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Articolo 1101 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 03/08/2024]

Quote dei partecipanti

Dispositivo dell'art. 1101 Codice Civile

Le quote dei partecipanti alla comunione si presumono eguali(1).

Il concorso dei partecipanti, tanto nei vantaggi [1105] quanto nei pesi [1104](2) della comunione, è in proporzione delle rispettive quote.

Note

(1) E' una presunzione "iuris tantum", cioè che ammette prova contraria (art. 2727 del c.c.).
Essa non opera quando è la norma di legge che dà origine alla comunione a prevedere l'estensione delle quote (es. artt. 932, 939, etc.) e quando le quote sono determinate dal titolo (testamento o contratto).
(2) Il presente comma bilancia i vantaggi ed i pesi di ciascuna quota dominica.
I primi riguardano le modifiche e le innovazioni che determinano una maggiorazione del valore della cosa comune.
Il concetto di peso concerne, invece, ogni obbligo di carattere patrimoniale, che grava sul comproprietario del bene.
Si tratta di una norma derogabile dalle parti, che possono stabilire una diversa quota dei vantaggi e dei pesi.

Ratio Legis

La norma, di carattere derogabile, supplisce laddove i partecipanti alla comunione non si siano dati regole diverse.

Spiegazione dell'art. 1101 Codice Civile

Presunzione di uguaglianza delle quote dei partecipanti

Si è mantenuto il principio per cui le quote dei partecipanti alla comunione si presumono uguali: si sono omesse nel nuovo testo soltanto le parole « fino a prova contraria », poichè sono una conseguenza della stessa presunzione iuris tantum.

Naturalmente sono fatti salvi altresì tutti i casi in cui la stessa disposizione di legge stabilisce una diversa misura di partecipazione (p. es. l' art. 939 del c.c. per l'ipotesi di commistione o di confusione senza possibilità di separazione delle cose confuse o commiste).

La prova di una disuguaglianza delle quote potrà essere data solo di regola con tutti i mezzi. Si dubita, infatti, se, risultando la comunione da convenzione redatta per iscritto ad substantiam o ad probationem tantum, la prova della disuguaglianza debba risultare necessariamente dalla scrittura nel primo caso o essere sottoposta agli stessi limiti nei mezzi di prova nel secondo.

Interessanti casi giurisprudenziali sono forniti dalla presunzione di appartenenza in metà per ciascuno a due persone, intestatarie di una cassetta di sicurezza presso una banca, delle entità patrimoniali contenute nella cassetta, e dalla stessa presunzione, nel caso di acquisto di un fondo da parte di più persone, senza precisazione della quota spettante a ciascuno degli acquirenti, per quanto taluno abbia sborsato una parte di prezzo maggiore.

Ha osservato la Corte di Cassazione che in tal caso chi ha pagato di più ha soltanto un diritto di credito verso il comproprietario, che ha pagato di meno, ma la soluzione non appare esente da dubbi, potendo la diversa partecipazione al pagamento del prezzo essere considerata come una circostanza estrinseca indiretta atta a dimostrare il patto, risultante dalla stessa scrittura, contrario ad una parità delle quote nella comunione e determinante invece una proporzionalità di esse alle quote di prezzo versate.


Concorso nei vantaggi e nei pesi in proporzione della quota

In relazione alla presunzione di uguaglianza delle quote, il capoverso mantiene fermo il principio per cui il concorso dei partecipanti, tanto nei vantaggi quanto nei pesi della comunione, è in proporzione delle rispettive quote.

La diversa formulazione dei due commi dell'articolo non impedisce di considerare come una presunzione anche questa proporzionalità dei vantaggi e dei pesi con le quote, atteso il carattere suppletivo della norma. Le parti possono, quindi, convenire una diversa misura di partecipazione, sia rispetto all'entità della quota sia fra gli stessi vantaggi e le perdite. Anche in tema di comunione vige, però, il divieto del patto leonino, per il quale un condomino deve essere gravato di tutti i pesi ed un altro beneficiare di tutti i vantaggi. Nè sembra che al divieto si sfugga attribuendo i vantaggi o caricando gli oneri a un soggetto per la totalità fino a una data misura e stabilendo una partecipazione per l'eccedenza, poiché è essenziale alla comunione, come alla società, non la possibilità di una partecipazione, ma una effettiva, sicura partecipazione ai vantaggi come agli oneri.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

Massime relative all'art. 1101 Codice Civile

Cass. civ. n. 20062/2021

In caso di acquisto "pro indiviso" di un immobile effettuato da due conviventi "more uxorio" per quote uguali in difetto di diversa indicazione nel titolo, stante la presunzione di cui all'art. 1101 c.c., il maggior apporto fornito dal co-acquirente nella corresponsione del prezzo non può presumersi effettuato in favore dell'altro a titolo di liberalità, avente giustificazione nella mera convivenza, senza che sia fornita dimostrazione, anche mediante presunzioni, purché serie, dell'"animus donandi". Pertanto, in difetto di tale prova, il convivente che abbia sborsato una somma maggiore ha il diritto di ottenere dall'altro il rimborso della parte eccedente la sua quota.

Cass. civ. n. 2701/2019

Il contratto di vendita di un bene in comunione stipulato da uno solo dei comproprietari, nel quale compratore e venditore abbiano, tuttavia, considerato l'immobile come un "unicum" inscindibile, è, comunque, valido, risultando, secondo i principi generali che regolano il regime giuridico della comunione "pro indiviso", meramente inopponibile al comproprietario che non ha preso parte all'atto.

Cass. civ. n. 1629/2018

In tema di condominio negli edifici, è nulla la deliberazione dell'assemblea condominiale che, all'esito di un giudizio che abbia visto contrapposti il condominio ed un singolo condomino, disponga anche a carico di quest'ultimo, "pro quota", il pagamento delle spese sostenute dallo stesso condominio per il compenso del difensore nominato in tale processo; in tal caso, infatti, non può farsi applicazione, neanche in via analogica, degli artt. 1132 e 1101 c.c., trattandosi di spese per prestazioni rese a tutela di un interesse comunque opposto alle specifiche ragioni personali del singolo condomino.

Cass. civ. n. 13885/2014

In tema di condominio negli edifici, è invalida la deliberazione dell'assemblea che, all'esito di un giudizio che abbia visto contrapposti il condominio ed un singolo condomino, disponga anche a carico di quest'ultimo, "pro quota", il pagamento delle spese sostenute dallo stesso condominio per il compenso del difensore nominato in tale processo, non trovando applicazione nella relativa ipotesi, nemmeno in via analogica, gli artt. 1132 e 1101 cod. civ.

Cass. civ. n. 12775/2008

Il perimento, totale o per una parte che rappresenti i tre quarti dell'edificio condominiale, determina l'estinzione del condominio per mancanza dell'oggetto, in quanto viene meno il rapporto di servizio tra le parti comuni mentre permane tra gli ex condomini soltanto una comunione "pro indiviso" dell'area di risulta, potendo la condominialità essere ripristinata solo in caso di ricostruzione dell'edificio in modo del tutto conforme al precedente. Ne consegue che, in caso di ricostruzione difforme, la nuova costruzione sarà soggetta esclusivamente alla disciplina dell'accessione e la sua proprietà apparterrà ai comproprietari dell'area di risulta in proporzione delle rispettive quote. (Nella fattispecie, riguardante un palazzo andato distrutto a causa dei bombardamenti nell'ultimo conflitto bellico, la Corte ha confermato la pronuncia di secondo grado che aveva escluso il diritto alla sopraelevazione in capo ad uno dei comproprietari, perché la nuova costruzione era stata edificata con un piano in meno rispetto alla precedente, e non poteva applicarsi il regime giuridico del condominio). (Rigetta, App. Firenze, 24 Novembre 2003).

Cass. civ. n. 17257/2006

Nel caso di esecuzione in forma specifica di un contratto preliminare con cui venga pattuito il trasferimento di un immobile "indivisibilmente" a più persone, le quote di comproprietà dei singoli acquirenti, in mancanza di diversa specifica pattuizione, debbono presumersi uguali, non potendo rilevare, in contrario, la diversa entità della parte di prezzo da loro versata, la quale se può esercitare effetto nei rapporti interni, non esplica alcuna efficacia nel rapporto tra le parti del contratto. (Rigetta, App. Venezia, 5 Febbraio 2003).

Cass. civ. n. 17094/2006

In un giudizio di rivendicazione che riguardi una quota ideale di un bene in comproprietà "pro indiviso", non può essere ordinato il rilascio della quota, ma il giudice deve limitarsi alla declaratoria della titolarità da parte del rivendicante della predetta comunione per la quota indicata, atteso che è necessario prima procedere alla concretizzazione della quota in una porzione determinata attraverso la divisione del bene stesso, con la partecipazione necessaria di tutti i comproprietari. (Cassa con rinvio, App. Napoli, 24 Aprile 2002).

Cass. civ. n. 4965/2004

In materia di proprietà, il principio generale che regola il regime giuridico della comunione pro indiviso è quello della libera disponibilità della quota ideale, sicché è ben possibile che ciascun comunista autonomamente venda o prometta di vendere la sua quota, valido essendo il contratto anche nell'ipotesi in cui il bene sia dalle parti considerato un unicum inscindibile, risultando in tal caso l'alienazione meramente inopponibile al comproprietario che non ha preso parte alla stipula dell'atto (Nel fare applicazione del suindicato principio, la S.C., nel rigettare la doglianza della ricorrente concernente la mancata declaratoria da parte del giudice del merito della nullità del negozio, ha ritenuto nel caso corretta la qualificazione da questi operata, in termini di preliminare di vendita di cosa parzialmente altrui a formazione progressiva, del contratto originariamente sottoscritto da una sola delle comproprietarie e recante la dichiarazione, inserita in epoca successiva, di consenso anche dell'altra comproprietaria).

Cass. civ. n. 1125/1994

La stipulazione con il comune di una convenzione di lottizzazione implica che i proprietari dei terreni interessati alla urbanizzazione pongano in essere un negozio (interno) di costituzione di un consorzio urbanistico volontario — con assunzione delle obbligazioni a fini organizzativi e con costituzione degli effetti reali necessari per conferire al territorio l'assetto giuridico conforme al progetto approvato dalla Amministrazione — da ritenersi assoggettato alla disciplina della comunione dettata dal codice civile, ivi compreso l'art. 1101, secondo comma, con la conseguenza che, in difetto di espressa deroga convenzionale, giusta la regola da tale norma imposta, le spese per la lottizzazione (quali quelle afferenti, fra l'altro, al progetto, alle opere di urbanizzazione primaria e secondaria) ed i pesi alla medesima inerenti (quali la cessione al Comune delle opere di urbanizzazione e la destinazione di talune aree, con vincolo permanente, a vantaggio dell'intera lottizzazione o di singoli lotti) si ripartiscono e si distribuiscono in proporzione alle quote dei partecipanti.

Cass. civ. n. 2815/1990

Il principio generale che regola il regime giuridico della comunione pro indiviso è quello della libera disponibilità della quota ideale indivisa da parte di ogni partecipante, salvo le autolimitazioni che all'esercizio di questa facoltà possono derivare dalla volontà delle parti interessate, nel senso che, i condomini possono vincolarsi a non disporre delle proprie quote se non indivisamente ed insieme. Né alla disponibilità e trasferibilità della quota da parte di ciascun condomino può essere d'ostacolo la mancata determinazione, negli atti di provenienza, della misura dei suoi diritti sulla cosa comune, operando in questa ipotesi la presunzione di uguaglianza dei partecipanti sancita dall'art. 1101 c.c.

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Consulenze legali
relative all'articolo 1101 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

G. M. chiede
domenica 16/06/2024
“Buongiorno.
Si tratta di un immobile composto da quattro appartamenti di proprietà (2 blocchi contigui di due piani). Un unico mappale classificato «bene comune non censito» contorna l’intero edificio; tale mappale comprende: il giardino, il percorso pedonale di accesso alle quattro abitazioni e quello carraio di accesso ai quattro garage.
Una parte del giardino, dal 1975 (data del «Certificato di abitabilità»), è stata suddivisa dagli allora proprietari in quattro parti; da allora ad oggi ciascuno, a propria cura e spese, ha coltivato e curato la propria porzione di terreno (sia chi lo aveva destinato ad «orto» sia chi lo aveva destinato a «prato verde»). Le proprietà sono state delimitate da cordoli «fai da te» di sasso tuttora esistenti nella loro posizione originale.
Per la parte restante del citato mappale, «bene comune non censito», la cura e la manutenzione sono state sempre suddivisi in parti uguali fra i quattro proprietari (non esiste nessuna tabella millesimale nonostante gli appartamenti pur essendo sostanzialmente uguali non siano perfettamente identici).
Di questi accordi non esiste niente di scritto, solo il «patto fra galantuomini» raggiunto fra i proprietari iniziali che ora sono tutti deceduti; in realtà da circa dieci anni vi abitano le vedove e da circa tre anni un appartamento, disabitato, è intestato agli eredi. Comunque, fino ad oggi nessuno ha disatteso o contestato gli accordi.
Ora, tutti i condomini vogliono intestarsi ciascuno la propria porzione di terreno, qualcuno così come deciso nel 1975 altri però sostengono che le suddivisioni di terreno (mai modificate) non sono uguali fra loro e che pertanto il nuovo frazionamento dovrebbe essere fatto in parti uguali.
Tenuto conto di tutto ciò:
1) Si può dire che ciascuno è proprietario della propria porzione decisa nel 1975 e che pertanto il frazionamento dovrebbe rispettare lo stato dei luoghi originario?
2) Nel caso di suddivisione in parti uguali chi ha diritto ad una porzione maggiore dovrà acquistare la porzione di terreno mancante?
Ovviamente, raggiunto l'accordo, si farà un atto notarile, sul quale sono tutti d'accordo.
Rimango a disposizione nel caso fossero necessarie nuove informazioni.
Cordiali saluti.”
Consulenza legale i 19/06/2024
L’art 1101 del c.c. prevede che le quote di partecipazione alla comunione si presumono uguali, a meno che non vi sia un titolo che dispone diversamente. In un condominio solitamente tale titolo contrario è rappresentato dalle tabelle millesimali, non sempre però esistenti in realtà caratterizzate da un numero non elevato di condomini. Nel caso specifico in assenza di tabelle millesimali si deve quindi presumere che ciascuno dei condomini sia comproprietario del giardino in quote uguali e quindi, nel procedere alla sua divisione, ogni proprietario dovrebbe aggiudicarsi una porzione dello stesso della medesima estensione. Ovviamente nulla vieta che i proprietari possano raggiungere un accordo differente soprattutto se lo stato dei luoghi non permette una suddivisione in proporzione alle quote di comproprietà.

Per raggiungere lo scopo che si prefiggono i comproprietari prima di andare a rogito sarà necessario procedere ad un frazionamento catastale del bene comune non censibile con l’ausilio di un geometra, in cui si partizionerà il giardino in aree dalla identica estensione per poi procedere ad una divisione del cespite così frazionato per mezzo di rogito notarile. È molto probabile che i costi che dovranno essere sostenuti dai quattro proprietari siano più elevati degli effettivi vantaggi che essi andranno concretamente ad ottenere.




D. C. chiede
giovedì 20/10/2022 - Lombardia
“Buongiorno
In un cortile comune tra 9 capannoni privati (cat.C2 e C6) c'è un bagnetto comune, per il resto i capannoni non hanno acqua o altri servizi privati.
In sostanza: un cortile comune, un bagnetto comune e 9 depositi che fruiscono del bagnetto comune.
La tubazione che serve il bagnetto necessita di lavori straordinari in quanto va sostituito il tubo tra il contatore ed il bagnetto.
Non esiste un condominio nè un regolamento comune.
La riparazione va suddivisa in funzione del valore della proprietà (esiste una tabella di divisione in centesimi in funzione della superfice) oppure in funzione delle unità che hanno accesso al bagno ?

Spero di essermi spiegato correttamente, in caso di dubbi rimango a vostra disposizione.

Saluti”
Consulenza legale i 27/10/2022
La comunione è disciplinata dagli artt. 1101 c.c. e seguenti.
L’art. 1101 c.c. stabilisce che le quote dei partecipanti alla comunione si presumono in parti uguali e che il concorso dei partecipanti, sia nei vantaggi che nei pesi della comunione, è in proporzione alle rispettive quote.
Tale presunzione è derogabile su volontà delle parti con accordi appositi che possono essere contenuti negli atti costitutivi della comunione o in patti autonomi.
Per quanto riguarda la comunione di beni immobili, la dottrina ritiene che l’atto debba avere forma scritta ad substantiam e debba essere trascritto.
Ai sensi dell’art. 1104 del c.c. tutti i titolari della comunione contribuiscono alle spese necessarie per la conservazione e per il godimento della cosa comune e alle spese deliberate per gli interventi di ordinaria amministrazione (art. 1105 del c.c.) o di straordinaria amministrazione e di innovazione (art. 1108 c.c.).
Nell’amministrazione della cosa comune tutti i partecipanti hanno diritto di concorrere deliberando per gli atti di ordinaria amministrazione con la maggioranza dei partecipanti calcolata secondo le loro quote. In caso in cui non si riesca a deliberare è possibile adire l’autorità giudiziaria che può anche nominare un amministratore (art. 1105 del c.c.).
Per quanto riguarda le innovazioni o gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione, è necessaria la maggioranza dei partecipanti che rappresenti almeno due terzi del valore complessivo della cosa comune (art. 1108 c.c.).
I limiti stabiliti dallo stesso art. 1108 c.c. riguardano, per le innovazioni, il pregiudizio al godimento di uno dei partecipanti e la spesa eccessivamente gravosa; in relazione agli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione, il limite è costituito dal pregiudizio all’interesse di uno dei partecipanti.
È comunque possibile che uno dei comunisti sostenga autonomamente le spese necessarie per la conservazione della cosa comune in caso di trascuratezza da parte dei partecipanti e ha diritto al rimborso delle stesse (art. 1110 del c.c.).
Nel caso di specie è presente un bagnetto all’interno di un cortile comune tra nove capannoni di proprietà privata esclusiva.
Tale bagno è utilizzabile da tutti i nove comproprietari e necessita della sostituzione di un tubo.
In base alle norme già indicate, le spese per tale intervento devono essere sostenute da tutti i partecipanti alla comunione.
Per la suddivisione delle spese si potrà utilizzare, in deroga alla presunzione di uguaglianza delle quote stabilita dall’art. 1101 comma 1 c.c., il criterio contenuto nella tabella già esistente che considera la superficie (si suppone delle singole proprietà).
Perché questa ripartizione sia valida e opponibile a tutte le parti interessate, è necessaria, oltre alla forma scritta, la trascrizione.
In mancanza di quest’ultima, andrà valutata concretamente la natura e l’origine della tabella ai fini dell’opponibilità.
Si ritiene che tale suddivisione possa in ogni caso essere utilizzata, anche mancando la trascrizione, se c’è il consenso unanime di tutti i partecipanti.
In alternativa dovrà essere utilizzato il criterio presuntivo di uguaglianza delle quote.
Per l’approvazione della spesa, trattandosi di atto eccedente l’ordinaria amministrazione, sarà necessaria la maggioranza dei partecipanti che rappresenti i due terzi del valore della cosa comune.


Armando F. chiede
domenica 30/01/2022 - Abruzzo
“Buon pomeriggio.
Ho già fruito della vostra consulenza nr.
Q292128325
A tal proposito, poiché trattasi di un terrazzo la cui superficie è in comune strutturalmente con il mio vicino di casa, a seguito della Vostra risposta, ho provveduto a fare eseguire i lavori di rifacimento con isolamento, da una ditta. Il vicino di casa non ha voluto eseguire il lavoro nella sua parte, anche da me sollecitato, ma sono stato costretto a fare eseguire un giunto tecnico, di fatto isolando il mio lavoro dalla sua pavimentazione.
Ho dubbi riguardo il fatto che l'amministratore abbia inviato, a suo tempo, la lettera a questo signore per rappresentare l'infiltrazione che insisteva e di fatto io invece ho ricevuto da lui invece un sollecito ad intervenire. Vorrei sapere se è lecito da parte mia, fare richiesta all'amministratore, per ottenere la copia della lettera inviata all'altro condomino interessato e se la ripartizione dell'onere della pittura da rinnovare sotto il cielino e l'interno della pianerottolo, deve essere ripartita su entrambi, cioè io ed il vicino, poiché di fatto lui non ha eseguito lavori ed il danno è esteso su entrambi lati e di fatto da larteia non ci potrà essere più infiltrazione di acqua piovana.
Grazie in anticipo”
Consulenza legale i 04/02/2022
Come già detto nel parere precedente il balcone pare essere una parte dell’edificio che deve essere considerato comune ai soli proprietari le cui unità abitative hanno l’affaccio su di esso. In assenza di specifiche disposizioni contenute nei rogiti di acquisto dell’appartamento o nel regolamento di condominio (se esistente), i lavori di manutenzione di tale balcone devono essere ripartiti in parti uguali tra i due vicini: ciò, in ossequio agli importanti principi generali previsti dall’art.1101 del c.c. Tale norma al suo primo comma ci dice che le quote dei partecipanti alla comunione si presumono uguali, se diversamente non è disposto dal titolo; la norma in esame precisa poi al successivo secondo comma che il concorso dei partecipanti alla comunione, tanto nei vantaggi quanto nei pesi attinenti alla gestione del bene comune devono essere ripartiti in proporzione delle rispettive quote.

Tale fondamentale articolo dovrà quindi applicarsi per tutti gli interventi attinenti al balcone, dal rifacimento della zona di calpestio, alla verniciatura del cielino.

Per certi versi, quindi, era opportuno che i lavori di manutenzione del balcone fossero realizzati sul bene nella sua interezza per poi essere pagati in parti uguali da entrambi i proprietari, ma comunque da un punto di vista squisitamente risarcitorio bene ha fatto l’autore del quesito a farli eseguire almeno sulla zona di pertinenza della sua abitazione. Tale comportamento, infatti, potrebbe mettere al riparo da eventuali richieste risarcitorie avanzate dal condominio per i danni pregressi e per ipotetici danni futuri nel caso in cui le infiltrazioni non dovessero cessare. Inoltre, se la bontà ed efficacia dei lavori sostenuti sulla parte di calpestio di nostra competenza dovesse essere pregiudicata dalla situazione in cui versa l’altra parte del balcone, si potrebbe teorizzare una qualche richiesta di risarcimento del danno.

Per pretendere che il vicino faccia fronte ai suoi doveri è opportuno che il proprietario diligente invii una diffida (meglio se per mezzo di un legale), con la quale lo esorti a porre rimedio alla situazione in cui versa la sua parte di balcone, richiedendo il pagamento della parte degli oneri di manutenzione di sua competenza.

È sicuramente possibile verificare se l’amministratore abbia inviato a sua una volta qualche diffida, ma per gli scopi che ci si prefigge tale richiesta è perfettamente inutile.

CT P. chiede
domenica 11/04/2021 - Emilia-Romagna
“proprietà di un'area ad uso sportivo è una Comunione di fatto, definita soltanto da una sentenza, e mai costituita nei termini prescritti dall'art. 1110 e segg.. L'area può essere alienata col voto favorevole di tutti i Comunisti, ora e qualora fosse costituita Comunione?”
Consulenza legale i 15/04/2021
Innanzitutto è giusto premettere che si parte da un presupposto del tutto errato. Si dice nel quesito che la comunione: "è definita soltanto da una sentenza", quasi a voler sminuire questa circostanza che deve in verità essere considerata del tutto determinante.
Se, infatti, la sentenza non è più impugnabile, ed è quindi divenuta cosa giudicata, essa definisce in maniera definitiva la fattispecie giuridica oggetto del giudizio. In altri termini, se la sentenza stabilisce che l’area ad uso sportivo è in comunione essa deve considerarsi tale.

L' area non può essere venduta con una delibera assembleare anche unanime della collettività dei proprietari, ma è necessario che tutti i partecipanti alla comunione intervengano a rogito innanzi al notaio (personalmente o a mezzo di procuratore a ciò delegato), e cedano la quota di cui sono proprietari sempre accertata dalla sentenza passata in giudicato. Se la sentenza non specifica con esattezza l’ammontare delle quote di ciascun proprietario esse si presumeranno uguali ai sensi del 1°co. dell’art.1101 del c.c.


Sergio C. chiede
mercoledì 08/05/2019 - Lombardia
“In una abitazione convivono negli stessi locali 2 famiglie (una famiglia è formata da 2 persone, marito con moglie a carico, l'altra famiglia è formata da una persona rimasta vedova). L'abitazione è di proprietà al 50% tra le due parti. Tutte le spese sono in comune.
Domanda: Come devono devono essere ripartite le spese di consumo (tipo luce, gas, telefono, ecc.), le spese ordinarie di manutenzione (tipo tinteggiatura, pulizia e giardinaggio), le spese straordinarie di manutenzione (tipo rifacimento bagno, sostituzione scaldabagno, riparazioni elettriche ed idrauliche, ecc.) le imposte IMU-TASI_TARI ecc. sull'abitazione, le spese dell'unica auto a uso comune di proprietà al 50% tra le parti?
Grazie”
Consulenza legale i 15/05/2019
Innanzitutto va chiarito che siamo di fronte ad una comunione, regolata dalle norme del codice civile, art. 1100 e seguenti.
In secondo luogo, ricordiamo che le regole generali sulle spese sono quelle per cui (art. 1101 c.c.) “il concorso dei partecipanti, tanto nei vantaggi quanto nei pesi della comunione è in proporzione delle rispettive quote” e (art. 1104 c.c.) “Ciascun partecipante deve contribuire nelle spese necessarie per la conservazione e per il godimento della cosa comune e nelle spese deliberate dalla maggioranza a norma delle disposizioni seguenti” (dove la misura di questa contribuzione è data dal già citato art. 1101 c.c.).

Alla luce di quanto sopra, possiamo dunque affermare che - a prescindere dall’intestazione delle fatture relative ai consumi (i contratti di luce, acqua, gas e telefono possono essere, infatti, formalmente intestati all’uno piuttosto che all’altro dei comproprietari) - le spese in questione andranno suddivise nel caso di specie, salvo diverso accordo tra i comunisti, al 50%.
Allo stesso modo andranno suddivise le altre spese: sia quelle di cui alla prima parte del citato art. 1104 c.c., ovvero necessarie affinché le cosa comune non vada distrutta o deteriorata oppure necessarie all’ordinario utilizzo della stessa (quelle, insomma, definite nel quesito di “ordinaria manutenzione”), sia quelle di straordinaria manutenzione.

E’ bene far presente che la ripartizione di ogni spesa è sempre comunque subordinata all’accordo dei partecipanti alla comunione.
Per decidere, infatti, sia in ordine alle spese “ordinarie” che in ordine a quelle “straordinarie” la regola è quella della maggioranza (art. 1105 c.c.): eccezion fatta per le cosiddette “innovazioni” (ovvero opere che importino un’alterazione dell’entità sostanziale oppure un mutamento nella destinazione economica della cosa comune), che richiedono la maggioranza qualificata dei due terzi ai sensi dell’art. 1108 c.c., tutte le spese vanno sempre concordate a maggioranza.
E’ evidente, però, che non sempre è possibile formarla.
Nei casi come quello in esame in cui le parti (intese non come persone fisiche ma come quote) sono solamente due, bisognerà infatti necessariamente raggiungere un’intesa.
Purtroppo l’impossibilità di raggiungere un accordo unanime comporta un’unica via da percorrere per sbloccare la situazione di stallo: il ricorso al Giudice (art. 1105 c.c.), che potrà decidere in luogo delle parti o nominare un amministratore che assuma la decisione nell’interesse della comunione.

Per quanto riguarda l’automobile cointestata al 50%, valgono le stesse regole sopra richiamate per l’immobile: se le quote sono 50 e 50, si presume che anche le spese lo siano, salvo diversi accordi tra i comproprietari.

Per quanto riguarda, infine, le imposte, tutto dipende dalla singola imposta.
L’IMU è a carico di entrambi i proprietari al 50%.

La TARI è dovuta da chiunque possieda o detenga a qualsiasi titolo locali o aree scoperte, a qualsiasi uso adibiti, suscettibili di produrre rifiuti urbani.
In concreto, l’importo della TARI è dato da una parte fissa, calcolata sulla base dei metri quadrati dell’immobile moltiplicata per il numero degli occupanti e da una parte variabile, commisurata al numero dei componenti del nucleo familiare ovvero in base alla quantità presunta di rifiuti prodotti.
L’imposta è dovuta indipendentemente dal fatto che il detentore sia anche proprietario dell’immobile; inoltre, se c’è una pluralità di detentori, l’imposta è a carico di tutti in via solidale, il che significa che ciascuno può essere tenuto a pagare l’intero ma poi avrà il diritto di rivalersi pro quota sugli altri.

In sostanza, il debito TARI va ripartito egualmente tra tutti gli utilizzatori dell’immobile.
Nel caso di specie, ciò significa che la soluzione corretta ed equa in base alla legge è che ogni occupante paghi per la propria quota: trattandosi di tre occupanti, tre sono le quote.

Infine devono pagare la Tasi sia il proprietario che il detentore dell'immobile, secondo aliquote e quote stabilite da ogni singolo comune. Tuttavia, dal 2016, la TASI non è più dovuta sulle abitazioni principali e relative pertinenze, per cui nel caso di specie parrebbe non dovuta.


E. B. chiede
martedì 26/09/2023
“Buongiorno,
con la presente vorrei formulare un quesito circa un muro di confine che necessità di essere messo in sicurezza attraverso un rafforzamento dello stesso.
Questo muro divide due proprietà. La prima (A)si trova a livello strada e la seconda (B) più in basso a seguito di uno scavo effettuato in fase di costruzione per poter predisporre i box del palazzo.
Il muro che parrebbe di contenimento per la proprietà più in alto, in realtà è stato creato a seguito della scavo dell'edificio confinante, che risulta più in basso.
Come funziona la ripartizione dei costi del rifacimento del muro o del suo eventuale rafforzamento.
Come dovrebbe avvenire la ripartizione tra (A) e (B).

Grazie
Cordialmente

Consulenza legale i 29/09/2023
Ai sensi dell’art. 880 del c.c. il muro che serve da divisione si presume comune fino alla sua sommità o in caso di altezze ineguali fino al punto in cui uno degli edifici comincia ad essere più alto. Tale presunzione semplice di comunione del muro divisorio può essere vinta in due modi: dimostrando un titolo (tipicamente un rogito notarile) che dimostri la proprietà esclusiva del muro divisorio a favore di uno dei confinanti; oppure, nel caso in cui il muro divida orti, cortili, giardini o vi siano recinti nei campi, vi siano nel muro divisorio degli spioventi: in questo caso, ai sensi del successivo art. 881 del c.c., il muro si presume di proprietà del confinante verso cui pende il piovente.

Tuttavia, in assenza di ulteriori elementi, nel caso specifico deve necessariamente operare la presunzione di cui all’art. 880 del c.c. Visto che, a quanto ci è dato sapere, non vi sono titoli particolari che disciplinano la comunione, ai sensi dell’art. 1101 del c.c. le quote di tale comunione devono presumersi pari al 50 % per entrambi i confinanti: pertanto ai sensi del successivo comma 2° dell’art. 1101 del c.c. e dell’ art. 1104 del c.c. le spese di manutenzione del muro comune devono essere sostenute da ciascun comproprietario nella misura di una metà.


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