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Articolo 5 Codice della privacy

(D.lgs. 30 giugno 2003, n. 196)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Oggetto ed ambito di applicazione

Dispositivo dell'art. 5 Codice della privacy

1. Il presente codice disciplina il trattamento di dati personali, anche detenuti all'estero, effettuato da chiunque è stabilito nel territorio dello Stato o in un luogo comunque soggetto alla sovranità dello Stato.

2. Il presente codice si applica anche al trattamento di dati personali effettuato da chiunque è stabilito nel territorio di un Paese non appartenente all'Unione europea e impiega, per il trattamento, strumenti situati nel territorio dello Stato anche diversi da quelli elettronici, salvo che essi siano utilizzati solo ai fini di transito nel territorio dell'Unione europea. In caso di applicazione del presente codice, il titolare del trattamento designa un proprio rappresentante stabilito nel territorio dello Stato ai fini dell'applicazione della disciplina sul trattamento dei dati personali.

3. Il trattamento di dati personali effettuato da persone fisiche per fini esclusivamente personali è soggetto all'applicazione del presente codice solo se i dati sono destinati ad una comunicazione sistematica o alla diffusione. Si applicano in ogni caso le disposizioni in tema di responsabilità e di sicurezza dei dati di cui agli articoli 15 e 31.

[3-bis. Il trattamento dei dati personali relativi a persone giuridiche, imprese, enti o associazioni effettuato nell’ambito di rapporti intercorrenti esclusivamente tra i medesimi soggetti per le finalità amministrativo - contabili, come definite all’articolo 34, comma 1-ter, non è soggetto all’applicazione del presente codice.]

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Consulenze legali
relative all'articolo 5 Codice della privacy

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Massimo C. chiede
sabato 02/02/2019 - Toscana
“Salve. Non so se è la pagina adatta per fare questa domanda, ma non ho trovato nulla in merito all'argomento che sottopongo alla vostra attenzione. Ho scattato delle foto in un reparto ospedaliero col consenso orale del primario e del vice-primario. Ho acquisito le liberatorie di tutti i pazienti ripresi. Vorrei farne una mostra. Serve il permesso della direzione USL? Grazie.”
Consulenza legale i 05/02/2019
Non è semplice in effetti riuscire a trovare con estrema immediatezza e univocità una risposta al quesito che si pone, in quanto trattasi di una situazione che involge diversi ambiti disciplinari.

Preliminarmente va escluso che un comportamento di tale tipo possa assumere una valenza penale, in quanto unica norma di riferimento in materia è l’art. 615 bis del c.p., volto a punire chiunque, mediante l’uso di strumenti di ripresa visiva o sonora, si procura indebitamente nonché rivela o diffonde mediante qualsiasi mezzo di informazione, immagini attinenti alla vita privata di sconosciuti e svolgentesi in quelli che, ex art. 614 del c.p., vengono definiti luoghi di privata dimora.

In questo caso mancano tutte le condizioni per rischiare di incorrere in una violazione di tale tipo, in quanto da un lato le persone ritratte hanno manifestato il loro consenso ad essere riprese e dall’altro l’azione si è svolta in un ospedale, struttura che, per comune definizione, deve farsi rientrare nel novero dei c.d. “luoghi aperti al pubblico”.
In particolare, sul tema si segnala, tra le tante, la sentenza della Corte di Cassazione, Sez. III Penale n. 1180 del 23.11.2011, la quale, nell’affrontare una fattispecie di atti osceni integrata in ambito ospedaliero, si è preoccupata di stabilire quando un luogo può considerarsi pubblico, aperto o esposto al pubblico, affermando che le stanze di ospedale, ove sono ricoverati i pazienti, rientrano tra i luoghi pubblici o aperti al pubblico, stante, a seconda dei casi, la presenza del personale dipendente, medico o paramedico, nonché del pubblico.

Tanto si ritiene che sia sufficiente per escludere la necessità di una preventiva autorizzazione da parte della competente ASL, in quanto trattasi di azione che viene svolta in un luogo pubblico o aperto al pubblico, per accedere al quale non occorre alcun permesso specifico, non ponendosi conseguentemente alcun problema d tutela del domicilio.

Tuttavia, l’effettuazione di tali riprese comporta la necessità di dover affrontare anche altre problematiche, quali sono quelle relative alla privacy, alla tutela dell’immagine delle persone ritratte e quelle relative alla tutela dei lavoratori.

Con riferimento alla tutela della privacy e dell’immagine delle persone ritratte, le norme da prendere in considerazione sono quelle contenute nell’art. 10 del c.c., nell’art. 5 del codice privacy nonché nell' art. 96 della legge d. autore e art. 97 della legge d. autore
Va intanto precisato che l’immagine di una persona, quando è chiara o presenta comunque elementi che consentono l’identificazione del soggetto interessato, costituisce un dato personale, qualificandosi come tale qualunque informazione che identifichi o consenta di identificare una persona fisica, anche indirettamente tramite il riferimento a qualsiasi altra informazione (in quanto tale, anche l’immagine gode di una tutela rafforzata).

Ciò posto, dall’analisi del complesso delle norme appena citate, può desumersi che l’esposizione o la pubblicazione dell’immagine altrui è illecita non solo se avviene senza il consenso della persona ritratta o senza il concorso delle altre circostanze espressamente previste dalla legge al fine di escludere la tutela del diritto alla riservatezza (come la necessità di perseguire finalità di giustizia o di polizia, la notorietà del soggetto ripreso o l’ufficio pubblico dallo stesso ricoperto, ovvero scopi scientifici, didattici o culturali), ma anche quando, pur ricorrendo quel consenso o quelle circostanze, l’esposizione o la pubblicazione sia in grado di arrecare pregiudizio all’onore, alla reputazione o al decoro della persona o delle persone interessate (in tal senso si è espressa la Corte di Cassazione, sez. III civ. sentenza n. 17211 del 27.08.2015).

Nel caso di specie, tuttavia, non sembra che possa dirsi integrata alcuna violazione di tale tipo, essendo stato acquisito il preventivo consenso (le c.d. liberatorie) da parte di tutti i pazienti ripresi ed avendosi intenzione, almeno per ciò che sembra di capire, di utilizzare quelle immagini per uno scopo lecito (realizzazione di una mostra).

Altra normativa del cui rispetto ci si deve preoccupare è l’art. 4 dello Statuto dei lavoratori (Legge n. 300 del 20.05.1970), e ciò per il caso in cui tra le persone fotografate vi sia qualche operatore sanitario.
In ipotesi del genere, infatti, si ricadrebbe nel divieto assoluto posto da tale norma, ossia quello di controllo del lavoratore tramite impianti audiovisivi o altre apparecchiature simili, per il quale vanno preventivamente richieste ed ottenute le prescritte autorizzazioni, anche da parte dell’ASL, nella sua qualità di parte datoriale.

Ricapitolando tutto quanto fin qui espresso, può concludersi dicendo che:

  1. non si ritiene necessario chiedere espressa autorizzazione all’ASL per effettuare le foto in un reparto ospedaliero, essendo l’ospedale un luogo pubblico o aperto al pubblico;
  2. possono pubblicarsi per la finalità indicata nel quesito (certamente lecita) le immagini dei pazienti, dai quali si può documentare di aver acquisito le relative liberatorie;
  3. non vanno assolutamente pubblicate immagini che ritraggono operatori sanitari nello svolgimento della loro attività lavorativa.

Infine (ma questo deve intendersi come un puro suggerimento personale), se si vuole proprio evitare del tutto di incorrere in rischi di qualunque sorta, si consiglia di oscurare (sfocandole) i volti delle persone ritratte, operazione del resto molto semplice da un punto di vista tecnico (esistono diverse applicazioni nate per tale scopo), e ciò in considerazione del fatto che, al di là di ogni autorizzazione che possa essere necessaria e di cui ci si possa preventivamente munire, non si può trascurare che si tratta pur sempre di foto effettuate in un ospedale, luogo che per sua natura è in grado di svelare dati sensibili di una persona, ossia quelli relativi al suo stato di salute (degenza ospedaliera).