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Articolo 654 Codice di procedura penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 477)

[Aggiornato al 11/01/2024]

Efficacia della sentenza penale di condanna o di assoluzione in altri giudizi civili o amministrativi

Dispositivo dell'art. 654 Codice di procedura penale

1. Nei confronti dell'imputato, della parte civile e del responsabile civile che si sia costituito o che sia intervenuto nel processo penale, la sentenza penale irrevocabile di condanna o di assoluzione pronunciata in seguito a dibattimento ha efficacia di giudicato nel giudizio civile o amministrativo, quando in questo si controverte intorno a un diritto o a un interesse legittimo il cui riconoscimento dipende dall'accertamento degli stessi fatti materiali che furono oggetto del giudizio penale, purché i fatti accertati siano stati ritenuti rilevanti ai fini della decisione penale e purché la legge civile non ponga limitazioni alla prova della posizione soggettiva controversa [193].

Ratio Legis

Il legislatore ha qui delimitato ulteriormente l'efficacia della decisione penale nei giudizi amministrativi o civile ove si converte intorno a intorno a un diritto o a un interesse legittimo il cui riconoscimento dipende dall'accertamento degli stessi fatti materiali che furono oggetto del giudizio penale.

Spiegazione dell'art. 654 Codice di procedura penale

Nei giudizi civili o amministrativi vertenti non sulle restituzioni o sul risarcimento del danno, bensì intorno ad un diritto soggettivo o ad un interesse legittimo il cui riconoscimento dipenda dagli stessi fatti materiali oggetto del procedimento penale, la decisione penale ha un'efficacia assai limitata.

Innanzitutto, al fine di valere con forza di giudicato nei confronti dell'imputato, della parte civile e del responsabile civile (costituito o intervenuto nel processo penale) deve trattarsi di sentenza irrevocabile di condanna o di assoluzione emessa all'esito di un dibattimento, e dunque non ha efficacia in caso di altri epiloghi procedimentali, quali il proscioglimento in udienza preliminare, l'improcedibilità dell'azione, le sentenza emesse con il giudizio abbreviato o con il patteggiamento.

In secondo luogo, i fatti accertati devono essere stati rilevanti ai fini della decisione penale, come quelli descritti nell'imputazione, oppure le scriminanti, le cause di esclusione della pena o le circostanze attenuanti.

Da ultimo, l'efficacia accertativa opera solo se la legge civile non ponga limitazioni alla prova della posizione soggettiva controversa. Con tale disposizione il legislatore ha voluto far salva la disciplina prevista dal diritto privato dal punto di vista probatorio, in cui, a seconda delle ipotesi, si ammettono o meno presunzioni legali, prove orali, efficacia probatoria dell'atto pubblico o della scrittura privata autenticata.

Massime relative all'art. 654 Codice di procedura penale

Cass. pen. n. 29377/2019

Sussiste l'interesse dell'imputato all'impugnazione della sentenza di assoluzione, pronunciata con la formula "perché il fatto non costituisce reato", al fine di ottenere il proscioglimento con le più ampie formule liberatorie "perché il fatto non sussiste" o "per non aver commesso il fatto", in quanto, a parte le conseguenze di natura morale, vanno considerati i diversi e più favorevoli effetti che gli artt. 652 e 653 cod. proc. pen. connettono al secondo tipo di dispositivi nei giudizi civili o amministrativi di risarcimento del danno e nel giudizio disciplinare. (Annulla con rinvio, CORTE APPELLO FIRENZE, 07/12/2017).

Cass. pen. n. 22614/2017

Non sussiste l'interesse dell'imputato all'impugnazione della sentenza di assoluzione, pronunciata con la formula "perché il fatto non costituisce reato", al fine di ottenere la più ampia formula liberatoria "perché il fatto non sussiste", allorquando il fatto reato non risulti accertato nella sua materialità, e, pertanto, non sussista alcun pregiudizio nella prospettiva di un successivo giudizio civile, stante la piena autonomia di cognizione e di valutazione dell'organo investito del relativo giudizio. (Dichiara inammissibile, Giud.pace Ferrara, 18/07/2016).

Cass. civ. n. 1768/2011

In tema di giudicato, la disposizione di cui all'art. 652 cod. proc. pen., cosi come quelle degli artt. 651, 653 e 654 dello stesso codice costituisce un'eccezione al principio dell'autonomia e della separazione dei giudizi penale e civile e non è, pertanto, applicabile in via analogica oltre i casi espressamente previsti. Ne consegue che soltanto la sentenza penale irrevocabile di assoluzione (per essere rimasto accertato che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto è stato compiuto nell'adempimento di un dovere o nell'esercizio di una facoltà legittima), pronunciata in seguito a dibattimento, ha efficacia di giudicato nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni ed il risarcimento del danno, mentre le sentenze di non doversi procedere perché il reato è estinto per prescrizione o per amnistia non hanno alcuna efficacia extrapenale, a nulla rilevando che il giudice penale, per pronunciare la sentenza di proscioglimento, abbia dovuto accertare i fatti e valutarli giuridicamente consegue, altresì, che, nel caso da ultimo indicato il giudice civile, pur tenendo conto degli elementi di prova acquisiti in sede penale, deve interamente ed autonomamente rivalutare il fatto in contestazione. (Rigetta, App. Roma, 29/07/2004).

Cass. civ. n. 5676/2010

Ai sensi dell'art. 652 (nell'ambito del giudizio civile di danni) e dell'art. 654 (nell'ambito di altri giudizi civili) c.p.p., il giudicato di assoluzione ha effetto preclusivo nel giudizio civile solo quando contenga un effettivo e specifico accertamento circa l'insussistenza o del fatto o della partecipazione dell'imputato e non anche quando l'assoluzione sia determinata dall'accertamento dell'insussistenza di sufficienti elementi di prova circa la commissione del fatto o l'attribuibilità di esso all'imputato e cioè quando l'assoluzione sia stata pronunziata a norma dell'art. 530, comma secondo c.p.p.

Cass. civ. n. 4961/2010

L'art. 654 c.p.p., diversamente dall'art. 652 relativo ai giudizi civili di risarcimento del danno, esclude che possa avere efficacia in un successivo giudizio civile la sentenza penale di condanna o di assoluzione, con riferimento ai soggetti che non abbiano partecipato al giudizio penale, indipendentemente dalle ragioni di tale mancata partecipazione; il citato art. 654, peraltro, esclude comunque l'efficacia in sede civile del giudicato penale di assoluzione ove i fatti oggetto del giudizio penale non siano sovrapponibili a quelli oggetto del processo civile. (Nella specie, la S.C. ha confermato, sul punto, la sentenza di merito che aveva ritenuto ininfluente il giudicato penale di assoluzione, in relazione ad un'imputazione di costruzione in difformità rispetto alla concessione, nel giudizio civile avente ad oggetto la demolizione di opere eseguite in violazione della disciplina legale sulle distanze).

Cass. pen. n. 10792/1994

L'art. 654 c.p.p. ha implicitamente abrogato l'art. 12 del D.L. 10 luglio 1982 n. 429, conv. con modif. in L. 7 agosto 1982, n. 516. Pertanto, prevedendo esso, tra l'altro, a differenza del citato art. 12 del D.L. n. 429/82, che la sentenza penale di condanna o di assoluzione abbia efficacia di giudicato nei giudizi civili o amministrativi solo a condizione che la legge civile «non ponga limitazioni alla prova della posizione soggettiva controversa», deve ritenersi inammissibile, per difetto di interesse, il ricorso proposto dall'Amministrazione finanziaria avverso sentenza di proscioglimento, per intervenuta amnistia (previa definizione automatica delle controversie), di soggetti imputati di reati fiscali, dal momento che, essendo il processo tributario caratterizzato da un sistema probatorio molto limitato rispetto a quello penale, la detta Amministrazione potrebbe comunque far valere le sue ragioni in detto processo, senza incontrare preclusioni derivanti dal giudicato penale. Tale principio, per il disposto di cui all'art. 260 disp. att., coord. e trans. c.p.p., opera anche con riguardo ai processi penali tuttora regolati dal codice di rito previgente.

Cass. civ. n. 6164/1992

L'art. 654 c.p.p. — in armonia con la sentenza n. 55 del 22 marzo 1971 della Corte costituzionale dichiarativa dell'illegittimità dell'art. 28 c.p.p. abrogato — esclude che l'accertamento dei fatti materiali oggetto di un giudizio penale sia vincolante nei giudizi civili od amministrativi nei confronti di coloro che al giudizio penale siano rimasti estranei perché non posti in condizione di intervenire.

Cass. civ. n. 5220/1992

Nella controversia promossa per il pagamento di indennizzo in forza di polizza assicurativa contro il furto o la rapina, la sentenza con la quale il giudice penale abbia assolto l'assicurato per insufficienza di prove dall'imputazione di simulazione di reato, sulla base dell'accertamento dubitativo dell'effettiva perpetrazione di detto reato in suo danno, può essere invocata dall'assicurato quale giudicato vincolante idoneo ad escludere l'indicato obbligo d'indennizzo, non rilevando in contrario che nelle more del giudizio civile avente ad oggetto tale obbligo, con l'entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale, sia stata soppressa l'assoluzione con la suddetta formula dubitativa, in quanto non viene in discussione l'efficacia ai fini penali di siffatta formula assolutoria passata in giudicato sotto il vigore dell'abrogato codice di rito penale, ma esclusivamente le valutazioni giudiziali di determinate situazioni di fatto, al solo e diverso fine di evitare discordanze tra giudicato penale e giudicato civile, cui l'art. 654 del nuovo codice di procedura penale ha dato attuazione senza discostarsi dalla normativa dell'art. 28 dell'abrogato codice di rito.

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Anonimo chiede
mercoledì 31/10/2018 - Basilicata
“Ho già chiesto precedentemente vostra consulenza per il reato di:"CALUNNIA AGGRAVATA" per cui sono stato processato ed assolto ai sensi dell'art. 430/2° comma del c.p.p. Tale assoluzione non mi ha soddisfatto, in quanto non sono stato assolto con formula piena. Mi spiego: tutti i testi sin dall'istruttoria hanno dichiarato il falso, confermato in udienza. Dal contenuto della sentenza, ho l'impressione che è stata articolata in modo da precludermi il risarcimento civile per i danni psicofisici riportati durante tutta la vicenda. Ho prova certa del mendacio, in quanto da un terzo processo creatomi ad arte, il Tribunale colleggiale ha fatto periziare un'ambientale avvenuto nella caserma, da dove si evince che il sottoscritto aveva detto sin dall'inizio il vero. Mi spiego meglio. Per un sequestro operato nell'interno della Stazione Cc dove ero il comandante, partecipò un soggetto che non fu inserito nel verbale ai sensi dell'art. 136 del c.p.p. Dall'ambientale a fronte delle dichiarazione dei testimoni che unanimemente dichiararono che il soggetto non aveva preso parte in alcun modo al sequestro, si evince che lui partecipò attivamente come da trascrizione peritale.Vi invio copia della sentenza e vi chiedo se ritenete io possa procedere nella richiesta di risarcimento.Grazie.”
Consulenza legale i 14/11/2018
Per rispondere al quesito va prima di tutto compreso le ragioni poste alla base dell’assoluzione dell’imputato.

Nel caso di specie questi viene assolto dal Tribunale di Taranto sulla base dell’articolo 530, comma 2, del codice di procedura penale perché il fatto non costituisce reato. Il giudicante, infatti, sulla base delle prove emerse nel corso dell’istruttoria se da un lato ritiene pacificamente sussistenti alcuni elementi oggettivi del reato di calunnia di cui all’art. 368 del codice penale , parimenti ritiene non raggiunta la prova al di là di ogni ragionevole dubbio dell’elemento soggettivo del reato in capo all’imputato. In poche parole il giudicante ritiene che l’istruttoria non ha consentito di accertare che l’imputato avesse accusato il soggetto calunniato pur sapendolo innocente. Mancherebbe dunque la prova sulla sussistenza del dolo (diritto penale) del delitto in parola.

Questo, in poche parole, è il significato dell’assoluzione ex art. 530, comma 2, perché il fatto non costituisce reato.
Il riferimento all’articolo predetto vuol dire infatti che la prova non ha risolto in modo chiaro i dubbi sulla colpevolezza dell’imputato che va dunque assolto anche in caso di mancanza o insufficienza della prova (il cd. in dubio pro reo).
La locuzione “il fatto non costituisce reato” indica invece che, appunto, l’elemento che difetta è proprio quello relativo al dolo.

Ora, in riferimento al tema della possibilità di chiedere il risarcimento del danno con questa formula accusatoria va detto quanto segue.

Le formule assolutoria nel diritto processuale penale possono di certo avere un’incidenza rispetto all’eventuale giudizio civile per il risarcimento del danno ma ciò avviene solo allorché il giudizio civile sia intimamente connesso a quello penale. In tal senso depone il combinato disposto degli articoli 652 e 654 del codice di procedura penale.

Detto in modo semplice – trattandosi di un argomento molto complesso – l’art. 652 c.p.p. ci dice che se l’imputato viene assolto nel giudizio penale perché il fatto non sussiste o non lo ha commesso, detta sentenza ha automaticamente efficacia nell’eventuale giudizio civile instaurato contro di lui dalla persona offesa.
Allo stesso modo invece l’articolo 654 ci dice che la sentenza penale, indipendentemente dalla formula di assoluzione e/o di condanna, ha efficacia in un giudizio civile o amministrativo allorché in questo si dibatta in riferimento ad un diritto o interesse legittimo il cui accertamento verte intorno agli stessi fatti di cui al procedimento penale.
Si pensi ad esempio ad una causa civile per l’indegnità alla successione del figlio che ha provato ad uccidere il padre ed è dunque accusato di tentato omicidio.

Il caso di cui al parere è però diverso. Le intenzioni dell’imputato assolto sono infatti quelle di chiedere il risarcimento del danno per il patimento susseguente al procedimento penale dal quale è stato assolto. Il giudizio civile dunque in questo caso è sì connesso a quello penale, ma non verte intorno ad un diritto (il risarcimento del danno) il cui riconoscimento dipende da quanto accertato nel processo penale. Detto in parole semplici, il fatto che l’imputato sia stato assolto non vuol dire automaticamente che questi ha diritto a ricevere un risarcimento del danno per essere stato accusato “ingiustamente”. Allo stesso modo l’assoluzione penale non presuppone che l’imputato abbia effettivamente riportato un danno risarcibile dal fatto di essere stato sottoposto al procedimento predetto.

Ciò vuol dire che l’assoluzione penale non ha una efficacia diretta nell’ipotetico giudizio civile ma può essere usata tuttalpiù come elemento di valutazione da parte del giudice civile e ciò a prescindere dal modo in cui l’imputato è stato assolto.