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Capo XVI - Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 05/07/2024]

Del conto corrente

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)
736 Il contratto di conto corrente vuole evitare il pronto pagamento dei crediti esigibili che possono maturare a favore di ciascuna delle parti nel corso di una loro durevole relazione di affari, rendendone possibile una differita e globale compensazione. Tale finalità viene raggiunta mediante l'obbligo delle parti di immettere nel conto i crediti, che vengono dichiarati inesigibili per la durata del conto medesimo o di determinati suoi periodi, mentre viene reso esigibile, alla chiusura di ciascun periodo, il saldo risultante dalla compensazione tra le due masse delle partite contrapposte (art. 1823 del c.c.). L'obbligatorietà dell'immissione dei crediti e dei debiti reciproci ha limite necessario nella ragione del rapporto di conto di conto corrente e nella natura dei crediti di ciascuna parte; perciò,se i correntisti sono imprenditori, devono ritenersi esclusi dal conto corrente i crediti estranei alle rispettive imprese (art. 1824 del c.c., secondo comma); se poi i crediti sono insuscettibili di compensazione, essi non possono venire attratti nella sfera del rapporto di conto corrente, non essendovi la possibilità di quella compensazione che è invece essenziale al rapporto stesso (art. 1824, primo comma).
737 Le rimesse conservano il loro carattere giuridico di crediti veri o propri, e non si trasformano, come ha sostenuto una diffusa ma non accettabile opinione, in semplici "poste numeriche"; da ciò l'art. 1825 del c.c. che ammette la decorrenza degli interessi sulle rimesse medesime. I crediti immessi nel conto non perdono nemmeno la loro individualità giuridica, e non rompono quindi i legami con il loro titolo originario. Perciò i diritti di commissione e i crediti per spese inerenti al rapporti che hanno dato causa alle rimesse, non solo non vengono meno per effetto del contratto di conto corrente, ma sono inclusi nel conto, quando non sussista una convenzione in senso contrario (art. 1826 del c.c.); non ostante l'inclusione nel conto del singolo credito, persistono poi le azioni di nullità, di rescissione e di risoluzione che possono far capo al titolo originario, e che possono produrre l'eliminazione della partita dal conto (art. 1827 del c.c.). In conseguenza di tali principii, l'immissione nel conto non produce più quella novazione che invece provocava in base all'art. 345, primo comma, n. 1, cod. comm.; le garanzie reali o personali e le obbligazioni solidali inerenti ai rapporti sottostanti rimangono ferme per la durata del conto e si trasferiscono a favore del saldo, fino a concorrenza però dell'originario importo del credito garantito (art. 1828 del c.c.; le rimesse costituite da crediti verso terzi si presumono inserite nel conto "salvo incasso", e non implicano trasferimento definitivo, in modo che il ricevente, nel caso che il terzo non adempia, può stornare la partita anche senza iniziare le azioni contro il debitore (art. 1829 del c.c.). L'inesigibilità dei crediti in pendenza del conto non impedisce ai creditori di un correntista di cautelarsi preventivamente sul saldo, che potrà eventualmente spettare al proprio debitore (art. 1830 del c.c., primo comma) : le ragioni del creditore non possono però rimanere pregiudicate da operazioni successive al sequestro e al pignoramento, salvo che le operazioni stesse si giustifichino in base a un titolo precedente. Ma poiché l'azione esercitata dal creditore ostacola il normale svolgimento del rapporto, il quale verrebbe a continuare solo per il correntista che non ha subito atti di esecuzione o cautelari, così si è dato a ciascuno dei correntisti il potere di recedere dal contratto (art. 1830, secondo comma).