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Articolo 230 Codice Penale

(R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Casi nei quali deve essere ordinata la libertà vigilata

Dispositivo dell'art. 230 Codice Penale

La libertà vigilata è sempre ordinata(1):

  1. 1) se è inflitta la pena della reclusione per non meno di dieci anni: e non può, in tal caso, avere durata inferiore a tre anni(2);
  2. 2) quando il condannato è ammesso alla liberazione condizionale(3);
  3. 3) se il contravventore abituale o professionale, non essendo più sottoposto a misure di sicurezza, commette un nuovo reato, il quale sia nuova manifestazione di abitualità o professionalità;
  4. 4) negli altri casi determinati dalla legge [210, 223, 225, 238, 417](3).

Nel caso in cui sia stata disposta l'assegnazione a una colonia agricola o ad una casa di lavoro, il giudice, al termine dell'assegnazione, può ordinare che la persona da dimettere sia posta in liberà vigilata, ovvero può obbligarla a cauzione di buona condotta(4).

Note

(1) La norma in esame disciplina la cosiddetta libertà vigilata obbligatoria. Ciò significa che, nei casi previsti, il giudice è tenuto ad applicare tale misura di sicurezza, però sempre previo accertamento della pericolosità del reo, quale condizione imprescindibile, successivamente all'abolizione nell'ordinamento penale italiano della presunzione assoluta di pericolosità sociale (legge 10 ottobre 1986, n.663).
(2) La misura deve essere eseguita dopo aver scontato la pena e a condizione che sussista ancora la pericolosità sociale.
(3) Qualora vi sia anche la liberazione condizionale, la libertà vigilata assume dei connotati particolare rispetto agli altri casi, in quanto manca la determinazione della sua durata minima, nonché la possibilità di proroga. Di conseguenza, la sua durata corrisponde alla residua pena da scontare.
(4) Si ricordi che l'art. 211 prevede la possibilità di applicazione congiunta di misure di sicurezza detentive e non detentive,in quanto entrambe sono sottoposte ad un vaglio della pericolosità sociale del reo.

Ratio Legis

La norma prevede i casi di applicazione obbligatoria della libertà vigilata, la quale ha essenzialmente due funzioni. Infatti da un parte tende alla difesa sociale, rispondendo così ad una finalità di prevenzione generale, dall'altra tende a finalità di prevenzione speciale, essendo destinata all'assistenza della persona sottoposta alla misura.

Spiegazione dell'art. 230 Codice Penale

Al contrario di quanto previsto dall'articolo precedente (art. 229), vengono qui disciplinate le ipotesi in cui la libertà vigilata deve essere ordinata.

Ad ogni modo, la doverosità è temperata dal fatto che, come per tutte le misure di sicurezza, è necessario un accertamento della attuale pericolosità sociale del soggetto, non vigendo più alcuna presunzione in merito (v. art. [[n204]]).

Pertanto, una volta accertata l'attuale e persistente pericolosità sociale del condannato, la misura di sicurezza in esame deve essere applicata (dopo l'espiazione della pena principale) quando:

  • vi sia una condanna alla pena della reclusione per un tempo non inferiore ad anni dieci;




  • quando il contravventore abituale o professionale, dopo esser già stato sottoposto a misure di sicurezza, commetta un altro reato che venga valutato come una nuova manifestazione di abitualità o professionalità;


  • negli altri casi previsti dalla legge.

Per quanto riguarda la durata minima, come già chiarito (v. artt. 206 e 207), la Corte Costituzionale ha sancito il principio per il quale la pericolosità sociale del soggetto può essere nuovamente valutata dal giudice in ogni tempo, senza dover attendere il decorso del tempo minimo stabilito per ciascuna misura. Per tale motivo il periodo minimo verrà comunque indicato dal giudice, ma la misura potrà essere potenzialmente revocata in ogni tempo al venir meno della pericolosità sociale.

Facoltativa è invece l'ultima ipotesi, che permette al giudice di ordinare la libertà vigilata al termine del periodo di assegnazione ad una colonia agricola o ad una casa di lavoro (art. 216).

Massime relative all'art. 230 Codice Penale

Cass. pen. n. 867/1992

L'applicazione del condono di due anni sulla maggior pena inflitta, effettuata ai sensi del D.P.R. 22 dicembre 1990, n. 394, non incide sulla quantità della pena prevista dall'art. 230 c.p. per farsi luogo alla libertà vigilata e ciò sia perché, in generale, l'applicazione dell'indulto non si riflette (salve le ipotesi di cui all'art. 210 c.p. in caso di totale estinzione della pena) sull'applicabilità delle misure di sicurezza e sulle questioni ad essa inerenti, sia perché in particolare, il condono di che trattasi è revocabile ai sensi dell'art. 4 del citato decreto.

Cass. pen. n. 10527/1988

Il giudice di cognizione, quando è inflitta la pena della reclusione per non meno di dieci anni, può, previo accertamento che colui che ha commesso il fatto è persona socialmente pericolosa, irrogargli la misura di sicurezza della libertà vigilata per una durata anche superiore a quella minima di tre anni prevista dalla legge. Decorso però il detto termine minimo il magistrato di sorveglianza, ove la pericolosità sia cessata, è funzionalmente competente a revocare la misura di sicurezza prima della scadenza del maggior termine per essa fissato dal giudice di cognizione.

Cass. pen. n. 2177/1987

La liberazione condizionale, così come disciplinata dagli artt. 8 e 9 della legge n. 304 del 1982, è istituto che presenta caratteristiche eccezionali rispetto alle disposizioni corrispondenti (artt. 176 e 177 c.p.) della legge ordinaria, essendo espressamente regolamentato per quanto attiene sia alle condizioni di ammissione al beneficio sia alle cause di revoca, sia alla competenza per la concessione. Pertanto in caso di liberazione condizionale prevista dalla legge n. 304, più sopra indicata, non può essere applicata la misura di sicurezza della libertà vigilata, secondo il disposto dell'art. 230, primo comma n. 2 c.p.

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