La revisione del conto costituisce un particolare mezzo di controllo da far valere nelle ipotesi di errore materiale, omissione, falsità o duplicazione di partite.
Secondo la tesi prevalente in dottrina, tale revisione sarebbe ammissibile solo per il conto accettato dalle parti e approvato consensualmente, mentre nel caso in cui si sia deciso con
sentenza, a seguito di procedimento contenzioso, si potranno esperire i normali mezzi di impugnazione (saranno esperibili i rimedi della
revocazione straordinaria e della
correzione della sentenza ex
art. 287 del c.p.c.).
Altra parte della dottrina, invece, con l’avallo della giurisprudenza, assimila le ipotesi di conto accettato dalle parti a quello accertato dal giudice con sentenza, ritenendo esperibile il rimedio previsto dalla presente norma anche contro la
sentenza passata in giudicato.
Le ipotesi che possono dar luogo alla revisione, disciplinate da questa norma, devono ritenersi tassative, e sono:
a) errore materiale, che può essere di scrittura o di calcolo;
b) omissione, qualora non venga conteggiata qualche partita;
c) duplicazione, nel caso in cui una stessa partita venga contabilizzata due o più volte;
d) falsità, qualora si scopra che alcuni documenti giustificativi a base del conto non erano genuini.
Inoltre, considerata la natura negoziale dell'accettazione del conto, si ritiene che lo stesso possa essere impugnato per vizi del consenso relativamente alle singole partite.
La domanda di revisione può essere proposta:
a) nel corso dello stesso processo in cui il conto è reso;
b) in autonomo giudizio;
c) insieme ad altra domanda, nelle ipotesi di
connessione.
Alla revisione si potrà procedere qualora si facciano valere nuovi elementi di fatto e con essa si mira alla rettificazione di singole partite, con la conseguenza che, se viene accolta, si dovrà correggere anche il saldo finale.