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Articolo 2532 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 27/03/2024]

Recesso del socio

Dispositivo dell'art. 2532 Codice Civile

Il socio cooperatore può recedere dalla società nei casi previsti dalla legge e dall'atto costitutivo. Il recesso non può essere parziale.

La dichiarazione di recesso [1373] deve essere comunicata con raccomandata alla società. Gli amministratori devono esaminarla entro sessanta giorni dalla ricezione. Se non sussistono i presupposti del recesso, gli amministratori devono darne immediata comunicazione al socio, che entro sessanta giorni dal ricevimento della comunicazione, può proporre opposizione innanzi il tribunale(1).

Il recesso ha effetto per quanto riguarda il rapporto sociale dalla comunicazione del provvedimento di accoglimento della domanda. Ove la legge o l'atto costitutivo non preveda diversamente, per i rapporti mutualistici tra socio e società il recesso ha effetto con la chiusura dell'esercizio in corso, se comunicato tre mesi prima, e, in caso contrario, con la chiusura dell'esercizio successivo [2536].

Note

(1) Il recesso del socio costituisce un negozio unilaterale che lo statuto sociale può sottoporre alla condizione dell'approvazione del consiglio di amministrazione. Si tratta di una ipotesi di recesso convenzionale, contrapposta al recesso legale del socio previsto dagli artt. 2523 e 2437 il quale non può essere limitato o soppresso da clausole statutarie.

Ratio Legis

La norma fa riferimento soltanto al socio cooperatore. Diversamente per tutte le altre categorie di soci (finanziatori, sovventori, titolari di azioni in partecipazione, nonché per i possessori di strumenti finanziari partecipativi ex art. 2526) la disciplina applicabile è quella prevista agli artt. 2437 o 2473 c.c., riguardante rispettivamente le s.p.a. e le s.r.l..

Spiegazione dell'art. 2532 Codice Civile

La norma introduce dei sensibili elementi di differenziazione tra l'istituto del recesso disciplinato agli artt. 2437 e 2473 e il recesso da società cooperativa. In quest'ultimo caso, infatti, il legislatore ha disposto l'introduzione di uno specifico procedimento dedicato alla valutazione delle ragioni addotte dal socio a fondamento della propria dichiarazione di recesso, posto che il particolare scopo delle cooperative, presidiato anche a livello costituzionale, richiede di tutelarne con maggior vigore l'integrità e la continuità.
Tanto nelle società di persone quanto nelle società di capitali, l'efficacia del recesso non è infatti in alcun modo fatta dipendere dal pronunciamento dell'organo amministrativo della società sulla sussistenza effettiva delle cause (legali o statutarie) che lo legittimano.

Per le cooperative il secondo comma dell'articolo in commento stabilisce invece che:
  • gli amministratori, entro sessanta giorni dal ricevimento della raccomandata da parte del socio, debbano esaminare la richiesta;
  • laddove l'istanza di recesso venga respinta, il socio debba promuovere opposizione innanzi al Tribunale
In dottrina si è in più occasioni dubitato circa la natura del termine (ordinatorio o perentorio). Si ritiene tuttavia che il termine sia meramente ordinatorio e che l'eventuale scadenza dello stesso senza un pronunciamento degli amministratori non renda efficace il recesso esercitato dal socio. In questo senso depone il terzo comma, che ricollega l'efficacia del recesso esclusivamente all'accoglimento della richiesta da parte degli amministratori.

Relazione al D.Lgs. 6/2003

(Relazione illustrativa del decreto legislativo recante: "Riforma organica della disciplina delle società di capitali e società cooperative, in attuazione della legge 3 ottobre 2001, n. 366.")

Massime relative all'art. 2532 Codice Civile

Cass. civ. n. 17667/2022

In tema di recesso del socio dalla società cooperativa, la clausola statutaria che preveda la necessaria autorizzazione del consiglio di amministrazione, non vale a rendere quest'ultima una accettazione contrattuale, dovendo la stessa qualificarsi, piuttosto, come una condizione di efficacia della dichiarazione unilaterale recettizia del socio; pertanto, in caso di inerzia dell'organo societario, risulta applicabile l'art. 1359 c.c., in virtù del quale la condizione si considera avverata, qualora sia mancata per causa imputabile alla parte che aveva interesse contrario al suo avveramento.

Cass. civ. n. 10135/2006

In tema di società cooperative, il recesso convenzionale, contemplato dagli ant. 2518 e 2526 c.c. (nel testo anteriore alle modifiche introdotte dall'ari. 8 del D.L.vo 17 gennaio 2006, n. 6), in quanto previsto dall'atto costitutivo, costituisce manifestazione della volontà negoziale, la quale può legittimamente disciplinarlo attraverso clausole che ne determinino il contenuto, ammettendo l'esercizio di tale facoltà in situazioni specifiche, ovvero limitandolo o subordinandolo alla sussistenza di determinati presupposti o condizioni, in particolare all'autorizzazione o all'approvazione del consiglio d'amministrazione o dell'assemblea dei soci. Tali clausole, volte a garantire il perseguimento dell'oggetto della società attraverso la conservazione dell'integrità della compagine sociale, attribuiscono ai predetti organi un potere discrezionale, che non può tuttavia essere esercitato in modo arbitrario, né tradursi in un rifiuto di provvedere o in un diniego assoluto ed immotivato dell'approvazione, i quali, oltre a contrastare con i principi di correttezza e buona fede, che vanno rispettati anche nell'esecuzione del contratto sociale, comporterebbero una sostanziale vanificazione del diritto di recesso, il cui esercizio, ai sensi dell'art. 2437, terzo comma c.c. (applicabile anche alle società cooperative), non può essere escluso o reso eccessivamente gravoso. La violazione di tale diritto, per inosservanza dei predetti principi, rende applicabile l'art. 1359 c.c., in virtù del quale la condizione si considera avverata, qualora sia mancata per causa imputabile alla parte che aveva interesse contrario al suo avveramento. La necessità dell'autorizzazione non comporta infatti la trasformazione della fattispecie in un accordo, nell'ambito del quale la determinazione della società venga ad assumere la funzione di accettazione della proposta del socio, configurandosi pur sempre il recesso come un negozio unilaterale, corrispondente al diritto potestativo di uscire dalla società o di rinunciare a conservare lo stato derivante dal rapporto giuridico nel quale il socio è inserito, e rispetto alla deliberazione del consiglio di amministrazione o dell'assemblea
opera come condizione di efficacia.

Cass. civ. n. 5126/2001

Oltre al recesso legale del socio, previsto dagli arti. 2523 e 2437 c.c. (norma, quest'ultima dettata per le società per azioni, ma estensibile alle società cooperative) l'ordinamento prevede il recesso convenzionale (artt. 2518 e 2526 c.c.) e se il primo non può essere limitato o soppresso neppure da clausole statutarie, attraverso la previsione dell'approvazione degli organi statutari (la quale finirebbe per trasformare l'esercizio di un diritto potestativo in una proposta negoziale e per rimetterne l'efficacia alla discrezione di un terzo), non altrettanto può affermarsi per il recesso statutario, il quale, nascendo con l'atto costitutivo, come atto di manifestazione della volontà negoziale, dalla stessa volontà può essere disciplinato attraverso clausole, determinative del contenuto, sia quando attribuiscono al socio la facoltà di recedere in situazioni specifiche, sia quando questa stessa facoltà limitano o condizionano. Ne consegue che è legittima la disciplina convenzionale che subordina il recesso a determinati presupposti o condizioni, tra i quali l'autorizzazione o l'approvazione del consiglio d'amministrazione o dell'assemblea dei soci.

Cass. civ. n. 3151/2001

L'articolo 2526, comma secondo c.c. sulla efficacia del recesso del socio differita, se tempestiva, a chiusura esercizio, o, se intempestiva, a chiusura dell'esercizio successivo, è previsione privatistica formulata nell'esclusivo interesse della società e, non afferendo l'ordine pubblico, derogabile da clausola statutaria.

Cass. civ. n. 3114/1996

Il consiglio d'amministrazione di una società cooperativa, pur avendo il potere di annullare d'ufficio le proprie delibere affette da un vizio originario, non può unilateralmente revocare una deliberazione di accettazione delle dichiarazioni di recesso presentate da alcuni soci, poiché detta accettazione, con la quale si attua il controllo della sussistenza dei presupposti del recesso, si inserisce in una fattispecie complessa di natura negoziale, con la conseguenza che il ritiro unilaterale della deliberazione comporterebbe la violazione del vincolo contrattuale.

Cass. civ. n. 2304/1995

Nel caso in cui lo statuto di una cooperativa subordini il recesso di un socio a presupposti specifici, la dichiarazione di recesso va valutata sulla base della disciplina statutaria vigente al momento in cui la dichiarazione stessa è stata presentata.

Cass. civ. n. 8802/1992

In presenza di una clausola dello statuto di una società cooperativa che attribuisca al socio il diritto di recesso, ma che condizioni l'efficacia del recesso stesso all'apprezzamento da parte del consiglio d'amministrazione della cooperativa delle ragioni indicate dal socio, il comportamento di tale organo sociale, che ometta per lungo tempo di esaminare la domanda di recesso, limitandosi ad invocare la mancata previsione all'uopo di un termine essenziale, comporta la violazione dei principi della correttezza e della buona fede (art. 1375 c.c.), cui è soggetta l'attuazione anche del contratto sociale, e giustifica, quindi, la risoluzione del rapporto.

Cass. civ. n. 3437/1991

In materia di cooperative edilizie operanti con il contributo anche parziale dello Stato, la controversia fra il socio e la cooperativa medesima, insorta prima della stipulazione del mutuo individuale, avente ad oggetto, fra l'altro, il recesso o l'esclusione del socio (ancorché investa posizioni di diritto soggettivo) spetta alle commissioni di vigilanza e poi al giudice amministrativo in sede di impugnazione delle deliberazioni di dette commissioni, non essendo tale giurisdizione, prevista dall'ars. 131 del R.D. n. 1165 del 1938, venuta meno a seguito dell'entrata in vigore del codice civile, che agli artt. 2516 e 2517 espressamente richiede per l'applicabilità della relativa disciplina la compatibilità con le leggi speciali.

Cass. civ. n. 2524/1990

Con riguardo ad una cooperativa edilizia che abbia esaurito l'attività di costruzione e di assegnazione degli alloggi, realizzando così completamente il proprio scopo sociale, è invalido il recesso da parte di tutti i soci, costituendo esso un espediente per eludere le disposizioni degli artt. 2448, primo comma, n. 2, e 2449 ss. c.c., richiamati per le cooperative dal successivo art. 2539, che prevedono, nel caso di conseguimento dell'oggetto sociale, lo scioglimento e la messa in liquidazione della società.

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Consulenze legali
relative all'articolo 2532 Codice Civile

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ADRIANO F. chiede
martedì 03/03/2020 - Lazio
“Buongiorno, mi chiamo A. F. e sono Socio Cooperatore in una banca locale denominata Banca di Credito Cooperativo di (omissis), in data 29/10/2019 ho inoltrato alla banca Richiesta di Recesso e Rimborso delle quote sociali per circa € 2.000,00; in data 14/01/2020 mi veniva comunicato che il CdA nella seduta del 19/12/2019 deliberava di rigettare la mia richiesta in quanto pur non essendo più residente nel territorio (Trasferimento di residenza da Priverno LT ad Aprilia LT in data 24/09/2019 con relativa chiusura del Conto Corrente a me intestato)le circostanze da me indicate non sono sufficienti a permettere il rimborso delle quote da me detenute.
La stessa banca mi faceva presente che la restituzione delle quote è regolata dall'Art. 14 dello statuto sociale della Banca di Credito Cooperativo di (omissis).
Leggendo quando previsto dall'Art. 14 - Recesso del Socio Cooperatore
- Constato e LEGGO che: All'Art. 14.01 OLTRE CHE NEGLI ALTRI CASI PREVISTI DALLA LEGGE, il socio cooperatore ha diritto a recedere dalla Società……….
inoltre
All'Art. 14.02 la relativa dichiarazione di recesso deve farsi per iscritto con lettera raccomandata (cosa fatta)e che il consiglio di amministrazione deve esaminarla ENTRO SESSANTA GIORNI dal ricevimento e comunicarne gli esiti al socio
(cosa avvenuta il 69 giorno successivo all'istanza di recesso da me inoltrata)
A questo punto in considerazione degli articoli 1373 del Cod. Civ. e seguenti in materia di recesso anche unilaterale di una delle parti sono a RichiederVi come comportarmi e quali sono le azioni che posso o potrei intraprendere
Confidando di essere stato chiaro ed esaustivo, attendo Vs risposta

Consulenza legale i 09/05/2020
La norma di riferimento per il recesso del socio di una società cooperativa, come nel caso di specie, è l’art. 2532 c.c., alla cui lettura si rimanda.

Come si può evincere dalla sopra menzionata disposizione, il socio può recedere dalla cooperativa nei casi previsti dalla legge e dallo Statuto.

I casi di recesso previsti dalla Legge, oltre a quello sancito dall’art. 2530 del c.c., ovvero il caso in cui non sia permesso il trasferimento delle azioni o le quote da parte dei soci della cooperativa (che, però non rientra nel caso di specie, atteso che nello Statuto della Banca in oggetto è solo prevista una clausola di gradimento ma non un divieto assoluto di vendita delle azioni o quote), sono quelli indicati dagli artt. 2437 e 2473 del c.c., a secondo che la società cooperativa adotti le regole delle s.p.a. o delle s.r.l.

Come si può evincere dalla lettura di detti articoli, al verificarsi di una serie di eventi il socio può recedere dalla società. Dal quesito non si può evincere, tuttavia, se uno di tali eventi si sia verificato o meno e, pertanto, se possano trovare applicazione detti motivi di recesso.

Per quanto concerne, invece, le cause di recesso previste nello Statuto, leggendo l’art. 14 dello Statuto della Banca in oggetto, risulta che una delle motivazioni di recesso, sarebbe la perdita del requisito fissato nell’art. 7 di detto Statuto da parte del socio, che non rientri tra quelli cosiddetti “Soci Finanziatori”: “Fermo quanto previsto dal presente Statuto in relazione ai Soci Finanziatori di cui all’art. 24.3. che segue, possono essere ammessi a Socio Cooperatore le persone fisiche e giuridiche, le società di ogni tipo regolarmente costituite, i consorzi, gli enti e le associazioni, che risiedono o svolgono la loro attività in via continuativa nella zona di competenza territoriale della Società. Per i soggetti diversi dalle persone fisiche si tiene conto dell’ubicazione della sede legale, della direzione, degli stabilimenti o di altre unita operative”.

La circostanza indicata nel quesito secondo cui ci sarebbe stato un trasferimento della residenza da parte del socio della cooperativa, sempre che però lo stesso non continui a svolgere la propria attività “in via continuativa nella zona di competenza territoriale della Società”, renderebbe legittimo il recesso esercitato e, di conseguenza, anche il diritto di ricevere la liquidazione della propria partecipazione societaria nella misura prevista dall’art. 16 del predetto Statuto.

Ciò premesso, se trovasse applicazione detta ultima causa di recesso, e venendo dunque alla risposta al quesito, si dovrebbe impugnare la delibera del CDA della società avanti all’Autorità Giudiziaria al fine di far accertare la legittimità del recesso esercitato. In merito, invece, al mancato rispetto del termine dei 60 giorni da parte del CDA per comunicare la decisione sul recesso esercitato, non vi sono conseguenze che possano trarsi da tale ritardo, non operando alcun meccanismo di silenzio-assenso in relazione all'accettazione del recesso da parte del CDA (cfr. Corte d’Appello di Napoli, sentenza del 6 febbraio 2008).