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Articolo 18 Codice di procedura penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 447)

[Aggiornato al 25/08/2024]

Separazione di processi

Dispositivo dell'art. 18 Codice di procedura penale

1. La separazione di processi è disposta, salvo che il giudice ritenga la riunione assolutamente necessaria per l'accertamento dei fatti:

  1. a) se, nell'udienza preliminare, nei confronti di uno o più imputati [60-61 c.p.p.] o per una o più imputazioni è possibile pervenire prontamente alla decisione, mentre nei confronti di altri imputati o per altre imputazioni è necessario acquisire ulteriori informazioni a norma dell'articolo 422;
  2. b) se nei confronti di uno o più imputati o per una o più imputazioni è stata ordinata la sospensione del procedimento;
  3. c) se uno o più imputati non sono comparsi al dibattimento per nullità [178-179 c.p.p.] dell'atto di citazione o della sua notificazione [171 c.p.p.], per legittimo impedimento o per mancata conoscenza incolpevole dell'atto di citazione;
  4. d) se uno o più difensori di imputati non sono comparsi al dibattimento per mancato avviso ovvero per legittimo impedimento;
  5. e) se nei confronti di uno o più imputati o per una o più imputazioni l'istruzione dibattimentale risulta conclusa, mentre nei confronti di altri imputati o per altre imputazioni è necessario il compimento di ulteriori atti che non consentono di pervenire prontamente alla decisione;
  6. e-bis) se uno o più imputati dei reati previsti dall'articolo 407, comma 2, lettera a), è prossimo ad essere rimesso in libertà per scadenza dei termini per la mancanza di altri titoli di detenzione(1)(2).

2. Fuori dei casi previsti dal comma 1, la separazione può essere altresì disposta, sull'accordo delle parti, qualora il giudice la ritenga utile ai fini della speditezza del processo(3)(4).

Note

(1) L'art. 1, d.l. 24 novembre 2000, n. 341 convertito in l. 19 gennaio 2001, n. 4 ha aggiunto la seguente lettera. Si veda anche l'art. 5, d.l. 341/2000 che dispone l'applicazione di tale norma anche ai procedimenti già esistenti alla data di entrata in vigore dello stesso d.l.
(2) Si tratta dei casi in cui il giudice può trattare separatamente processi riguardanti posizioni di imputati detenuti prossimi alla scarcerazione per decorrenza dei termini. In fase di indagini, è il pubblico ministero che per i medesimi motivi può disporre la separazione così come previsto dall'art. 130 disp. att. Ciò si verifica ad esempio nei processi con pluriindagati in cui per alcuni la misura custodiale è prossima alla scadenza: in tal caso il pubblico ministero può separare i procedimenti a carico delle persone sottoposte a misura cautelare in modo tale da consentire al giudice, una volta esercitata l'azione penale, di trattare con la celerità dovuta tali posizioni.
(3) Si tratta dei casi i cui la separazione non è obbligatoria, ma discrezionale. Il legislatore anche in questo caso ha voluto privilegiare le ragioni di speditezza del processo, qualora vi sia anche l'accordo delle parti. In tal caso non vi sarebbe alcun mutamento di competenza.
(4) Circa i procedimenti pendenti avanti al giudice di pace si veda l'art. 9, d. lgs. 28 agosto 2000, n. 274 contenente disposizioni relative alla competenza penale del giudice di pace, di cui all'articolo 14 della l. 468/99).

Ratio Legis

Finalità della norma è quella di individuare quando, per ragioni di economia processuale, è opportuno che i processi riuniti vengano separati.

Spiegazione dell'art. 18 Codice di procedura penale

La norma in esame disciplina la separazione dei processi, esattamente opposta alla riunione di cui all'articolo precedente.

Presupposto imprescindibile per la separazione è che il giudice non ritenga assolutamente necessaria la riunione per un efficace accertamento dei fatti.

La separazione può essere inoltre disposta su accordo delle parti, ma solo quando il giudice la ritenga utile ai fini della speditezza del processo. Da tale disposto emerge con tutta la sua forza la ratio ispiratrice della separazione, ovverosia accelerare la conclusione del procedimento, a meno che, per la primaria importanza rivestita, non sia necessario un accertamento contestuale dei fatti, allo scopo di raggiungere più efficacemente la verità processuale.

Il comma 1 elenca una serie d ipotesi in cui il giudice deve scindere un processo cumulativo, che può essere tale sin dalla sua nascita (v. art. 12), oppure in seguito alla riunione disposta ai sensi dell'articolo 17.

Tutte le ipotesi sono accomunate dal fatto che per alcuni imputati o per alcuni capi d'imputazione si versa in una situazione di stallo, mentre per altre imputazioni o per altri imputati è possibile la trattazione immediata. Il legislatore ha voluto elencare nel primo comma i casi in cui è doveroso effettuare la separazione dei procedimenti; tuttavia, non esistendo alcun tipo di sanzione in caso di mancata separazione dei procedimenti, il Giudice può comunque propendere per la trattazione unitaria degli stessi qualora ciò si rivelasse fondamentale ai fini dell'accertamento dei fatti.

Tale situazione può essere determinata sia con riferimento alla decisione conclusiva del dibattimento, sia a quella conclusiva dell'udienza preliminare.

Anche qui, come per la riunione, è prescritta la forma dell'ordinanza, che può essere emessa anche d'ufficio, sentite le parti.

Massime relative all'art. 18 Codice di procedura penale

Cass. pen. n. 15080/2011

La separazione dei processi ai sensi dell'art. 18, comma primo, lett. c), c.p. p. può essere disposta anche nel caso di procedimento oggettivamente, e non solo soggettivamente, cumulativo.

Cass. pen. n. 225/1999

I provvedimenti che dispongono la riunione o la separazione dei processi, se non sono abnormi, sono normalmente inoppugnabili, anche perché la violazione degli artt. 17, 18 e 19 c.p.p. non determina invalidità, salvo quando risulti applicabile l'art. 178, lett. c), c.p.p., ove il giudice non abbia sentito alcuno degli interessati. Ne consegue che non è impugnabile neppure il provvedimento di rigetto della richiesta di riunione, in quanto la mancata riunione non può incidere sulla decisione del merito essendo possibile sia l'acquisizione di prove di altro procedimento (art. 238 c.p.p.), sia l'escussione di persone imputate in procedimento connesso o collegato (art. 210 c.p.p.).

Cass. pen. n. 28233/1998

Non sono abnormi il decreto del presidente della corte d'appello che autorizzi il presidente di sezione della medesima corte ad astenersi limitatamente a uno solo tra più imputati del medesimo procedimento, precisando che la posizione di tale imputato “formerà oggetto di stralcio”, e la successiva ordinanza della corte che disponga, conseguentemente, lo stralcio. Infatti, da un lato un'astensione parziale non è preclusa da alcuna norma, ma costituisce statuizione obbligata dell'organo decidente, poiché l'accoglimento della istanza di astensione non può che essere riferita alla prospettata causa di incompatibilità, nei suoi limiti soggettivo e oggettivo, senza la possibilità di prendere in esame “ex officio” situazioni diverse da quella denunciata; dall'altro deve ritenersi che l'inciso “la cui posizione formerà oggetto di stralcio” contenuta nel decreto non integri il provvedimento di separazione ex art. 18 c.p.p. e che costituisca un semplice suggerimento del rimedio utile, per un verso, a realizzare gli effetti dell'astensione nei limiti autorizzati e, per altro verso, a consentire la prosecuzione del processo in ordine alle altre posizioni.

Cass. pen. n. 1862/1998

Il provvedimento di separazione dei procedimenti non può ritenersi atto abnorme in quanto l'art. 18, comma primo lett. e), c.p.p. prevede la possibilità di separazione come soluzione normale, mentre la esclude solo in via eccezionale quando il giudice ritenga la riunione assolutamente necessaria per l'accertamento dei fatti.

Cass. pen. n. 5943/1996

In tema di separazione dei processi, la norma dell'art. 18 comma 1 lett. e) c.p.p. disciplina l'ipotesi in cui per una imputazione l'istruzione dibattimentale risulta conclusa, mentre per altra imputazione è necessario il compimento di ulteriori atti che non consentono di pervenire prontamente alla decisione. La norma prevede la separazione come soluzione normale, mentre la esclude solo in via eccezionale, quando «il giudice ritenga la riunione assolutamente necessaria per l'accertamento dei fatti». Ne consegue che la motivazione dell'ordinanza di separazione deve limitarsi a mettere in evidenza il fatto che per una imputazione l'istruzione è conclusa mentre per l'altra sono necessari ulteriori accertamenti. Solo se il giudice ritenga eccezionalmente di dover tenere uniti i processi, deve indicare specificamente i motivi per i quali la riunione è «assolutamente necessaria»

Cass. pen. n. 1429/1996

Non è abnorme, e non è quindi ricorribile direttamente in Cassazione, il provvedimento con il quale il tribunale avanti al quale sia presentata richiesta di rimessione, ordina la separazione della posizione dell'imputato che chiede la rimessione e la prosecuzione del procedimento per gli altri. In ogni caso gli altri imputati che non hanno presentato la richiesta di rimessione non possono aver interesse a sollevare la questione relativa alla separazione dei procedimenti in quanto questi non potrebbero comunque partecipare all'udienza camerale in cassazione che decide la rimessione. Inoltre non è possibile in linea di principio ipotizzare l'abnormità di un provvedimento non con riferimento al contenuto positivo di esso, ma in relazione a quanto in esso non è compreso eccependo, nel caso di specie, che il provvedimento, per quanto abnorme, avrebbe dovuto disporre la sospensione del procedimento per tutti e non, in modo surrettizio (attraverso la separazione), solo per l'istante.

Cass. pen. n. 273/1996

Quando il tribunale ritenga illegittimamente instaurato il giudizio immediato per una parte delle imputazioni di cui al giudizio, può disporre lo stralcio degli atti relativi a tali contestazioni e deve valutare la necessità della unitarietà del giudizio alla stregua di quanto stabilito dal primo comma dell'art. 18, che esclude la separazione solo quando la riunione sia «assolutamente necessaria per l'accertamento dei fatti» mentre non ha nessun rilievo il principio fissato dall'art. 453 n. 2, per il quale la separazione va evitata quando possa determinare grave pregiudizio per le indagini in corso, poiché per «indagini in corso» vanno intese esclusivamente le indagini connesse relative ad altri imputati o altri reati per i quali si procede nelle forme ordinarie e con stretto riferimento alla fase delle indagini preliminari.

Cass. pen. n. 1740/1995

Il giudizio immediato su richiesta dell'imputato che rinuncia all'udienza preliminare si differenzia da quello richiesto dal pubblico ministero poiché, diversamente da questo, non esige particolari condizioni, ma si basa unicamente sulla richiesta stessa, cui di regola segue, ex art. 419, comma 6 c.p.p., il decreto che dispone il giudizio immediato. Peraltro, se il giudizio immediato è richiesto con riferimento ad un processo riunito ad altri, il giudice non è obbligato a disporre la separazione. Egli conserva, infatti, il potere di valutazione conferitogli dall'art. 18 c.p.p. e se ritiene che, per l'accertamento dei fatti, sia assolutamente necessario mantenere la riunione dei processi, deve escludere il giudizio immediato.

Cass. pen. n. 12729/1994

L'art. 130 norme att. fa conseguire, «di fatto», una separazione del procedimento, nel senso che una parte di esso, cioè quella rimessa al giudice, passa nella fase processuale in senso proprio, mentre l'altra resta nella fase procedimentale. Si tratta, però, di una scelta operativa in relazione allo sviluppo progressivo delle indagini rimessa all'autonomia e alla discrezionalità del P.M., non soggetta neppure al dovere di enunciare le ragioni che possono averla giustificata, in sintonia con la particolare funzione assegnata alla fase processuale, preordinata allo svolgimento delle «indagini necessarie per le determinazioni inerenti all'esercizio dell'azione penale» (art. 326 c.p.p.). La norma in parola costituisce uno dei cardini del nuovo sistema proiettato alla realizzazione di un generale favor separationis, proteso, quindi, verso l'esigenza di favorire, quando una frazione del procedimento sia ormai pervenuta al punto di consentire l'adozione dell'atto che segna il passaggio dalla fase delle indagini alla fase del processo, quelle scomposizioni di res iudicandae in grado di permettere una pronta decisione. Un'opera che resta affidata all'utilizzazione di moduli che - ovviamente, nel rispetto dei criteri stabiliti dalla legge anche in tema di connessione - appartengono all'esclusivo potere procedimentale del P.M., autorizzato così a verificare quando, in presenza di indagini connesse o collegate, sia necessario - alla stregua dei principi che concernono l'esercizio dell'azione penale - disporre lo stralcio di talune posizioni relative allo stesso imputato ovvero di quelle riguardanti imputati diversi, in modo da non ritardare la presa di contatto con il giudice.

Cass. pen. n. 9481/1992

Rientra nella facoltà del giudice di merito disporre la separazione dei rapporti processuali e la definizione separata allorché ne sussistano opportunità e convenienza, non ostandovi ipotesi di connessione, allorché il giudice ritenga che la riunione non sia assolutamente necessaria per l'accertamento dei fatti. (Nella specie, riferita a giudizio direttissimo, si è peraltro chiarito in motivazione, che in questo caso, se il reato per cui si procede con il rito direttissimo è connesso con altri reati per i quali mancano le condizioni giustificatrici della scelta di tale rito, deve procedersi separatamente per gli altri reati salvo che ciò risulti gravemente pregiudizievole per le indagini).

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