legge.

Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, perché si configuri la volontà di una delle parti non è sufficiente che vi sia un'esplicita richiesta, ma occorre anche che la questione sia suscettibile di produrre conseguenze giuridiche oltre il rapporto controverso e che possa riconoscersi nel richiedente l'interesse al relativo accertamento.
La norma in esame, dunque, è volta proprio a dettare delle regole in tema di competenza, stabilendo che se la questione pregiudiziale appartiene per materia o valore alla competenza di un giudice superiore, questi si occuperà anche della causa principale (solo le situazioni sostanziali autonome possono appartenere alla competenza di un giudice diverso da quello adito).
La questione pregiudiziale, per essere idonea ad incidere sulla competenza del giudice adito, deve avere ad oggetto una situazione che costituisca un antecedente logico necessario, di fatto o di diritto, rispetto alla decisione della controversia principale.
Tale situazione, che rappresenta un elemento della fattispecie oggetto del giudizio, deve essere in grado di assumere rilievo autonomo, potendo così incidere non solo sul rapporto controverso, ma anche su altri rapporti, che si trovano al di fuori della causa.
Il giudicato che si forma sulla questione pregiudiziale tutela e riguarda anche interessi che vanno al di là di quelli inerenti la soluzione della controversia nel cui ambito la questione è sollevata.

I problemi di competenza sorgono nei casi in cui la semplice cognizione del giudice sul diritto pregiudiziale diviene oggetto di una vera e propria attività giurisdizionale (ossia nei casi in cui il giudice deve decidere con efficacia di giudicato); infatti, il diritto pregiudiziale può non appartenere alla competenza del giudice che è stato adito per il diritto dipendente.
In tale ipotesi interviene la regola speciale dell'articolo in commento, prevedendo che, al fine di far rimanere unite le cause, queste debbano essere trattate dallo stesso giudice (il giudice, quindi, potrebbe trovarsi a decidere nel merito di una causa che, secondo le regole ordinarie, non sarebbe di sua competenza).
Se la causa pregiudiziale appartiene al giudice superiore, il giudice adito deve rimettergli entrambe le cause e fissare i termini per la riassunzione (trattasi di un atto di impulso processuale, a cui può provvedere una qualsiasi delle parti in causa).
Se, invece, la causa pregiudiziale appartiene ad un giudice inferiore, il giudice adito avrà il potere di decidere entrambe le cause con efficacia di giudicato.

Sotto il profilo della competenza territoriale, si avrà che la causa pregiudiziale deve essere proposta davanti al giudice territorialmente competente per la causa dipendente, proprio perché questa è stata proposta per prima.
Tuttavia, se la competenza del giudice originariamente adito ha natura di competenza per materia o territorio inderogabile, e la competenza della questione pregiudiziale è devoluta ad un giudice superiore, ovvero ad un giudice amministrativo, penale o straniero, il primo giudice dovrà sospendere il processo ed attendere che la causa pregiudiziale sia finita, per definire anche la principale.

Massime relative all'art. 34 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 41895/2021

Qualora due giudizi tra le stesse parti si riferiscano al medesimo rapporto giuridico ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l'accertamento così compiuto in ordine alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe le cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto accertato e risolto, senza che, ai fini della formazione del giudicato esterno sullo stesso, sia necessaria una domanda di parte volta ad ottenere la decisione di una questione pregiudiziale con efficacia di giudicato, atteso che la previsione dell'art. 34 c.p.c. si riferisce alla sola pregiudizialità in senso tecnico e non già a quella in senso logico giuridico.(In applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto coperto da giudicato, pur in assenza della relativa eccezione,l'accertamento del contenuto di una convenzione, contenente il richiamo all'art. 2112 c.c., avente per oggetto la garanzia dei lavoratori ad essere riassunti da un Comune). (Cassa e decide nel merito, CORTE D'APPELLO TORINO, 11/06/2019).

Cass. civ. n. 1887/2020

In tema di intervento del Fondo di garanzia gestito dall'INPS, il presupposto della non assoggettabilità a fallimento dell'imprenditore, sia in astratto che in concreto, costituisce una tipica questione pregiudiziale in senso logico rispetto alla domanda giudiziale concernente la prestazione previdenziale, che può essere accertata dal giudice adito in via incidentale, ai sensi dell'art. 34 c.p.c., senza che sia necessaria una preventiva verifica da parte del Tribunale fallimentare con il concorso degli altri creditori. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO BOLOGNA, 12/12/2017).

Cass. civ. n. 26285/2019

Qualora sia promossa un'opposizione all'esecuzione ex art. 615, secondo comma, c.p.c., identica, per fatti costitutivi dedotti, ad un'opposizione a precetto già pendente, il giudice dell'esecuzione, all'esito della fase sommaria, non deve assegnare alle parti il termine per promuovere il giudizio di merito, giacchè quest'ultimo sarebbe destinato ad essere definito in rito (mediante la cancellazione della causa dal ruolo ex art, 39, primo comma, c.p.c. o la riunione ex art. 273 c.p.c.), essendo l'opposizione a precetto il giudizio che le parti hanno l'onere di proseguire. (Principio enunciato nell'interesse della legge ex art. 363, terzo comma, c.p.c.). (Dichiara inammissibile, TRIBUNALE MILANO, 29/02/2016).

Cass. civ. n. 32362/2018

In tema di vendita internazionale a distanza di beni mobili, la controversia avente ad oggetto il pagamento della merce va devoluta, ai sensi dell'art. 7, lett. b), primo trattino, del Reg. UE n. 1215 del 2012 (applicabile "ratione temporis"), alla giurisdizione dell'A.G. del luogo in cui i beni sono stati o avrebbero dovuto essere consegnati in base al contratto, non ostando a tale conclusione l'inserimento, nel contratto medesimo, di una clausola CIF che sposti il momento del trasferimento del rischio del perimento del bene dal compratore al venditore, se essa non sia accompagnata da una specifica pattuizione volta ad attribuire, con chiarezza, al luogo del passaggio del rischio valenza anche di luogo di consegna della merce, così concretizzando una deroga convenzionale alla giurisdizione, consentita dall'art. 4 della l. n. 218 del 1995.

Cass. civ. n. 11754/2018

Qualora due giudizi tra le stesse parti si riferiscano al medesimo rapporto giuridico ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l'accertamento così compiuto in ordine alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe le cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto accertato e risolto, senza che, ai fini della formazione del giudicato esterno sullo stesso, sia necessaria una domanda di parte volta ad ottenere la decisione di una questione pregiudiziale con efficacia di giudicato, come previsto dall'art. 34 c.p.c., posto che tale norma è intesa a disciplinare il profilo dell'individuazione della competenza per materia o per valore del giudice dell'intera causa in caso di pregiudizialità in senso tecnico e non già soltanto in senso logico giuridico.

Cass. civ. n. 3725/2015

La richiesta del convenuto di accertamento con efficacia di giudicato ex art. 34 cod. proc. civ. di un rapporto pregiudicante deve essere ritualmente formulata con la comparsa di risposta tempestivamente depositata, mentre, ove egli abbia dedotto la questione solo in via di eccezione, riservandosi la formalizzazione della domanda in caso di contestazione attorea, la domanda è tardiva (e inammissibile) in quanto, per sciogliere il nesso di subordinazione, occorre attendere la prima udienza di comparizione, nella quale l'attore potrebbe manifestare la sua contestazione. (Nella specie, il convenuto aveva chiesto il rigetto della domanda principale di retratto agrario, eccependo l'esistenza di un contratto di affitto in suo favore e formulando solo in via subordinata, nell'eventualità in cui l'attore avesse contestato l'esistenza del detto contratto, domanda per l'accertamento del rapporto pregiudicante).

Cass. civ. n. 8093/2013

La domanda di accertamento incidentale con efficacia di giudicato in ordine a questione pregiudiziale, ai sensi dell'art. 34 c.p.c., presuppone, ai fini del suo accoglimento, che l'istante dimostri un interesse effettivo il quale travalichi quello relativo al giudizio in corso, e cioè che detta questione sia idonea ad influire altresì su liti diverse e di prevedibile insorgenza fra le stesse parti, o anche su altri rapporti e altri soggetti, non potendosi altrimenti turbare o ritardare il corso del processo, agli effetti dell'art. 111 Cost..

Cass. civ. n. 3248/2001

Ai fini della competenza, affinché una questione pregiudiziale possa trasformarsi in una causa pregiudiziale, non è sufficiente che vi sia esplicita richiesta delle parti ex art. 34 c.p.c., ma è necessario che l'istante abbia un interesse a far valere l'accertamento con efficacia autonoma, anche al di fuori del giudizio in corso. Ed infatti la questione pregiudiziale idonea ad incidere sulla competenza del giudice adito, ai sensi dell'art. 34 c.p.c., postula non solo che sia investito un punto costituente un antecedente logico necessario, di fatto o di diritto, rispetto alla decisione principale, ma anche che tale punto assuma rilievo autonomo, in quanto destinato a proiettare le sue conseguenze giuridiche, oltre che sul rapporto controverso, su altri rapporti, al di fuori della causa, con la formazione della cosa giudicata, a tutela di un interesse che trascende quello inerente alla soluzione della controversia nel cui ambito la questione è stata sollevata. Più in particolare, in tema di questioni pregiudiziali, occorre distinguere quelle che sono tali soltanto in senso logico in quanto investono circostanze che rientrano nel fatto costitutivo del diritto dedotto in causa e devono essere necessariamente decise incidenter tantum, e questioni pregiudiziali in senso tecnico che concerne circostanze distinte ed indipendenti dal dedotto fatto costitutivo, del quale, tuttavia, rappresentano un presupposto giuridico, e che possono dare luogo ad un giudizio autonomo, con la conseguenza che la formazione della cosa giudicata sulla pregiudiziale in senso tecnico può aversi, unitamente a quella sul diritto dedotto in lite, solo in presenza di espressa domanda di parte indirizzata alla soluzione della questione stessa. (Nella specie, la Suprema Corte ha escluso che costituisse una questione pregiudiziale nel senso sopra indicato, la domanda riconvenzionale formulata, nel corso di un giudizio di divisione ereditaria, da parte di uno dei condividenti, di accertamento della sussistenza della sua qualità di mezzadro in relazione ad uno dei fondi rustici oggetto di divisione)

Cass. civ. n. 10130/2000

La «esplicita domanda di una delle parti», occorrente, ai sensi dell'art. 34 c.p.c., per la trasformazione della questione pregiudiziale in causa pregiudiziale, non esige un'apposita istanza, tecnicamente precisa, ma è pur sempre necessario che essa risulti in modo inequivoco dalle deduzioni e conclusioni della parte interessata. A questo fine — mentre è idonea la richiesta di integrazione del contraddittorio per la decisione di una questione pregiudiziale, avanzata in primo grado, potendo ritenersi insita in tale richiesta la volontà di far decidere la questione con efficacia di giudicato, poiché quando una questione pregiudiziale deve essere decisa con simile efficacia il contraddittorio va integrato nei confronti degli altri soggetti di cui sia necessaria la presenza nella causa pregiudiziale — nessun valore ha la doglianza mossa in appello per non avere il primo giudice proceduto a detta integrazione, in assenza di una tale richiesta implicando essa solo l'esame dell'integrità del contraddittorio con riferimento alla situazione esistente in primo grado.

Cass. civ. n. 462/1999

Con riguardo alla questione pregiudiziale in senso logico, l'efficacia del giudicato copre, in ogni caso, non soltanto la pronuncia finale ma anche l'accertamento che si presenta come necessaria premessa o come presupposto logico-giuridico della pronuncia medesima. Con riguardo, invece, alla questione pregiudiziale in senso tecnico disciplinata dall'art. 34 c.p.c. ed indicante una situazione che pur rappresentando un presupposto dell'effetto dedotto in giudizio è tuttavia distinta ed indipendente dal fatto costitutivo sul quale tale fatto si fonda, detta situazione è oggetto solo di accertamento incidentale (inidoneo a passare in giudicato), tranne che una decisione con efficacia di giudicato sia richiesta per legge o per apposita domanda di una delle parti.

Cass. civ. n. 7872/1995

In difetto di un'espressa previsione di legge o della domanda di una delle parti, le questioni pregiudiziali debbono essere decise non con efficacia di giudicato, ai sensi dell'art. 34 c.p.c., ma incidenter tantum, sicché non è necessario integrare il contraddittorio nei confronti di tutti i soggetti che siano interessati alla stessa questione.

Cass. civ. n. 13772/1991

Ai fini dell'applicazione dell'art. 34 c.p.c. la manifestazione della volontà della parte di ottenere una decisione su una questione pregiudiziale con efficacia di cosa giudicata non richiede l'uso di formule sacramentali, ma è sufficiente che possa dedursi dal comportamento difensivo della parte stessa, specie nel caso in cui al riguardo eccepisca l'incompetenza del giudice adito, comportando l'espressione della non equivoca volontà di ottenere sulla detta questione una pronuncia con carattere definitivo ed efficacia di giudicato.

Cass. civ. n. 2157/1986

L'esplicita domanda di una delle parti, occorrente, ai sensi dell'art. 34 c.p.c., per la trasformazione della questione pregiudiziale in causa pregiudiziale, deve risultare in modo inequivoco dalle deduzioni e conclusioni della parte interessata. Conseguentemente, qualora il conduttore, convenuto per il rilascio dell'immobile locato, neghi l'esistenza del rapporto di locazione ed assuma di avere posseduto il bene uti dominus senza una espressa domanda di riconoscimento della conseguente usucapione, deve escludersi la configurabilità di una causa pregiudiziale, ai termini del citato art. 34, con la previsione di una competenza per materia ex artt. 7 e 15 c.p.c.

Cass. civ. n. 4542/1985

La facoltà del giudice di risolvere incidentalmente tutte le questioni pregiudiziali che siano strumentali per la decisione di merito, costituendone indispensabili presupposti logici-giuridici, viene meno, ai sensi dell'art. 295 c.p.c., quando (a parte l'ipotesi prevista dall'art. 3 c.p.p.) sulla questione pregiudiziale, per legge o per effetto di domanda all'uopo proposta da una delle parti in giudizio, che a ciò abbia un effettivo interesse, sia richiesta una pronuncia con efficacia di cosa giudicata, nel qual caso, ove tale pronuncia non possa essere resa dal giudice della causa pregiudicata (il che si verifica, in particolare, quando tale causa e quella pregiudicante pendano in gradi diversi), il pericolo della contraddittorietà dei giudicati può essere evitato solo mediante l'istituto della sospensione necessaria di cui all'art. 295 citato.

Cass. civ. n. 433/1981

Ai sensi dell'art. 34 c.p.c., affinché una questione pregiudiziale debba essere decisa con effetto di cosa giudicata, non basta l'esplicita richiesta di una delle parti, ma è necessario che l'istante abbia un interesse a far valere l'accertamento con efficacia autonoma, anche al di fuori del giudizio in corso. Pertanto, ove l'accertamento della natura locatizia di un rapporto e della soggezione di esso al regime vincolistico sia stato chiesto con funzione strumentale al fine dell'accoglimento della domanda diretta alla dichiarazione di efficacia delle clausole di adeguamento del canone, tale accertamento va compiuto incidenter tantum dal pretore, competente sulla domanda principale.

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