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Articolo 655 Codice di procedura penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 477)

[Aggiornato al 11/01/2024]

Funzioni del pubblico ministero

Dispositivo dell'art. 655 Codice di procedura penale

1. Salvo che sia diversamente disposto, il pubblico ministero presso il giudice indicato nell'articolo 665 cura di ufficio l'esecuzione dei provvedimenti(1).

2. Il pubblico ministero propone le sue richieste al giudice competente e interviene in tutti i procedimenti di esecuzione [178 1 lett. b].

3. Quando occorre, il pubblico ministero può chiedere il compimento di singoli atti a un ufficio del pubblico ministero di altra sede [370 3].

4. Se per l'esecuzione di un provvedimento è necessaria l'autorizzazione [343], il pubblico ministero ne fa richiesta all'autorità competente; l'esecuzione è sospesa fino a quando l'autorizzazione non è concessa. Allo stesso modo si procede quando la necessità dell'autorizzazione è sorta nel corso dell'esecuzione.

5. I provvedimenti del pubblico ministero dei quali è prescritta nel presente titolo la notificazione al difensore, sono notificati, a pena di nullità [177-186], entro trenta giorni dalla loro emissione, al difensore nominato dall'interessato o, in mancanza, a quello designato dal pubblico ministero a norma dell'articolo 97, senza che ciò determini la sospensione o il ritardo dell'esecuzione.

Note

(1) Il P.M. è tenuto in primo luogo a verificare che il provvedimento sia concretamente eseguibile. Non lo sarebbe, ad esempio, la condanna a pena condizionalmente sospesa o rientrante nei limiti dell'indulto o già interamente "pre-sofferta" quale custodia cautelare.

Ratio Legis

L'attribuzione al P.M. del compito di curare l'esecuzione del provvedimento si spiega in quanto le attività esecutive sono di massima attività di mera ottemperanza al comando contenuto nel dispositivo della decisione irrevocabile, quindi hanno natura essenzialmente amministrativa, non giurisdizionale.

Spiegazione dell'art. 655 Codice di procedura penale

Le norme di cui al libro X si occupano dell'esecuzione penale, ovvero delle attività successive alla formazione del giudicato.

A tal proposito, il legislatore ha dovuto innanzitutto disciplinare il concetto di irrevocabilità della sentenza penale. In generale, la decisione del giudice rappresenta l'atto con il quale l'organo giurisdizionale esercita la funzione assegnatagli dall'ordinamento.

Una volta ottenuta la decisione, ed esaurita dunque la fase cognitiva, il provvedimento del giudice diventa definitivo ed acquista la qualità di titolo esecutivo.

Le attività prettamente esecutive rappresentano attività di mera ottemperanza al comando contenuto nel dispositivo della decisione irrevocabile e presentano, per tali motivi, una natura amministrativa e non giurisdizionale, non avendo queste un contenuto decisorio in senso stretto ed attitudine a definire il processo.

A causa di tale natura, non si è ritenuto necessario affidare solamente al giudice la competenza in materia esecutiva.

Il pubblico ministero dunque, oltre a proporre le sue richieste ed intervenire in tutti i procedimenti di esecuzione, cura d'ufficio e senza ritardo l'esecuzione dei provvedimenti, non appena gli perviene dalla cancelleria del giudice l'estratto della decisione irrevocabile.

In secondo luogo, egli verifica che la decisione sia concretamente eseguibile, ad es. controllando che la pena non sia condizionalmente sospesa, oppure che la pena detentiva non sia già stata contata tramite la custodia cautelare.

Per agevolare le operazioni di esecuzione, il pubblico ministero, quando occorre, può avvalersi dell'ausilio di pubblici ministeri di altra sede.

Il comma 5 prevede il termine di trenta giorni, a pena di nullità, entro cui i provvedimenti del pubblico ministero in fase di esecuzione devono essere notificati al difensore nominato dall'interessato o, in mancanza, a quello nominato d'ufficio dal p.m. stesso ai sensi dell'articolo 97. La notificazione non sospende, né ritarda in alcun modo l'esecuzione del provvedimento.

Massime relative all'art. 655 Codice di procedura penale

Cass. pen. n. 11934/2017

L'obbligo di notificazione previsto dall'art. 655, comma quinto, cod. proc. pen. a carico del P.M. è riferito al difensore di fiducia specificamente designato per la fase esecutiva, dovendosi escludere che l'eventuale nomina effettuata nel giudizio di cognizione spieghi i suoi effetti anche nella predetta fase, salva l'ipotesi dell'esecuzione di pena detentiva. (Fattispecie in tema di omessa notificazione di ordinanza ingiunzione relativa alla demolizione di un manufatto abusivamente realizzato).

Cass. pen. n. 42858/2014

Al pubblico ministero, in ragione delle sue funzioni istituzionali, per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 251 del 2012, spetta il compito di richiedere al giudice dell'esecuzione l'eventuale rideterminazione della pena inflitta anche in applicazione dell'art. 69, quarto comma, cod. pen., nel testo dichiarato costituzionalmente illegittimo, pur se il trattamento sanzionatorio sia già in corso di attuazione, e fino a quando questo non sia stato interamente eseguito.

Cass. pen. n. 31916/2007

In tema di esecuzione, l'incompetenza del Pubblico Ministero che ha emesso l'ordine — nella fattispecie derivante dal fatto che si trattava di magistrato appartenente alla Procura presso il giudice che aveva emesso la sentenza posta in esecuzione e non già l'ultima sentenza di condanna — non determina la nullità dell'ordine di esecuzione medesimo, in quanto si tratta di provvedimento non giurisdizionale e non autonomamente impugnabile, avverso il quale è proponibile soltanto l'incidente di esecuzione.

Cass. pen. n. 21735/2003

Non è abnorme — e quindi non è ricorribile per cassazione — il provvedimento con il quale il pubblico ministero disponga lo sgombero di un edificio sequestrato, trattandosi di atto di esercizio del potere di determinare le modalità esecutive del sequestro ai sensi dell'art. 655 c.p.p., come tale assoggettabile alla procedura di incidente di esecuzione.

Cass. pen. n. 9890/2003

Nel procedimento di esecuzione la regola per la quale, in assenza di difensore nominato per la fase, la notifica di atti va effettuata a favore del difensore che ha assistito il condannato nel corso del giudizio di cognizione (art. 656, comma 5, c.p.p., come modificato dall'art. 10 del D.L. 24 novembre 2000, n. 341, convertito con modificazioni nella L. 19 gennaio 2001, n. 4), è posta per la sola esecuzione delle pene detentive, ed assume carattere speciale rispetto alla disciplina di cui al comma 5 dell'art. 655 c.p.p., che per tutte le ulteriori notifiche da effettuare in fase di esecuzione prescrive, in assenza di nomina da parte dell'interessato, la designazione di un difensore di ufficio a cura del pubblico ministero. (Fattispecie relativa alla notifica dell'ordine di demolizione di un manufatto abusivo).

Cass. pen. n. 42884/2001

L'ordine di demolizione adottato dal giudice ai sensi dell'art. 7 legge 28 febbraio 1985, n. 47, al pari delle altre statuizioni contenute nella sentenza definitiva, è soggetto all'esecuzione nelle forme previste dal codice di procedura penale, avendo natura di provvedimento giurisdizionale, ancorché applicativo di sanzione amministrativa. (Nell'affermare detto principio la Corte ha precisato che ai sensi dell'art. 655 c.p.p. l'organo promotore dell'esecuzione è il pubblico ministero il quale, ove il condannato non ottemperi all'ingiunzione a demolire, è tenuto ad investire, per la fissazione delle modalità di esecuzione, il giudice dell'esecuzione, la cui cancelleria è preposta, inoltre, al recupero delle spese del procedimento esecutivo ai sensi dell'art. 181 disp. att. c.p.p.).

Cass. pen. n. 33451/2001

Non integra il reato di inosservanza dei provvedimenti dell'autorità di cui all'art. 650 c.p. la condotta di chi non ottempera all'ingiunzione del procuratore della Repubblica, conseguente all'ordine di demolizione del manufatto abusivo impartito dal giudice ai sensi dell'art. 7, ultimo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, per il carattere residuale della previsione del suddetto art. 650, che quindi non è applicabile al provvedimento giurisdizionale di demolizione, suscettibile di esecuzione coattiva nelle forme stabilite dal codice di procedura penale.

Cass. pen. n. 22665/2001

È abnorme il provvedimento del Gip il quale nel rigettare l'istanza di revoca del sequestro preventivo di un immobile abusivo ne differisca, per ragioni di mera opportunità, il termine di sgombero fissato dal P.M., così esercitando il potere di determinazione delle modalità esecutive del provvedimento ablativo che, a norma dell'art. 655 c.p.p., spetta esclusivamente al pubblico ministero.

Cass. pen. n. 27/2000

Il ricorso per cassazione, impropriamente proposto avverso il provvedimento del pubblico ministero che dispone circa l'esecuzione di sentenza penale di condanna, non può essere qualificato come istanza idonea ad attivare il procedimento di incidente di esecuzione, in applicazione del principio, dettato per le impugnazioni stricto sensu dall'art. 568 comma 5 c.p.p.

Cass. pen. n. 4396/1999

I provvedimenti emessi dal pubblico ministero nella fase esecutiva, anche se incidenti sulla libertà del condannato, non avendo contenuto decisorio e attitudine a definire il rapporto processuale, non hanno natura giurisdizionale ma amministrativa, promanando da un organo le cui funzioni sono eminentemente di carattere esecutivo e amministrativo. Ne consegue che tali provvedimenti non sono suscettibili di autonoma e diretta impugnazione con il ricorso per cassazione, mentre, per ottenere una pronuncia ablativa o modificativa, è esperibile lo specifico rimedio dell'incidente di esecuzione. (Fattispecie nella quale era stato proposto ricorso per cassazione avverso il provvedimento con il quale il procuratore della Repubblica aveva respinto una istanza di sospensione dell'ordine di carcerazione).

Cass. pen. n. 1885/1999

In tema di demolizione ordinata dal giudice a seguito di condanna per abusi edilizi, è il pubblico ministero che deve stabilire le modalità più opportune per l'esecuzione della demolizione, fra le quali può comprendere non solo il ricorso al Genio Militare o ad altri organi indicati nelle circolari ministeriali emanate al riguardo, ma anche il preavviso all'esecutato o ad altri eventuali interessati (per esempio terzi occupanti dell'immobile abusivo) al fine di informarli della concreta esecuzione della demolizione, e di metterli in grado di collaborare alla stessa, ovvero di ricorrere al giudice della esecuzione nell'ipotesi in cui ritenessero di contestare le modalità stabilite dallo stesso pubblico ministero. Solo in caso di controversia sul titolo o le modalità esecutive si attiva la competenza del giudice dell'esecuzione.

Cass. pen. n. 1150/1999

Correttamente viene dichiarata inammissibile, dal giudice dell'esecuzione, la richiesta del pubblico ministero che, in assenza di qualsiasi controversia circa la legittimità o l'eseguibilità dell'ordine di demolizione di una costruzione abusiva, emesso con la sentenza di condanna, ai sensi dell'art. 7, ultimo comma, della legge 28 febbraio 1985 n. 47, sia finalizzata ad ottenere che il detto giudice definisca le modalità con le quali la demolizione, non avendovi provveduto il condannato, debba essere coattivamente effettuata

Cass. pen. n. 1133/1999

La mera inottemperanza all'ordine di demolizione non è idonea a costituire né ad instaurare un procedimento innanzi al giudice dell'esecuzione ma rappresenta esclusivamente il presupposto per l'esecuzione coattiva del suddetto ordine di competenza del P.M., al quale spetta pure provvedere alla previa determinazione delle prescrizioni all'uopo necessarie.

Cass. pen. n. 15/1996

L'ordine di demolizione adottato dal giudice ai sensi dell'art. 7 L. 28 febbraio 1985, n. 47, al pari delle altre statuizioni contenute nella sentenza definitiva, è soggetto all'esecuzione nelle forme previste dal codice di procedura penale, avendo natura di provvedimento giurisdizionale, ancorché applicativo di sanzione amministrativa. (Nell'affermare detto principio la Corte ha precisato che ai sensi dell'art. 655 c.p.p. l'organo promotore dell'esecuzione è il pubblico ministero il quale, ove il condannato non ottemperi all'ingiunzione a demolire, è tenuto ad investire, per la fissazione delle modalità di esecuzione, inoltre, al recupero delle spese del procedimento esecutivo ai sensi dell'art. 181 att. c.p.p.).

Cass. pen. n. 554/1996

La nomina del difensore di fiducia fatta nel corso del giudizio di cognizione non estende i suoi effetti al giudizio di esecuzione, correttamente perciò il pubblico ministero, in mancanza di espressa designazione da parte del condannato, procede alla nomina di un difensore di ufficio ai sensi dell'art. 655 comma 5 c.p.p. e solo a quest'ultimo, e non anche al difensore di fiducia nel corso del giudizio, devono essere notificati i provvedimenti del pubblico ministero e perciò anche l'ordine di esecuzione della pena.

Cass. pen. n. 4548/1994

Contro i provvedimenti del pubblico ministero, emessi quale organo dell'esecuzione, non è ammessa impugnazione, ma solo incidente di esecuzione. (Fattispecie relativa a ricorso per cassazione avverso ordine di revoca del condono del P.M., in ordine al quale la S.C., qualificato il ricorso come incidente di esecuzione, ha disposto la trasmissione degli atti al giudice dell'esecuzione).

Cass. pen. n. 417/1994

Nel procedimento esecutivo il «difensore nominato dall'interessato» di cui è menzione nell'art. 655, quinto comma, c.p.p., non può essere che quello specificamente designato per la fase esecutiva, dovendosi escludere la permanente validità dell'eventuale nomina di fiducia effettuata nel giudizio di cognizione; pertanto laddove una nomina fiduciaria per la fase esecutiva non vi sia stata, il P.M. che cura l'esecuzione di un provvedimento del giudice, preso atto di ciò, deve procedere a nomina ufficiosa ai sensi dell'art. 97 c.p.p.; né è ipotizzabile che, quando si tratti di provvedimento privativo della libertà del destinatario, il P.M. abbia l'obbligo di preavvertire il medesimo per consentirgli di nominare un difensore di fiducia.

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