Consiglio di Stato Sez. V sentenza n. 2977 del 10 giugno 2014

(4 massime)

(massima n. 1)

L'art. 192, 1° e 3° comma del testo unico n. 152 del 2006, il quale dispone che "l'abbandono e il deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo sono vietati", prevede che il potere-dovere di ordinare la rimozione e il ripristino dello stato dei luoghi vada esercitato senza indugio non solo nei confronti di chi abbandona sine titulo i rifiuti (il quale realizza la propria condotta col dolo e con l'animus derelinquendi), ma anche del proprietario o del titolare di altro diritto reale cui la "violazione sia imputabile a titolo di dolo o di colpa". A tal fine il comma 3 ritiene sufficiente la colpa, nell'ambito della quale rientra la negligenza. Nel suo significato lessicale (risalente anche al diritto romano, e prima ancora che la nozione fosse riferita alle singole obbligazioni), la negligentia (vale a dire la mancata diligentia) consisteva e consiste nella trascuratezza, nella incuria nella gestione di un proprio bene, e cioè nella assenza della cura, della vigilanza, della custodia e della buona amministrazione del bene.

(massima n. 2)

L'art. 192 del testo unico n. 152 del 2006 attribuisce rilievo alla negligenza del proprietario, che - a parte i casi di connivenza o di complicità negli illeciti - si disinteressi del proprio bene per una qualsiasi ragione e resti inerte, senza affrontare concretamente la situazione, ovvero la affronti con misure palesemente inadeguate. La condotta illecita del terzo - ovvero la proliferazione delle condotte illecite dei terzi - dunque non è di per sé una causa che rende non imputabile al proprietario l'evento (la trasformazione del suo terreno in discarica abusiva), né frattura il nesso di causalità tra la sua condotta colposa (id est, caratterizzata dalla trascuratezza e dalla incuria), quando costituisce un fatto prevedibile e prevenibile.

(massima n. 3)

Quando il proprietario dell'area nella quale insistono rifiuti non sia una persona fisica, ma sia una persona giuridica pubblica o privata, va esclusa una concezione 'antropomorfica' dell'elemento soggettivo, rilevando soprattutto il dato oggettivo della disfunzione della struttura organizzativa e il dato in sé - quando si tratti della gestione di un bene - della obiettiva trascuratezza ed incuria della gestione. In particolare, in ordine all'ambito di applicazione dell'art. 192, comma 3, del testo unico n. 152 del 2006 - non importa se il proprietario dell'area sia un soggetto pubblico o un soggetto privato; anzi, proprio la qualità di soggetto pubblico implica che l'Amministrazione debba dare esempio del rispetto della legalità.

(massima n. 4)

È legittima una ordinanza emessa ex art. 192 del D.Lgs. n. 152 del 2006, con la quale il Sindaco di un Comune ha intimato alla Regione (proprietaria del sito sottostante una strada regionale) di rimuovere e di avviare a recupero o allo smaltimento, con ripristino dello stato dei luoghi, di tutti i rifiuti di vario genere, anche speciali o pericolosi, da tempo abbandonati nel sito suddetto, nel caso in cui, dalla documentazione acquisita, risulti che la Regione nulla abbia fatto per impedire che il proprio terreno divenisse una discarica abusiva ed in particolare risulti che non vi è stata una adeguata recinzione di sufficiente altezza e robustezza, ovvero la interdizione degli accessi all'area con robuste chiusure, la sistemazione di videocamere o apparecchi fotografici funzionanti solo all'atto del rilevamento di presenze sul luogo tramite sensori (le c.d. "foto trappole"), oppure una convenzione con istituti di vigilanza; in tal caso, infatti, l'incuria e la trascuratezza hanno agevolato il fatto che l'area in questione sia diventata un ricettacolo di ogni genere di rifiuti, con danni all'ambiente e verosimilmente alla salute degli abitanti della zona.

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