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Articolo 90 Codice Penale

(R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Stati emotivi o passionali

Dispositivo dell'art. 90 Codice Penale

Gli stati emotivi o passionali non escludono né diminuiscono l'imputabilità [c.p.p. 220](1).

Note

(1) La disposizione in esame si riferisce agli stati emotivi e passionali che sono verificabili in una persona sana e, come tale, ritenuta idonea a controllare la propria affettività (si pensi alla gelosia). Questi non possono escludere o diminuire l'imputabilità in quanto possono assumere rilevanza come cause di esclusione o attenuazione dell'imputabilità solo quegli stati emotivi e passionali che dipendono da una vera e propria infermità di mente. Di qui la considerazione di inutilità della norma, espressa da larga parte della dottrina.

Ratio Legis

Nonostante larga parte della dottrina reputi tale norma di vana utilità, si coglie comunque un preciso intento del legislatore, ovvero quello di evitare che possa essere considerato non punibile qualunque delitto impulsivo, indipendentemente da uno stato di menomazione della lucidità del soggetto agente.

Spiegazione dell'art. 90 Codice Penale

Gli stati emotivi o passionali, pur potendo incidere in maniera più o meno massiccia sulla lucidità mentale di un soggetto, sono per espressa disposizione legislativa inidonei ad escludere l'imputabilità.

Affinché possano assumere rilevanza vi è bisogno di un quid pluris, rappresentato da un fattore determinante che si traduca in un vero e proprio stato patologico, sia pure momentaneo e pur senza assumere i tratti di una patologia clinicamente nominata.

Gli stati emotivi e passionali devono quindi degenerare in un vero e proprio squilibrio mentale al fine di escludere o diminuire l'imputabilità ai sensi degli artt. 88 e 89.

Esemplificativamente, la gelosia, classico esempio di stato passionale, non può di per sé incidere sulla imputabilità, ma se provoca disordine nelle funzioni della mente e perturbazioni in quelle della volontà diventando un fuoco divoratore, una forza cieca dello spirito, può costituire una forma morbosa diagnosticabile che esclude o diminuisce la capacità di intendere e di volere.

Massime relative all'art. 90 Codice Penale

Cass. pen. n. 9843/2013

Ai fini dell'imputabilità nessun rilievo svolgono gli stati emotivi e passionali, salvo che essi non si inseriscano eccezionalmente in un quadro più ampio di "infermità", tale per consistenza, intensità e gravità da incidere concretamente sulla capacità di intendere e di volere, escludendola o scemandola grandemente, e a condizione che sussista un nesso eziologico con la specifica condotta criminosa, per effetto del quale il reato sia causalmente determinato dal disturbo mentale.

Cass. pen. n. 37020/2006

La gelosia quale stato passionale, in soggetti normali, si manifesta come idea generica portatrice di inquietudine, non diminuisce e tanto meno esclude la capacità di intendere e di volere del soggetto, salvo che essa derivi da un vero e proprio squilibrio psichico il quale deve presupporre uno stato delirante tale da incidere sui processi di determinazione e di auto-inibizione.

Cass. pen. n. 24696/2004

In tema di imputabilità, la capacità di controllo delle proprie azioni va distinta dalla capacità di intendere e di volere, in quanto capacità del soggetto di modulare e calibrare la sua condotta in funzione di elementi condizionanti di ordine etico, religioso ed educativo che, afferendo ed integrandosi nel nucleo della personalità del soggetto, lo dotano sia del senso critico che di quello autocritico, e che agiscono come modulatori dell'istintualità e dell'impulsività. Ne consegue che l'indebolimento dei freni inibitori, non dipendente da un vero e proprio stato patologico, non incide sulla capacità di intendere e di volere e quindi sull'imputabilità.

Cass. pen. n. 24614/2003

In tema di imputabilità, le anomalie che influiscono sulla capacità di intendere e di volere sono le malattie mentali in senso stretto, cioè le insufficienze celebrali originarie e quelle derivanti da conseguenze stabilizzate di danni cerebrali di varia natura, nonché le psicosi acute o croniche, contraddistinte, queste ultime, da un complesso di fenomeni psichici che differiscono da quelli tipici di uno stato di normalità per qualità e non per quantità. Ne consegue che esula dalla nozione di infermità mentale il gruppo delle cosiddette abnormità psichiche, come le nevrosi e le psicopatie, che non sono indicative di uno stato morboso e si sostanziano in anomalie del carattere non rilevanti ai fini dell'applicabilità degli artt. 88 e 89 c.p., in quanto hanno natura transeunte, si riferiscono alla sfera psico-intellettiva e volitiva e costituiscono il naturale portato di stati emotivi e passionali.

Cass. pen. n. 967/1998

Gli stati emotivi o passionali, per loro stessa natura, sono tali da incidere, in modo più o meno massiccio, sulla lucidità mentale del soggetto agente senza che ciò, tuttavia, per espressa disposizione di legge, possa escludere o diminuire l'imputabilità, occorrendo a tal fine un quid pluris che, associato allo stato emotivo o passionale, si traduca in un fattore determinante un vero e proprio stato patologico, sia pure in natura transeunte e non inquadrabile nell'ambito di una precisa classificazione nosografica. L'esistenza o meno di detto fattore va accertata sulla base degli apporti della scienza psichiatrica la quale, tuttavia, nella vigenza dell'attuale quadro normativo e nella sua funzione di supporto alla decisione giudiziaria, non potrà mai spingersi al punto di attribuire carattere di “infermità” (come tale rilevante, ai sensi degli artt. 88 e 89 c.p., ai fini della esclusione e della riduzione della capacità d'intendere e di volere), ad alterazioni transeunti della sfera psico-intellettiva e volitiva che costituiscano il naturale portato degli stati emotivi o passionali di cui si sia riconosciuta l'esistenza.

Cass. pen. n. 1435/1996

La falsa opinione sul tradimento del coniuge può atteggiarsi o come idea portatrice di inquietudini, di per sé sole ininfluenti, o come stato delirante che, nell'incidere sul processo di determinazione e di inibizione, travolge l'agente in una condotta abnorme e automatica. Solo in questa seconda ipotesi può parlarsi di infermità mentale dipendente da causa patologica e idonea ad escludere o ad attenuare fortemente la capacità di intendere e di volere. (Fattispecie relativa a uxoricidio).

Cass. pen. n. 11373/1995

In tema di imputabilità, affinché una reazione «a corto circuito» costituisca manifestazione di una vera e propria malattia che comprometta la capacità di intendere e di volere del soggetto, è necessario che essa si inquadri in una preesistente alterazione patologica comportante infermità o seminfermità mentale. Quando la reazione a corto circuito si ricolleghi a semplici manifestazioni di tipo nevrotico o ad alterazioni comportamentali prive di substrato organico, essa si configura come situazione di turbamento psichico transitorio, qualificabile come stato emotivo o passionale, tale da non escludere né diminuire l'imputabilità a norma dell'art. 90 c.p.

Cass. pen. n. 4954/1993

In tema di imputabilità, gli artt. 88 e 89 c.p. postulano una infermità di tale natura e intensità da compromettere seriamente i processi conoscitivi e volitivi della persona, eliminando o attenuando la capacità della medesima di rendersi conto del significato delle proprie azioni e di comprenderne, quindi, il disvalore sociale, nonché di determinarsi in modo autonomo. Le infermità che influiscono sulla imputabilità sono le malattie mentali in senso stretto, cioè le insufficienze cerebrali originarie e quelle derivanti da conseguenze stabilizzate di danni cerebrali di varia natura, nonché le psicosi acute o croniche. Queste ultime sono contraddistinte da un complesso di fenomeni psichici che differiscono da quelli tipici di uno stato di normalità per qualità e non per quantità, come accade invece per il vasto gruppo delle «abnormità psichiche», quali le nevrosi e le psicopatie, che non sono indicative di uno stato morboso e si sostanziano in anomalie del carattere o della sfera affettiva, non rilevanti ai fini dell'applicabilità degli artt. 88 e 89 c.p. Ne consegue che, quando a causa di una situazione conflittuale dovuta a particolari tensioni psichiche si determini un'accentuazione di alcuni tratti del carattere del soggetto, inducendolo, come avviene nelle reazioni «a corto circuito», a tenere una condotta animale, non si può certamente parlare di malattia di mente, sicché la disposizione cui occorre riferirsi è quella di cui all'art. 90 c.p.

Cass. pen. n. 1347/1991

Gli stati emotivi e passionali, che a norma dell'art. 90 c.p., non escludono né diminuiscono l'imputabilità, possono in via eccezionale influire su questa solo quando, esorbitando dalla sfera puramente psicologica, degenerino in un vero e proprio squilibrio mentale con disordine e perturbazioni nelle funzioni della mente e della volontà, sì da eliminare o attenuare le capacità intellettive e volitive.

Cass. pen. n. 6710/1983

Gli stati emotivi e passionali, che, a norma dell'art. 90 c.p., non escludono né diminuiscono la imputabilità, possono eccezionalmente avere rilievo sull'anzidetta imputabilità allorquando travalichino la sfera puramente psicologica e degenerino in un vero e proprio, anche se transeunte, squilibrio mentale. Ne deriva che la gelosia, la quale costituisce uno stato passionale privo delle anzidette caratteristiche degenerative, è inoperativa ai fini della imputabilità. (Nella specie, sulla base dell'enunciato principio, si è disattesa la censura della difesa, secondo cui i giudici di merito non avrebbero tenuto conto della incidenza del prorompente sentimento di gelosia dell'imputato, rifiutandosi di considerare l'automatismo dell'azione, la obliquità dei colpi inferti sulla superficie addominale della vittima e soprattutto la significativa incertezza nel racconto inerente alle modalità di esecuzione della condotta delittuosa).

Cass. pen. n. 3171/1981

Il semplice stato di agitazione non determina infermità che faccia escludere la capacità di intendere e di volere, non essendo un vero e proprio stato morboso.

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