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Articolo 1953 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 31/01/2024]

Rilievo del fideiussore

Dispositivo dell'art. 1953 Codice Civile

Il fideiussore, anche prima di aver pagato, può agire contro il debitore perché questi gli procuri la liberazione(1) o, in mancanza, presti le garanzie necessarie per assicurargli il soddisfacimento delle eventuali ragioni di regresso(2), nei casi seguenti:

  1. 1) quando è convenuto in giudizio per il pagamento;
  2. 2) quando il debitore è divenuto insolvente;
  3. 3) quando il debitore si è obbligato di liberarlo dalla fideiussione entro un tempo determinato(3);
  4. 4) quando il debito è divenuto esigibile per la scadenza del termine;
  5. 5) quando sono decorsi cinque anni, e l'obbligazione principale [1939] non ha un termine, purché essa non sia di tal natura da non potersi estinguere prima di un tempo determinato.

Note

(1) Si tratta della c.d. azione di rilievo per liberazione.
(2) Si tratta della c.d. azione di rilievo per cauzione e la misura delle garanzie previste viene determinata, in prima battuta, dal debitore, salvo eventuale modifica del giudice. Le due azioni previste dalla norma possono essere esperite in via alternativa.
(3) Tale ipotesi soddisfa la particolare esigenza di consentire al fideiussore di non rimanere in una situazione di incertezza troppo a lungo.

Ratio Legis

La norma prevede il c.d. rilievo a favore del fideiussore allo scopo di tutelarlo nel caso in cui la possibilità di esperire vittoriosamente l'azione di regresso appaia compromessa.

Spiegazione dell'art. 1953 Codice Civile

Portata dell'articolo

Negli articoli precedenti è stato considerato il caso del fideiussore che mira alla reintegrazione del proprio patrimonio dopo aver pagato. Questo articolo, che corrisponde all’ art. 1919 del codice civile del 1865, considera invece le provvidenze che possono essere concesse al fideiussore prima del pagamento. Si prevede infatti il diritto alla liberazione, o, in mancanza, il diritto ad ottenere cautele, che assicurino il soddisfacimento delle eventuali ragioni di regresso in cinque casi tassativamente stabiliti.


Fideiussore convenuto in giudizio per il pagamento

Il primo caso è che il fideiussore sia stato convenuto in giudizio per il pagamento. In questa ipotesi il fideiussore ha il diritto di forzare il debitore a soddisfare il creditore. La liberazione può essergli procurata sia col pagamento fatto direttamente dal debitore principale al creditore, sia con l'invio fatto al fideiussore dal debitore dei fondi necessari. La norma non pare tuttavia applicabile, nonostante il contrario avviso da qualcuno espresso, al caso che il giudizio iniziato contro il fideiussore si sia chiuso con la condanna di lui, perché in questo caso egli ha il normale diritto di regresso contro il debitore. L’ espressione
quando è convenuto in giudizio per il pagamento” non può indicare che la fase iniziale della procedura.


Sopravvenuta insolvenza del debitore

Il secondo caso è che il debitore sia divenuto insolvente. Non si richiede tuttavia che il debitore si trovi in stato fallimentare essendo sufficiente che egli non sia in grado di ottemperare alla propria obbligazione. In questo caso l'azione del fideiussore tenderà ad ottenere un titolo per assicurare i1 soddisfacimento del credito da lui garantito sui beni dei quali il debitore può ancora disporre. Se il debitore sarà caduto in stato di fallimento questa azione permetterà al fideiussore di farsi insinuare nel passivo della massa.


Fideiussione ad tempus

II terzo caso contemplato nell'articolo in esame è quello nel quale il debitore si è obbligato a liberare il fideiussore dalla sua obbligazione entro un tempo determinato: è il caso più evidente. Va tuttavia chiarito che non si tratta di un caso di fideiussione condizionata ad tempus, perché, mentre in questo caso l'accidentalità grava sulla obbligazione fideiussoria, nel caso in esame la determinazione del termine corre fra fideiussore e debitore principale, ed e quindi al di fuori del negozio fideiussorio propriamente detto.


Scadenza del termine

Il quarto caso riguarda l'ipotesi che il credito sia divenuto esigibile per la scadenza del termine. Questo caso si rapporta, in certo senso, a quello considerato nella prima ipotesi, in quanto la scadenza del termine, che rende il credito esigibile, rende assai probabile che fideiussore sia convenuto per il pagamento.


Decorso di cinque anni

Il quinto e ultimo caso è determinato dalla necessità, in considerazione anche della funzione della fideiussione, con la quale alcuno si sobbarca in sostanza un'altrui responsabilità, di non protrarre questa responsabilità all'infinito. Naturalmente anche questo termine non riguarda i rapporti fra fideiussore e creditore, che, se concepiti ad infi­nitum, restano tali, ma i rapporti fra fideiussore e debitore principale. Tale termine, che il codice civile francese (art. 2032 del c.c.) e il codice civile del 1865 fissavano in dieci anni, è stato dal nuovo codice opportunamente ridotto a 5 anni. La norma di questo comma non è tuttavia —per ovvie ragioni — applicabile al caso in cui la obbligazione principale non sia di tale natura da non potersi estinguere prima di un tempo determinato.

Relazione al Libro delle Obbligazioni

(Relazione del Guardasigilli al Progetto Ministeriale - Libro delle Obbligazioni 1941)

620 Circa l'azione di rilievo da parte del fideiussore, prima del pagamento (articolo 730), si prevede il diritto alla liberazione o, in mancanza, il diritto ad ottenere delle cautele che assicurino il soddisfacimento delle eventuali ragioni di regresso: tale è, infatti, la portata della disposizione dell'articolo 1919 del codice, per quanto esso parli solo di "azione per essere rilevato".
Delle ipotesi previste dal codice non è stato contemplato, accanto all'insolvenza, il fallimento del debitore: richiedendo come presupposto del regresso anticipato che il debitore commerciale si trovi in istato di cessazione di pagamenti, il codice concede al fideiussore una inutile azione, perché quando è stato già dichiarato il fallimento non vi è più la possibilità di evitare quel danno che con l'anticipo del regresso si vuole prevenire. La nuova formula, parlando solo di insolvenza, consente di agire contro il commerciante fin da quando questi si trova in una condizione patrimoniale che faccia supporre un pericolo, anche se non integra gli estremi della cessazione.
Nel numero 5 ho mantenuto la riduzione a 5 anni proposta dalla Commissione reale (articolo 722) del termine decennale dell'articolo 1919 n. 5 cod. civ. La Commissione stessa vi aveva giustamente soppresso l'accenno alla convenzione contraria, che è superfluo; ma mi è parso inutile anche il richiamo alla tutela, che perciò non ho riprodotto.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

764 Regresso e subingresso del fideiussore presuppongono l'avvenuto pagamento. Ma anche prima del pagamento, il fideiussore deve essere talora protetto: si parla infatti in tal caso di diritto al rilievo. Il nuovo codice disciplina le situazioni che legittimano tale diritto e ne precisa il contenuto nell'art. 1953 del c.c., corrispondente all'art. 1919 del codice del 1865. Le situazioni previste dal nuovo codice sono quelle del codice precedente, meno l'ipotesi di fallimento del debitore. II fallimento stabilizza le situazioni, e nessun creditore può domandare ed ottenere cautele speciali dopo la sua dichiarazione. Il contenuto del diritto di rilievo è precisato come non era nel codice del 1865: il debitore deve procurare al fideiussore la liberazione o deve prestare le cautele per l'eventuale regresso (art. 1953).

Massime relative all'art. 1953 Codice Civile

Cass. civ. n. 25317/2020

Il fideiussore che, escusso dal creditore garantito, non abbia provveduto al pagamento del debito, non è legittimato a proporre istanza di fallimento contro il debitore principale per il solo fatto di averlo convenuto in giudizio con l'azione di rilievo ex art. 1953 c.c., atteso che tale azione non lo munisce di un titolo astrattamente idoneo ad attribuirgli la qualità di creditore concorsuale in caso di apertura del fallimento, né il diritto del fideiussore al regresso (o alla surrogazione nella posizione del creditore principale) può sorgere, ancorché in via condizionale, anteriormente all'adempimento dell'obbligazione di garanzia.

Cass. civ. n. 2747/2008

In caso di fideiussione rilasciata da più fideiussori, qualora in un medesimo procedimento uno di essi proponga domanda di regresso nei confronti dell'altro per la ripetizione dei versamenti già effettuati dal primo per conto del debitore principale e il secondo fideiussore chieda al debitore principale, anche ai sensi dell'art. 1953 c.c., di essere garantito in relazione alle somme richiestegli, il rapporto tra il secondo fideiussore e il debitore principale, pur dipendendo da quello esistente tra i due fideiussori, è autonomo e non si configura un litisconsorzio necessario processuale, trattandosi di cause tra loro scindibili, con conseguente possibilità di una loro separazione.

Cass. civ. n. 6808/2002

L'azione di rilievo c.d. per liberazione e l'azione di rilievo c.d. per cauzione di cui all'art. 1953 c.c. spettano esclusivamente al fideiussore nei confronti del debitore, e non anche al creditore garantito nei confronti del fideiussore. Pertanto, in presenza sia di contratto di fideiussione che di (successiva) fideiussione al fideiussore (o fideiussione alla fideiussione o fideiussione di regresso), poiché quest'ultima costituisce una seconda ed autonoma fideiussione con un diverso creditore, le azioni di rilievo possono essere esercitate, nell'ambito del contratto di fideiussione, dal «primo» fideiussore (solamente) nei confronti del debitore, e, nell'ambito della fideiussione al fideiussore, dal «secondo» fideiussore (solamente) nei confronti del debitore; ne consegue che il «primo» fideiussore non può esercitare tali azioni nei confronti del «secondo» fideiussore (il fideiussore al fideiussore), difettando, in caso contrario, di legittimazione al giudizio.

Cass. civ. n. 3168/1996

Una volta non impugnata la sentenza d'appello nella parte in cui la domanda di regresso del garante — proposta in via riconvenzionale e condizionatamente al rigetto della domanda del debitore principale di accertamento, nei confronti anche del creditore, del regolare adempimento delle sue obbligazioni — sia stata rigettata, nonostante il rigetto della domanda principale, per non essere ancora intervenuto, all'epoca della pronuncia, il pagamento a favore del soggetto garantito e per la non ricorrenza di una delle ipotesi, previste dall'art. 1953, di anticipato rilievo del fideiussore, la domanda di rivalsa che nel successivo giudizio di rinvio il garante — che nel frattempo abbia versato le somme garantite, in presenza di una clausola di pagamento «a semplice richiesta e senza eccezioni» — proponga contro lo stesso debitore principale in forma non condizionata, è inammissibile, in considerazione della definitiva e irrevocabile chiusura del rapporto processuale relativo alla domanda riconvenzionale, degli elementi di novità inerenti alla riproposizione della stessa in forma non condizionata e a seguito di un pagamento eseguito a semplice richiesta, e della disciplina processuale del giudizio di rinvio processo ad istruzione sostanzialmente «chiusa», in cui è preclusa la proposizione di nuove domande o eccezioni e la richiesta di nuove prove, salvo che nelle ipotesi in cui sono eccezionalmente consentite nuove conclusioni — senza pregiudizio della facoltà del garante di proporla in un successivo giudizio. (Nella specie la S.C., nel confermare la sentenza pronunciata nel giudizio di rinvio, anche nella parte in cui aveva accertato l'adempimento delle obbligazioni del debitore principale nei confronti del creditore, ha menzionato la possibile rilevanza, in un eventuale futuro giudizio, dei principi dalla stessa Corte enunciati, nella sua precedente pronuncia nella medesima causa, in tema di contratti di garanzia a semplice richiesta).

Cass. civ. n. 3538/1984

L'art. 1953 c.c., il quale consente al fideiussore, prima di aver pagato, ed a tutela delle proprie ragioni di regresso suscettibili di essere pregiudicate dallo stato d'insolvenza del debitore principale, di agire contro quest'ultimo, affinché lo liberi dall'impegno fideiussorio, mediante pagamento diretto del creditore od ottenendo rinuncia del creditore alla fideiussione (cosiddetto rilievo per liberazione), ovvero affinché presti garanzia idonea ad assicurare le suddette ragioni (cosiddetto rilievo per cauzione), non trova applicazione nel caso di assoggettamento di detto debitore principale a procedura di concordato preventivo, atteso che, in tale ipotesi, il medesimo debitore principale non può soddisfare integralmente il creditore, né può offrire al fideiussore (titolare di un credito sottoposto a condizione) garanzie maggiori di quelle offerte agli altri creditori concorsuali, in ossequio al principio della par condicio, né comunque può ottenere la rinuncia del creditore alla fideiussione, dato che esso, per effetto della riduzione del proprio diritto verso il debitore principale alla percentuale concordata, perderebbe con detta rinuncia l'unico strumento utile per l'integrale soddisfacimento.

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Consulenze legali
relative all'articolo 1953 Codice Civile

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Francesco M. chiede
martedì 31/01/2017 - Friuli-Venezia
“Buongiorno,
nel lontano 2005 rivestì la carica di Consigliere in una S.r.l. di Costruzione Immobiliare. Al termine di un intervento edilizio, causa appartamenti invenduti, venne fatta richiesta alla Banca Popolare di C. di trasformare l'allora c/c ipotecario in un mutuo ipotecario, permettendo così alla Società di mettere a rendita gli invenduti. La suddetta Banca chiese, per finanziare l'importo, oltre all'ipoteca di I° Grado anche le firme a garanzia degli allora amministratori. Garanzie per un importo singolo di euro 50.000,00. Nel 2006 decisi di rinunciare a qualsiasi carica societaria rassegnando le dimissioni da Consigliere. Venne nominato un Amministratore Unico. Dopo alcuni anni, esattamente nel 2012, la Società fallì e la Banca si insinuò nel Fallimento e lo Stato Passivo venne poi approvato in marzo 2013. Della garanzia, come non se ne fece cenno dall'origine, non se ne parlò più neanche dopo il Fallimento, tant'è che fino alla metà del 2016 nulla risultava in CRIF ed in CR Banca Italia. Posso affermare con certezza quanto dico, in quanto nell'ultimo decennio accedetti senza problemi al credito, sia in qualità di persona fisica (chiedendo mutui ipotecari per acquisto prima casa o fidi di c/c) che di legale rappresentante di una S.a.s. (fidi di cassa/castelletti/etc.). Il problema si presentò verso la metà del 2016 quando al rinnovo delle linee di credito della S.a.s. mi venne riferito, dal direttore della CRFVG, che era stata rilevata dal sistema una Fidejussione per €uro 50.000,00 e che precludeva il buon esito della mia richiesta. Premetto che con la CRFVG erano anni che operavo sia come Legale rappresentante che come persona fisica, e della suddetta Fidejussione mai se ne era mai parlato perché non presente nel sistema. Difatti la segnalazione, apparì solo nella CR Banca Italia e non nel CRIF, a partire dalla metà del 2016. Sembrerebbe che la Banca Popolare di C. abbia, dopo anni di assoluto disinteresse, immesso nel sistema la segnalazione. Mi domando se potevano fare ciò, se ancora sono tenuto a risponderne essendo intervenuto il Fallimento, essendosi insinuati nello stesso ed essendo stati ammessi come da richiesta, oppure, essendosi dimenticati del sottoscritto e non avendo interrotto i termini di prescrizione e non avendo richiesto l'escussione della garanzia, possa fa valere per chiedere la cancellazione CR Banca Italia l'articolo 1957 del c.c.. Di certo questa segnalazione ha generato il panico negli istituti con i quali opero. Se ritenete, invece, che ci possa essere altra strada per agire nei confronti della Banca di C., fatemelo sapere perché corro seriamente il rischio di veder messo in discussione tutto il mio impianto finanziario.
Grazie.

Consulenza legale i 07/02/2017
Sulla scadenza della fideiussione (art. 1957 cod. civ.), in generale, va detto che:
a) se non è stato fissato alcun termine di validità ed efficacia, il creditore ha 6 mesi di tempo, dopo la scadenza dell’obbligazione principale, per proporre le sue istanze contro il debitore;
b) se la fideiussione è limitata allo stesso termine dell’obbligazione principale, il tempo per proporre le istanze si riduce a due mesi;
c) se la fideiussione è limitata ad un termine anteriore a quello di scadenza dell’obbligazione principale, essa è invalida;
d) se è limitata, infine, ad un termine posteriore alla scadenza dell’obbligazione principale, esso vale come termine di decadenza pattiziamente fissato.
Il quesito non specifica la durata della fideiussione: è plausibile che – trattandosi di garanzia per un mutuo – il caso di specie rientri, tra quelle sopra elencate, nell’ipotesi sub a) oppure, eventualmente, in quella sub b).

Risulta evidente dall’esposizione dei fatti che il mutuo non fosse ancora giunto a scadenza quando è intervenuto il fallimento, tanto che la Banca si è dovuta insinuare al passivo; ugualmente, anche se il quesito non lo specifica, avendo le procedure concorsuali durata mediamente molto lunga, è presumibile che il fallimento in questione sia tuttora aperto e la Banca non sia ancora stata liquidata o lo sia stata solo parzialmente.
Questo significherebbe che l’obbligazione principale non è ancora scaduta e, conseguentemente, nemmeno la fideiussione a suo tempo prestata.
In tal caso, il fideiussore potrà e dovrà muoversi su diversi fronti.

Viene innanzitutto in considerazione la cosiddetta “azione di rilievo” di cui all’art. 1953 del codice civile, in forza del quale: “Il fideiussore, anche prima di aver pagato, può agire contro il debitore perché questi gli procuri la liberazione o, in mancanza, presti le garanzie necessarie per assicurargli il soddisfacimento delle eventuali ragioni di regresso, nei casi seguenti:
1) quando è convenuto in giudizio per il pagamento;
2) quando il debitore è divenuto insolvente; (…)

Come si vede, in caso di insolvenza (e lo stato di insolvenza è uno dei presupposti del fallimento), il fideiussore può pretendere dal debitore principale la liberazione dalla garanzia: “Ai sensi dell'art. 1953 c.c. il fideiussore può esercitare, a sua scelta, contro il debitore principale, o l'azione di rilievo per liberazione o l'azione di rilievo per cauzione (tendente, quest'ultima ad assicurare al fideiussore una garanzia delle ragioni di regresso). L'azione di rilievo per liberazione non può avere per contenuto la pretesa che il debitore paghi direttamente al fideiussore il debito garantito, ma ha, invece, due obiettivi: o il debitore paga direttamente al creditore, in modo da evitare il pagamento del fideiussore; ovvero il debitore - accordandosi, in una delle forme possibili, con il creditore - procura al fideiussore la rinuncia, da parte del creditore medesimo, alla garanzia. In entrambe queste figure l'inadempimento può dar luogo soltanto alla condanna al risarcimento dei danni, che potranno essere identificati nel pregiudizio, concretamente dimostrato, derivante dalla necessità di mantenere indisponibile nel patrimonio dello stesso fideiussore, ciò che è necessario per l'adempimento, da parte sua, dell'obbligazione garantita.” (Tribunale Patti, 23/06/2008).

L’azione di rilievo è una vera e propria azione giudiziaria, che secondo i commentatori avrebbe natura “cautelare”, ovvero consentirebbe al fideiussore di utilizzare un procedimento più breve rispetto ad una causa ordinaria.
Tornando al quesito, dunque, il fideiussore avrebbe ancora la possibilità di agire – tuttavia solo avanti ad un Giudice - nei confronti del debitore insolvente (in tal caso il fallimento) per ottenere la liberazione dalla garanzia.

Parallelamente, il fideiussore deve riuscire ad ottenere la cancellazione delle segnalazioni che gli impediscono di accedere al credito.
In proposito va osservato che l’appostazione a sofferenza impone una valutazione, da parte dell’intermediario, sulla complessiva situazione finanziaria del debitore. Afferma in proposito la giurisprudenza: “In tema di rapporti bancari e segnalazione alla Centrale dei Rischi, detta segnalazione non può scaturire dal mero ritardo nel pagamento del debito o dal volontario inadempimento. Infatti, la stessa deve essere determinata dal riscontro di una situazione patrimoniale deficitaria intesa come situazione patrimoniale grave e non transitoria. Pertanto, tale segnalazione implica una valutazione della complessiva situazione patrimoniale del cliente, non essendo sufficiente la sola analisi dello specifico o degli specifici rapporti in corso di svolgimento tra la singola banca segnalante ed il cliente.” (Tribunale Como, sez. I, 10/10/2016; conforme Cassazione civile, sez. I, 09/07/2014, n. 15609).

Dunque, deve trattarsi di uno stato di difficoltà non transeunte di far fronte alle proprie obbligazioni che impone all’intermediario, prima di procedere alla segnalazione, una accurata analisi di tutti i possibili indici di tale difficoltà (operatività e stato dei rapporti intrattenuti dal cliente con altre banche; sussistenza o meno di pregresse o contestuali segnalazioni a sofferenza operate da altre banche; ammontare e durata di ritardi nei pagamenti per altri rapporti col medesimo intermediario ovvero intrattenuti con altri intermediari; sussistenza o assenza di protesti ed altri eventi pregiudizievoli a carico del cliente), che inducano a credere in un futuro, progressivo, ritorno ad una condizione di fisiologia della vita finanziaria del cliente.
In forza di quanto sopra esposto, il fideiussore non potrà dunque subire le conseguenze di una segnalazione in difetto di tali presupposti, ovvero in presenza di una sola garanzia prestata senza alcun altro elemento di “criticità” che emerga da un esame complessivo della sua situazione.

Un rimedio potrebbe allora essere quello di proporre ricorso all’Arbitro Bancario Finanziario, che si occupa di richieste di rettifica della Centrale Rischi e richieste di danni legati ad essa.
Ogni cliente può ricorrere all’Arbitrato la cui decisione spinge la banca ad intervenire con celerità: a differenza di una conciliazione e di un tipico arbitrato, nel caso di A.B.F. la banca è tenuta infatti ad aderire.
Sicuramente più efficace, invece, ma più costosa è un’azione mediante ricorso d’urgenza ai sensi dell’art. 700 c.p.c. al Tribunale, finalizzata ad ottenere l’adozione di un provvedimento appunto urgente che condanni la banca o l’intermediario all’immediata rettifica dei dati in Centrale dei Rischi.

Infine, altro legittimo motivo per ricorrere all’Arbitro Bancario Finanziario è l’apparente (ciò perché nel quesito non troviamo indicazioni specifiche su questo punto) illegittimità del procedimento di segnalazione.
Ogni volta, infatti, che la banca procede a segnalare un cattivo pagatore in Centrale Rischi ha l’obbligo di inviargli, prima, un preavviso con raccomandata a.r. o altro strumento equivalente (per esempio, la posta elettronica certificata). Diversamente, il debitore segnalato in centrale rischi – cui non è stata fornita adeguata comunicazione di preavviso – potrà far valere l’illegittimità dell’iscrizione e chiedere la cancellazione: “La segnalazione alla Centrale dei Rischi che non è preceduta dal preavviso indirizzato al cliente (in modo da porlo in condizione di adempiere, evitandone i correlativi pregiudizi), è illegittima, in quanto operata in violazione delle disposizioni previste dalla legge speciale nonché dalle Istruzioni della Banca d'Italia.” (Tribunale Salerno, 07/04/2015).
Anche il Garante della Privacy, con riferimento alle segnalazioni in CRIF, ha sostenuto che l’iscrizione del cattivo pagatore deve essere sempre preceduta da un preavviso. Qualora ciò non avvenga, il debitore può chiedere al creditore di provvedere alla cancellazione della segnalazione, che dovrà avvenire entro 30 giorni dalla data di ricevimento del provvedimento di accoglimento del ricorso del correntista.
La banca o la finanziaria hanno quindi l’obbligo di curare detta cancellazione, dando conferma dell’avvenuto adempimento al debitore che ne abbia fatto richiesta e alla stessa Autorità.

Gaetano G. chiede
lunedì 20/04/2015 - Sicilia
“RECESSO FIDEIUSSIONI OMNIBUS E RISARCIMENTO DANNI
Mio fratello è una ditta individuale e il figlio ha una SRL, ed io lavoravo da loro da dipendente e ho prestato le fideiussioni per consentire loro una maggiore liquidità per l’attività.
A mio fratello nel 2002 ho prestato presso una banca fideiussione per conto corrente e per anticipazione fatture, poi anche elevate nel 2006-2007.
Inoltre sempre nella stessa banca prestavo fideiussioni per conto corrente alla ditta M. SRL il cui titolare è il figlio, poi elevata nel 2008.
Sin dall'inizio il caro fratello profittava delle maggiori risorse disponibili non per svolgere l’attività agevolmente e nella quale io lavoravo da dipendente , ma per l'arricchimento proprio e dei figli (comprava casa ai propri 2 figli nel 2002; nel 2007 comprava una grossa quantità di terreni sempre ai 2 figli). Per tali acquisiti mio fratello ricorreva a un mutuo acceso sempre nella stessa banca di euro 120.000,00 (a mia insaputa) e comprava altri appezzamenti di terreno lui personalmente.
Purtroppo mi sono visto costretto anche ad effettuare numerosi prestiti personali a mio fratello, per impedire che subentrasse una sofferenza bancaria e venissero attivate le fideiussioni prestate.
Nel 2008, inoltre, mi chiede di cointestarmi con lui un mutuo di € 80.000,00 e con scrittura privata si impegnava a pagare lo stesso per intero dato che era lui il beneficiario della somma.
Naturalmente i rapporti si sono interrotti quando ho rifiutato di fare loro l'ennesimo prestito personale e quindi di conseguenza non ha più pagato i prestiti personali, prestiti personali che in forza delle scritture private nelle quali si impegnava a pagare i prestiti che gli concedevo, sto recuperando tramite decreti ingiuntivi e pignoramento presso terzi.
Nel 2012 ho notificato loro una diffida comunicando loro la mia volontà di liberarmi delle fideiussioni che ho prestato, ma a distanza di 3 anni non hanno preso nessuna iniziativa in tal senso e ne hanno mostrato concreta intenzione di farlo. Stando così le cose non succederà mai che io venga liberato, perché né la banca, né mio fratello hanno interesse a liberarmi.
La famiglia di mio fratello non paga me, ma paga altri debiti personali (il mutuo dei terreni acquistati, nel 2015 rifiniscono la casa al figlio che si sposa , ecc.).
Non posso fare lettera di recesso alla banca perché in quel caso la stessa minaccia la messa in sofferenza, quindi la chiusura dei conti in tempi brevi e ciò significa il fallimento. La banca chiede, per la mia liberazione, un altro garante a sostituzione o la riduzione drastica dei fidi che li metterebbe in grandissima difficoltà e che a loro non conviene.
D’altro canto io ho una piccola ditta e non posso accedere a nessun credito presso banche per via delle garanzie prestate che si evincono dalla visura della centrale rischi presso la Banca D'Italia , perciò di conseguenza sono costretto all'inattività.
L'alternativa che vedo in questa situazione è fare causa a mio fratello e alla società del figlio, per la liberazione, ai sensi dell’art 1953 comma 5 del c.c essendo fideiussioni Omnibus e sono trascorsi più di 5 anni dalla stipula dei contratti, ma per fare in modo che non sia acqua fresca per loro, voglio chiedere anche i danni morali e materiali subiti per i prestiti forzati e ricattatori che ho dovuto fare e dei danni che subisco e subirò continuando a rimanere inattivo per mancato accesso al credito, sia per mettere fretta e interesse perché soddisfino la mia richiesta e sia perché hanno profittato con dolo della mia disponibilità , per il loro personale arricchimento indebito, perché hanno sfrutta e sfruttano sia le mie garanzie che i prestiti personali , inoltre, un altro danno subito , a seguito della messa in mora da parte della banca del 1.8.2012 per delle rate scadute del mutuo cointestato di € 80.000,00 di cui il beneficiario come da scrittura privata era lui, ho dovuto vendere un mio terreno per la metà del valore effettivo a causa dell’urgenza imposta dalla banca e che ho dovuto aiutare a pagare.
Quindi vi chiedo un parere sulla fattibilità delle mie intenzioni e suggerimenti sia per la liberazione delle fideiussioni vista la poca giurisprudenza sull’art 1953 e sia per la richiesta di danni morali, materiali e come quantificarli.
Nota. Mentre il padre ha delle proprietà ,case e terreni , la SRL del figlio è inattiva dal 2009 ed ha solo beni strumentali, ramo d’azienda e attrezzature che ha messo in vendita, si può chiedere il sequestro cautelativo?
Contando su una vostra risposta si ringrazia.
Distinti saluti”
Consulenza legale i 23/04/2015
L'azione di rilievo ha, secondo la maggior parte della dottrina, natura cautelare e si differenzia da quella di regresso perché quest'ultima presuppone l'avvenuto pagamento da parte del fideiussore. Essa ha lo scopo di fare pressione sul debitore, affinché paghi.
La liberazione può avvenire in due modi: o il debitore paga direttamente il creditore, così da evitare il pagamento del fideiussore, oppure il debitore deve accordarsi con il creditore per liberare il fideiussore, affinché questo rinunci alla fideiussione (di norma, ciò avviene dietro presentazione di un'altra garanzia).
Il provvedimento emesso all'esito del giudizio non potrà mai essere di condanna, perché sarebbe contrario ai principi del nostro ordinamento che il fideiussore, prima di pagare, possa ottenere un titolo esecutivo avente ad oggetto la somma garantita e che possa far valere contro il debitore principale.
Quindi, si avrà una sentenza di accertamento del diritto del fideiussore: se il debitore non ottempera all'obbligo di liberazione del fideiussore in suo capo, è possibile solo ottenere il risarcimento dei danni - da provarsi da parte del fideiussore - legati a tale inadempimento ("Sia nell'azione di rilievo per liberazione che in quella per cauzione l'inadempimento verso il fideiussore può dar luogo soltanto ad una condanna al risarcimento dei danni, che non potranno essere identificati aprioristicamente nella stessa somma che il fideiussore deve potenzialmente corrispondere al creditore, ma soltanto nel pregiudizio, concretamente dimostrato, derivante dalla necessità di mantenere indisponibile nel patrimonio dello stesso fideiussore ciò che è necessario per l'adempimento da parte dello stesso, nel periodo intercorrente fra l'inadempimento dell'obbligazione del debitore e la prestazione della garanzia" Trib. Terni 14 gennaio 1997, che riprende il principio sancito da Cass. civ., sez. III, 21.4.1965, n. 699).
Altra conseguenza diretta è che non potrà essere concesso il sequestro conservativo dei beni del debitore richiesto dal fideiussore per la somma corrispondente al credito garantito.
L'azione di rilievo è costruita dal legislatore come una facoltà del fideiussore: non sono quindi previsti particolari termini di decadenza.

Nel caso di specie, secondo i dati contenuti nel quesito, ci troviamo di fronte ad una obbligazione principale senza termine (apertura di credito in conto corrente, o fido bancario). Come noto, in assenza di un termine di scadenza dell'obbligazione, deve essere sempre garantita la possibilità di recesso del fideiussore dalla garanzia prestata (in tal senso andrà letto con attenzione il documento sottoscritto dal garante), ma essa, secondo la giurisprudenza, produce l'effetto di circoscrivere l'obbligazione accessoria del fideiussore al saldo del debito esistente al momento del recesso, senza una vera e propria liberazione (v. Cass. civ., sez. III, 9.3.2005, n. 5166).

Si può ipotizzare allora l'applicazione del n. 5 dell'art. 1953 c.c. (si fa notare che nel 1942 si è optato per una riduzione del termine da 10 a 5 anni, incentivando quindi la tutela del fideiussore), anche se, come già rilevato nel quesito, la giurisprudenza in materia è molto scarsa.
Secondo la dottrina, quella evidenziata al n. 5 dell'articolo in commento sarebbe una "situazione determinata dalla necessità, in considerazione anche della funzione della fideiussione, di non protrarre per una durata infinita la responsabilità del fideiussore, anche per evitare che questi resti alla mercé delle iniziative consentite al debitore e al creditore dall'art. 1183 c.c. di cui il garante non può valersi" (Giusti, La fideiussione e il mandato di credito, 246, nota 220). Si tratterebbe, poi, di una norma che deroga al diritto comune, in quanto consente al fideiussore che non abbia ancora pagato un'azione contro il debitore, e quindi non sarebbe suscettibile di interpretazione estensiva.

Al di là della possibilità di ottenere o meno la liberazione, con un'azione che, come sopra chiarito, non potrà purtroppo mai essere di condanna del debitore a pagare l'intera somma garantita, rimane sempre l'opportunità di chiedere il risarcimento dei danni.
Nel caso di specie si possono evidenziare almeno due tipi di voci di danno:
1. danni derivanti dal fatto del mantenimento in vita della garanzia, anche quando sia accertato in giudizio che il fideiussore ha diritto ad essere liberato;
2. danni patrimoniali e morali cagionati dal rapporto di "sfruttamento" del garante da parte della famiglia del fratello, per numerosi anni. Qui si possono far rientrare un gran numero di pregiudizi, da quelli legati all'impossibilità per il fideiussore di accedere al credito in prima persona, per proprie esigenze personali e imprenditoriali (la quantificazione dovrà essere effettuata elencando e provando le effettive chance perdute); a quelli di natura psicologica, che dovranno essere quantificati in via equitativa dal giudice (è difficile operare una predeterminazione degli stessi); a quelli prettamente economici, come le spese sostenute in concreto nel corso degli anni e direttamente riconducibili a condotte illecite dei parenti.

La prima voce è direttamente ricollegabile all'eventuale mancato ottemperamento all'obbligo di liberazione, di cui si chiede l'accertamento con l'azione di rilievo, e quindi potrà avere soddisfazione solo in caso di mancato adempimento al predetto obbligo; la seconda ha vita propria e vale certamente anche per tutti i danni subiti in passato (si dovrà fare attenzione a prescrizioni eventualmente intervenute in relazione a singole voci di danno).

Una ipotesi di tutela del fideiussore non contenuta nel quesito ma ravvisabile nel caso di specie è quella data dall'art. 1956 del c.c., laddove si sia inteso correttamente che la stessa banca creditrice ha concesso al debitore principale ulteriore credito (nel 2007 circa, il fratello avrebbe acceso un altro mutuo di euro 120.000,00 ad insaputa del fideiussore).
L'art. 1956, infatti, stabilisce che il fideiussore per un'obbligazione futura è liberato se il creditore, senza speciale autorizzazione del garante, ha fatto credito al terzo, pur conoscendo che le condizioni patrimoniali di questo erano divenute tali da rendere notevolmente più difficile il soddisfacimento del credito. La liberazione del fideiussore, in questo caso, si avrebbe per l'intero, e non nella sola misura in cui sia stato concesso incautamente il nuovo credito (Corte d'appello di Bologna, 13.9.1974). Si richiede, però, al fideiussore di provare che dopo la stipula della garanzia sia avvenuto un peggioramento delle condizioni economiche del garantito tale da porre a rischio nuove aperture di credito.
Non conoscendo tutti i dettagli del caso, la nostra è una mera ipotesi, da verificarsi nel caso concreto.

In conclusione, la controversia in esame è decisamente troppo complessa per trovare soluzione in questa sede, ma si ravvisano comunque delle fondate ragioni da parte del garante nel chiedere la liberazione dalla garanzia prestata, ed altresì si reputano meritevoli di risarcimento i danni subiti, se sia possibile darne prova in giudizio (non ci si può avvalere di mere presunzione basate sulla complessiva "ingiustizia" subita).

Circa l'ultima domanda, che esula dal resto del quesito, si precisa che il sequestro conservativo (art. 671 del c.p.c.) è autorizzato sui beni mobili e immobili del debitore o sulle somme o cose a lui dovute nei limiti in cui la legge ne permette il pignoramento, ad istanza del creditore che abbia fondato timore di perdere la garanzia del proprio credito. Ai sensi dell'art. 515 i beni strumentali indispensabili all’esercizio dell’impresa o della professione possono essere pignorati solo nella misura massima di un quinto del loro valore e solo a condizione che gli altri beni siano insufficienti a soddisfare le ragioni del creditore: ma tale limite non vale per i debitori costituiti in forma societaria. Nel nostro caso si tratta di una s.r.l., quindi non si vedono particolari motivi per cui tali beni non potrebbero costituire oggetto di una misura cautelare conservativa.