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Articolo 1121 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 03/08/2024]

Innovazioni gravose o voluttuarie

Dispositivo dell'art. 1121 Codice Civile

Qualora l'innovazione importi una spesa molto gravosa(1) o abbia carattere voluttuario(2) rispetto alle particolari condizioni e all'importanza dell'edificio, e consista in opere, impianti o manufatti suscettibili di utilizzazione separata(3), i condomini che non intendono trarne vantaggio sono esonerati da qualsiasi contributo nella spesa.

Se l'utilizzazione separata non è possibile, l'innovazione non è consentita, salvo che la maggioranza dei condomini che l'ha deliberata o accettata intenda sopportarne integralmente la spesa.

Nel caso previsto dal primo comma i condomini e i loro eredi o aventi causa possono tuttavia, in qualunque tempo, partecipare ai vantaggi dell'innovazione, contribuendo nelle spese di esecuzione e di manutenzione dell'opera [1108 comma 1](4)(5).

Note

(1) La gravosità dell'opera va valutata tenendo conto dell'esborso che essa comporta, con riguardo anche alle condizioni economiche dei condomini.
(2) Una spesa si può qualificare come voluttuaria esclusivamente in base alla valutazione oggettiva che ne si può fare.
(3) Quanto alle opere non suscettibili di separata utilizzazione, anche se esse sono realizzate da una parte dei condomini che decide di sopportarne i costi, è pacifico che anche i dissenzienti ne divengano proprietari, anche se questi saranno sempre esenti dalle relative spese di acquisto e manutenzione.
(4) Il contributo che deve dare il condomino che voglia successivamente giovarsi dell'innovazione è pari a quello che sarebbe stato il costo di allora ma con moneta di oggi, cui vanno aggiunte le spese per la manutenzione straordinaria non fatte in conseguenza del mero uso; tuttavia, si dovrà tenere in debita considerazione il deprezzamento del bene nel corso del tempo.
(5) Il D.L. 18 aprile 2019, n. 32 ha disposto (con l'art. 10, comma 9) che:
"In deroga agli articoli 1120, 1121 e 1136, quarto e quinto comma, del codice civile, gli interventi di recupero relativi ad un unico immobile composto da più unità immobiliari possono essere disposti dalla maggioranza dei condomini che comunque rappresenti almeno la metà del valore dell'edificio e gli interventi ivi previsti devono essere approvati con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno un terzo del valore dell'edificio.".

Ratio Legis

La disposizione permette ai condomini di effettuare anche innovazioni gravose o voluttuarie, che implichino, cioè, costi onerosi oppure non siano reputate indispensabili al condominio.
Solo chi vuole godere dei vantaggi dall'innovazione deve adoperarsi perché l'innovazione sia passibile di un separato uso; essa è possibile esclusivamente se chi desidera effettuarla è disposto a sostenerne integralmente il costo.

Spiegazione dell'art. 1121 Codice Civile

In particolare, delle innovazioni gravose o voluttuarie rispetto alla pos­sibilità oppure no di utilizzazione separata

Il legislatore si è preoccupato del caso in cui l’ innovazione, pur rispondendo ai requisiti di cui all'articolo precedente, comporti una spesa molto gravosa o abbia carattere voluttuario in rapporto alle particolari condizioni o all'importanza dell'edificio. Si pensi all'impianto di un ascensore in un piccolo modesto edificio o all'impianto di un termosifone in un paese a prevalente clima caldo.

In tali casi bisogna distinguere a seconda che l'innovazione consista in opere, impianti o manufatti suscettibili oppure no di utilizzazione separata. Nel primo caso, come per es. per l'impianto di termosifone ad installazione centrale, l'innovazione può attuarsi, ma i condomini che non intendono trarne vantaggio sono esonerati da qualsiasi contributo sia alla spesa di realizzazione dell'innovazione sia, a maggior ragione, a quella di manutenzione. Nel secondo caso, come per es. per la decorazione di un ingresso, l'innovazione non è consentita, salvo che la maggioranza dei condomini che l'ha deliberata ed accettata intenda sopportarne integralmente la spesa.

Nel momento dell'attuazione dell’ innovazione è la maggioranza dei condomini che l'ha deliberata a sopportarne la spesa in entrambi i casi, ma le due ipotesi differiscono sostanzialmente in quanto nella prima il vantaggio non si estende a coloro i quali non hanno partecipato nella spesa; nella seconda, invece, il vantaggio è necessariamente comune anche ai non partecipanti nella spesa, per l’ inderogabilità di tale godimento comune.

Questa differenza rende nella seconda ipotesi comune l'acquisizione della innovazione e del godimento in modo definitivo fin ab initio. Nella prima, invece, secondo l'ultimo capov. dell'art. 1121, i condomini e i loro eredi o aventi causa possono, in qualunque tempo, partecipare ai vantaggi della innovazione, contribuendo alle spese di esecuzione e di manutenzione dell'opera. Il non aver partecipato all'impianto ab initio non impedisce, cioè, di poterne usufruire, contribuendo per la quota, che avrebbe fatto carico al momento dell'impianto, alle spese di esecuzione contribuendo nella stessa proporzione alla manutenzione dell'opera.

Fin qui la norma è molto chiara, ma, medio tempore, l'impianto suscettibile di utilizzazione separata è di proprietà comune oppure no? Non c' è dubbio che il problema non si pone neppure per quello ad utilizzazione non separata, mancando lo stesso periodo intermedio, ma per il primo il dubbio sorge in quanto, come si è detto a proposito dell'articolo precedente, l’ innovazione può attuarsi non solo sulla cosa già comune, ma anche creando una cosa autonoma nella parte comune. In quest'ultimo caso è perfettamente concepibile una proprietà separata dei condomini che hanno deliberato la innovazione e concorso alla spesa, sia pure col diritto degli altri partecipanti di rendersene comproprietari col contribuire alle spese di esecuzione e di manutenzione dell'opera.

La lettera della disposizione resiste a tale interpretazione: l’art. 1121 riferisce, infatti, il termine « condomini » all’ innovazione in genere e la distinzione fra essi viene fatta soltanto sulla base di coloro che intendono trarne vantaggio subito o che in seguito intendono partecipare ai vantaggi dell'innovazione.

Tuttavia la stranezza di un diritto di comproprietà su cosa alla creazione della quale non si è partecipato, cioè su cosa della quale non si ha il godimento nè la disponibilità, ed alla manutenzione della quale non si concorre, è tale che non sembra possa ammettersi un diritto di comproprietà iniziale anche in questi casi. La deliberazione della maggioranza è il titolo della proprietà comune soltanto ad alcuni dei partecipanti, si sensi dell’ art. 1117 del c.c..

La comproprietà può essere acquistata in seguito ed in qualunque tempo: non solo, quindi, mentre l'innovazione è in corso di attuazione, ma anche ad innovazione compiuta.

Acquistata la comproprietà, partecipando alle spese di esecuzione, si può però non contribuire alle spese per il godimento, rinunciando a questo per la sua natura divisibile.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

527 La disciplina delle innovazioni si coordina con quella adottata in tema di comunione in generale. La maggioranza dei partecipanti, che rappresenti i due terzi del valore dell'edificio, può disporre le innovazioni dirette al miglioramento o all'uso più comodo o più redditizio delle cose comuni. La maggioranza non è costituita soltanto dall'entità degli interessi, ma dal duplice coefficiente del valore dell'edificio e del numero dei condomini. Permane il limite fissato nell'art. 8, secondo comma, del R. decreto-legge 15 gennaio 1934 circa il divieto delle innovazioni che possano pregiudicare la stabilità o la sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico o che rendano inservibili all'uso o al godimento, anche di un solo condomino, alcune parti comuni dell'edificio (art. 1120 del c.c.). Qualora le innovazioni siano troppo onerose o abbiano carattere voluttuario, si distingue il caso in cui l'innovazione consista in opere suscettibili di utilizzazione separata da quello in cui l'utilizzazione separata non sia possibile. Nel primo caso i condomini che non intendono trarre vantaggio dall'innovazione sono esonerati dal contributo nella spesa; ma ad essi e ai loro eredi o aventi causa è data la possibilità di partecipare, in ogni tempo, ai vantaggi dell'innovazione, contribuendo nelle spese di esecuzione e di manutenzione dell'opera, Nel secondo caso l'innovazione non è consentita, salvo che la maggioranza che l'ha approvata ne sopporti integralmente la spesa relativa (art. 1121 del c.c.).

Massime relative all'art. 1121 Codice Civile

Cass. civ. n. 10371/2021

In tema di condominio, la realizzazione di un "cappotto termico" sulle superfici esterne dell'edificio condominiale non rientra tra le innovazioni voluttuarie o gravose di cui all'art. 1121 c.c., né configura una cosa che è destinata a servire i condomini in misura diversa, oppure solo una parte dell'intero fabbricato ma, in quanto finalizzata alla coibentazione dell'edificio condominiale ed al miglioramento della sua efficienza energetica, va ricompresa tra le opere destinate al vantaggio comune dei proprietari, inclusi quelli dei locali terranei; ne consegue che, ove la sua realizzazione sia deliberata dall'assemblea, trova applicazione l'art. 1123, comma 1, c.c. per il quale le spese sono sostenute da tutti i condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno.

Cass. civ. n. 10850/2020

In tema di condominio di edifici, l'ascensore installato "ex novo", per iniziativa ed a spese di alcuni condomini, successivamente alla costruzione dell'edificio, non rientra nella proprietà comune di tutti i condomini, ma appartiene a quelli, tra costoro, che l'hanno impiantato, dando luogo ad una particolare comunione parziale, distinta dal condominio stesso; tale è il regime proprietario finché tutti i condomini non decidano, successivamente, di partecipare alla realizzazione dell'opera, con l'obbligo di pagarne "pro quota" le spese all'uopo impiegate, aggiornate al valore attuale, secondo quanto previsto dall'art. 1121, comma 3, c.c., non assumendo rilievo giuridicamente rilevante, ai fini della natura condominiale dell'innovazione, la circostanza che questa sia stata, di fatto, utilizzata anche a servizio delle unità immobiliari di proprietà di coloro che non avevano inizialmente inteso trarne vantaggio.

Cass. civ. n. 6129/2017

In tema di condominio, l'installazione di un ascensore su area comune, allo scopo di eliminare delle barriere architettoniche, rientra fra le opere di cui all'art. 27, comma 1, della l. n. 118 del 1971 ed all'art. 1, comma 1, del d.p.r. n. 384 del 1978, e, pertanto, costituisce un'innovazione che, ex art. 2, commi 1 e 2, della l. n. 13 del 1989, va approvata dall'assemblea con la maggioranza prescritta dall'art. 1136, commi 2 e 3, c.c., ovvero, in caso di deliberazione contraria o omessa nel termine di tre mesi dalla richiesta scritta, che può essere installata, a proprie spese, dal portatore di handicap, con l'osservanza dei limiti previsti dagli artt. 1120 e 1121 c.c., secondo quanto prescritto dal comma 3 del citato art. 2; peraltro, la verifica della sussistenza di tali ultimi requisiti deve tenere conto del principio di solidarietà condominiale, che implica il contemperamento di vari interessi, tra i quali deve includersi anche quello delle persone disabili all'eliminazione delle barriere architettoniche, trattandosi di un diritto fondamentale che prescinde dall'effettiva utilizzazione, da parte di costoro, degli edifici interessati e che conferisce comunque legittimità all’intervento innovativo, purché lo stesso sia idoneo, anche se non ad eliminare del tutto, quantomeno ad attenuare sensibilmente le condizioni di disagio nella fruizione del bene primario dell’abitazione

Cass. civ. n. 8746/1993

In tema di condominio di edifici, l'art. 1121 c.c. riconosce ai condomini dissenzienti (e ai loro eredi e aventi causa), in caso di innovazioni gravose o voluttuarie, il diritto potestativo di partecipare successivamente ai vantaggi delle innovazioni stesse, contribuendo pro quota nelle spese di esecuzione e di manutenzione dell'opera ragguagliate al valore attuale della moneta, onde evitare arricchimenti in danno dei condomini che hanno assunto l'iniziativa dell'opera. (Fattispecie riguardante un impianto di ascensore installato nell'edificio condominiale non all'atto della sua costruzione, ma successivamente per iniziativa e a spese di parte dei condomini).

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Consulenze legali
relative all'articolo 1121 Codice Civile

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L. M. chiede
venerdì 27/09/2024
“Buon pomeriggio,
sono una condomina di una palazzina costruita nel 2000, di nr. 12 appartamenti, sono la proprietaria di due appartamenti che, uniti, rappresentano il percentile più alto rispetto agli altri. Nella palazzina vi sono 8 garage e 2 cantine, accessibili da un androne comune e collegati alla scala interna condominiale. Tutti i garage sono dotati di saracinesca di metallo con serratura e le cantine di porta in metallo, anch'essa con serratura. Per accedere all'interno del palazzo (scala condominiale) dai garage, vi è una porta tagliafuoco, anch'essa dotata di serratura. A circa un anno e mezzo dalla costruzione del palazzo, da delibera dell'assemblea condominiale, l'accesso all'androne fu chiuso da una grande saracinesca basculante, che ha creato continui problemi di bloccaggio ed incuria nella manutenzione, più volte presentata dalla sottoscritta in assemblea e in privato all'ex amministratore, che nel frattempo è deceduto (è stato recentemente sostituito). La sporadica e poi mancata manutenzione, ha reso l'attuale saracinesca inutilizzabile, tanto che da più di anno l'androne comune è aperto come in origine e la saracinesca è sostenuta da corde legate al soffitto. Ora alcuni condomini vogliono sostituirla, adducendo ragioni di sicurezza per impedire l'accesso all'androne e approfittare del bonus sicurezza. Non sono d'accordo per la sostituzione (vorrei unicamente demolire quella esistente) per le consistenti spese di istallazione e poi di manutenzione ordinaria, che anche in passato non sono state mai sollecitate dai condomini (siamo 4 i condomini che abitano stabilmente nel palazzo, il resto sono appartamenti estivi).
Posso rifiutarmi di sostenere la spesa in quanto voluttuosa, considerato che vi è già una porta di sicurezza che non permette l'accesso all'interno della scala condominiale del palazzo?
Se affermativo, ma la saracinesca viene comunque installata, ho diritto di accesso al mio garage visto che non vi sono altri accessi?
Preciso che attualmente sono favorevoli 4 proprietari di garages, 1 di cantina, ed i restanti non hanno al momento espresso parere.
Grata per la Vs. sollecita risposta, in vista dell'assemblea straordinaria che verrà a breve convocata,
gentilmente ringrazio e resto a disposizione per eventuali chiarimenti o informazioni.
Cordiali saluti,

Consulenza legale i 05/10/2024
La disciplina riguardante leinnovazioni in condominio, in cui è ricompresa anche quella inerenti alle innovazioni voluttuarie, ha un perimetro applicativo molto più ristretto di quello che può comunemente pensare il non addetto ai lavori e sovente viene applicata in maniera scorretta.
Per innovazione nel condominio si intende la costituzione di una nuova opera aggiunta ad una struttura già preesistente, oppure una modifica sostanziale che determini un utilizzo diverso rispetto alla destinazione per il quale era stato costruito in origine. Il classico esempio fatto dalla manualistica di innovazione in condominio è l’introduzione in uno stabile che ne è privo di un ascensore: questo intervento deve considerarsi senza dubbio una innovazione ex art. 1120 del c.c. e la sua realizzazione dovrà essere approvata dalle maggioranze di cui al 5° co. dell’art. 1136 del c.c.: maggioranza degli intervenuti che rappresentano almeno i 2/3 del valore dell’edificio. Invero, la sostituzione di un ascensore già in precedenza installato nel palazzo non può considerarsi una innovazione: questo per il semplice motivo che nello stabile già esisteva un ascensore. Tale secondo tipo di intervento rientra nella manutenzione straordinaria che di per sé non può considerarsi voluttuaria e può essere approvata con i quorum deliberativi più bassi previsti dal 2° e 4° comma dell’art. 1136 del c.c. : maggioranza degli intervenuti che rappresentano almeno la metà del valore dell’edificio: 500 millesimi.
L’ impossibilità di considerare voluttuaria una manutenzione straordinaria, impedisce che si possa applicare a tale intervento l’art. 1121 del c.c., il quale, in caso di innovazione questa si voluttuaria, prevede per il proprietario contrario alla realizzazione di tale opera, la possibilità, del tutto straordinaria in quanto in deroga a quanto previsto al 1° comma dell’art. 1137 del c.c., di essere esonerato dal sostenere pro quota gli oneri necessari per realizzarla.

Nel caso specifico la sostituzione della basculante non può considerarsi una innovazione, poiché tale manufatto era già stato precedentemente installato nello stabile: l’intervento, quindi, deve considerarsi una manutenzione straordinaria, e se in assemblea verrà approvata la sua realizzazione con le maggioranze previste dai commi 2°e 5° co. dell’art.1136 del c.c. (già prima indicate), non vi sarà altra scelta per i proprietari contrari di sottostare alla volontà della maggioranza, così come prevede il 1° comma dell’ art. 1137 del c.c., e concorrere pro quota al pagamento degli oneri conseguenti.

Poteva considerarsi innovazione la prima introduzione della basculante decisa dai condomini dopo la costruzione del palazzo, ma, ben difficilmente, tale innovazione poteva considerarsi voluttuaria. Per innovazione voluttuaria deve intendersi quella priva di utilità in senso assoluto, ma come ci ricorda la giurisprudenza: "L'art. 1120 del c.c. , nel consentire all'assemblea condominiale, sia pure con una particolare maggioranza, di disporre innovazioni, non postula affatto che queste rivestano carattere di assoluta necessità, ma richiede soltanto che esse siano dirette "al miglioramento o all'uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni", salvo a vietare espressamente, nel secondo comma, quelle che possono recare pregiudizio alla statica o al decoro architettonico del fabbricato o che rendano talune parti comuni inservibili all'uso o al godimento anche di uno solo dei condomini. Pertanto, al di fuori di tale divieto, ogni innovazione utile deve ritenersi permessa anche se non strettamente necessaria…" (Cass.Civ, Sez. 2, Sentenza n. 5028 del 30/05/1996, Rv. 497897 - 01). L’introduzione della basculante poteva sicuramente considerarsi un intervento non assolutamente necessario, ma certamente esso era teso a rendere più comodo l’uso della cosa comune e, stante l’orientamento della giurisprudenza dominante, ben difficilmente un giudice l’avrebbe considerato voluttuario, ovvero privo di utilità in senso assoluto.


C. D. chiede
domenica 28/07/2024
“Siamo un piccolo condominio elegante in zona turistica con 5 condomini. Basta il rifiuto da parte di 2 condomini (mill. 411,64) per la costruzione di un’area piscina sul parco condominiale non utilizzato per concludere nel verbale “l’assemblea non approva”? Non basta la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio per approvare? La richiesta per la costruzione veniva da noi 3 condomine straniere (mill.588,36) che vorremmo rilanciare la votazione nell’ assemblea straordinaria prevista per ottobre 2024 su base di una PEC argomentata da un avvocato e indirizzata all’amministratore. Secondo noi gli atti notarili del 2010 e un documento assembleare del 2011 stabiliscono la destinazione d'uso di quel parco ad area piscina e trattandosi di un'innovazione gravosa suscettibile di utilizzazione separata per cui noi siamo disposte a sopportarne l'intero costo, non capiamo il rifiuto dei 2 condomini italiani. Possiamo inviare maggiori informazioni con una breve cronologia dei fatti e i nostri argumenti se date seguito a questo messaggio con la vostra tariffa per una consulenza approfondita.”
Consulenza legale i 06/08/2024
Nel quesito proposto si domanda se sia legittimo il rifiuto dell’assemblea condominiale di installare una piscina, qualificata come innovazione gravosa o voluttuaria ai sensi dell’art. 1121 c.c.
Secondo i condomini interessati a tale innovazione, l’assemblea non avrebbe avuto il diritto a negarne l’installazione perché, essendo un’opera che può essere utilizzata separatamente, i condomini dissenzienti non dovrebbero sostenerne le spese.

Innanzitutto, l’art. 1121 c.c. non stabilisce una maggioranza specifica per approvare le innovazioni gravose o voluttuarie che sottostanno, ai fini delle maggioranze per l’approvazione e dei limiti, alla disciplina stabilita per le innovazioni ai sensi dell’art. 1120 del c.c..
La maggioranza necessaria per l’approvazione è, quindi, quella che rappresenta la maggioranza degli intervenuti ed almeno i 2/3 del valore dell’edificio ai sensi dell’art. 1136 comma 5 c.c.
I millesimi dei condomini che hanno votato a favore dell’installazione della piscina sono dunque inferiori.

Secondariamente, le innovazioni vietate ai sensi dell’art. 1120 c.c. sono quelle che possono arrecare pregiudizio alla stabilità o alla salubrità dell’edificio, che ne alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti comuni dell'edificio inservibili all'uso o al godimento anche di un solo condomino.
Non è chiaro quali siano le motivazioni per cui l’assemblea ha votato contro al progetto della piscina ma è probabile che ci sia anche una preoccupazione relativa ad uno di questi elementi.
Sembra che sia stata redatta una relazione geologica favorevole per cui non dovrebbero esserci preoccupazioni relativamente alla stabilità dell’edificio.
È probabile però che i condomini abbiano paura che la piscina possa rovinare il decoro del complesso condominiale e del giardino.
Inoltre, il giardino condominiale, con il posizionamento della piscina, non potrebbe più essere utilizzato dai condomini dissenzienti.

Certamente il fatto che gli atti notarili, che però non si ha avuto modo di visionare e non si conosce cosa ci sia esattamente scritto, prevedessero che la destinazione del giardino sarebbe stata quella di area piscina, è un elemento a favore dei condomini che vorrebbero posizionarla.

Si consiglia, dunque, di fare analizzare ad un legale tutta la documentazione utile e di presentare all’assemblea un progetto con anche delle riproduzioni concrete di come apparirebbe l’area con la piscina in modo da poter convincere anche i condomini che temono per il decoro del complesso condominiale.

Rimane in ogni caso imprescindibile il fatto che per l’approvazione sia necessario ottenere la maggioranza ex art. 1136 comma 5 c.c.


Anonimo chiede
giovedì 25/07/2024
“Buongiorno,
Nel 2001 l’assemblea straordinaria condominiale approva l’installazione di un ascensore in un condominio di cui prima esso era sprovvisto. I condomini che aderiscono alla spesa sono 3 su 14.
L’assemblea decide che la ripartizione sarà eseguita sia per l’installazione che per la gestione e manutenzione per il 50% in base alla proprietà e per il restante 50% in rapporto al piano.
Successivamente nel 2002 i condomini che decidono di realizzare il nuovo ascensore diventano 5 contribuendo al costo di circa € 80.000,00 in base alla rispettiva disponibilità/interesse e non in base a quanto deciso durante l’assemblea straordinaria.
Condomino A € 10.300, B € 7.800, C € 36.100, D € 10.300, E € 15.500.
L’amministratore del periodo ha predisposto un contratto sottoscritto dai 5 condomini citando gli importi conferiti da ciascun aderente.
Dette quote non sono state oggetto di una ripartizione "convenzionale" o come stabilito dalla assemblea straordinaria, ma si è proceduto, al fine di raggiungere lo scopo, ad una sorta di mutualità che ha portato alle quote di compartecipazione sopra indicate.
Nel prosieguo il contratto definisce le modalità di eventuale adesione futura, i criteri di corresponsione delle quote di adesione e il relativo riparto tra i firmatari del contratto:
“Gli stessi concordano inoltre di acconsentire nel futuro che altri condomini possano aderire all'iniziativa concorrendo alla spesa oggi sostenuta secondo la tabella allegata salvo conguaglio finale, gli importi in essa contenuti saranno in caso di adesione aumentati degli interessi annui legali maggiorati di due punti; restituiti e suddivisi tra gli aderenti attuali in proporzione alla loro partecipazione"
La tabella allegata riporta il sistema ripartizione se tutti i condomini partecipassero alla spesa, (correttamente come stabilito dagli art 1123 e 1124 del c.c): per la posa ascensore di nuova installazione su base millesimale proprietà mentre per la ripartizione spese di esercizio e manutenzione 50% in base ai millesimi proprietà e 50% in base al piano.
Recentemente un nuovo condomino ha aderito all’utilizzo dell’ascensore, versando il contributo scaturito dal calcolo stabilito dalla tabella allegata al contratto, calcolo che è stato effettuato dall’amministratore.
L’amministratore ha deciso di distribuire tale importo su base millesimi proprietà/piano e non come logica sulla base del contratto, penalizzando i condomini che inizialmente hanno contribuito con importi maggiori. Sostiene che fa fede la decisione presa all’unanimità durante l’assemblea straordinaria del 2001.
Ho consultato anche l’associazione Unione Piccoli Proprietari Italiani (UPPI) che ha espresso il suo parere confermando che la suddivisione deve essere effettuata in base alle quote di adesione, come stabilito dal contratto, e non in base a quanto deciso dall’amministratore; l’amministratore ne ha preso atto e risposto che porterà la questione in Assemblea condominiale. Onestamente non ne capisco il motivo. Nel caso in cui fosse corretta l’approvazione da parte dell’assemblea condominiale chi ha il diritto di voto, tutti i condomini o solo chi usufruisce dell’utilizzo dell’ascensore? Inoltre chi è quel condomino che vota a mio favore se si vede diminuire l’importo del rimborso?
A meno che ritenete corretta la scelta dell’Amministratore, mi sarebbe utile avere il vostro parere legale con riferimenti normativi o sentenze in merito all’argomento.
Inoltre nel caso la mia ipotesi sia corretta troverebbero ragioni di accoglimento, anche in un ipotetico contenzioso?
Ringrazio per un riscontro”
Consulenza legale i 17/09/2024
La fattispecie descritta nel quesito proposto corrisponde ad un’ipotesi di innovazione gravosa o voluttuaria ai sensi dell’art. 1121 c.c.
L’art. 1121 comma 3 c.c. prevede la possibilità per i condomini di partecipare ai vantaggi dell’innovazione contribuendo alle spese di esecuzione e manutenzione dell’opera.
La Corte di cassazione ha stabilito che tra i condomini che partecipano all’installazione dell’ascensore, si realizza una comunione parziale, distinta dal condominio stesso (Cass. civ. n. 10850/2020).
La legge non stabilisce il criterio di ripartizione della quota che deve essere versata dai condomini per installare l’innovazione, indicandolo invece all’art. 1124 del c.c. per le spese di manutenzione calcolate per metà sulla base del valore delle singole unità immobiliari e per l’altra metà in base al piano.

Ne deriva, dunque, che i condomini che si accordano per votare l’installazione dell’ascensore, possano liberamente stabilire le quote di ripartizione e i criteri per l’adesione dei futuri proprietari.
A tal fine torna utile la lettura dell’art. 1123 del c.c. che stabilisce che le spese sono sostenute dai condomini in misura proporzionale ai propri millesimi salvo diversa convenzione che deve dunque essere concordata all’unanimità tra i condomini.
Poiché la giurisprudenza ha affermato, come da pronuncia già citata, che i condomini che votano e pagano l’installazione dell’ascensore costituiscono una comunione parziale, si ritiene che le modalità di suddivisione della spesa possano essere stabilite tra le parti all’unanimità, escludendo che a tale votazione possano intervenire anche i condomini che non parteciperanno alla spesa.

L’assemblea condominiale nel 2001 aveva votato all’unanimità (dei presenti e non del Condominio) di ripartire le spese di installazione in base a quanto previsto dall’art. 1124 c.c.
I soggetti che non avrebbero partecipato alla spesa non avrebbero dovuto votare o, in ogni caso, la loro votazione non ha rilevanza.
Diventa invece rilevante il successivo accordo del 2002 – concluso solo da coloro che decidono di partecipare alla spesa - che stabilisce criteri diversi per il pagamento dell’ascensore e per le future adesioni.
Questo accordo, preso all’unanimità dei partecipanti alla “comunione parziale”, supera il precedente e diventa quello a cui riferirsi per fare aderire i successivi richiedenti.
Infatti, così sembra aver fatto l’amministratore che ha fatto aderire il nuovo partecipante versando la quota sulla base dell’accordo del 2002 salvo aver poi inspiegabilmente applicato il criterio precedente per rimborsare gli originari proprietari.

Si ritiene, in conclusione, che, se l’amministratore dovesse sottoporre la questione alla prossima assemblea, avranno diritto di voto solo i proprietari dell’ascensore e qualora venga approvato il rimborso in base al criterio stabilito dall’assemblea nel 2001, sarà necessario impugnare tale delibera assembleare con l’assistenza di un legale.

N. B. chiede
mercoledì 25/10/2023
“Nel 1960 i miei genitori acquistarono un appartamento in un condominio di nuova costruzione del piano Ina Casa direttamente dall'ente, che era dotato di impianti di riscaldamento individuali a mezzo stufe. Nel 1969 i condomini deliberarono di dotarlo di impianto centralizzato con il voto contrario di mio padre. L'impianto fu costruito installando la caldaia nel Deposito Cicli e ai sensi dell'art. 1121 mio padre non partecipò alla spesa pretendendo però che passassero i tubi lungo i muri perimetrali e fossero previste delle uscite in modo da garantire la possibilità di un allaccio in fase successiva, peraltro mai avvenuto. Dalla sua installazione non mi sono mai state addebitate spese relative al suddetto impianto. La scorsa estate, a seguito di un contenzioso relativo all'assenza di tabelle millesimali valide e aggiornate, sono state redatte delle tabelle millesimali relative alla suddivisione delle spese di riscaldamento per i cosiddetti "consumi involontari -manutenzione della caldaia". Le stesse presentano il calcolo dei millesimi anche per il mio appartamento, non sono ancora state approvate ma l'amministratore ha inserito nel bilancio consuntivo un importo di spesa relativo ai suddetti consumi involontari, sostenendo che al mio caso si applica la fattispecie del distacco in quanto presenti le uscite all'interno del mio appartamento.
Chiedo se sia opportuno impugnare le tabelle così redatte
Se debba partecipare alle spese relative ai consumi involontari come sostenuto dall'amministratore.
A supporto di quanto sopra sono in possesso solo di appunti personali di mio padre nonché della copia di una lettera che non so se a suo tempo fu recapitata all'allora amministratore che fa riferimento alla richiesta di prevedere le uscite in riferimento all'art. 1121
Resto in attesa e saluto distintamente”
Consulenza legale i 01/11/2023
A parere di chi scrive nel caso prospettato non può trovare applicazione la normativa sul distacco.
Come è noto in forza della presunzione prevista dall’art. 1117 del c.c. nel momento in cui si diviene proprietari di una unità immobiliare ricompresa in un edificio condominiale, si diviene nel contempo comproprietari di tutti gli impianti già presenti nello stabile, se ovviamente il titolo da cui deriva il nostro diritto di proprietà sulla unità immobiliare non disponga diversamente. Argomentando ai sensi degli artt. 1118 e 1119 del c.c. possiamo dire che la comproprietà sugli impianti condominiali è indivisibile quindi non può sciogliersi (salvo casi particolari che qui non rilevano) e il singolo condomino non può rinunziare al suo diritto sulle parti comuni né sottrarsi all’obbligo di pagamento degli oneri condominiali che appunto derivano da tale comproprietà.

Un evidente applicazione pratica dei principi appena illustrati è rappresentata dalla fattispecie del distacco dall’impianto di riscaldamento comune già esistente nello stabile condominiale, ipotesi oggi espressamente disciplinata dal 4° co. dell’art. 1118 del c.c., come modificato dalla L. n.220/2012. Tale comma introduce il diritto soggettivo del singolo proprietario di potersi distaccare dall’impianto centralizzato di riscaldamento a condizione che ciò non comporti squilibri termici o aggravi di spesa per gli altri proprietari. Tuttavia la norma precisa repentinamente che il condomino distaccante rimane obbligato a corrispondere le spese di manutenzione straordinaria dell’impianto comune e quelle relative alla sua conservazione e messa norma, tra cui rientrano per giurisprudenza assolutamente costante anche le spese riconducibili ai consumi involontari di forza calore.
Il motivo per cui il legislatore della riforma condominiale ha optato per mantenere in capo al condomino distaccante tali oneri di spesa ci viene spiegato dalla stessa giurisprudenza che riconobbe il diritto al distacco ben prima della sua introduzione a livello legislativo: il condomino pur se distaccato dall’ impianto centralizzato di riscaldamento ne rimane comunque comproprietario assieme agli altri proprietari e quindi è tenuto a pagare le spese di manutenzione straordinaria e quelle relative alla sua conservazione e messa a norma, nella cui categoria rientrano gli oneri attinenti al consumo involontario della forza calore.

Come però è già stato in parte accennato, la disciplina prevista dall’art. 1118 del c.c. è applicabile nel caso in cui l’impianto di riscaldamento centralizzato sia presente nello stabile nel momento in cui il singolo condomino acquisisce la proprietà del suo appartamento. Nel caso prospettato, tuttavia, l’introduzione dell’impianto di riscaldamento centralizzato è avvenuto diversi anni dopo l’acquisto della proprietà da parte del defunto padre dell’autrice del quesito: in questo caso entra in gioco la disciplina delle innovazioni prevista dagli artt. 1120 e 1121 del c.c.
Per innovazione si intende quell’opera nuova e prima non esistente che viene introdotta all’ interno dello stabile condominiale e che trasforma radicalmente la cosa comune: si pensi, per fare degli esempi, alla installazione di un ascensore in un palazzo che prima ne era privo, oppure, proprio come nel caso prospettato, l’installazione di un impianto riscaldamento centralizzato in uno stabile dove prima vi era un vecchio riscaldamento a stufa individuale.

Come norma generale vigente nella sostanza anche all’epoca dei fatti narrati il 1° co. dell’art.1120 del c.c. dispone che i condomini riuniti in assemblea possono deliberare con le maggioranze previste dalla legge tutte le innovazioni che ritengono necessarie tese al miglioramento, al maggior rendimento e al miglior uso della cosa comune. Per il principio espresso dal 1° co. dell'art. 1137 del c.c. se si raggiungono le maggioranze previste dalla legge il gruppo di condomini dissenzienti deve sottostare alla volontà espressa dalla maggioranza in assemblea e accettare la realizzazione della innovazione e il pagamento degli oneri condominiali che ne conseguono. Tuttavia in forza di questo pagamento obbligato, una volta che l’innovazione è stata realizzata e messa in opera anche il condomino contrario alla sua realizzazione in forza di quanto prevede il già citato art.1117 del c.c.ne diviene comproprietario.

Una importante eccezione al meccanismo appena descritto a tutela della minoranza dissenziente è rappresentata dall’art.1121 del c.c.. Tale norma dispone che quando la innovazione importi una spesa particolarmente gravosa e consista in opere, impianti o manufatti suscettibili di utilizzazione separata (come appunto l’impianto di riscaldamento centralizzato descritto), il proprietario che non intende tranne vantaggio è esonerato da ogni contributo e spesa. L’ultimo comma dell’art. 1121 del c.c. fa comunque salva la facoltà esercitabile in qualsiasi momento per il condomino dissenziente di partecipare ai vantaggi della innovazione successivamente alla sua realizzazione contribuendo alle spese di realizzazione e manutenzione dell’opera.

L’ art. 1121 del c.c. ha tra le altre cose un effetto estremamente importante per il caso descritto in quanto come ha chiarito bene la giurisprudenza (Cass.Civ. Sez.II, n.10850 del 08.06.2020 e Cass. Civ.,Sez.II, n.20713 del 04.09.2017), l’ esercizio del dissenso alla realizzazione della innovazione gravosa (o voluttuaria) da parte di un condomino o di un gruppo di essi impedisce che essi possono considerarsi comproprietari ai sensi dell’art. 1117 del c.c. dell’impianto poi realizzato, fatta salva comunque la possibilità di acquisirne una quota di proprietà in un momento successivo, esercitando la facoltà prevista dall’ ultimo comma dell’art.1121 del c.c., di cui si è già detto poco sopra.

Per tale motivo nel caso specifico, visto che il padre dell’autrice del quesito nel rispetto di quanto prevedeva il testo allora vigente dell’art.1121 del c.c. esercitò a suo tempo in maniera del tutto corretta il dissenso alla realizzazione dell'impianto di riscaldamento centralizzato, facendosi solo salva la possibilità di esercitare in un tempo futuro la facoltà di partecipare ai successivi vantaggi, facoltà tra l’altro mai esercitata nel concreto, egli non poteva considerarsi comproprietario dell’ impianto di riscaldamento, come certamente non possono considerarsi comproprietari di tale impianto i suoi eredi e aventi causa.
Quanto detto impedisce che oggi l’amministratore del condominio possa pretendere che l’autrice del quesito, e ovvia erede di colui che esercitò il dissenso ex art.1121 del c.c., paghi gli oneri derivanti dal consumo involontario di forza calore, e questo, come si è già detto meglio nella prima parte del parere, per il semplice motivo che tale obbligo di pagamento ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 1118 del c.c. discende sempre e comunque da un diritto di proprietà sull’ impianto comune: ma nel caso specifico, come si è già argomentato, colui che esercitò il dissenso ex art. 1121 del c.c. così come ovviamente la sua erede e avente causa (figlia) non possono considerarsi proprietari dell’impianto di riscaldamento e quindi conseguentemente obbligati a partecipare al pagamento degli oneri di spesa che derivano da tale diritto di comproprietà.

L’autrice del quesito ha quindi buone argomentazioni sostanziali per sostenere la non debenza del pagamento delle spese derivanti dal consumo involontario della forza calore. Tuttavia, nell’ottica di un ipotetico contenzioso con il condominio, sia nella fase di mediazione stragiudiziale che nel successivo giudizio vero e proprio, è importante procurarsi la prova che il suo dante causa (ovvero il padre) esercitò in maniera corretta il dissenso ai sensi dell’art. 1121 del c.c. Non pare che i documenti in possesso dell’autrice del quesito siano sufficienti di per se da soli ad assolvere tale onere probatorio: è opportuno che essi vengano quindi valutati da un legale di fiducia e magari rafforzati con altro materiale, come ad esempio gli estratti delle riunioni di condominio all’epoca della realizzazione dell’ impianto di riscaldamento centralizzato. Se infatti non si riuscisse a raggiungere la prova che il padre ha correttamente esercitato un valido dissenso ex art 1121 del c.c. alla realizzazione dell’impianto di riscaldamento centralizzato, il giudice inevitabilmente dovrebbe presumerlo comune anche all’autrice del quesito così come prevede l’art. 1117 del c.c.: da ciò inevitabilmente ne discenderebbe il pagamento degli oneri derivanti dal consumo involontario della forza calore ed ogni altro onere derivante dalla proprietà dell’ impianto.

A. D. S. chiede
mercoledì 04/10/2023
“Buongiorno, vivo in un condominio di 11 unita immobiliari, il 24/10/2022 in una assemblea a cui non ero presente è stata deliberata l’installazione dell’ascensore restringendo le scale. Io ero contrario a questo tipo di lavoro e lo avevo già comunicato all’amministratore. A maggio di questo anno hanno iniziato a tagliare le scale e quindi a delimitare l’area dove doveva insistere l’ascensore, Mi sono subito reso conto di non poter più salire e scendere con due borse in mano perché il vano scale si era ristretto quindi ho inviato all’amministratore una email dove gli comunicavo che corrispondevo economicamente anch’io alla realizzazione dell’ascensore e che doveva inviarmi quanto ere dovuto. Ricevo la tabella di riparto dall’amministratore e gli invio il dovuto con due bonifici, nel frattempo completano i lavori e mettono in servizio l’ascensore con l’uso di chiavi, chiedo le chiavi ma l’amministratore mi dice che i condomini che, hanno avuto dalla ditta lo sconto in fattura, sono proprietari dell’ascensore e che se voglio usufruire dell’ascensore debbo dare ai condomini l’intero importo non considerando lo sconto in fattura.
Grazie

Consulenza legale i 08/10/2023
Il quesito, nonostante la sua apparente semplicità, presenta diversi punti di criticità che impedisce purtroppo di fornire risposte certe e chiare all’autore del quesito anche per mancanza di specifiche pronunce giurisprudenziali sul punto.

L’art. 1121 del c.c. dispone che quando l’innovazione da introdurre in uno stabile condominiale importi una spesa molto gravosa e questa nuova opera è suscettibile di un utilizzo separato (come appunto l’installazione di un impianto ascensore, prima non presente nel palazzo), i condomini che non intendono trarne vantaggio sono esonerati da qualsiasi contributo nella spesa. Questo è in definitiva quello che è accaduto in un primo momento: l’autore del quesito ha manifestato la sua contrarietà a questa iniziativa e per tale motivo lo si è esentato da qualsiasi spesa inerente alla installazione dell’ascensore, ma ciò ha impedito che costui possa considerarsi comproprietario dell’ascensore ed usufruirne.

In caso di successivo ripensamento del condomino inizialmente riluttante può intervenire però il successivo 3° co. dell’art. 1121 del c.c. Tale norma prevede il diritto potestativo per tale proprietario suoi eredi o aventi causa di partecipare ex post ai vantaggi dell’opera e acquisirne la comproprietà contribuendo nelle spese di esecuzione e di manutenzione della innovazione.
Secondo la Cassazione (si veda Cass.Civ n. 8746 del 18.08.1993 e Cass Civ. n.20713 del 04.09.2017 proprio in merito alla installazione di un impianto ascensore), affinché si possa esercitare il diritto di cui al comma 3° dell’art. 1121 del c.c. il condomino dovrà corrispondere in proporzione ai suoi millesimi i costi sostenuti dagli altri proprietari all’epoca della installazione dell’opera ragguagliati al costo della vita vigente.
Applicando questo principio assolutamente certo in diritto condominiale parrebbe in prima battuta che l’amministratore sia nel giusto, ma a parere di chi scrive è necessario tenere conto dell’intervenuto sconto in fattura esercitato dagli altri proprietari.
Come è noto lo sconto in fattura consiste in un vero e proprio sconto da parte della ditta che effettua i lavori fino a un importo non superiore al costo stesso dei lavori. In altre parole, la ditta che ha installato l’opera anticipa al committente (quindi al condominio) la spesa detraibile e successivamente può cedere il suo credito a banche o altri istituti finanziari.

Lo sconto in fattura a differenza delle altre modalità previste dalla legge per usufruire dei bonus edilizi, come per esempio la classica detrazione fiscale o la cessione del credito, va quindi ad incidere direttamente sui costi concretamente sborsati dal condominio per installare l’opera.
Quind,i a parere di chi scrive, se noi dovessimo applicare il principio espresso dalla Cassazione tenendo conto anche dell’intervenuto sconto in fattura, l’autore del quesito al fine di un corretto esercizio del diritto previsto dall’art. 1121 del c.c. 3°co. dovrebbe corrispondere (come effettivamente ha fatto) solo la parte dei costi effettivamente corrisposti dal condominio alla ditta che ha provveduto ad installare l’ascensore e che quindi non sono stati assorbiti dallo sconto in fattura.

Se si dovesse, infatti, condizionare l’uso e l’acquisto dell’ascensore al pagamento da parte del condomino riluttante degli interi costi necessari per installarlo, e quindi anche al pagamento di quella quota di spesa assorbita dallo sconto in fattura, si potrebbe concretizzare, ai sensi dell’art. 2041 del c.c.(sempre a parere di chi scrive), un ingiustificato arricchimento a vantaggio della compagine condominiale e quindi degli altri proprietari e a svantaggio del condomino inizialmente riluttante che si trova a sborsare una somma non effettivamente pagata dal condominio (perché, appunto, scontata). Nel caso specifico gli altri condomini si potrebbero arricchire ingiustamente se godessero da un lato dello sconto in fattura, evitando così di sborsare una parte dei costi necessari per installare l’ascensore, e dall’altro di questa somma dal condomino inizialmente riluttante: in altri termini i primi condomini realizzerebbero un profitto, che non avrebbe giustificazione, ai danni del secondo proprietario.

Uno dei principi cardine del nostro ordinamento civilistico infatti è rappresentato proprio dall’art.2041 del c.c., il quale dice che un determinato soggetto può arricchirsi rispetto ad un altro che nel contempo si impoverisce solo se vi è un titolo, una causa, o comunque una ragione giuridica che giustifica tale arricchimento: mancando tale ragione l’arricchimento si qualifica come "ingiustificato" e colui che lo ha percepito è tenuto a rimborsarlo a colui che lo ha elargito.

Per tutti questi motivi si ritiene che per determinare il quantum della somma che l’autore del quesito dovrà sborsare per utilizzare e divenire comproprietario dell’ascensore si dovrà ripartire nuovamente ai sensi del 1° comma dell’ art. 1123 del c.c. la somma che è stata concretamente sborsata dal condominio alla impresa appaltatrice, escludendo quella parte di spesa assorbita dallo sconto in fattura e ricomprendendo nel riparto anche i millesimi riconducibili all’autore del quesito.
Secondo, infatti, un principio giurisprudenziale assolutamente granitico, la spesa necessaria per installare un impianto ascensore prima non presente nel palazzo deve essere ripartita ai sensi del 1° comma dell’art. 1123 del c.c. e quindi facendo ricorso alla tabella generale e non attraverso la tabella scale di cui al successivo art. 1124 del c.c., quest’ ultima utilizzabile solo nel caso in cui vi sia la necessità di mantenere e sostituire un impianto già esistente.

S. A. chiede
giovedì 02/02/2023 - Marche
“Buongiorno,
scrivo in merito ad una questione condominiale.
Il mio condominio sta affrontando una ristrutturazione Bonus 110% e, nel mese di novembre 2022, malgrado l'assemblea avesse deciso la non sostituzione ma semplice tinteggiatura dei parapetti metallici, la ditta appaltatrice ha provveduto alla rimozione e demolizione degli stessi senza nessun preavviso.
Solo successivamente, il ......... dicembre 2022, viene convocata la riunione di condominio in cui il Direttore dei Lavori sostiene la necessità di sostituire i parapetti perché "in pessimo stato di conservazione", cosa non rispondente al vero e provato dal fatto che gli stessi parapetti sono ancora in posa nelle due palazzine attigue, facenti parti dello stesso lotto, realizzate contemporaneamente alla nostra (se non fossero state in perfetto stato non avremmo votato per la tinteggiatura).
Vengono proposte due alternative dal fabbro presente all'assemblea ed incaricato dalla Ditta appaltatrice della sostituzione: un modello compreso nei lavori al 110% ed un modello per il quale viene chiesto all'assemblea, senza la presentazione di alcun preventivo scritto, un pagamento di 30€ al metro+IVA. La maggioranza dei condomini (8 contro 4), affermando che il modello a pagamento fosse esteticamente più bello (cosa che l'amministratore ha omesso nel verbale) ha approvato la spesa. Nel verbale, che ho ricevuto solo dopo più di un mese dalla riunione malgrado lo avessi chiesto tramite pec, viene omesso anche l'intervento dei condomini contrari all'acquisto per pure esigenze estetiche di parapetti con un aggravio di spesa.
Leggendo nel vostro sito un quesito pressoché analogo (Q202230939) ho comunicato a mezzo pec all'amministratore ad una settimana dall'assemblea il mio rifiuto a pagare l'importo, visto che si trattava di una scelta puramente voluttuaria e quindi a carico di chi l'aveva approvata.
L'amministratore mi ha risposto, dopo più di un mese, dicendomi che l'articolo 1121 del Codice si applica alle innovazioni (ad esempio un ascensore) e la sostituzione di un parapetto è una normale manutenzione quindi non soggetta al concetto di scelta voluttuaria.
Chiedo chiarimenti nel merito sperando di essere stata sufficientemente chiara.
Attendo un riscontro.
Saluti”
Consulenza legale i 09/02/2023
Il concetto di innovazione utilizzato dagli artt. 1120 e ss. del c.c. viene definito dalla giurisprudenza assolutamente dominante come: "la modificazione della cosa comune, che alteri l’entità materiale del bene, operandone la trasformazione della sua destinazione, nel senso che detto bene presenti, a seguito delle opere eseguite, una diversa consistenza materiale ovvero sia utilizzato per fini diversi da quelli precedenti l’esecuzione delle opere" (Sezioni Unite 30.04.2020 n. 8435).

La definizione di innovazione che ci restituiscono le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, è sicuramente in linea con la totalità delle pronunce giurisprudenziali. Per tale motivo in un ipotetico contenzioso nei confronti del condominio sarebbe arduo sostenere che la sostituzione delle ringhiere possa considerarsi una innovazione proprio perché mancherebbe la trasformazione o modifica radicale della materia che è il presupposto fondamentale per considerare l’intervento prima di tutto una innovazione che poi possa considerarsi voluttuaria ai sensi del successivo art. 1121 del c.c.

Nel redigere il quesito da lei citato il redattore arrivò a quelle conclusioni cercando di valorizzare l’aspetto della sostituzione del parapetto dei balconi facendolo rientrare nel concetto di trasformazione del bene richiamato dalla giurisprudenza citata: questo perché i parapetti venivano integralmente sostituiti, con parapetti di qualità e specie diversa da quella precedente e quindi non vi era una identica consistenza materiale tra ciò che veniva sostituito e ciò che si sostituiva. Tuttavia oggi, anche alla luce di nuovi arresti della giurisprudenza, non ancora presenti nel momento in cui si andò a predisporre quel parere (la giurisprudenza è in costante evoluzione...), non ci si sente di consigliare tale strategia in un ipotetico contenzioso nei confronti del condominio, dando (purtroppo) in definitiva ragione alle argomentazioni dell’amministratore.

M. G. chiede
mercoledì 14/09/2022 - Lombardia
“ARGOMENTO : APPLICAZIONE SUPERBONUS 110%

Buongiorno,
risiedo in una unità immobiliare indipendente che fa parte di un unico edificio bifamiliare ( di seguito denominato villetta ) a sua volta appartenente ad un complesso immobiliare di 3 edifici a loro volta indipendenti.
Tutto questo fa parte di un unico Condominio ( Supercondominio ) gestito da un unico Amministratore.
Le due unità immobiliari dell' edificio bifamiliare in cui risiedo sono affiancate orizzontamente ed hanno il muro di mezzeria e il tetto in comune ( catastalmente si tratta di due mappali differenti ) e sono uguali e simmetriche.

Il mio vicino in passato aveva manifestato interesse per il Superbonus e se ne era interessato privatamente.
La cosa era approdata in assemblea condominiale circa due mesi fa e il verbale ha riportato testualmente < Si chiede ai sigg. condomini, in particolare ai proprietari delle villette, se hanno in corso procedure per interventi relativi al Superbonus, invitando gli interessati ( mio nome e quello del vicino ) a confrontarsi in merito al fine di definire gli interventi ed accordarsi in merito alla realizzazione delle opere conseguenti, dandone comunicazione all' Amministratrice circa le modalità e gli accordi tra le parti. > Nel verbale si aggiunge anche che i condomini degli altri edifici nulla hanno da eccepire qualora il nostro edificio bifamiliare ( villetta) effettuasse tale tipo di lavori.
Quanto scritto mi sembrava corretto, così che in caso di interesse comune si poteva venirne informati ed eventualmente collaborare.

Dalla data dell' assemblea ad oggi il vicino non comunicava nulla nè a me e neppure alla Amministratrice ( da me oggi interpellata telefonicamente ) ma oggi nella sua unità immobiliare sono improvvisamente comparsi i ponteggi per eseguire il cappotto.

Mi sono molto risentito in quanto tale agevolazione mi poteva interessare e avremmo potuto collaborare, soprattutto perchè adesso la mia metà di bifamiliare non risulta coibentata. Quasi certamente a lavori ultimati vi saranno delle differenze tra le “due metà” dello stesso edificio dovute allo spessore del cappotto, ma sicuramente verranno mantenute le colorazioni esterne, quindi credo che le facciate risulteranno comunque simili.

Da me subito interpellato il vicino mi riferisce che il cappotto interesserà solo i muri esterni e non il tetto in comune, pertanto si tratta di lavori privati dove il condominio non centra nulla e non sembra assolutamente interessato ad avviare una qualsiasi collaborazione.
In ogni caso l' intervento non sembra interessare il tetto, perchè è una parte comune.

Si può arbitrariamente agire in questo modo ?
Siamo due proprietari di una bifamiliare, è possibile che uno dei due possa intraprendere questo tipo di lavori senza darne comunicazione all' altro e senza la sua approvazione ?
In una bifamiliare si può fare questo ?

Il vicino asserisce che i suoi lavori non interessano le parti comuni, pertanto non deve rendere conto a nessuno né a me e neppure al condominio, inoltre l' estetica non viene modificata. E si scusa per non avermi avvisato....
Nell' ambito del Superbonus sembra che abbia considerato la sua una unità funzionalmente indipendente e non una unità condominiale, di fatto by-passando il verbale di condominio, è possibile ?

In questa situazione posso fare qualcosa ? Qualche motivazione per bloccarne i lavori ? Chiedere di unirmi ai lavori in qualche modo ? Oppure fare gli stessi lavori nella mia abitazione per rendere uniforme la bifamiliare ma a che titolo, condominiale o funzionalmente indipendente ( quest' ultima in scadenza.. ) ?

Relativamente a quest' ultima opzione ho qualche dubbio : a quale categoria appartengo ? Condominio o unità abitativa funzionalmente indipendente ? Di seguito una nota su questo aspetto.

Nota : le due unità immobiliari che costituiscono la bifamiliare, stando al regolamento condominiale hanno le seguenti parti comuni, cito testualmente solo le parti di interesse < Parti comuni ai singoli edifici : -l' area su cui sorge l' edificio con le sue pertinenze, giardini, cortili; - il sottosuolo, le fondazioni, le strutture in cemento armato, i muri perimetrali, il tetto di copertura e relativo sottotetto non abitabile, i lastrici solari se non di proprietà esclusiva; - le canalizzazioni di adduzione, i tubi di scarico dei materiali reflui sino alla diramazione delle singole proprietà, la rete fognaria sino all' imbocco della rete comunale; - le tubazioni dell' acqua corrente, gli allacciamenti, le colonne montanti sia dell' acqua che dell' energia elettrica e del gas fino all' allacciamento ai contatori; - i passaggi pedonali; etc.. >
Funzionalmente sembra che le nostre unità immobiliari siano da considerarsi < funzionalmente indipendenti > anche se le sopra riportate frasi del regolamento di condominio non ne danno la certezza ( comunque in pratica abbiamo due cancellini di accesso separati che danno su un unico vialetto condominiale interno, contatori di luce, gas e acqua indipendenti, e forse questo le rende indipendenti ).

Rimango in attesa di un Vs. riscontro e a disposizione per ogni altro chiarimento necessario.
Cordiali saluti”
Consulenza legale i 28/09/2022
Per capire se le due unità abitative possono considerarsi funzionalmente indipendenti più che un parere di un legale è necessario sentire il parere di un tecnico edile sicuramente molto più competente di chi scrive a derimere ogni dubbio sull’argomento.
Dal punto di vista giuridico è giusto ricordare come la Cassazione abbia precisato come l’elenco dei beni comuni previsto dall’art. 1117 del c.c. non è tassativo: esso, infatti attribuisce al bene una presunzione di condominialità vincibile in giudizio con prova contraria. Quindi seppur un bene è indicato comune dall’art.1117 del c.c. (come i muri maestri) è ben possibile dimostrare che esso in realtà per le sue caratteristiche costruttive e strutturali è un bene posto al servizio esclusivo della singola unità abitativa in proprietà esclusiva e non della collettività condominiale.
Ad ogni modo, anche in questo caso per avere un parere più preciso si è costretti a rinviare ad un tecnico edile il quale è l’unica figura che coadiuvando il legale lo aiuterebbe a dare risposte più precise.

Se la facciata dell’unità immobiliare del vicino può considerarsi un bene in proprietà esclusiva, l’installazione del cappotto termico può considerarsi legittima, a patto che ai sensi dell’art. 1121 del c.c. esso rispetti il decoro architettonico dello stabile: ed è proprio sotto questo aspetto che si potrebbe fare leva per tentare di bloccare i lavori.
Il decoro, viene definito dalla giurisprudenza assolutamente constante come l’insieme delle linee architettoniche della facciata dell’edificio, linee che con ogni probabilità risulteranno alterate dal fatto che il cappotto termico verrà installato solo in una porzione della villetta bifamiliare.

Dispiace ripetersi, ma anche sotto l’aspetto della lesione al decoro, il parere del legale deve necessariamente essere integrato da quello di un tecnico, soprattutto se si deciderà di usare tale linea difensiva per ottenere un provvedimento giudiziario teso a sospendere i lavori, oppure a portare il vicino di casa in mediazione nel tentativo di ottenere un accordo bonario.

Dando un consiglio più pratico che giuridico forse più che fare la guerra al vicino converrebbe valutare la possibilità di accedere al bonus fiscale autonomamente imboccando a nostra volta la strada già tracciata e considerando anche l’altra unità immobiliare come funzionalmente autonoma (sempre con l’ausilio di un tecnico).


A. C. chiede
martedì 30/08/2022 - Veneto
“Sono proprietario di un appartamento sul lago di Garda. Il condominio è dotato di piscina condominiale che necessita di un intervento di totale rifacimento. Il problema che si pone è che la maggioranza dei condomini vuole dotare la nuova struttura anche di impianto di riscaldamento dell'acqua della piscina attraverso pompe di calore a energia elettrica (non a energia rinnovabile: fotovoltaica, pannelli solari ecc.) Dato il momento storico e i costi dell'energia, si può ritenere questa spesa VOLUTTUARIA e ricadere in quanto previsto dall'art. 1121 c.c.?”
Consulenza legale i 02/09/2022
Alla luce della recente crisi energetica, il quesito che ci viene posto è sicuramente di forte attualità ed interesse, ma per ovvi motivi non è possibile reperire materiale giurisprudenziale che affronti in modo specifico il problema.

L’art. 1121 del c.c. indica una particolare disciplina qualora l’assemblea intenda deliberare la realizzazione di una innovazione che possa definirsi gravosa o voluttuaria rispetto alle particolari condizioni e all’importanza dell’edificio. Se infatti tale tipologia di innovazione consiste in opere suscettibili di una utilizzazione separata, i condomini che non intendono trarne vantaggio sono esonerati da qualsiasi contributo nella spesa.
Se non è possibile un utilizzo separato della innovazione gravosa o voluttuaria, il 2° co. dell’art.1121 del c.c. dispone che l’innovazione non possa essere realizzata a meno che i condomini che l’hanno deliberata non si accollino per intero le spese di realizzazione e di manutenzione.

Cass. Civ. Sez. II, n. 10483 del 21.05.2015 (tra le tante) si preoccupa di dirci quando una innovazione possa definirsi gravosa o voluttuaria.
Si ha innovazione voluttuaria quando essa possa definirsi inutile, è invece gravosa quando comporta una notevole onerosità ed esborso: il tutto da valutarsi rispetto alle condizioni oggettive dell’edificio.
Alla luce di questa giurisprudenza chi scrive pensa che in un ipotetico giudizio possa sostenersi la gravosità (più che la voluttuarietà) della opera che si intende realizzare, portando a sostegno proprio la recente crisi energetica, gravosità che ad ogni modo dovrà rapportarsi alle condizioni oggettive dell’edificio.
A proposito di tale ultimo aspetto, non è possibile in questa sede fornire un parere più approfondito in quanto questo tipo di valutazione dipende molto dalle caratteristiche concrete del caso specifico.

Visto che il tipo di innovazione che il condominio intende realizzare non è suscettibile di un utilizzo separato, se il giudice accogliesse la teoria della gravosità dell’opera essa non potrebbe essere realizzata, a meno che i proprietari favorevoli non accettino di accollarsi per intero i costi di realizzazione e manutenzione.
Questo è eventualmente l'obiettivo da raggiungere.

M. C. chiede
lunedì 09/05/2022 - Lazio
“Buogiorno, faccio parte di un condominio di quattro scale per complessivi 50 appartamenti, stiamo facendo i lavori del 110%, alcuni condomini hanno chiesto la sostituzione delle ringhiere dei balconi esposti al lato nord, spese a carico dei condomini in quanto non previste dal bonus 110%. Si può considerare una "innovazione voluttuaria"? Preciso che in due assemblee condominiali (bolgie) è stato deciso la sostituzione.Chi ha votato contro l'ha fatto per l'onerosa spesa e perche le ringhiere sono in buono stato.Possono considerarsi lavori straordinari non obbligatori? Oppure deve avere carattere voluttuario, ossia deve esserepriva di utilità, non strettamente indispensabile per l'esistenza e la conservazione dell'edificio? La votazione è valida o ci deve essere l'unanimità?.Faccio presente che la ringhiera del 110% non è uguale a quella esposta a nord che si vorrebbe sostituire, l'archittetto che si occupa del bonus ha modificato la ringhiera del bonus per farla assomigliare a quella che vorrebbero sostituire a pagamento.Attendendo un vostro riscontro porgo cordiali saluti”
Consulenza legale i 13/05/2022
L’art. 1120 del c.c. nel consentire seppur con apposite maggioranze che l’assemblea possa deliberare l’esecuzione di determinate innovazioni in condominio, pone come unico requisito che esse siano dirette al miglior rendimento e godimento delle cose comuni e che non venga compromessa la sicurezza stabilità e decoro dell’edificio.
Se rientranti in tali requisiti ogni innovazione è di per se ammissibile e se deliberata nel rispetto delle maggioranze prescritte dal codice civile gli oneri per la loro realizzazione devono essere sopportati obbligatoriamente da tutti i proprietari in proporzione delle loro quote.

C'è però da considerare anche quanto disposto dall’ art.1121 del c.c. Tale norma prevede che qualora l’innovazione comporti un esborso gravoso o abbia carattere voluttuario rispetto alle particolari condizioni e all'importanza dell'edificio e sia suscettibile di utilizzo separato, i condomini che non intendono trarne vantaggio sono esonerati da qualsiasi contributo nella spesa. A farsene carico saranno, quindi, solo coloro che vogliono beneficiare dell'innovazione e possano farlo autonomamente.

Una definizione di innovazione voluttuaria ci viene fornita da Cass.Civ. n.2401/1981, pronuncia che anche se un po’ datata deve considerarsi ancora attuale.
La innovazione, ci dice tale pronuncia, deve considerarsi voluttuaria quando la spesa che comporta la sua esecuzione e manutenzione non è compensata da un corrispondente aumento di vantaggi che ai singoli proprietari di appartamenti derivano dal godimento della parte comune in cui essa è introdotta, o dall’impianto, manufatto in cui essa consiste. Tale criterio va temperato tenendo conto del carattere dell’edificio, del sistema di costruzione, dei materiali impiegati, della destinazione data dai proprietari agli appartamenti che compongono l’edificio.
Nel caso specifico, posto che decidere la sostituzione dei parapetti dei balconi, elementi caratterizzanti la facciata dell’edificio, rientra nelle competenze della assemblea, i lavori che si vorrebbero realizzare, a parere di chi scrive, devono considerarsi una innovazione voluttuaria tenendo conto del fatto che all’oggi pare non sussistere una reale necessità di procedere ad una sostituzione delle ringhiere dei balconi.

È chiaro che non è possibile procedere alla sostituzione solo delle ringhiere dei balconi appartenenti ai condomini favorevoli alla sostituzione, pertanto l’innovazione non può considerarsi suscettibile di un utilizzo separato, e quindi la sua realizzazione a mente del 2°co. dell’art. 1121 del c.c., sarebbe addirittura vietata.
Per ovviare a tale divieto o si raggiunge un accordo unanime tra tutti i proprietari per realizzare la sostituzione delle ringhiere, o i condomini favorevoli accettano di accollarsi le spese della sostituzione delle ringhiere dei balconi appartenenti ai condomini contrari. È facile intuire che nessuna delle due strade sarà facilmente percorribile.


A. S. chiede
giovedì 03/02/2022 - Lombardia
“Buonasera,
desidero sottoporre alla Vs attenzione il seguente quesito:

l’Assemblea del mio condomino ha intenzione di aderire ai lavori di efficientamento energetico (superbonus 110%) ma io ho espresso un parere contrario.
Il motivo è relativo al fatto che non ho fiducia nell’impresa scelta dall’amministratore e non intendo sostenere tutte le spese extra dell'opera (compreso costo dell'amministratore) e le eventuali spese future (richieste di rimborso da parte dell’Agenzia delle Entrate, cause civili per lavori non effettuati a regola d'arte, ecc.).

Sulla base di quanto esposto, desidero sapere se, in riferimento a quanto stabilito dall’art. 1121 c.c. (non obbligatorietà di partecipazione per innovazioni gravose o voluttuarie), posso sottrarmi dal partecipare al suddetto intervento, considerando anche che, data la posizione del mio appartamento, lo stesso non avrebbe alcun vantaggio dal cappotto previsto sulle parti comuni.

In tal senso chiedo, quindi, se posso rifiutarmi di firmare la cessione della mia parte di credito per l’intervento sulle parti comuni, e se ciò non fosse possibile, se posso almeno esentarmi dal partecipare alle spese extra dell'opera e a quelle future.

Grazie e saluti”
Consulenza legale i 09/02/2022
Il 1° co. dell’art. 1137 del c.c. ci dice che le delibere adottate a norma di legge dalla assemblea condominiale, sono obbligatorie per tutti i condomini e quindi vincolano anche coloro che hanno espresso voto contrario.

Il codice civile prevede solo poche deroghe a tale importante principio, ed una di queste è sicuramente quella racchiusa nell’art. 1121 del c.c. Tale articolo prevede infatti che qualora l’assemblea delibera la realizzazione di una innovazione gravosa o che abbia carattere voluttuario rispetto alle condizioni o alla importanza del palazzo e tale innovazione consiste in opere, manufatti o impianti suscettibili di utilizzazione separata i condomini che non intendono trarne vantaggio sono esonerati da qualsiasi obbligo di pagamento.

Posto questo, è importante chiedersi se la realizzazione del cappotto termico possa rientrare nell’ambito di applicazione dell’art. 1121 del c.c., ma purtroppo dobbiamo dire che la giurisprudenza più recente ha escluso tale possibilità.

La Cassazione con la recente ordinanza emessa dalla Sezione II n. 10371 del 20.04.2021, ha precisato infatti che il cappotto termico non può considerarsi un’opera suscettibile di un utilizzo separato, né una volta eseguita configura una cosa che è destinata a servire i condomini in misura diversa, oppure solo una parte dell’intero fabbricato. Al contrario invece, la Cassazione ritiene che il cappotto sovrapposto sui muri esterni è finalizzato alla coibentazione dell’intero fabbricato e quindi deve considerarsi un bene destinato a vantaggio della intera collettività condominiale e ricompreso tra quelli indicati dal n.3) dell’art.1117 del c.c.
Il fatto che l’opera venga realizzata nell’ambito del bonus 110% non fa venir meno la normativa citata e i principi indicati dalla Corte di Cassazione, anzi semmai la normativa del bonus 110% rafforza ulteriormente quanto detto finora.

Posto che, a quanto pare, la realizzazione dell’opera è stata ormai deliberata dall'assemblea, pare essere del tutto controproducente sottrarsi al beneficio fiscale non firmando i documenti necessari alla cessione del credito.

Inoltre allo stato attuale non è possibile sottrarsi al pagamento di quei costi che sono strettamente legate alla coibentazione dell’edificio, come per esempio l’aumento dei compensi dell’amministratore; in futuro sarà possibile forse sottrarsi agli oneri derivanti da eventuali contenziosi che potrebbero sorgere con imprese appaltatrici e/o Agenzia delle Entrate, ma vi è da dire che non si ha neppure la certezza che tali problematiche si presenteranno.






Riccardo F. chiede
lunedì 18/03/2019 - Lombardia
“Buonasera,
sono l'Amministratore di un Condominio in Milano composto da n. 145 Unità Immobiliari disposte su n. 9 piani fuori terra e n. 120 posti auto in autorimessa di n. 3 piani sotterranei; premetto che il Condominio si avvale della nomina di n. 5 Consiglieri nominati annualmente dall'Assemblea. Il Consiglio si riunisce con il sottoscritto amministratore periodicamente ogni mese (o 45 giorni); durante il corso dell'anno durante i Consigli, mi è stato richiesto da alcuni Condomini (N. 4 Consiglieri) di portare preventivi per il rifacimento della Boiserie in legno che riveste il vano ascensori nell'Atrio d'ingresso condominiale e per il rifacimento della Boiserie in legno che riveste il portale d'ingresso condominiale. E' stato dato incarico ad un professionista di formulare un progetto con relative proposte e un capitolato per la raccolta di preventivi.
Il progettista ha proposto di sostituire il rivestimento in legno sia del Vano ascensori che del Portale d'ingresso con delle piastrelle in Gres di grande formato che imitano il Marmo Travertino in quanto tutta la facciata condominiale è rivestita da vero Marmo Travertino e per contenere la spesa si è scelto un Gres tipo Travertino e non Marmo Vero.
All'interno del Consiglio, un Condomino Consigliere (tra l'altro Avvocato) è contrario a questo lavoro e sottolinea che tale lavoro rappresenta Innovazione.

Ritengo che sia da considerarsi una manutenzione straordinaria, in quanto il legno esistente risulta ammalorato in alcune parti e molto più delicato rispetto al materiale proposto in sostituzione.

Resto in attesa di Vostri suggerimenti in merito, anche riguardo alle maggioranze da adottare per la delibera del caso.

A disposizione per qualsiasi domanda in merito, porgo cordiali saluti.


Consulenza legale i 24/03/2019
Uno degli aspetti più complessi del diritto condominiale e che genera maggiore contenzioso e maggiori problematiche tra gli operatori del settore, è capire quando un determinato intervento possa considerarsi innovazione, lavoro straordinario o mera modifica.
La distinzione ha degli innegabili risvolti pratici, sol che si pensi che la innovazione deve essere approvata dalla assemblea con le maggioranze di cui al 5°comma dell’art. 1136 del c.c. (maggioranza degli intervenuti che rappresentano almeno i 2/3 del valore dell’edificio), la modifica o riparazione straordinaria, invece, possono essere approvate con i quorum deliberativi più bassi di cui al 2° e 4°comma dell’art.1136 del c.c. (maggioranza degli intervenuti che rappresentano almeno la metà del valore dell’edificio).

In realtà sull’argomento la giurisprudenza della Corte di Cassazione si è espressa più volte fornendo dei principi oramai considerati dei punti fermi, ma è nel momento di calare tali principi nella pratica che sorge la difficoltà maggiore e, conseguentemente, i maggiori attriti tra i proprietari.
Secondo la giurisprudenza è innovazione ai sensi degli artt.1120 e 1121 del c.c. non qualsiasi mutamento o modificazione sulla cosa comune, ma quell’intervento che comporti
una modifica materiale del bene o che
che ne alteri la entità sostanziale o
la destinazione funzionale (si veda in tal senso su tutte: Cass. Civ.,Sez.II, n.11936 del 23.10.1999).

Non è, quindi, la onerosità dell’intervento che porta a distinguere tra innovazione e mera modifica (che può considerarsi anche intervento straordinario), ma è come l’opera va a mutare la sostanza e la materia della parte comune dell’edificio.
Se letto su carta il principio enunciato dai giudici di legittimità appare chiaro e lineare, nel momento in cui esso deve essere calato nella realtà del complesso edile di turno, però, sorgono innumerevoli problemi, in quanto tale principio impone inevitabilmente una valutazione casistica, e pertanto variabile a seconda del singolo operatore chiamato a risolvere la problematica specifica. In altri termini ciò che può essere innovazione o mera modifica per il singolo condomino, non lo è per l’amministratore di turno, piuttosto che per il magistrato chiamato a dirimere una eventuale controversia, o il consulente tecnico nominato in corso di causa.

Stante quanto detto sopra, si ritiene che l’intervento che si dovrà fare sulla boiserie non sia di una "profondità" tale da costituire una innovazione, in quanto esso non costituisce un mutamento radicale nella funzione della parte comune, ma al massimo mera modifica del materiale di cui è fatta la stessa.

Vista la grande incertezza applicativa, tuttavia, anche un ipotetico collega di controparte avrebbe buone possibilità di sostenere che l’intervento da realizzarsi possa considerarsi, invece, innovazione, e, magari (per quanto possa apparire paradossale), anche innovazione voluttuaria ai sensi dell’art. 1121 del c.c.
Alla luce di quanto detto si consiglia innanzitutto di far approvare l’intervento in assemblea con le maggioranze di cui al 5° comma dell’art. 1136 del c.c.; se poi alcuni condomini impugneranno il verbale ritenendo l’opera non consentita ai sensi del 2° comma dell’art. 1121 del c.c., si potrà sostenere in mediazione, prima, e nell’eventuale giudizio poi, che l’opera approvata deve considerarsi mera modifica della cosa comune.
Nulla ci vieta, infatti, di far approvare un intervento straordinario con la maggioranza più elevata richiesta per l’innovazione, fermo restando che ben ci si deve guardare dal qualificare innovazione l’intervento approvato, nel momento in cui andiamo a redigere il verbale di assemblea.
Un ulteriore soluzione volta ad evitare un contenzioso, che avrebbe comunque dei risvolti incerti per la compagine condominiale, sarebbe quella di proporre in assemblea un intervento meramente sostitutivo del materiale di rivestimento della boiserie, sostituendo il legno con del materiale che sia almeno esteticamente molto simile al legno stesso (esistono boiserie in poliuretano ad alta densità laccato) ma meno costoso. In questo modo l'estetica e l'originale "pensiero architettonico-decorativo" dell'edificio resterebbe, di fatto, immutato. Sostituire il legno con il travertino, ragionando sul fatto che la facciata pure è in travertino ... è un pensiero che ha una sua logica ma certamente non è altrettanto rispettoso, nel risultato finale, dell'originario impianto estetico dell'atrio comune e, ci pare, presti più facilmente il fianco a critiche.

Marco B. chiede
lunedì 18/03/2019 - Lazio
“Buongiorno, nel condominio abbiamo ottenuto una autorizzazione tesa ad ottenere il permesso di costruire per il superamento delle barriere architettoniche con il rifacimento ed adeguamento funzionale del torrino ed elevazione dell'impianto di ascensore al 5° piano (oggi fruibile fino al 4° piano). Dei condomini (4 su 58) contestano appellandosi a due art. del cc (1123 e 1121) convocando il condominio ad una mediazione. Il quesito è il seguente, il superamento delle barriere architettoniche esclude ai dissidenti la possibilità di avvalersi di quanto riportato dai 2 art. del cc ?”
Consulenza legale i 21/03/2019
Il legislatore si è occupato della eliminazione delle barriere architettoniche e al diritto alla mobilità dei disabili in condominio con due importanti interventi legislativi: il primo è la L. n. 13 del 9.01.1989, il secondo è la legge di riforma del condominio L. n.220 del 2012 che è andata a modificare parzialmente il testo di legge dell’89 precedentemente citato.
Viene definita barriera architettonica qualunque elemento costruttivo che impedisca, limiti o renda difficoltosi gli spostamenti o la fruizione di servizi (specialmente per le persone con limitata capacità motoria o sensoriale, cioè portatrici di handicap).
In ambito condominiale i classici esempi di barriere architettoniche sono, ad esempio, la mancanza dell’ascensore nello stabile e la presenza nell’ingresso di gradini o altri ostacoli che rendano difficoltoso entrare nell’edificio.
L’ art. 2 co. 1 della L. n13\1989, nel suo testo da ultimo vigente, dispone che:” Le deliberazioni che hanno per oggetto le innovazioni da attuare negli edifici privati dirette ad eliminare le barriere architettoniche… sono approvate dall'assemblea del condominio, in prima o in seconda convocazione, con le maggioranze previste dal secondo comma dell'articolo 1120 del codice civile.”

L’art 1120 2° co. del c.c. prevede, a sua volta, che le innovazioni volte alla eliminazione delle barriere architettoniche devono approvarsi dalla assemblea con la maggioranza indicata da 2° co. dell’art. 1136 del c.c., ovvero maggioranza degli intervenuti che rappresentano la metà del valore dell’edificio (500 millesimi).
Il 3° co. dell’art 1120 del c.c. obbliga l’ amministratore a convocare[def ref=assemblea (condominio) l’assemblea condominiale[/def] entro 30 giorni dalla ricezione della richiesta avanzata anche da un solo condomino interessato a installare innovazioni volte alla eliminazione delle barriere architettoniche. Tale richiesta deve contenere la tipologia di intervento richiesto e le modalità di esecuzione.

Ora a fronte della richiesta avanzata per iscritto dal condomino interessato, se l’assemblea non raggiunge le maggioranze di cui all’art. 1136 2°co. del c.c., oppure la stessa non si pronuncia sulla richiesta entro 3 mesi dalla sua ricezione, il comma 2° dell’art. 2 della Legge n. 13/1989 riconosce il diritto al condomino portatore di handicap, o ai suoi eventuali rappresentanti legali (come i genitori), di installare l’ascensore o montacarichi a loro spese.
Quindi, al condomino disabile viene riconosciuta dal legislatore una duplice strada per ottenere l’installazione di un impianto ascensore: la prima è quella di far pronunciare in merito l’assemblea, ripartendo il costo della innovazione fra tutti i condomini; la seconda, a fronte del rifiuto o dell’inerzia del consesso condominiale, è quella di installarlo a sue spese.

La legislazione volta alla eliminazione delle barriere architettoniche, pertanto, prevede importanti deroghe rispetto alla normativa ordinaria, ma tali modifiche non si spingono fino a derogare a quanto dispone l’art. 1121 co. 3 del c.c., norma fatta espressamente salva dal co. 3 dell’art.2 della L. n.13/1989. È importante sottolineare come il co. 3 dell’art. 1121 del c.c. fa espresso rinvio al primo comma dell’art.1121 del c.c., rendendo, quindi, anche tale parte dell’articolo perfettamente applicabile in caso di deliberazioni assembleari autorizzanti innovazioni volte al superamento di barriere architettoniche.
Il co. 1 dell’art.1121 del c.c. dispone che in caso di innovazioni gravose suscettibili di utilizzazione separata, i condomini che non intendono trarne vantaggio sono esonerati da qualsiasi contributo nella spesa. il successivo co. 3 fa salva la possibilità per detti condomini, loro eredi e aventi causa di partecipare successivamente ai vantaggi della innovazione, contribuendo alle spese di esecuzione e manutenzione dell’opera.
In caso di innovazione gravosa suscettibile di utilizzo separato, quindi, la legge fa salva la possibilità ai condomini dissenzienti di sottrarsi al pagamento dell’opera, per poi riconoscere agli stessi il diritto potestativo di partecipare successivamente ai suoi vantaggi, se lo desiderano.

La innovazione è gravosa quando comporta un rilevante esborso per la sua realizzazione. È importante sottolineare come la giurisprudenza abbia precisato che la gravosità dell’opera deve essere ragguagliata non alle condizioni soggettive dei singoli condomini, ma alle condizioni oggettive dell’edificio in cui viene realizzata (si veda Cass. Civ., Sez.II,18.08.1993 n.8746).
La giurisprudenza ha inoltre precisato che i condomini che non intendono trarre vantaggio dalla innovazione, possano esprimere tale volontà o in sede di riunione assembleare, per i presenti, o successivamente per mezzo di impugnazione della delibera che autorizza l’esecuzione dell’opera, per i condomini assenti il giorno della riunione.

L’installazione dell’impianto ascensore, o il suo prolungamento, è un tipico caso di innovazione gravosa suscettibile di utilizzazione separata. Nel caso di specie si presume che alcuni condomini, non desiderosi di partecipare all’esborso che il prolungamento dell’impianto comporta, hanno deciso di impugnare la delibera assembleare esprimendo il loro dissenso ai sensi dell’art.1121 del c.c. Trattandosi di controversia condominiale, l’impugnazione della delibera assembleare ex art.1137del c.c., deve essere preceduta, ai sensi del D.Lgs. n.28/2010, dal tentativo obbligatorio di mediazione.
Al di là del fatto che l’innovazione sia volta all’abbattimento delle barriere architettoniche, i costi per la sua realizzazione, una volta che la stessa sia stata autorizzata dalla assemblea, dovranno essere ripartiti secondo quanto viene disposto dagli artt. 1123 e 1124 del c.c., norme che non trovano deroga alcuna nella L.n.13/1989.
Il quesito non fornisce sufficienti elementi per capire quale tipo di contestazione è stata mossa al condominio sotto tale aspetto; ci si sente solo di sottolineare che, consistendo l’innovazione nella installazione di un impianto ascensore, la norma che dovrebbe entrare in gioco nello stabilire le modalità di riparto delle spese straordinarie e ordinarie è l’art. 1124 del c.c. e non l'art. 1123 del c.c.

Mauro C. chiede
martedì 05/03/2019 - Lombardia
“Siamo 4 fratelli (C.) e, a seguito della successione di nostra madre, abbiamo una quota di possesso di una casetta di montagna.
Noi avevamo un terzo (1/3) di ogni locale, l'altra parte (P) i restanti due terzi (2/3).
Nell'anno 2010 di comune accordo ci si scambiano alcune parti (permuta) in maniera tale che ognuna delle due parti rimanga indipendente.
Nell'anno 2011 si procede con regolare autorizzazione a dei lavori di manutenzione straordinaria riguardanti in specifico la struttura del tetto e il corpo precedentemente destinato a fienile, interamente in legno e cadente sotto il peso del tempo.
In questi giorni vorremmo regolarizzare dal notaio la permuta ma la controparte ci chiede un contributo spese che Noi non riteniamo congruo.
Premesso che i conteggi sono stati fatti dal sottoscritto con i dati forniti dallo stesso P e la divisione con i millesimi derivati dalla permuta.
In allegato una rendicontazione che ho elaborato per poter chiarire con la controparte (P), che però si ostina a non voler prendere in considerazione.”
Consulenza legale i 11/03/2019
Ai sensi degli art. 1104 del c.c., art. 1108 del c.c. e art. 1121 del c.c., in caso di beni in parte o totalmente in comunione, i lavori di manutenzione straordinaria e le innovazioni devono essere approvate con delibera della maggioranza dei condomini e le spese ripartite in ragione della propria quota da determinarsi in millesimi di proprietà.
Le opere di manutenzione e innovazione, inoltre, non devono comportare una spesa eccessivamente gravosa né arrecare pregiudizio al godimento di alcuno degli altri condomini.
Infine, in caso di opere, impianti o manufatti suscettibili di utilizzazione separata ed esclusiva di uno dei condomini, gli altri che non intendono o non possono trarne vantaggio sono esonerati da qualsiasi contributo nella spesa.
Ciò premesso, ritenendo che la proprietà P e C configuri un'ipotesi di condominio minimo (a tale conclusione pervenendo in virtù dell'attribuzione con permuta di due porzioni indipendenti di fabbricato con annessi beni in comune, tra cui, si presume, tetto, scale e pertinenze varie), si afferma che ciascuna famiglia (P e C) partecipa ai vantaggi e ai pesi dei beni in ragione della propria quota di appartenenza e in relazione all’utilità comune o esclusiva degli stessi.
Difatti, la spesa per i lavori di rifacimento del tetto, in quanto autorizzati dalle due famiglie e serventi le due proprietà dovranno essere ripartiti in relazione ai millesimi delle quote di ciascuna proprietà e pertanto i C. dovranno corrispondere la quota di 1/3, mentre i P la quota di 2/3.
Le spese per la demolizione e ricostruzione del muro maestro a sud del fabbricato potrebbero esser poste anche esse a carico di entrambi come per il caso del tetto, considerato che detto muro è essenziale per l'esistenza dell’intero edificio (Cfr. ex multis, Cass. 15.02.1996, n 1154). Tuttavia, il godimento esclusivo da parte della proprietà P e la circostanza che si tratta di spese voluttuarie non necessarie - visto che lo stesso, come affermato dal geometra interessato, essendo in stato ottimale, non abbisognava della demolizione e successiva ricostruzione con metodi moderni - comporta che detta spesa deve essere sostenuta dalla sola proprietà P.
Discorso simile deve essere poi applicato anche ai lavori di innalzamento di n° 3 comignoli e alla demolizione e ricostruzione della porzione denominata “casulèr”, le cui spese dovranno esser poste a totale carico della proprietà P. siccome facenti parte della sua proprietà esclusiva.
Si ritiene pertanto che i conteggi di cui al quesito proposto andranno rideterminati alla luce delle considerazioni sopra svolte, con lo scomputo dal totale dei lavori effettuati del costo per la demolizione e ricostruzione del muro maestro a sud del fabbricato, per l’innalzamento di n° 3 comignoli e per la demolizione e ricostruzione della porzione denominata “casulèr”.
Sarebbe a tal fine opportuno richiedere alla ditta che ha effettuato i lavori l'invio di fatture o conteggi analitici e separati per ogni lavoro (rifacimento tetto, demolizione e ricostruzione muro maestro, innalzamento dei tre comignoli, ristrutturazione "casuler") di modo da definire il più agevolmente possibile la situazione.
Unica eccezione che potrebbe essere sollevata dalla proprietà P in merito ai conteggi sopra delineati potrebbe essere rappresentata dalla circostanza per cui ad oggi non è stata ancora formalizzata nessuna permuta, e non possa quindi individuarsi una fattispecie di condominio minimo, bensì una semplice comunione ordinaria con quote ideali e pertanto tale da non potersi affermare che il muro maestro, i comignoli e il “casuler” sono di proprietà esclusiva del P.
Tuttavia, le conclusioni sopra delineate non cambiano, giacché, come sopra affermato, le opere di manutenzione e innovazione non devono comportare una spesa eccessivamente gravosa né arrecare pregiudizio al godimento di alcuno degli altri partecipanti, oltre ad essere necessariamente caratterizzate da urgenza degli interventi. Tutti requisiti che mancano nel caso di specie.

LUCIANA G. chiede
giovedì 08/06/2017 - Piemonte
“Buonasera
Nel condominio di ...omissis... dove sono proprietaria di una mansarda di due all'ultimo piano è necessario rifare il tetto a seguito perizia che attesta infiltrazioni e avvallamenti.
Il condominio copre integralmente tre piani e la scala interna di un alloggio sito in condominio attiguo.
Un ingegnere condomino (che è anche il tecnico al quale è stato affidato il progetto) sostiene che la ripartizione debba essere fatta per millesimi generali di separata copertura (e mi sembra logico) nonché per millesimi che includano coefficienti di altezza, piano e di maggior uso e beneficio per le mansarde e l'amministratore gli ha dato incarico di redigere questa tabella in quanto non abbiamo regolamento di condominio che la preveda.
Sostiene inoltre che il costo della coibentazione del tetto debba essere imputata integralmente ai proprietari delle mansarde che ne traggono maggior beneficio, richiedendo a noi quali caratteristiche debba avere il nuovo tetto e lo spessore desiderato della coibentazione!
Ora noi non vogliamo fare alcuna innovazione, vogliamo solo che sia rifatto il tetto e che il progetto preveda quanto prescrive la legge per il risparmio energetico per una civile abitazione.
Immagino che esista un minimo di coibentazione che obbligatoriamente sia da inserire nel manufatto, e di cui tutti si debbano far carico, indipendentemente dalla detrazione fiscale (50 o 65%) che si andrà a richiedere per tutti i condomini e non solo per noi ai quali viene richiesto questo maggior onere.
Grazie per i Vs. consigli.”
Consulenza legale i 15/06/2017
Il tetto è la parte più importante di una costruzione, influisce molto sul risparmio energetico e contribuisce alla dispersione del caldo e del freddo; per questo motivo, deve essere fatto ad arte e rispettare i criteri energetici imposti dalle vigenti regole per la sostenibilità.
Di regola l'occasione di rifare il tetto ha un duplice scopo, ossia quello della riparazione e quello del miglioramento, utilizzando nuove procedure e innovativi materiali di costruzione.

Secondo l’articolo 1117 del codice civile, il tetto rientra nelle parti comuni di un edificio condominiale e quindi la ripartizione delle spese per il suo rifacimento deve essere fatta dall’amministratore condominiale utilizzando le tabelle millesimali.
L'inscindibilità strutturale e funzionale del tetto, destinato a proteggere l'intero edificio e non soltanto gli ultimi piani da tutti gli agenti atmosferici e, quindi, anche dal caldo e dal freddo, porta ad escludere che possa distinguersi la parte di tetto costituente la copertura esterna del fabbricato dalla sottostante destinata ad assicurare l'isolamento termico.

Esistono articoli del codice civile che specificano, senza possibilità di errore e nel dettaglio, come devono essere ripartite le spese delle parti comuni.
A tal fine risulta indispensabile richiamare innanzitutto l’articolo 1123 c.c., intitolato proprio “Ripartizioni delle spese”, il quale stabilisce la regola generale secondo cui le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell'edificio sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione.

Il secondo comma del suddetto articolo prevede una prima deroga a tale principio, disponendo che se si tratta di cose che servono i condomini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione dell'uso che ciascuno può farne.
Facendo applicazione di tali criteri può dirsi che, nel caso in cui il tetto copra l'intero edificio, le spese di manutenzione devono essere sostenute da tutti i condomini in base ai millesimi di proprietà, mentre se le spese riguardano un tetto che, per la conformazione dello stabile, copre solo una parte dell'edificio o parti di edificio in misura differente, le stesse devono essere ripartite solo tra i condomini proprietari delle unità immobiliari coperte dal tetto.

Altra deroga alla regola generale è quella contenuta poi nel terzo comma dell’art. 1123 c.c., dal quale si deduce che vanno esclusi da ogni contribuzione quei condomini che non traggono dal rifacimento alcuna utilità; ciò significa che se il tetto da riparare copre solo una parte dell’edificio e non tutto, le spese del suo rifacimento devono essere sostenute solo da chi usufruisce realmente della copertura e non dalla restante parte del condominio, che non gode della protezione del tetto.

Volendo dunque trarre una prima conclusione, possiamo dire che nel caso che ci occupa, poiché il tetto copre l’intero edificio e la scala interna di un alloggio facente parte di un altro condominio, troverà applicazione la regola generale di cui all’art. 1123 comma 1 c.c. (che prevede la ripartizione della spesa in proporzione al valore delle singole proprietà), mentre per la parte di copertura della scala interna si applicherà il secondo comma dell’art. 1123 c.c. (ossia si dovrà tener conto dell’uso che del tetto ne viene fatto, ossia di sola copertura di una scala esterna).

Chiarito questo primo aspetto, sul quale sembra non possano esservi contestazioni, ma per il quale si è ritenuto opportuno fornire delle linee guida, passiamo ad affrontare adesso il problema della coibentazione.

Va intanto precisato che gli interventi da effettuarsi sul tetto di regola non costituiscono “innovazioni” e pertanto non sono applicabili gli articoli 1121 e 1122 del codice civile.

Il codice civile non fornisce una definizione di innovazione, ma questa può essere ricavata da pronunce della Giurisprudenza di legittimità, sulla base delle quali può asserirsi che costituisce innovazione qualsiasi opera nuova che alteri, in tutto o in parte, nella materia o nella forma, ovvero nella destinazione di fatto o di diritto, la cosa comune, eccedendo il limite della conservazione, dell’ordinaria amministrazione e del godimento della cosa e che importi una modifica materiale della forma e della sostanza della cosa medesima, con l’effetto di migliorarne o peggiorarne il godimento, o comunque alterarne la destinazione originaria.
In quanto tale, essa incide sull’interesse di tutti i condomini, i quali pertanto debbono essere liberi di valutare la convenienza o meno di tale innovazione.

Pertanto, poiché una coibentazione che prevede delle opere che vanno al di là di quanto prescritto dalla normativa di settore potrà assumere natura di innovazione (anche gravosa), i condomini sui quali la medesima vorrebbe farsi gravare devono essere assolutamente liberi di porla in essere o meno, non potendo essere costretti a subire alcuna imposizione in tal senso.

Unico obbligo, dunque, ma incombente su tutti i condomini secondo i criteri sopra riportati, rimane quello di rifare il tetto nel rispetto dei criteri energetici imposti dalle vigenti regole per la sostenibilità, ciò per cui si consiglia di rivolgersi a ditte operatrici nel settore specifico, capaci di certificare i lavori e offrire anche le regolari documentazioni per usufruire dei bonus fiscali previsti dalla nuova Legge di Stabilità.
L’ amministratore di condominio sarà sicuramente documentato sulla possibilità di accedere ai fondi previsti per il miglioramento della classe energetica e per l’ecobonus, visto anche che il condominio è considerato sostituto d’imposta ed è quindi possibile avere sgravi fiscali importanti per le opere atte a migliorare non solo la coibentazione ma anche per l’adozione di tecniche isolanti o l’uso di fonti per il riscaldamento sostenibili, quali potrebbero essere i pannelli solari.

Può solo dirsi per inciso che con l’approvazione della Legge Finanziaria 2017, nei condomini l’ Ecobonus 2017 ha previsto una detrazione del 65%, che può arrivare al 70% se riguarda l’involucro (il cappotto) dell’edificio e al 75% se la certificazione prova il miglioramento della prestazione energetica invernale e estiva; il Bonus è stato stabilizzato fino al 2021 e rimane detraibile in 10 anni.

Paolo M. chiede
lunedì 01/12/2014 - Friuli-Venezia
“Buongiorno Nel 2008 è stato installato un ascensore usufruendo di contributo regionale alle spese pari all'80%. A quel tempo vi hanno partecipato solo tre nuclei famigliari Ad oggi vorrei subentrare. Oltre alla quota di mia spettanza vi sono altre voci di costo che devono essere a me imputate? Mi hanno parlato di interessi legali?!! Ma quali se non ho chiesto di anticipare per mia parte e non ho mai usato l'ascensore? Inoltre su questa base significa che se un nuovo acquirente comprasse un appartamento senza ascensore mettiamo tra 20 anni e volesse subentrare alla quota deve pagare interessi legali di 20 anni?!? Per quanto riguarda la vetustà dell'impianto, si deve tenere conto anche di questa ? Cordiali saluti Paolo”
Consulenza legale i 01/12/2014
Come noto, il codice civile (art. 1121 del c.c.) consente al singolo condomino di non partecipare alle spese relative alle innovazioni c.d. gravose o voluttuarie, escludendolo quindi dall’uso dell’opera: è però ammesso che il condomino possa successivamente avere un ripensamento, decidendo di subentrare.

Quando l'ascensore non sia installato originariamente nell'edificio all'atto della sua costruzione e vi venga installato successivamente per iniziativa di parte dei condomini, esso non costituisce proprietà comune di tutti i condomini, bensì appartiene in proprietà a quei condomini che l'hanno installato a loro spese, salvo la facoltà degli altri condomini di partecipare successivamente alla innovazione. Ciò da luogo nel condominio ad una particolare comunione dei proprietari dell'ascensore, comunione che è distinta dal condominio stesso, fino a quando tutti i condomini non abbiano deciso di parteciparvi ai sensi dell'art. 1121, terzo comma, c.c.

Ci si chiede, però, quale importo debba versare il condomino subentrante.
E' bene precisare che non esiste una norma che specifica come debba avvenire questo calcolo e che anche le sentenze sul tema non sono molto numerose.

Ad ogni modo, dice la giurisprudenza: "non può revocarsi in dubbio che i condomini i quali vogliono successivamente giovarsi della innovazione, divenendo partecipi della comproprietà - dell'opera e acquistare una posizione che non avevano voluto all'inizio, debbono pagare le spese impiegate per l'esecuzione dell'opera, aggiornate al valore attuale. Infatti è soltanto in virtù di tale norma che essi possono, ope legis, acquistare la comproprietà dell'opera, ma per evitare arricchimenti a danno o a vantaggio dei condomini che per primi l'hanno voluta devono pagare pro quota quello che sarebbe stato il costo d'allora con moneta presente" (Cass. civ., sez. II, 18.8.1993, n. 8746).

Quindi, il "prezzo del subentro" sarà pari al costo dell’ascensore, sostenuto allora, incrementato delle spese di manutenzione sostenute, e reso attuale o rivalutando con un indice dei prezzi ISTAT o applicando un tasso legale di interesse.

La rivalutazione della somma di denaro sborsata all'epoca dell'installazione è giustificata dal fatto che non sarebbe giusto che il nuovo condomino pagasse una quota di partecipazione non congrua a quella degli altri: è evidente che nel caso di specie - trattandosi di installazione recente - la rivalutazione potrà non essere particolarmente rilevante, ma esistono ipotesi in cui il subentrante decide di utilizzare l'ascensore dopo decine di anni dalla sua installazione. E' chiaro che le fluttuazioni del valore della moneta sono rilevanti e quindi si deve cercare una soluzione di equilibrio, sia a favore che a discapito, a seconda che il valore del denaro sia aumentato o diminuito, dei condomini che pagarono l'installazione dell'ascensore.

Non si tratta, quindi, di chiedere gli "interessi" su una somma di denaro mai anticipata - come correttamente osservato nel quesito: ma solo di fare in modo che nessuno dei condomini subisca una diminuzione patrimoniale o goda di un ingiusto vantaggio a causa della variazione del costo della moneta, certo non imputabile a nessuno dei partecipanti al condominio. Va pagato il valore effettivo attuale della quota di comproprietà che si acquista.

Ci sembra, poi, legittimo chiedere che all'importo rivalutato dovuto vada sottratto l’eventuale degrado dell’ascensore, che potrà essere valutato da un esperto del settore.

La quota di partecipazione al costo dell'ascensore dovrà essere stabilita in base ai millesimi di proprietà, come sostiene giurisprudenza consolidata in applicazione dell'art. 1123 c.c. (v. Cass. civ., 10.1.1996, n. 165; 16.5.1991, n. 5479).

Quindi ecco come si dovrebbe operare il calcolo:
1. va ricalcolata la ripartizione della spesa originaria, inclusa la quota del subentrante;
2. va abbattuta una quota di valore a titolo di deprezzamento del bene per il suo naturale deperimento nel corso del tempo;
3. vanno aggiunte le eventuali spese straordinarie sostenute tra l'installazione originaria e il subentro;
4. va calcolata la rivalutazione monetaria della quota del subentrante.

Michele P. chiede
martedì 28/01/2014 - Toscana
“Sono proprietario di un appartamento al piano terra di un condominio formato da tre unità abitative sovrapposte.

Sono attualmente in corso opere di ristrutturazione dell'edifico, tra cui la facciata. Su questa è costruita una pensilina in cemento armato che serve a riparare dalle intemperie i portoni d'ingresso dei due appartamenti sopra il mio. A questi si accede tramite rampe di scale esterne che vanno a coprire l'ingresso (sottostante) della mia abitazione.

Quest'ultimi intendono abbattere la pensilina e rifarla in altro materiale perché ormai vecchia. All'epoca ho sottoscritto soltanto il progetto (disegno "prima e dopo") che prevedeva la modifica architettonica della facciata.

A tal proposito mi chiedono di partecipare alle spese in quanto inserita nella facciata condominiale ma, in realtà, lo scrivente non ne fa uso esclusivo.

Il mio quesito è questo: devo partecipare alle spese o sono esonerato in quanto non utilizzatore?
Grazie”
Consulenza legale i 11/02/2014
La facciata costituisce una parte comune condominiale destinata al decoro dell'intero edificio: ciò comporta che tutti i condomini siano tenuti a contribuire alla relativa spesa in base ai millesimi di proprietà.
Correttamente, quindi, è stato richiesto il consenso di tutti al rifacimento della facciata (consenso apposto al disegno del progetto).
Tuttavia, nella vicenda in esame, due dei tre condomini intendono rifare una pensilina già esistente, che di fatto ha una effettiva utilità solo per i loro appartamenti.

Il primo nodo da scioglierne concerne la proprietà della pensilina. Se essa è in comune a tutti i condomini, la relativa spesa di rifacimento dovrebbe pesare su tutti i condomini (diversamente dai balconi, che sono ritenuti di proprietà esclusiva dei diversi condomini).

Però, se due condomini su tre vogliono rifare la pensilina integralmente, con costi superiori a quelli di una ordinaria manutenzione della stessa, è possibile ipotizzare che il rifacimento integrale della pensilina si configuri come una innovazione a carattere voluttuario (cioè, non strettamente necessaria al condominio).
La nuova formulazione dell'art. 1121 del c.c. recita: "Qualora l'innovazione importi una spesa molto gravosa o abbia carattere voluttuario rispetto alle particolari condizioni e all'importanza dell'edificio, e consista in opere, impianti o manufatti suscettibili di utilizzazione separata, i condomini che non intendono trarne vantaggio sono esonerati da qualsiasi contributo nella spesa".
La norma ci dice, quindi, che sarebbero esclusi dall'obbligo di contribuzione alle spese i condomini che non traggano alcun vantaggio dall'esistenza della pensilina.

Astrattamente, è ipotizzabile anche che il rifacimento della pensilina sia configurato come manutenzione di quell'opera architettonica. Il terzo comma dell'art. 1123 del c.c., stabilisce che qualora un edificio presenti opere destinate "a servire una parte dell'intero fabbricato, le spese relative alla loro manutenzione sono a carico del gruppo di condomini che ne trae utilità".

Tuttavia, un grosso ostacolo all'esclusione di un condominio dalle spese relative alla pensilina è dato dal fatto che essa è molto probabilmente configurabile come elemento di decoro della facciata: decoro architettonico che è concordemente considerato bene comune, economicamente valutabile, a cui tutti devono contribuire.

Non esiste, quindi, una soluzione univoca al quesito proposto, anche se in base alla normativa e alla giurisprudenza più recente appare più probabile che un giudice di merito decida per la suddivisione delle spese della pensilina in capo a tutti i condomini.

Bruno M. chiede
mercoledì 05/06/2013 - Lombardia
“Egregi signori,
gradirei se possibile avere un vostro parere su questione di condominio.
Durante una assemblea straordinaria del 15 aprile è stato deciso il rifacimento del condominio adottando il cappotto.
Votanti 23 condomini su 40 millesimi favorevoli 539,32.
Al termine dell’assemblea è stata fissata la data per una nuova assemblea straordinaria il 14 maggio per decidere l’azienda a cui affidare i lavori.
Giunti al 14 maggio in assemblea un condomino con 8 deleghe presentano una dichiarazione (non firmata) in cui si appellano all’articolo 1121 del codice civile e si rifiutano al pagamento.considerandola una innovazione troppo gravosa.
Le mie domande
1° è possibile che una minoranza possa bloccare con questa dichiarazione (non firmata ) la decisione di una precedente assemblea.
2° se possibile che possano bloccare quanto deciso esiste un articolo per poterli controbattere
3° il rifacimento con cappotto è da considerarsi una innovazione o una ristrutturazione.
Vi ringrazio anticipatamente per le delucidazioni che potrete darmi.
Cordiali saluti”
Consulenza legale i 11/06/2013
Per rispondere al quesito proposto, si deve innanzitutto stabilire se l'adozione del c.d. "cappotto" termico costituisca una innovazione o una semplice opera di manutenzione straordinaria: nel primo caso, sarebbe richiesta una delibera presa a maggioranza dei partecipanti, con il voto favorevole di due terzi del valore dell'edificio (primo comma dell'art. 1120, versione precedente alla riforma del 2012 che entra in vigore il 18 giugno); nel secondo caso, è sufficiente la maggioranza semplice (maggioranza degli intervenuti e almeno metà del valore dell'edificio, comma secondo dell'art. 1136).

Il cappotto è di regola considerato un intervento diretto "al contenimento del consumo energetico" di cui all'art. 1 della l. 10/91: l'installazione può esser approvata con la maggioranza semplice (art. 26 delle legge 10/91, come modificato dall'art. 27, co. 22, della legge 99 del 23 luglio 2009: «Per gli interventi sugli edifici e sugli impianti volti al contenimento del consumo energetico e all'utilizzazione delle fonti di energia di cui all'articolo 1, individuati attraverso un attestato di certificazione energetica o una diagnosi energetica realizzata da un tecnico abilitato, le pertinenti decisioni condominiali sono valide se adottate con la maggioranza semplice delle quote millesimali rappresentate dagli intervenuti in assemblea»). Andranno comunque provati con una certificazione o una diagnosi energetica i minori consumi che derivano dalla costruzione del cappotto.

Recentemente, la giurisprudenza di merito si è espressa in tal senso, stabilendo che alcuni interventi deliberati dall'assemblea condominiale (volti al rifacimento delle facciate) non potevano qualificarsi come innovazioni "dal momento che essi integrano essenzialmente opere di manutenzione straordinaria necessarie e in qualche modo urgenti, mentre non si ravvisa una modifica strutturale delle cose comuni, neanche per la parte inerente alla realizzazione del 'cappotto' " (Trib. Monza Sez. I, Sent., 10 dicembre 2012).

Pertanto, l'assemblea che ha adottato la delibera con il voto favorevole di 23 condomini su 40, e millesimi 539,32, è valida in quanto non contraria alla legge o al regolamento di condominio (come richiesto dal secondo comma dell'art. 1137 c.c. ai fini dell'impugnazione).

In ogni caso, tuttavia, le modalità di impugnazione della delibera assembleare non corrispondono a quelle richieste per legge dall'art. 1137 del c.c.: i condomini che intendevano proporre l'impugnazione avrebbero avuto l'onere di farlo entro 30 giorni dalla data di deliberazione (se presenti all'assemblea ma dissenzienti) o dalla data di comunicazione (per gli assenti) ricorrendo all'autorità giudiziaria con atto di citazione (v. a tal proposito Cass. civ., S.U., 8491/2011). Sul punto il codice civile non lascia spazio a dubbi e pertanto, decorso il termine di decadenza, non è più possibile impugnare la delibera assembleare, che rimane valida ed efficace.

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