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Articolo 85 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 27/03/2024]

Interdizione per infermità di mente

Dispositivo dell'art. 85 Codice Civile

Non può contrarre matrimonio l'interdetto per infermità di mente [102, 116, 119, 414].

Se l'istanza di interdizione è soltanto promossa [417], il pubblico ministero può chiedere che si sospenda la celebrazione del matrimonio [104]; in tal caso la celebrazione non può aver luogo finché la sentenza che ha pronunziato sull'istanza non sia passata in giudicato [324 c.p.c.].


Brocardi

Furor contraili matrimonium non sinit, quia consensu opus est, sed recte contractum non impedit

Spiegazione dell'art. 85 Codice Civile

La capacità di contrarre matrimonio si perde dal giorno della pubblicazione della sentenza di interdizione (almeno secondo la prevalente dottrina, mentre per la giurisprudenza coinciderebbe con il momento del passaggio in giudicato formale della sentenza). La richiesta di sospensione da parte del p.m. avviene a seguito della valutazione da parte dello stesso dell'accoglimento dell'istanza di interdizione; diversamente, in difetto di tale istanza del p.m., il coniuge che provi di essersi trovato in stato di incapacità al momento della celebrazione potrà impugnare egli stesso il matrimonio.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

Massime relative all'art. 85 Codice Civile

Cass. civ. n. 4733/2021

Il provvedimento con il quale il giudice tutelare decide sull'istanza, formulata nell'ambito di una procedura di amministrazione di sostegno, diretta ad ottenere l'estensione al beneficiario, ai sensi del combinato disposto degli artt. 411, comma 4 e 85 c.c., del divieto di contrarre matrimonio, incidendo in maniera definitiva, sia pure "rebus sic stantibus", sulla capacità di autodeterminarsi della persona e quindi su un diritto personalissimo, ha natura intrinsecamente decisoria, sicché la competenza a conoscere del relativo reclamo appartiene alla corte d'appello ex art. 720 bis c.p.c.

Cass. civ. n. 11536/2017

Posto che le disposizioni in materia di interdizione non sono suscettibili di generalizzata estensione analogica all'amministrazione di sostegno, atteso che quest'ultimo istituto ha la finalità di offrire uno strumento di assistenza a chi si trova nell'impossibilità, anche temporanea, di provvedere ai propri interessi, comprimendone nella minor misura possibile la capacità di agire, non sussiste la legittimazione all'impugnazione del matrimonio degli eredi di chi, al momento delle nozze, versava in stato di incapacità naturale, essendo stato designato solo successivamente un amministratore di sostegno, e sia deceduto senza aver proposto tale azione.

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Elisa chiede
giovedì 09/06/2011 - Piemonte

“Una persona con infermità mentale può sposarsi?
I figli possono partecipare a concorsi pubblici?
Grazie”

Consulenza legale i 10/06/2011

A norma dell’art. 85 del c.c. nel nostro ordinamento vige il divieto di contrarre matrimonio solo per l’interdetto cioè colui la cui infermità di mente sia stata accertata da un giudice in apposito procedimento civile. L’art. 120 del c.c., però stabilisce che può essere impugnato anche il matrimonio contratto da colui che, pur non essendo né interdetto né interdicendo, si provi essere stato incapace di intendere e di volere, per qualunque causa, anche transitoria, al momento della celebrazione.

Si parla di annullabilità relativa perchè l'invalidità del matrimonio può essere fatta valere solo da alcune persone espressamente determinate.

I figli di un tale matrimonio non subiscono effetti pregiudizievoli. Dal punto di vista giuridico, nulla osta alla loro partecipazione a concorsi pubblici.