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Articolo 1448 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 31/01/2024]

Azione generale di rescissione per lesione

Dispositivo dell'art. 1448 Codice Civile

Se vi è sproporzione tra la prestazione di una parte e quella dell'altra, e la sproporzione è dipesa dallo stato di bisogno di una parte(1), del quale l'altra ha approfittato per trarne vantaggio, la parte danneggiata può domandare la rescissione del contratto.

L'azione non è ammissibile se la lesione non eccede la metà del valore che la prestazione eseguita o promessa dalla parte danneggiata aveva al tempo del contratto(2).

La lesione deve perdurare fino al tempo in cui la domanda è proposta(3).

Non possono essere rescissi per causa di lesione i contratti aleatori.

Sono salve le disposizioni relative alla rescissione della divisione [763 ss.; 166](4).

Note

(1) Lo stato di bisogno non richiede un'indigenza assoluta ma si configura anche in caso di mera difficoltà economica momentanea. Esso si distingue dallo stato di pericolo che richiede la necessità di salvare sé o altri da un danno grave.
(2) Si suole dire che la lesione deve essere "ultra dimidium".
(3) Pertanto, è necessario verificare se vi è lesione nel momento in cui la domanda è proposta.
(4) La salvezza dipende dal fatto che in tale materia si prevede una disciplina specifica per l'ipotesi di lesione (v. 763 ss. c.c.)

Ratio Legis

La norma è volta a tutelare lo squilibrio oggettivo del contratto quando questo dipende dalla situazione di bisogno in cui una parte si viene a trovare. Di conseguenza, essa non si applica ai contratti aleatori (v. 1469 c.c.) nei quali, per definizione, è incerto il rischio che ciascuna parte sarà costretta a sopportare; inoltre, la tutela non è necessaria se lo squilibrio è venuto meno nel momento in cui la domanda è proposta.

Spiegazione dell'art. 1448 Codice Civile

Contratti rescindibili per lesione

L'azione generale di rescissione per lesione — già lo si è rilevato — compete soltanto in materia di contratti commutativi; in tale ambito, essa è data per tutti i contratti, quali ne siano l'oggetto e l'indole. In proposito non può sorgere dubbio alcuno dal momento che la norma usa le espressioni amplissime «prestazione», e «contratto», comprensiva la prima di ogni sorta di oggetti, riferentesi la seconda non solo agli atti definitivi, ma anche a quelli preliminari.

E’ pertanto, appena il caso di soggiungere, a mo' di esemplificazione:

a) che si possono rescindere la vendita, tanto a favore dell'alienante che dell'acquirente; la permuta; il contratto estimatorio; il contratto di somministrazione; il contratto di società, ove la quota di utili promessa al socio sia di troppo superiore o inferiore a quella che gli spetterebbe ad es. in relazione al valore dei beni conferiti; i contratti in cui si stabilisce uno scambio di prestazioni di fare; e così via;

b) che, per contro, non è rescindibile il mutuo, contratto unilaterale, dal quale non nascono due prestazioni corrispettive.


Atti non rescindibili: contratti aleatori, vendita forzata, transazione

Non sono rescindibili i contralti aleatori (come ad es. la vendita con riserva di usufrutto o quella conclusa in corrispettivo di una rendita vitalizia, il contratto di assicurazione, ecc.), e ciò per la loro indole, oltre che per precisa disposizione di legge (art. 1448, 4 cod. civ.): nel concluderli, infatti, le parti vogliono correre entrambe un rischio in relazione ad un evento estraneo alla loro volontà, sicché, qualora una riceva o troppo o troppo poco, ciò avviene perché l'evento si è verificato in una data più o meno lontana da quella sperata, ma non perché uno abbia profittato dell'altro; e comunque, non si potrebbe mai stimare «al tempo del contratto» se vi fosse o non la lesione, perché allora nessuno poteva dire quando si sarebbe verificato l'evento decisorio per il destino del negozio.

Non sono nemmeno rescindibili la vendita forzata (art. 2922, 1) con cui si chiude il processo esecutivo né la transazione (art. 1970). Non la prima, poiché il presupposto dell’espropriazione è che il debitore non abbia la somma necessaria per estinguere il debito, sicché gli si debbono escutere i beni per procurare il danaro occorrente al soddisfacimento dei suoi creditori, e magari l'abuso del suo stato di bisogno, significa contraddire all'indole e più ancora alla funzione della procedura esecutiva; senza contare che non è detto che il prezzo d'asta debba rimanere immutato, dal momento che tutti possono offrirne uno maggiore del sesto dopo l'incanto (art. 584 al. 1 cod. proc. civ.), sicché, se esso resta inalterato, ciò avviene non per la cupidigia dell'aggiudicatario ma per lo scarso interesse che il bene suscita presso chi ha danaro da investire.

Non la seconda perché, in corrispettivo dell'aliquid datum seu promissum seu retentum, la transazione non trasferisce alcunché di certo o determinato che permetta di valutare obbiettivamente lo squilibrio tra le due prestazioni, ma trasferisce un valore in funzione della «liberatio controversiae» che è un fattore imponderabile e come tale non valutabile in danaro; del resto, i singoli transigono con mutuo sacrificio per mettere fine alla contestazione o presente o futura, e quindi sarebbe illogico consentire di riaprirla col pretesto che uno di loro abbia sbagliato nel valutare il prezzo della sua tranquillità.


Lo stato di bisogno e lo squilibrio fra le prestazioni

Del presupposto soggettivo per la proposizione dell'azione già si è detto, così come si è indicato il criterio discretivo tra lo stato di bisogno e lo stato di pericolo.

Quanto allo stato di bisogno è appena il caso di soggiungere che esso non promana necessariamente dalla insufficienza economica del soggetto, ma può anche dipendere dalla pressione di altre circostanze (ad es. il pericolo di perdere altrimenti la cosa che il soggetto si induce a cedere a prezzo vile o il pericolo di subire un grave danno economico) e può anche esorbitare dal campo economico.

Quanto al presupposto oggettivo, basti avvertire che lo squilibrio tra le due prestazioni deve essere superiore alla metà del loro valore (in altre parole, una delle parti deve aver ricevuto una prestazione di valore inferiore al cinquanta per cento, rispetto a quella che essa ha eseguito od ha promesso di eseguire) al tempo del contratto e deve perdurare fino al momento in cui la domanda è proposta (momento al quale si riporta l'effetto della relativa sentenza).

Il primo limite (da valutarsi con riferimento al valore corrente o d'uso: sia quello «normalmente praticato dal venditore», sia quello d'uso in un dato luogo, ad es. prezzo di borsa o di mercato) ci viene dalla tradizione in materia di lesione enorme nella vendita immobiliare, e seppure in sè alquanto arbitrario, giova indubbiamente ad agevolare il controllo del magistrato; quanto al secondo, è chiaro che, perché sia negato ingresso all'azione, l'attenuazione della lesione dovrà essere opera della controparte (art. art. 1450) o di circostanze comunque indipendenti dalla volontà o dall'attività del contraente leso; ché se lo squilibrio si attenuasse ad opera o per merito di questo, la proposizione dell'azione non gli potrebbe venire interdetta, perché non lo si può ragionevolmente privare di un rimedio a cui avrebbe potuto ricorrere se avesse lasciate le cose così come erano al momento della stipulazione.

La rescissione in materia di divisione

L'ultimo comma dell'articolo fa salve le norme sulla rescissione della divisione (articoli 763 e segg.), la quale continua pertanto ad essere ammessa indipendentemente da presupposti soggettivi ogni qualvolta vi sia lesione oltre il quarto.

Dell'opportunità di una siffatta disposizione ci sembra lecito dubitare; né ci persuade il rilievo di chi ricollega la mancata esigenza di un requisito subbiettivo alla natura dichiarativa della divisione in contrapposto a quella costitutiva dei contratti commutativi. Che infatti l'elemento subbiettivo possa essere rilevante «solo in quanto influisca sulla dichiarazione di volontà attributiva di diritti e doveri, come si verifica appunto nel caso di contratti commutativi», e che per contro sia fuori questione quando i diritti e i doveri preesistono al negozio – il che si verifica indubbiamente nella divisione, che abbiamo visto essere negozio giuridico dichiarativo — è proposizione che ci sembra assai discutibile.


L’azione di rescissione prevista dall’art. 19 D. L. L. 12 aprile 1945, n. 222

Dato il suo carattere eccezionale, neppure l’art. 1448 — così come l’art. 1447 — può essere applicato per analogia ad ipotesi non previste.

In particolare, risulta espressamente dai lavori preparatori che l'azione non si è voluta estendere ai casi in cui un contraente approfitti dalla (anche se crassa) inesperienza o leggerezza dell'altro.

Relazione al Libro delle Obbligazioni

(Relazione del Guardasigilli al Progetto Ministeriale - Libro delle Obbligazioni 1941)

187 Dopo l'azione di annullamento fondata sulla sproporzione o sull'iniquità causata approfittando dello stato di pericolo in cui versava la controparte, il presente schema disciplina l'azione generale di lesione (art. 212).
Il contenuto generico dell'art. 22 del progetto del 1936 aveva dato luogo a gravi critiche; sostanzialmente rivolte a porre in rilievo che esso turbava la sicurezza dei contratti.
In realtà, però, prima che la Commissione reale, già il codice penale aveva reagito contro i contratti usurari (art. 644), e, poiché il codice penale non dà criteri per la determinazione del concetto di vantaggi usurari, mi è sembrata anzi utile una corrispondente disposizione del codice civile che in definitiva potesse intendersi come limite della nozione di usura.
Peraltro, più che fondarsi su un individualismo giuridico, l'azione generale di lesione corrisponde a sani principi di socialità; essa, nel mio pensiero, non agisce proteggendo il più debole, ma pone una sanzione contro la parte che, ottenendo vantaggi sproporzionati, opera contro una retta condotta degli affari, abusando di particolari condizioni della controparte. L'attività contrattuale che viene colpita dalla azione di lesione interferisce, quindi, sull'ordine sociale, turbandolo nel suo contenuto di moralità e di lealtà, in modo che deve essere rigorosamente condannata e sanzionata.
188 Riconosco, però, che dalla formulazione data dalla Commissione reale all'art. 22 del suo progetto non si traevano direttive precise, che invece sono necessarie dato il delicato terreno su cui l'azione di lesione deve operare. Si esigeva che le circostanze allegate dalla parte che chiedeva la rescissione fossero tali da creare presunzioni di menomata libertà di consenso; e, di fronte al vaghissimo confine di questo presupposto, suscettibile del più soggettivo apprezzamento, non bastava porre, come aveva fatto la Commissione reale, il presupposto che la lesione eccedesse la metà del valore della prestazione eseguita.
Mi sono sforzato, quindi, di precisare gli estremi subbiettivi dell'azione di lesione. Il ravvicinamento del rimedio proposto dalla Commissione reale alla norma posta dall'art. 644 cod. pen. mi convinse che l'abuso dello stato di bisogno considerato da quest'ultimo articolo poteva rappresentare un limite certo, di significato legislativo già acquisito, di elaborazione già avanzata, e di contenuto ben rigoroso dato il carattere restrittivo delle norme punitive.
Ho esteso, tuttavia, i casi di lesione alla ipotesi di abuso della grave inesperienza dell'altra parte: questa ipotesi non è meno grave di quella considerata dalla Commissione reale, ed infatti dà ugualmente luogo all'azione di lesione nel codice svizzero e in quello tedesco. I confini della fattispecie sono già noti al nostro ordinamento positivo, perché ad essa si richiama l'art. 643 cod. pen.
Mi è sembrato eccessivo solo prevedere l'abuso della leggerezza o dell'inettitudine dell'altro contraente, cui fanno, invece, pure riferimento i codici stranieri richiamati.
189 Queste precisazioni bastano, a mio parere, di per sé sole a far considerare l'azione di lesione come costruita su basi certe e ristrette.
Tanto più ove si consideri:
a) che si nega ingresso all'azione se la lesione non perdura nel momento in cui il giudice pronuncia su di essa: quando la cosa oggetto della controprestazione è stata, ad esempio, rivenduta dal leso a prezzo tale che è rimasto eliminato il danno originario, sarebbe iniquo ammettere l'azione di lesione;
b) che il giudice può disporre una equa modificazione delle condizioni del contratto nonostante la domanda di annullamento.
Naturalmente, questo potere del giudice deve essere esercitato con molta discrezione, e solo nei casi in cui si riscontri un interesse delle parti alla conservazione del contratto. Così il giudice non sostituisce la propria volontà a quella dei contraenti, ma rende possibile la realizzazione del loro intento, eliminando quegli atteggiamenti della volontà di una o di entrambe le parti che l'ordinamento giuridico ritiene illeciti.
Il che è, del resto, in coerenza con il principio generale della buona fede, che riceve in questo progetto applicazione anche in tema di opponibilità di vizi (argomento art. 202).
190 Noto, ancora, che ho modificato la formula dell'articolo 22 adottata dalla Commissione reale, secondo cui la lesione deve eccedere la metà del valore della prestazione, e ho richiesto come presupposto dell'azione che gli oneri derivanti dal contratto superino di oltre il doppio il loro corrispettivo adeguato: questa modifica vuole far sì che si comprendano nell'azione di lesione tutti i casi in cui la prestazione promessa dal leso non abbia in sé un valore suscettibile di essere determinato e di essere immediatamente comparabile con la prestazione ricevuta (come accade nel mutuo ad interesse), e vuole inoltre richiamare l'attenzione del giudice su una più rigorosa valutazione dei presupposti della lesione nei casi in cui la prestazione ricevuta del leso sia stata considerata dalle parti nel suo valore di affezione.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

658 Volendo provvedere ai contratti usurai si è assorbita in un'azione di più ampio e di più rigido contenuto quella di lesione già prevista per la vendita. Siffatta generalizzazione riporta nel nostro diritto un istituto prettamente italiano, perché elaborato dal diritto comune, mentre segue la tendenza accolta nei codici a tipo tedesco e in quelli più moderni; essa non è incompatibile con la permanenza dell'azione di lesione per la divisione (art. 1448 del c.c., quinto comma) perché quest'ultimo rimedio, come si dirà, a proposito della vendita (n. 677), soddisfa ad esigenze proprie della divisione. Sulle tracce degli articoli 1529 e segg. cod. civ. del 1865 si è stabilito, quale estremo della lesione, un dato obiettivo, cioè una sproporzione superiore alla metà del valore che la prestazione eseguita o promessa dalla parte danneggiata aveva al tempo del contratto (art. 1448, secondo comma). Ma s'è richiesto altresì il requisito oggettivo dell'abuso, a vantaggio proprio, dello stato di bisogno della controparte (articolo 1448, primo comma) e quello, del resto implicito, che il contratto non abbia carattere aleatorio (art. 1448, quarto comma). D'altro canto si è dichiarata inammissibile l'azione, se la lesione non sussiste al momento in cui la domanda è proposta (art. 1448, terzo comma); e, sulla base del principio di buona fede, si è prevista l'estinzione del diritto alla rescissione nel caso in cui il contraente avvantaggiato offra una modificazione del contratto sufficiente per ricondurlo ad equità (art. 1450 del c.c.). Con tali requisiti l'azione di lesione si caratterizza in piena autonomia rispetto alla disciplina ricevuta in alcuni codici stranieri. Non si sono considerati né la grave inesperienza della parte danneggiata né l'abuso della sua leggerezza che i codici stessi prendono in considerazione, per non dare all'azione un'eccessiva estensione, specie con riferimento alla più ristretta ipotesi dell'art. 644 del c.p., al quale il codice civile ha voluto rigorosamente coordinarsi. Al codice penale quello civile si ricollega fino al punto da lasciar presumere che si sia voluta dare una precisazione dei presupposti civilistici della sanzione comminata nell'art. 644 suddetto. E' questa anzi la portata prevalente dell'azione generale di lesione introdotta con l'art. 1448, in quanto saranno rari i casi (permuta di immobili, contratti con reciproco scambio di prestazioni di fare) in cui l'azione stessa potrà operare al di fuori dell'ambito della norma penale. Non è in contrasto con il codice penale l'assoggettamento dell'azione alla condizione del perdurare della lesione nel tempo in cui il giudice pronuncia su di essa, perché la norma penale considera il contratto usuraio con esclusivo riferimento al tempo in cui è stato posto in essere; la norma civile invece concerne gli effetti di quel contratto nel momento in cui l'azione è proposta, e non esclude che il reato, già commesso, possa essere ancora perseguito.

Massime relative all'art. 1448 Codice Civile

Cass. civ. n. 15338/2018

L'azione generale di rescissione per lesione richiede la simultanea esistenza di tre requisiti: l'eccedenza "ultra dimidium" della prestazione rispetto alla controprestazione, lo stato di bisogno del contraente danneggiato e l'approfittamento di esso da parte dell'altro contraente. Lo stato di bisogno, pur potendo consistere anche in una situazione di difficoltà economica o nella contingente carenza di liquidità, non può prescindere da un nesso di strumentalità tale da incidere sulla libera determinazione a contrarre, nel senso che le momentanee criticità economiche devono costituire il motivo per cui è stata accettata la sproporzione tra le prestazioni; pertanto, il giudice di merito è tenuto a motivare adeguatamente su tutti gli elementi, non potendo evincere, in via automatica, la sussistenza del predetto nesso di causalità psicologica dalla mera constatazione di una oggettiva condizione economica negativa del contraente svantaggiato, poiché deve considerare la decisività sul piano volitivo di questa situazione in relazione al comportamento della controparte.

Cass. civ. n. 1651/2015

In tema di azione di rescissione per lesione, l'approfittamento dello stato di bisogno consiste nella consapevolezza che una parte abbia dello squilibrio tra le prestazioni contrattuali derivante dallo stato di bisogno altrui di cui ha parimenti conoscenza, non essendo a tal fine sufficiente uno squilibrio solo ipotizzato da parte del contraente in posizione di vantaggio.

Cass. civ. n. 10815/2004

In tema di azione generale di rescissione per lesione, il requisito dello stato di bisogno richiesto dall'art. 1448 c.c., che costituisce uno degli elementi per l'ammissibilità dell'azione generale di rescissione non coincide con l'assoluta indigenza o con una pressante esigenza di denaro, ma deve tuttavia intendersi come ricorrenza, anche se contingente, di una situazione di difficoltà economica riflettentesi non solo sulla situazione psicologica del contraente di modo da indurlo ad una meno avveduta cautela derivante da una minorata libertà di contrattazione, ma anche sul suo patrimonio sì da determinare, in rapporto di causa ed effetto, una situazione di lesione ingiusta del medesimo in conseguenza della sproporzione tra la prestazione eseguita e quella ottenuta.

Cass. civ. n. 8519/2003

In tema di azione generale di rescissione per lesione, lo stato di bisogno non coincide con l'assoluta indigenza o totale incapacità patrimoniale potendo essere ravvisato anche nella semplice difficoltà economica o nella contingente carenza di liquidità. Tuttavia, perché la rescissione possa essere pronunciata, è necessario che le momentanee difficoltà economiche siano in rapporto di causa ad effetto con la determinazione a contrarre, e cioè costituiscano il motivo per il quale è stata accettata la sproporzione tra le prestazioni. Perché poi sussista l'approfittamento dello stato di bisogno della controparte, non è richiesta la prova di una specifica attività posta in essere dal contraente avvantaggiato allo scopo di promuovere o sollecitare la conclusione del contratto, ma occorre pur sempre che dalla compiuta istruzione emerga una situazione tale che consenta di ritenere, attraverso una motivata valutazione complessiva del comportamento dell'acquirente, che la conoscenza dello stato di bisogno della controparte abbia costituito la spinta psicologica a contrarre. Conseguentemente il giudice che pronuncia la rescissione non può limitarsi ad affermare la sproporzione tra le prestazioni in misura eccedente la metà del valore di quella eseguita dalla parte danneggiata, ma deve dar conto di tutti gli elementi idonei a dimostrare che l'acquirente, all'atto della stipulazione del contratto, aveva la piena consapevolezza dell'approfittamento dello stato di bisogno della controparte.

Cass. civ. n. 6204/1994

Ai fini della rescissione per lesione del contratto, perché sussista l'approfittamento dell'altrui stato di bisogno, non è richiesta la prova di una specifica attività posta in essere dal contraente avvantaggiato allo scopo di promuovere o sollecitare la conclusione del contratto, ma occorre pur sempre che dalla compiuta istruzione emerga una situazione tale che consenta di ritenere, attraverso una motivata valutazione complessiva del comportamento dell'acquirente, che la conoscenza dello stato di bisogno della controparte abbia costituito la spinta psicologica a contrarre. Conseguentemente il giudice che pronuncia la rescissione non può limitarsi ad affermare la sproporzione tra le prestazioni in misura eccedente la metà del valore di quella eseguita dalla parte danneggiata, ma deve dar conto di tutti gli elementi idonei a dimostrare che l'acquirente, all'atto della stipulazione del contratto, aveva la piena consapevolezza dell'approfittamento dello stato di bisogno della controparte.

Cass. civ. n. 9374/1991

L'azione generale di rescissione per lesione prevista dall'art. 1448 c.c. richiede la simultanea ricorrenza di tre requisiti e cioè l'eccedenza di oltre la metà della prestazione rispetto alla controprestazione, l'esistenza di uno stato di bisogno, inteso non come assoluta indigenza ma come una situazione di difficoltà economica che incide sulla libera determinazione a contrattare e funzioni cioè come motivo dell'accettazione della sproporzione fra le prestazioni da parte del contraente danneggiato ed, infine, l'avere il contraente avvantaggiato tratto profitto dall'altrui stato di bisogno del quale era consapevole. Fra i tre elementi predetti non intercede alcun rapporto di subordinazione od alcun ordine di priorità o precedenza, per cui riscontrata la mancanza o la mancata dimostrazione dell'esistenza di uno dei tre elementi, diviene superflua l'indagine circa la sussistenza degli altri due e l'azione di rescissione deve essere senz'altro respinta.

Cass. civ. n. 11179/1990

Le norme dell'art. 1447 (contratto concluso in istato di pericolo) e dell'art. 1448 (azione generate di rescissione per lesione) c.c. non sono applicabili, neppure in via analogica, alle dimissioni, che costituiscono un atto unilaterale del lavoratore non implicante alcuna prestazione in favore del datore di lavoro.

Cass. civ. n. 4630/1990

Ai fini dell'azione di rescissione per lesione, lo stato di bisogno, di cui all'art. 1448 c.c., pur potendo consistere anche in una situazione di difficoltà economica, tuttavia non può prescindere da un nesso di strumentalità tale da incidere sulla libera determinazione del contraente, in mancanza degradandosi, nella possibilità della libera scelta dei mezzi, a quella mera esigenza della realizzazione più conveniente del fine perseguito dal contraente che è presente in ogni negozio. (Nella specie, in base all'enunciato principio la C.S. ha annullato la decisione dei giudici del merito, che avevano accolto la domanda di rescissione con riguardo ad un contratto preliminare di costituzione di una servitù di passaggio a favore di un fondo già collegato alla via pubblica, rispondente al fine di attuare un sistema di trasporti più economico, e quindi di realizzare un risparmio).

Cass. civ. n. 531/1990

Colui che ha stipulato la cessione di propri beni ai creditori non può invocare, ai fini della risoluzione per eccessiva onerosità di una vendita compiuta dal liquidatore di quei beni, il proprio stato di bisogno come conseguenza automatica della situazione di difficoltà in cui versa, atteso che la cessione dei beni ai creditori non postula di per sé, l'esistenza di uno stato di bisogno del cedente, potendo determinare il debitore alla cessione anche considerazioni opportunistiche o di calcolo, quale l'intento di ricavare dalla cessione dei beni un risultato più vantaggioso di quello correlato all'assoggettamento dello stesso a plurime azioni esecutive.

Cass. civ. n. 1553/1989

In tema di azione generale di rescissione per lesione, l'accertamento della sproporzione fra le reciproche prestazioni è preliminare all'accertamento sia dello stato di bisogno sia dell'approfittamento di tale stato, come si ricava da un lato dalla lettura dell'art. 1448, secondo comma c.c. e dall'altro dalla considerazione che è proprio dalla constatata sproporzione che il giudice può trarre elementi presuntivi in ordine al consapevole approfittamento a fine di lucro.

Cass. civ. n. 3694/1986

Si ha contratto aleatorio — non soggetto, ai sensi dell'art. 1448, quarto comma, c.c. all'azione di rescissione per lesione — quando l'alea, per specifica pattuizione delle parti ovvero per la natura stessa del negozio, lo caratterizzi nella sua interezza e fin dalla sua formazione, cosicché sia radicalmente incerto per una o per tutte le parti, il vantaggio economico, in relazione al rischio cui le stesse si espongono. Deve pertanto considerarsi aleatorio il contratto in base al quale sia dovuta una prestazione periodica a carico di una parte ed a favore dell'altra, sino alla morte di quest'ultima e dei suoi eredi, ancorché sia fissata una durata minima di tale prestazione, dal momento che la morte dei beneficiari prima della scadenza del termine comporta pur sempre l'estinzione della prestazione dell'obbligo.

Cass. civ. n. 2166/1986

Lo stato di bisogno richiesto per l'esercizio dell'azione di rescissione per lesione ai sensi dell'art. 1448 cod. civ. in caso di patrimonio amministrato da soggetto diverso dal suo titolare, va riferito unicamente alla situazione in cui versa il patrimonio amministrato. Conseguentemente, lo stato di bisogno può ravvisarsi anche con riguardo alla eredità giacente, in quanto la particolare disciplina prevista dagli artt. 498 e 530 per la liquidazione dei debiti ereditari, non esclude che il curatore dell'eredità sia costretto, dalla mancanza di denaro liquido, a vendere i beni amministrati a un prezzo inadeguato al loro valore, per evitare che i creditori diano inizio ad azioni esecutive.

Cass. civ. n. 2071/1978

Il principio per cui fra i presupposti dell'azione di rescissione non intercede rapporto di subordinazione o di priorità, sicché la mancanza anche di uno solo di essi rende superflua ogni indagine circa la sussistenza degli altri ed importa il rigetto della domanda, non esonera il giudice del merito dall'indagare sulla sproporzione fra le prestazioni corrispettive ogni volta che non ritenga sufficientemente provato l'estremo dello stato di bisogno della parte che impugna il contratto. Ciò, perché, soprattutto nei casi in cui la prova dello stato di bisogno dipende da circostanze apprezzabili con margine di discrezionalità, l'entità della sproporzione può costituire essa stessa una delle circostanze almeno indirettamente indicative dello stato di bisogno, per la considerazione che la sproporzione tra le prestazioni corrispettive è direttamente proporzionale alla intensità del bisogno. Nel giudizio relativo alla rescissione per lesione di una vendita immobiliare, per l'accertamento dello stato di bisogno del venditore all'epoca dell'impugnato contratto di alienazione, il giudice del merito deve procedere ad una valutazione globale delle prove offerte e delle circostanze che confluiscono a chiarire lo stato di bisogno da accertare e non può compiere un esame analitico e separato di ogni singolo fatto, prendendolo in considerazione isolatamente e così per ognuno negando la sua idoneità a dimostrare l'invocato stato di bisogno. Lo stato di bisogno, rilevante agli effetti della rescissione del contratto per lesione, deve intendersi non come assoluta indigenza o incapacità patrimoniale, ma come situazione di difficoltà economica che incida sulla libera determinazione del contraente, in guisa da indurlo a concludere il contratto a condizioni economiche per lui pregiudizievoli.

Cass. civ. n. 697/1970

La questione della inammissibilità dell'azione di rescissione relativa ad un contratto aleatorio, anche se viene prospettata per la prima volta in sede di legittimità, è proponibile se rientra nel thema decidendum già dibattuto nel giudizio di merito ed è basata su elementi di fatto già accertati in tale giudizio.

Nell'emptio spei, o vendita di speranza, il compratore, ai sensi dell'art. 1472, secondo comma c.c., si impegna incondizionatamente a pagare al venditore un prezzo determinato, anche se la cosa non venga mai ad esistenza o sia, comunque, quantitativamente o qualitativamente diversa da quella sperata o supposta dal compratore al momento dell'acquisto. Tale vendita ha carattere di contratto aleatorio, come tale sottratto, ai sensi del quarto comma dell'art. 1448 c.c., all'azione di rescissione per lesione.

Cass. civ. n. 153/1970

Lo stato di bisogno, richiesto dall'art. 1448 c.c. per l'esperimento dell'azione di rescissione per lesione, può essere generato dalle cause più disparate, ma deve consistere, in ogni caso, in una deficienza di mezzi pecuniari, per cui tutti gli altri differenti motivi, che abbiano costituito il concreto impulso alla conclusione del contratto, possono eventualmente giustificare l'annullamento del medesimo per vizi di consenso, ma non integrano una ragione di lesione e non si identificano, quindi, con la condizione prevista dalla legge per l'esperimento dell'azione di rescissione.

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