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Articolo 1016 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 12/04/2025]

Perimento parziale della cosa

Dispositivo dell'art. 1016 Codice Civile

Se una sola parte della cosa soggetta all'usufrutto perisce, l'usufrutto si conserva(1) sopra ciò che rimane [1018].

Note

(1) Il titolo costitutivo può prevedere che non possa permanere in vita un usufrutto non integrale.

Spiegazione dell'art. 1016 Codice Civile

Le sorti dell'usufrutto nel caso di perimento parziale della cosa

La disposizione di quest'articolo, che riproduce l'art. 519 del vecchio codice, è una conseguenza del principio cui abbiamo già accennato, secondo cui l'usufrutto si estingue solo col perimento totale della cosa, quando di essa non rimanga niente che possa essere oggetto di utilizzazione o di godimento da parte dell'usufruttuario. Se il perimento è parziale, nel senso che si distrugge solo una parte omogenea della cosa, l'usufrutto rimane costituito sulla parte della cosa che si è conservata e può inoltre estendersi a ciò che eventualmente residui dalla distruzione parziale.

Si noti che la disposizione in oggetto si applica anche quando il perimento parziale sia dovuto a un fatto proprio dell'usufruttuario. Se non viene chiesta e applicata la sanzione della decadenza di cui all'articolo precedente, l'usufruttuario conserva il suo diritto sulla parte non perita, salva la sua responsabilità per i danni derivati al proprietario.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

486 Le disposizioni dell'art. 1015 del c.c., art. 1016 del c.c. e art. 1018 del c.c., concernenti gli abusi dell'usufruttuario nell'esercizio del suo diritto, il patimento parziale della cosa soggetta all'usufrutto e il perimento dell'edificio, riproducono, salvo qualche emendamento di carattere formale, quelle corrispondenti del codice del 1865 (articoli 516, 519 e 520). Si prevede l'ipotesi di perimento della cosa per colpa di terzi e si dispone che in tal caso l'usufrutto si trasferisce sull'indennità dovuta dal responsabile del danno (art. 1017 del c.c.). Lo stesso trasferimento si opera se la cosa sia requisita o espropriata per pubblico interesse (art. 1020 del c.c.). Anche nel caso di assicurazione si applica la regola della surrogazione reale: l'usufrutto si trasferisce sull'indennità dovuta dall'assicuratore, quando l'usufruttuario ha provveduto all'assicurazione della cosa o al pagamento dei premi per la cosa già assicurata (art. 1019 del c.c., primo comma). Se si tratta di un edificio, il proprietario ha facoltà di destinare la somma alla ricostruzione di esso, nel qual caso l'usufrutto grava sull'edificio ricostruito; se però il proprietario impiega nella ricostruzione una somma maggiore di quella spettante in usufrutto, il diritto dell'usufruttuario è limitato in proporzione di quest'ultima (art. 1019, secondo comma).

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Consulenze legali
relative all'articolo 1016 Codice Civile

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P. Z. chiede
giovedģ 10/07/2025
“Buongiorno, avrei una domanda sulla decadenza diritto abitativo esclusivo da parte del coniuge superstite dopo lavori di modifica sostanziale sulla casa di abitazione.
A causa decesso di mio padre, l'unità abitativa (proprietari i due coniugi) è stata ereditata da mia madre e dai 3 figli.
Dopo 20 anni, tale abitazione è stata oggetto di una importante ristrutturazione con demolizione parziale, ampliamento volumetria e successiva trasformazione in due unità abitative. Questa trasformazione ha completamente rivoluzionato la vecchia unità abitativa originaria, con anche il cambio dei dati catastali:
- da Foglio 17, num 272, Sub 101 della vecchia unità abitativa alla nuova situazione con due unità abitative Sub 706 e 707.
Sulle due nuove unità abitative sono state inoltre riviste, tramite atti di compravendita, le percentuali di proprietà per regolarizzare alcuni accordi tra madre, figli e coniuge di uno dei figli.

Domando: permane ancora il diritto abitazione esclusiva sulla nuova abitazione (sub 706) attualmente utilizzata da mia madre?”
Consulenza legale i 14/07/2025
La questione in esame riguarda la possibilità per il coniuge superstite, titolare del diritto di abitazione sull’immobile di proprietà comune con il de cuius e adibito a residenza familiare, di continuare a esercitare tale diritto anche dopo una profonda trasformazione dell’immobile, consistente nella sua suddivisione in due distinte unità immobiliari.

Com’è noto, il secondo comma dell’art. 540 c.c. riconosce al coniuge superstite - anche in concorso con altri successibili - il diritto di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare, nonché il diritto d’uso sui mobili che la corredano, qualora l’immobile sia di proprietà del defunto o comune.
Per la disciplina del diritto di abitazione occorre fare riferimento agli artt. 1022 e ss. c.c., dai quali si evince che si tratta di un diritto reale limitato, di natura personale e non trasferibile, volto a soddisfare le esigenze abitative del titolare e del suo nucleo familiare.

Per quanto concerne le conseguenze della trasformazione dell’immobile sul diritto in questione, rilevano le disposizioni dettate in materia di usufrutto, applicabili - in quanto compatibili - anche al diritto di abitazione, ai sensi dell’art. 1026 del c.c..
In particolare, il n. 3 dell’art. 1014 del c.c. prevede l’estinzione dell’usufrutto (e, per analogia, del diritto di abitazione) in caso di perimento totale della cosa, mentre l’art. 1016 del c.c. stabilisce che, in caso di perimento parziale, il diritto si conserva su ciò che rimane.

Alla luce di tali principi, deve ritenersi che il diritto di abitazione del coniuge superstite non venga meno per effetto di modifiche materiali o catastali dell’immobile e che, in caso di trasformazione dello stesso in più unità abitative, esso debba intendersi concentrato su quella porzione dell’immobile idonea a soddisfare le originarie esigenze abitative del titolare.
Eventuali controversie relative all’individuazione dell’unità sulla quale il diritto dovrà esercitarsi potranno essere risolte consensualmente tra gli eredi oppure, in mancanza di accordo, mediante intervento dell’autorità giudiziaria.

In conclusione, il diritto di abitazione non può considerarsi estinto, ma si adatta alla nuova conformazione strutturale dell’immobile, nel rispetto della sua funzione essenziale di tutela del coniuge superstite.