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Articolo 6 Semplificazione dei procedimenti in materia di ricorsi amministrativi

(D.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199)

[Aggiornato al 04/07/2009]

Silenzio

Dispositivo dell'art. 6 Semplificazione dei procedimenti in materia di ricorsi amministrativi

Decorso il termine di novanta giorni dalla data di presentazione del ricorso senza che l'organo adito abbia comunicato la decisione, il ricorso si intende respinto a tutti gli effetti, e contro il provvedimento impugnato è esperibile il ricorso all'autorità giurisdizionale competente, o quello straordinario al Presidente della Repubblica.

Massime relative all'art. 6 Semplificazione dei procedimenti in materia di ricorsi amministrativi

Cons. Stato n. 382/2018

Il decorso del termine per decidere sul ricorso gerarchico non ha effetti sostanziali poiché non determina una decisione tacita di rigetto, ma ha solo effetti processuali, concedendo all'interessato la facoltà a proporre ricorso giurisdizionale. Da ciò consegue, da un lato, che l'Amministrazione non perde il potere di provvedere, sebbene tardivamente, dall'altro lato, che l'interessato può scegliere se proporre subito ricorso giurisdizionale o attendere la tardiva decisione sul ricorso gerarchico.

Cons. Stato n. 1920/2014

Il decorso dello spatium deliberandi di 90 giorni previsto dall'art. 6 del D.P.R. n. 1199 del 1971 per l'adozione e la comunicazione della decisione del ricorso gerarchico non genera un atto di contenuto negativo, presunto ex lege, ma costituisce un limite di legge oltre il quale, al dichiarato fine acceleratorio dei procedimenti, l'interessato non è tenuto ad attendere l'esito del ricorso amministrativo da lui stesso promosso e può senz'altro adire il giudice per tutelarsi in sede di legittimità contro l'atto amministrativo reputato lesivo (Riforma della sentenza del T.a.r. Marche - Ancona, sez. I, n. 1755/ 2007).

Cons. Stato n. 4276/2013

Non è proponibile l'azione avverso il silenzio della p.a., ex art. 117 del codice del processo amministrativo (D.Lgs. 104 del 2010), nel caso in cui sia stato presentato ricorso gerarchico e sia inutilmente decorso del termine di 90 giorni previsto per la sua decisione dall'art. 6 del D.P.R. n. 1199/1971. In tali casi, stante sempre il potere dell'Amministrazione di decidere tardivamente il ricorso gerarchico, l'interessato potrà impugnare il provvedimento contro cui ha ricorso in via gerarchica. (Riforma Tar Sardegna, sez. I, n. 1114/2012).

Nel sistema del D.P.R. 24 novembre 1971 n. 1199, il silenzio mantenuto dall'Autorità investita da un ricorso gerarchico non si configura come una inadempienza (e dunque non dà luogo all'impugnazione del silenzio come tale e tanto meno all'azione di accertamento dell'obbligo di provvedere ai sensi dell'art. 21 bis L. 21 luglio 2000 n. 205 e poi delle corrispondenti disposizioni del codice del processo amministrativo), bensì come mero fatto che abilita a ricorrere al giudice amministrativo impugnando non il silenzio dell'Autorità sovraordinata ma il provvedimento già impugnato inutilmente in via gerarchica, tenendo presente che nel caso de quo non sono sovrapponibili diverse procedure relative al silenzio della P.A.: esse sono invece incompatibili e chiaramente alternative dal momento che ciascuna di esse disciplina lo stesso istituto con modalità diverse nelle diverse circostanze secondo la logica propria di ciascuna.

Cass. civ. n. 16360/2013

In materia di repressione delle violazioni delle leggi finanziarie, dopo la notifica al trasgressore dell'ordinanza-ingiunzione che determina l'ammontare della pena pecuniaria (notifica che ha effetto interruttivo della prescrizione ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 2943 cod. civ.), inizia a decorrere - ai sensi dell'art. 17 della legge n. 4 del 1929, "ratione temporis" applicabile - un nuovo termine di prescrizione quinquennale, che è interrotto dalla presentazione del ricorso al Ministero competente previsto dall'art. 56 della citata legge n. 4 del 1929, prescrizione che dopo tale interruzione deve ritenersi sospesa fino alla decisione del Ministro, senza che possa ritenersi invocabile l'istituto del silenzio-rigetto, previsto dall'art. 6 del D.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199, decorsi novanta giorni dalla data di presentazione del ricorso amministrativo. (Cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. Palermo sez. dist. Siracusa, 19/1/2006).

Cons. Stato n. 347/2013

L'annullamento, in sede giurisdizionale, di una decisione di ricorso gerarchico di inammissibilità non comporta il rinvio della controversia all'Amministrazione, con assorbimento delle altre doglianze, giacché, quando sia possibile e salvo il caso che la stessa parte prospetti l'esigenza di una rinnovazione della decisione gerarchica, il giudice amministrativo deve procedere al diretto esame della legittimità dell'atto originario.

Cons. Stato n. 6712/2012

In materia di appalti pubblici, il silenzio serbato dall'Amministrazione a seguito di informativa ex art. 243 - bis del d.lgs. 163/2006 non corrisponde propriamente alla figura del silenzio-rigetto, giacché il testo dell'art. 243-bis lascia intendere che il legislatore non abbia voluto dar vita ad un procedimento contenzioso o para-contenzioso a tutela di una posizione giuridica soggettiva, ma solo offrire all'ente pubblico l'opportunità di un riesame in via di autotutela. Infatti, non a caso l'atto introduttivo non viene denominato "ricorso" ovvero "reclamo" o "opposizione", ma semplicemente: "informativa dell'intento di proporre ricorso giurisdizionale"; e il silenzio non viene denominato "rigetto" o "rifiuto" ma semplicemente "diniego di (procedere in) autotutela". Pertanto, anche alla luce del comma 5 dell'art. 243-bis, pare quanto meno dubbio (rispetto alla disciplina del silenzio-rigetto) che il privato abbia l'onere di impugnare il silenzio-diniego quand'anche abbia (già) impugnato ritualmente l'atto di aggiudicazione.

Cons. Stato n. 4942/2012

In tema di ricorso gerarchico, il decorso del termine breve di novanta giorni per la formazione del silenzio-rigetto ai sensi dell'art. 6 D.P.R. 24 novembre 1971 n. 1199 non dà luogo ad effetti sostanziali, nel senso che non determina alcun provvedimento amministrativo fittizio, ma produce soltanto effetti processuali, con la conseguenza che, formatosi il silenzio, l'Autorità investita dal ricorso gerarchico non perde per ciò solo la potestà di decidere e il privato ha la scelta tra ricorrere in sede giurisdizionale o straordinaria nei termini di decadenza immediatamente contro il provvedimento di base, ai sensi dell'art. 6 citato, o successivamente contro l'eventuale decisione gerarchica tardiva, ove lesiva, in base alle norme generali.

Cons. Stato n. 2154/2009

Il decorso del termine di novanta giorni previsto dall'art. 6 dei D.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199, entro il quale il ricorso gerarchico deve essere deciso dall'Autorità amministrativa non ha effetti sostanziali ma processuali, giacché abilita il ricorrente gerarchico a scegliere fra la proposizione dei ricorso giurisdizionale contro il provvedimento di base nei termini di decadenza, una volta formatosi il silenzio-rigetto, ovvero la proposizione dello stesso ricorso avverso la successiva decisione amministrativa, con la conseguenza che, anche se si è formato il silenzio-rigetto, l'Amministrazione non viene privata della potestà di decidere il ricorso gerarchico né il privato della legittimazione ad insorgere contro il provvedimento di rigetto dello stesso.

Cass. civ. n. 12263/2007

In tema di imposta di consumo, la proposizione del ricorso amministrativo, ai sensi dell'art. 90 R.D. 14 settembre 1931, n. 1175, produce un effetto interruttivo della prescrizione con carattere permanente fino al momento in cui la decisione del prefetto diventa definitiva; a tal fine, peraltro, non assume alcun rilievo l'inutile decorso del termine di novanta giorni per la decisione sul ricorso gerarchico, assegnato all'Amministrazione dall'art. 6 D.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199, in quanto tale evento non concretizza un finto provvedimento di rigetto e non ha alcun effetto sostanziale, ma produce effetti di natura meramente processuale, nel senso che rimuove un ostacolo alla proposizione dei ricorso giurisdizionale o straordinario avverso il provvedimento originario, senza però escludere il potere-dovere dell'autorità investita di intervenire con una determinazione esplicita.

Cons. Stato n. 1028/1999

Ai sensi dell'art. 6, D.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199 la proposizione del ricorso giurisdizionale preclude l'esperimento della procedura del silenzio rifiuto nei confronti dell'autorità adita con ricorso gerarchico, stante la regola della non cumulabilità dei due rimedi nell'ipotesi di renitenza dell'amministrazione a provvedere, allertata a seguito di procedimento di diffida a provvedere.

Cons. Stato n. 971/1999

La decisione di rigetto del ricorso gerarchico successiva al termine di 90 giorni di cui all'art. 6 D.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199 corrisponde a semplice conferma del provvedimento tacito di diniego già maturatosi, salvo la presenza di motivi nuovi di legittimità o di merito rispetto a quelli esposti nell'atto originariamente impugnato.

Cass. civ. n. 700/1997

In tema di cancellazione dall'albo delle imprese artigiane, la competenza del tribunale della sede della commissione regionale per l'artigianato sussiste - in base alla regola generale del foro del convenuto (inderogabile, nell'ipotesi, per il previsto intervento nel procedimento del p.m.) - non solo quando oggetto dell'impugnazione sia il provvedimento emesso da detta commissione sul ricorso gerarchico "improprio" contro la decisione della commissione provinciale (art. 11 l. n. 860 del 1956), ma anche allorché la commissione regionale non abbia provveduto sull'indicato ricorso amministrativo, lasciando inutilmente trascorrere il termine di 90 giorni, previsto dall'art. 6 D.P.R. n. 1199 del 1971, riferibile ad ogni ricorso gerarchico, proprio o improprio, la scadenza del quale, in difetto di specifica disposizione contraria, ha valore di provvedimento negativo imputabile all'organo superiore.

Cons. Stato n. 752/1994

Con l'abrogazione dell'art. 5 t.u. 3 marzo 1934, n. 383 ad opera dell'art. 6 D.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199, il procedimento per la formazione del silenzio-rifiuto è in via analogica, quello di cui all'art. 25 t.u. 10 gennaio 1957, n. 3.

Cons. giust. amm. Sicilia n. 325/1992

Il mancato riscontro del ricorso gerarchico nel termine di novanta giorni previsto dall'art. 6 del D.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199, pur dando luogo alla formazione del silenzio-rigetto, esplica effetti di natura meramente processuale, nel senso che rimuove un ostacolo alla proposizione del ricorso giurisdizionale avverso il provvedimento originario. Anche se si è formato il silenzio-rigetto, la p.a. non viene, per tale solo fatto, privata della potestà di decidere espressamente in ordine al ricorso gerarchico e dalla legittimità del provvedimento con tale ricorso impugnato, talché al possibile esercizio di tale potestà - oltre il termine di novanta giorni - deve pur corrispondere la facoltà dell'interessato di gravare il rigetto espresso con il rimedio del ricorso giurisdizionale ovvero di quello straordinario, abbia costui - o meno - impugnato il silenzio-rigetto.

Cons. Stato n. 450/1990

Il decorso del termine di 90 giorni per la formazione del silenzio rigetto ai sensi dell'art. 6 D.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199 non ha effetti sostanziali, non concretando alcun provvedimento amministrativo, ma produce soltanto effetti processuali; formatasi pertanto la situazione omissiva del silenzio, l'autorità competente a decidere il ricorso gerarchico, non perde perciò solo il potere di decidere nel caso concreto; il privato d'altra parte può elettivamente proporre il ricorso giurisdizionale nel termine di decadenza successivo al termine suddetto avverso il provvedimento di base, ai sensi del citato art. 6, ovvero nei confronti dell'eventuale decisione gerarchica tardiva in base alle norme generali, nel termine decorrente dalla comunicazione o dalla piena conoscenza di detta sopravvenuta decisione.

Cons. Stato n. 16/1989

L'amministrazione conserva l'obbligo ed il potere di decidere sul ricorso gerarchico qualora il ricorrente non si avvalga della facoltà di adire immediatamente il giudice amministrativo; in caso di persistente inerzia, l'interessato può esperire la procedura per il silenzio-rifiuto prevista dall'art. 25 t.u. 10 gennaio 1957, n. 3.

Cons. Stato n. 8/1986

Dopo la scadenza del termine di novanta giorni, stabilito dall'art. 6 D.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199, l'amministrazione non ha più il potere di decidere, nè in senso favorevole nè sfavorevole, il ricorso gerarchico; pertanto, il provvedimento decisorio, dopo la scadenza del predetto termine, non può che considerarsi meramente confermativo del rispetto tacito e non riapre il termine di decorrenza per ricorrere al giudice amministrativo.

Cons. Stato n. 585/1982

L'art. 14 l. reg. Trentino-Alto Adige 29 novembre 1978, n. 25, relativo alla classificazione degli immobili da parte dei comuni, ai fini dell'applicazione della tassa di soggiorno, nel disciplinare il ricorso gerarchico improprio in materia, prevedendo la formazione del silenzio rigetto nel medesimo termine e con le medesime modalità di cui agli art. 6 D.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199 e 20 l. 6 dicembre 1971, n. 1034, non contempla la proponibilità, scaduta il detto termine, del ricorso giurisdizionale contro il primo provvedimento; ne consegue che, al fine di evitare un'interpretazione della norma regionale in contrasto con gli art. 24 e 113 cost., occorre ritenere che l'amministrazione provinciale conserva il potere di pronunciarsi sull'impugnativa proposta col ricorso gerarchico anche dopo che sia trascorso il termine di 90 giorni previsto dall'ultimo comma dell'art. 14 cit.

Cons. Stato n. 4/1978

Nel caso in cui l'autorità adita con ricorso gerarchico emana una decisione esplicita di accoglimento dopo la scadenza del termine di 90 giorni previsto dall'art. 6 D.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199, questa decisione equivale ad una revoca di quella tacita di rigetto, con l'effetto che, quando non vi siano controinteressati che intendano far valere l'illegittimità dell'anzidetta decisione, e l'accoglimento sia pieno, può essere dichiarata la cessazione della materia del contendere sul ricorso giurisdizionale eventualmente proposto contro il silenzio-rigetto, ai sensi dell'art. 23 ultimo comma l. 6 dicembre 1971, n. 1034, mentre, ove controinteressati vi siano, questi possono esperire, nell'ordinario termine di decadenza, il rimedio giurisdizionale contro la nuova decisione, in quanto emanata dopo la consumazione del potere di reiezione avvenuta in forma tacita e, se la decisione non sia impugnata, questa diventa inoppugnabile. Decorso il termine di 90 giorni stabilito dall'art. 6 D.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199 l'Amministrazione non può emanare decisioni, sia favorevoli che sfavorevoli in ordine a ricorsi gerarchici sottoposti al suo esame, ove siano controinteressati.

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