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Articolo 192 Codice dell'ambiente

(D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Divieto di abbandono

Dispositivo dell'art. 192 Codice dell'ambiente

1. L'abbandono e il deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo sono vietati.

2. à altresì vietata l'immissione di rifiuti di qualsiasi genere, allo stato solido o liquido, nelle acque superficiali e sotterranee.

3. Fatta salva l'applicazione della sanzioni di cui agli articoli 255 e 256, chiunque viola i divieti di cui ai commi 1 e 2 è tenuto a procedere alla rimozione, all'avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull'area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa, in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo. Il Sindaco dispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere, decorso il quale procede all'esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate.

4. Qualora la responsabilità del fatto illecito sia imputabile ad amministratori o rappresentanti di persona giuridica ai sensi e per gli effetti del comma 3, sono tenuti in solido la persona giuridica ed i soggetti che siano subentrati nei diritti della persona stessa, secondo le previsioni del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, in materia di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni.

Massime relative all'art. 192 Codice dell'ambiente

Cons. Stato n. 3967/2019

In materia di inquinamento, tra la disciplina di ordine generale contenuta nell'art. 192 del D.Lgs. n. 152/2006 e quella specifica per i soggetti proprietari e concessionari di strade contenuta nell'art. 14 del D.Lgs. n. 285/1992, viene ad instaurarsi un rapporto di specialità, contraddistinto dalla sussistenza nell'ordinamento di una norma puntuale che, al fine di garantire la sicurezza e la fluidità della circolazione stradale, impone in via diretta al soggetto proprietario o concessionario della strada di provvedere alla sua pulizia e, quindi, di rimuovere i rifiuti depositati sulla strada medesima e sulle sue pertinenze.

Cons. Stato n. 3966/2019

La disciplina contenuta nell'art. 192 del D.Lgs. 152/2006 è improntata ad una rigorosa tipicità dell'illecito ambientale, non residuando al riguardo alcuno spazio per una responsabilità oggettiva, posto che per essere ritenuti responsabili della violazione dalla quale è scaturito l'abbandono illecito di rifiuti occorre quantomeno la colpa, e che tale regola di imputabilità a titolo di dolo o colpa non ammette eccezioni, anche in relazione ad un'eventuale responsabilità solidale del proprietario dell'area.

Cons. Stato n. 1684/2019

Il Responsabile dell'ufficio tecnico comunale è competente ad adottare nei confronti di A.N.A.S. un'ingiunzione alla rimozione dei rifiuti abbandonati. Il medesimo Responsabile è invece incompetente ad adottare un ordine di bonifica, decontaminazione e risanamento igienico del sito, trattandosi di adempimenti che vanno oltre la gestione e pulizia delle strade, e sono strettamente espressione di un rimedio sanzionatorio per la violazione del divieto dell'abbandono dei rifiuti, rientrante nell'ambito di operatività dell'art. 192 del D.Lgs. n. 152 del 2006. Il comma 3 dell'art. 192 enuclea, infatti, tale competenza in capo al Sindaco. (Riforma T.a.r. Puglia Lecce, Sez. I, n. 2975/2009). L'art. 14 del codice della strada impone direttamente al concessionario la pulizia delle strade e delle loro pertinenze. Di conseguenza, l'art. 192 del D.Lgs. n. 50 del 2016, ai sensi del quale chiunque viola il divieto di abbandono e deposito incontrollato di rifiuti sul suolo è tenuto «a procedere alla rimozione, all'avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario o con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull'area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa, in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo» può anche trovare applicazione nei confronti dell'A.N.A.S., con riferimento alle strade dalla stessa gestite, tenendo conto degli obblighi specifici che su di essa gravano, purché la condotta dell'abbandono le sia imputabile a titolo di dolo o di colpa. La sanzione consistente nell'ordine di bonifica, decontaminazione e risanamento igienico del sito, ex art. dell'art. 192, comma 3, del D.Lgs. n. 152 del 2006, non può essere direttamente (melius, in modo automatico, secondo il parametro della responsabilità oggettiva) irrogata all'A.N.A.S. senza un previo accertamento ed una coerente affermazione del titolo di responsabilità. È vero che la previsione dell'art. 14 del codice della strada, incentrando nel gestore del servizio stradale tutte le competenze relative alla corretta manutenzione, pulizia e gestione del tratto stradale, con le annesse pertinenze, potrebbe costituire il parametro normativo per l'individuazione del profilo della colpa ai sensi dell'art. 192 del D.Lgs. n. 152 del 2006, ma ciò non può avvenire al di fuori di un accertamento in contraddittorio, non essendo ravvisabile una responsabilità da posizione del proprietario, ovvero, nella specie, del concessionario. (Riforma Tar Puglia Lecce, Sez. I, n. 2975/2009).

Cons. Stato n. 2977/2014

L'art. 192, 1° e 3° comma del testo unico n. 152 del 2006, il quale dispone che "l'abbandono e il deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo sono vietati", prevede che il potere-dovere di ordinare la rimozione e il ripristino dello stato dei luoghi vada esercitato senza indugio non solo nei confronti di chi abbandona sine titulo i rifiuti (il quale realizza la propria condotta col dolo e con l'animus derelinquendi), ma anche del proprietario o del titolare di altro diritto reale cui la "violazione sia imputabile a titolo di dolo o di colpa". A tal fine il comma 3 ritiene sufficiente la colpa, nell'ambito della quale rientra la negligenza. Nel suo significato lessicale (risalente anche al diritto romano, e prima ancora che la nozione fosse riferita alle singole obbligazioni), la negligentia (vale a dire la mancata diligentia) consisteva e consiste nella trascuratezza, nella incuria nella gestione di un proprio bene, e cioè nella assenza della cura, della vigilanza, della custodia e della buona amministrazione del bene.

L'art. 192 del testo unico n. 152 del 2006 attribuisce rilievo alla negligenza del proprietario, che - a parte i casi di connivenza o di complicità negli illeciti - si disinteressi del proprio bene per una qualsiasi ragione e resti inerte, senza affrontare concretamente la situazione, ovvero la affronti con misure palesemente inadeguate. La condotta illecita del terzo - ovvero la proliferazione delle condotte illecite dei terzi - dunque non è di per sé una causa che rende non imputabile al proprietario l'evento (la trasformazione del suo terreno in discarica abusiva), né frattura il nesso di causalità tra la sua condotta colposa (id est, caratterizzata dalla trascuratezza e dalla incuria), quando costituisce un fatto prevedibile e prevenibile.

Quando il proprietario dell'area nella quale insistono rifiuti non sia una persona fisica, ma sia una persona giuridica pubblica o privata, va esclusa una concezione 'antropomorfica' dell'elemento soggettivo, rilevando soprattutto il dato oggettivo della disfunzione della struttura organizzativa e il dato in sé - quando si tratti della gestione di un bene - della obiettiva trascuratezza ed incuria della gestione. In particolare, in ordine all'ambito di applicazione dell'art. 192, comma 3, del testo unico n. 152 del 2006 - non importa se il proprietario dell'area sia un soggetto pubblico o un soggetto privato; anzi, proprio la qualità di soggetto pubblico implica che l'Amministrazione debba dare esempio del rispetto della legalità.

È legittima una ordinanza emessa ex art. 192 del D.Lgs. n. 152 del 2006, con la quale il Sindaco di un Comune ha intimato alla Regione (proprietaria del sito sottostante una strada regionale) di rimuovere e di avviare a recupero o allo smaltimento, con ripristino dello stato dei luoghi, di tutti i rifiuti di vario genere, anche speciali o pericolosi, da tempo abbandonati nel sito suddetto, nel caso in cui, dalla documentazione acquisita, risulti che la Regione nulla abbia fatto per impedire che il proprio terreno divenisse una discarica abusiva ed in particolare risulti che non vi è stata una adeguata recinzione di sufficiente altezza e robustezza, ovvero la interdizione degli accessi all'area con robuste chiusure, la sistemazione di videocamere o apparecchi fotografici funzionanti solo all'atto del rilevamento di presenze sul luogo tramite sensori (le c.d. "foto trappole"), oppure una convenzione con istituti di vigilanza; in tal caso, infatti, l'incuria e la trascuratezza hanno agevolato il fatto che l'area in questione sia diventata un ricettacolo di ogni genere di rifiuti, con danni all'ambiente e verosimilmente alla salute degli abitanti della zona.

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Consulenze legali
relative all'articolo 192 Codice dell'ambiente

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

Luigina Z. chiede
giovedì 02/04/2020 - Veneto
“Nel nostro parcheggio privato hanno abbandonato 2 auto, sono piene di immondizia, hanno targa. Come posso liberarmene? Saranno li da 4/5 anni”
Consulenza legale i 08/04/2020
In un caso del genere, è doveroso procedere con una mera segnalazione alla polizia locale, nella quale si dia conto da quanto tempo le auto stazionano nel cortile e delle ragioni per le quali le stesse non possono farlo.

In tali casi, invero, è competenza del Comune, coadiuvato dalla polizia locale che si occuperà di procedere a tutti gli accertamenti finalizzati a verificare che le automobili non costituiscano provento di furto, procedere all’istruttoria che appurerà che le automobili predette possano essere definite quali “rifiuti”, e imporre, attraverso un’ordinanza, che il proprietario le smaltisca o, in caso di inottemperanza, procedere poi autonomamente.

Pietro M. chiede
mercoledì 12/05/2021 - Lazio
“Buongiorno, mi trovo a dovermi districare nella interpretazione del dlgs 152/2006 nella parte relativa alle bonifiche. In breve:
All'interno della proprietà di un mio cliente sono stati rinvenuti rifiuti solidi urbani non differenziati nel sottosuolo.
Tali rifiuti sono stati depositati in maniera incontrollata presumibilmente nella fine degli anni '70. Il mio cliente, proprietario dell'area, vorrebbe immediatamente rimuoverli e a proprie spese. Tale rimozione di detti rifiuti, può essere effettuata secondo la parte IV del dlgs 152/2006 con ordinanza sindacale ex art 192 che recita:
“ 1. L'abbandono e il deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo sono vietati.

2. à altresì vietata l'immissione di rifiuti di qualsiasi genere, allo stato solido o liquido, nelle acque superficiali e sotterranee.

3. Fatta salva l'applicazione della sanzioni di cui agli articoli 255 e 256, chiunque viola i divieti di cui ai commi 1 e 2 è tenuto a procedere alla rimozione, all'avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull'area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa, in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo. Il Sindaco dispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere, decorso il quale procede all'esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate.”

oppure deve essere applicato Titolo V - Bonifiche (art 242 - 245 ecc) posto che lo stesso Titolo V all'art 239 comma 2 recita:
"Ferma restando la disciplina del titolo I della parte IV del presente decreto, le disposizioni del presente articolo non si applicano: all'abbandono dei rifiuti disciplinato dalla parte IV del presente decreto. In tal caso qualora, a seguito della rimozione, avvio a recupero, smaltimento, dei rifiuti abbandonati o depositati in modo incontrollato, si accerti il superamento dei valori di attenzione, si dovrà procedere alla caratterizzazione dell'area ai fini degli eventuali interventi di bonifica e ripristino ambientale da effettuarsi ai sensi del presente titolo;….."

Inoltre per quanto riguarda la mia società( autorizzata sia come azienda per la raccolta, trasporto di tutte le tipologie di rifiuti Cat 1 – 4 – 5 Albo gestori ambientali che per la Cat 9 dello stesso albo per effettuare bonifiche fino a 1 milione di euro per singolo cantiere) , quali sono i rischi posti in capo all’amm.re , per una errata comunicazione da parte del proprietario agli organi di controllo?

Grazie

Consulenza legale i 21/05/2021
Va anzitutto segnalato che di recente il Consiglio di Stato ha chiarito una questione di interesse anche per il presente quesito, cioè se gli obblighi di bonifica di un sito inquinato sussistano anche nel caso in cui la contaminazione risalga (come appunto nel caso di specie) ad un momento nel quale il Legislatore ancora non aveva previsto tali obblighi, che sono stati introdotti solo con il D.Lgs. n. 22/1997.
La risposta del Consiglio di Stato è positiva, a condizione che gli effetti dannosi dell'inquinamento permangano al momento dell'adozione del provvedimento di bonifica, in considerazione del fatto che -anche prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 22/1997- l’ambiente era considerato un bene giuridicamente tutelato nell’ordinamento italiano, anche se inizialmente soltanto nella “veste” dell’illecito civile (Consiglio di Stato, ad. plen., 22 ottobre 2019, n. 10).
Nel caso specifico, invece, non è necessario approfondire la circostanza che il proprietario attuale non sia il responsabile della presenza dei materiali inquinanti, posto che vi è comunque la volontà di provvedere spontaneamente.

Tanto premesso, si nota che l’art. 192, D.Lgs. n. 152/2006 (Codice dell’ambiente), impone il divieto di abbandono di rifiuti, prevedendo altresì il potere per la P.A. di ordinare la loro rimozione entro un preciso termine, con la possibilità di provvedere anche d’ufficio in caso di inerzia dei soggetti obbligati.
Le procedure di bonifica, invece, sono disciplinate dall’art. 242 del Codice dell’Ambiente, che prevede anzitutto l’adozione di misure urgenti di prevenzione al verificarsi di un evento che sia potenzialmente in grado di contaminare il sito o della scoperta di una contaminazione storica.
La stessa norma descrive poi il procedimento amministrativo per l’esecuzione della bonifica vera e propria, che è scandito da un iter abbastanza lungo e articolato (indagine preliminare, piano di caratterizzazione, analisi del rischio sito specifica, conferenza di servizi ecc.).

Dalla lettura dei due articoli sopra citati, si evince che essi riguardano due situazioni di diverso tipo e gravità, a cui corrispondono due procedimenti che presentano un proporzionato livello di complessità, ovvero il primo si occupa della mera rimozione di rifiuti, mentre il secondo disciplina l’evenienza –sicuramente più pericolosa- della contaminazione ambientale.
Come anche correttamente notato nel quesito, il rapporto tra le due disposizioni è regolato dall’art. 239 del Codice, ai sensi del quale le norme relative alla bonifica non si applicano generalmente alla fattispecie dell’abbandono dei rifiuti.
Nell’ipotesi in cui durante le operazioni di rimozione di rifiuti si accerti la presenza di inquinanti oltre determinate soglie, si dovrà procedere alla caratterizzazione dell'area ed a tutti gli adempimenti conseguenti stabiliti dagli artt. 242 e ss. del Codice.

Da tutto quanto sopra esposto, si può concludere che il presupposto affinché “scatti” l’obbligo di avviare il procedimento di bonifica ex art. 242 è costituito dalla qualificazione della situazione come inquinamento, attualmente da ricollegare ai valori delle CSC (T.A.R. Brescia, sez. I, 09 agosto 2018, n.802).
Infatti, l’art. 240 del Codice definisce le “concentrazioni soglia di contaminazione (CSC)” come “i livelli di contaminazione delle matrici ambientali che costituiscono valori al di sopra dei quali è necessaria la caratterizzazione del sito e l'analisi di rischio sito specifica…”.

Nella fattispecie, dunque, se tale condizione non è concretamente presente, sarà sufficiente agire secondo quanto previsto dall’art. 192 del Codice; mentre se si accerti -prima o nel corso delle operazioni di rimozione dei rifiuti- il superamento dei livelli di CSC, il procedimento da seguire è quello di cui agli art. 242 e ss. del Codice.

Quanto al secondo profilo presentato nel quesito, si rileva che i soggetti considerati dalla normativa sopra discussa sono soltanto in prima battuta il responsabile dell’abbandono dei rifiuti/dell’inquinamento e -a diverso titolo- il proprietario dell’area.
Inoltre, va ricordato che il privato non è onerato dell'esatta qualificazione giuridica delle istanze dirette alla pubblica amministrazione né è tenuto ad utilizzare una precisa terminologia giuridica, in quanto tale obbligo è posto sull’Amministrazione destinataria, la quale deve qualificare esattamente ogni richiesta ricevuta sulla base dell'oggetto e dello scopo della stessa, procurando di accoglierla nei termini degli istituti applicabili in relazione al contesto fattuale e giuridico nel quale l'istanza si inserisce ed in coerenza con le finalità avute di mira dal richiedente (Consiglio di Stato, sez. V, 16 ottobre 2006, n. 6138).

Pertanto, a parere dello scrivente, l’ipotesi in cui il proprietario dell’area nelle proprie comunicazioni alla P.A. si richiami a norme errate, non pare costituire alcuna fonte di responsabilità né per l’impresa, né per il proprietario stesso, a patto ovviamente che i fatti riportati corrispondano alla realtà.
Il corretto inquadramento giuridico della fattispecie spetta infatti, come scritto, alla Pubblica Amministrazione.
Per quanto riguarda l’impresa, comunque, si precisa che rimangono fermi gli obblighi contrattuali assunti nei confronti del committente, nonché i doveri specifici stabiliti dalla Legge per i soggetti che trattano il recupero e lo smaltimento dei rifiuti.