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Articolo 24 Codice del consumo

(D.lgs. 6 settembre 2005, n. 206)

[Aggiornato al 31/12/2023]

Pratiche commerciali aggressive

Dispositivo dell'art. 24 Codice del consumo

1. È considerata aggressiva una pratica commerciale che, nella fattispecie concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, mediante molestie, coercizione, compreso il ricorso alla forza fisica o indebito condizionamento, limita o è idonea a limitare considerevolmente la libertà di scelta o di comportamento del consumatore medio in relazione al prodotto e, pertanto, lo induce o è idonea ad indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso.

Spiegazione dell'art. 24 Codice del consumo

Le "pratiche commerciali scorrette" costituiscono un genus unitario di illecito, all'interno del quale il legislatore ha regolato due sottotipi (e all'interno di ciascuno di essi, due ulteriori fattispecie presuntive) che si pongono in rapporto di specialità (per specificazione) rispetto alla prima: le pratiche ingannevoli e le pratiche aggressive.
Il legislatore ha inoltre analiticamente individuato una serie di specifiche tipologie di pratiche commerciali (le c.d. 'liste nere') da considerarsi sicuramente ingannevoli e aggressive, senza che si renda necessario accertare la sua contrarietà alla diligenza professionale nonché dalla sua concreta attitudine a falsare il comportamento economico del consumatore.

Le pratiche commerciali aggressive, prese in considerazione dalla norma in esame, allo stesso modo di quelle ingannevoli, possono incidere sulla libertà di scelta o di azione del consumatore, nel senso che quest’ultimo può essere indotto ad assumere una decisione di natura commerciale che altrimenti non avrebbe preso.
Tuttavia, occorre porre in evidenza che, mentre l’elemento che caratterizza le pratiche commerciali ingannevoli è dato dal fatto che non vengono messe a disposizione del consumatore le informazioni utili al fine di assumere una decisione consapevole, nel caso delle pratiche aggressive, invece, come si desume dal testo della stessa norma, si assiste ad atti di vera e propria coercizione, fisica o psicologica, che limitano la libertà di scelta del consumatore.

La norma individua specificatamente quali sono i comportamenti del professionista da valutare al fine di individuare una pratica commerciale scorretta, e sono tali, in ordine di gravità:
a) le molestie;
b) l’indebito condizionamento, ovvero lo sfruttamento di una posizione di potere nei confronti del consumatore, finalizzata ad esercitare sullo stesso una pressione, anche senza il ricorso alla forza fisica o la minaccia di tale ricorso, in modo da limitare notevolmente la capacità del consumatore di prendere una decisione consapevole;
c) la coercizione vera e propria, esercitata mediante l’utilizzo della forza fisica o delle minacce.

Un esempio abbastanza frequente di pratica commerciale scorretta è quella che si realizza attraverso chiamate ripetute ed insistenti alle utenze private domestiche per indurre il consumatore all’acquisto di un determinato bene.

Sembra opportuno precisare che l'illecito di scorrettezza di cui al Codice del Consumo è un illecito "di pericolo", che non richiede per la sua configurazione l'attualità di una lesione agli interessi dei consumatori, quanto, piuttosto, che una pratica sia idonea a produrla.
Il bene giuridico tutelato è soltanto indirettamente la sfera patrimoniale del consumatore: in via immediata, infatti, attraverso la libertà di scelta, si vuole salvaguardare il corretto funzionamento del mercato concorrenziale.

Anche le fasi negoziali successive alla conclusione del contratto ricadono nell'ambito della nozione di pratica scorretta e in tale contesto possono farsi ricadere le condotte attive o commissive legate ad una operazione commerciale, posteriori rispetto al momento genetico del negozio ma ad esso finalisticamente collegabili. Infatti, la pratica rilevante ben può investire gli incombenti successivi all'esaurimento della fattispecie negoziale, con riguardo alle prestazioni che si accompagnano necessariamente alla operazione commerciale conclusa.

Sotto il profilo della quantificazione delle sanzioni per pratiche commerciali scorrette è irrilevante la circostanza del numero esiguo di segnalazioni, atteso che la valutazione in discorso non riguarda il dato storico, ma rappresenta un giudizio prognostico di idoneità della condotta a ledere un numero considerevole di utenti.
Pertanto, in tale materia le sanzioni devono essere adeguate ed efficaci, dovendo assolvere ad una concreta funzione dissuasiva.

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