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Articolo 192 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 27/03/2024]

Rimborsi e restituzioni

Dispositivo dell'art. 192 Codice Civile

(1)Ciascuno dei coniugi è tenuto a rimborsare alla comunione le somme prelevate dal patrimonio comune per fini diversi dall'adempimento delle obbligazioni previste dall'articolo 186(2).

È tenuto altresì a rimborsare il valore dei beni di cui all'articolo 189(3), a meno che, trattandosi di atto di straordinaria amministrazione da lui compiuto, dimostri che l'atto stesso sia stato vantaggioso per la comunione o abbia soddisfatto una necessità della famiglia.

Ciascuno dei coniugi può richiedere la restituzione delle somme prelevate dal patrimonio personale [179](4) ed impiegate in spese ed investimenti del patrimonio comune.

I rimborsi e le restituzioni si effettuano al momento dello scioglimento della comunione; tuttavia il giudice può autorizzarli in un momento anteriore se l'interesse della famiglia lo esige o lo consente.

Il coniuge che risulta creditore può chiedere di prelevare beni comuni sino a concorrenza del proprio credito. In caso di dissenso si applica il quarto comma. I prelievi si effettuano sul denaro, quindi sui mobili e infine sugli immobili.

Note

(1) L'articolo è stato così sostituito dall'art. 71 della L. 19 maggio 1975 n. 151.
(2) La disposizione concerne le obbligazioni relative agli interessi non essenziali del nucleo domestico, che hanno impegnato somme prelevate con il consenso dell'altro coniuge; diversamente, per le somme non autorizzate dovrà essere ripristinato l'importo mediante pronta restituzione.
(3) Il comma si riferisce alle obbligazioni contratte per il compimento degli atti eccedenti l'ordinaria amministrazione, cui sia conseguita azione esecutiva da parte dei creditori personali del coniuge.
(4) Il credito alla restituzione delle somme prelevate dal patrimonio personale ed impiegate in spese ed investimenti del patrimonio comune, è di natura nominalistica (art. 1277 del c.c.) e, determinato nel suo ammontare all'atto della divisione, previa ripartizione in parti uguali tra i condividenti delle passività di cui all'art. 186, da tale momento liquido ed esigibile; produrrà interessi ex art. 1282.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

Massime relative all'art. 192 Codice Civile

Cass. civ. n. 15889/2022

Nel caso di impresa riconducibile ad uno solo dei coniugi costituita dopo il matrimonio, e ricadente nella cd. comunione de residuo, al momento dello scioglimento della comunione legale, all'altro coniuge spetta un diritto di credito pari al 50% del valore dell'azienda, quale complesso organizzato, determinato al momento della cessazione del regime patrimoniale legale, ed al netto delle eventuali passività esistenti alla medesima data.

Cass. civ. n. 18156/2020

Il compartecipe che abbia chiesto nei confronti di altro compartecipe, di rimettere in proprietà comune un certo importo indebitamente sottratto, non incorre nel divieto di mutamento di domanda se chiede in corso di causa il pagamento diretto della propria quota.

Cass. civ. n. 22730/2019

Ove venga proposta domanda di corresponsione di una somma a titolo di indennità per miglioramenti sulla base degli artt. 192 c.c., 2033 c.c. e 936 c.c., il giudice non può qualificare l'azione ai sensi dell'art. 1150 c.c., giacché il riconoscimento del diritto ivi previsto postula l'allegazione e la prova del possesso del bene da parte del creditore. (In applicazione del principio, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva riqualificato la domanda di rimborso delle spese sopportate dal coniuge per la ristrutturazione dell'immobile in proprietà dell'altro coniuge, avanzata ai sensi degli artt. 192, 2033 e 936 c.c., in termini di azione ex art. 1150 c.c., sull'erroneo presupposto che l'attore avesse composseduto il bene ristrutturato per il solo fatto che lo stesso era stato adibito a casa familiare). (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO ROMA, 25/11/2016).

Cass. civ. n. 7957/2018

In materia di rimborsi e restituzioni conseguenti allo scioglimento della comunione legale dei beni tra coniugi, il riconoscimento del debito, operato durante il matrimonio da uno dei coniugi in favore della comunione, non importa una modifica delle convenzioni matrimoniali e non è pertanto richiesta l'adozione della forma dell'atto pubblico. (Rigetta, CORTE D'APPELLO TRIESTE, 22/07/2014).

Cass. civ. n. 19454/2012

Allo scioglimento della comunione legale tra i coniugi, ai sensi dell'art. 192, terzo comma, c.c., devono essere restituiti solo gli importi impiegati in spese ed investimenti per il patrimonio comune già costituito, ma non il denaro personale impiegato per l'acquisto di immobile che concorre a formare la comunione, trovando, in tale ipotesi, applicazione l'art. 194, comma primo, c.c., secondo il quale all'atto dello scioglimento l'attivo ed il passivo devono essere ripartiti in quote uguali indipendentemente dalla misura della partecipazione di ciascuno dei coniugi.

Cass. civ. n. 9845/2012

In tema di divisione della comunione legale tra coniugi, da effettuarsi secondo i criteri di cui agli art. 192 e 194 c.c., la determinazione del periodo per il quale spetta il corrispettivo dovuto con riguardo al mancato godimento della quota di pertinenza del bene immobile fruttifero decorre, ai sensi dell'art. 1148 c.c., dalla data di proposizione della domanda di divisione, quale momento d'insorgenza del debito di restituzione ("pro quota") in capo al possessore di buona fede in senso oggettivo e non dalla data di passaggio in giudicato della sentenza di separazione.

Cass. civ. n. 10896/2005

All'esito dello scioglimento della comunione legale, ciascun coniuge può domandare la divisione del patrimonio comune, da effettuarsi secondo i criteri stabiliti agli artt. 192 e 194 c.c., e il coniuge rimasto nel possesso esclusivo dei beni fruttiferi (nel caso, bene immobile) già appartenenti alla comunione legale è tenuto, in base ai principi generali (art. 820, terzo comma, c.c.), al pagamento, in favore dell'altro coniuge, del corrispettivo pro quota di tale godimento, quali frutti spettanti ex lege a prescindere da comportamenti leciti o illeciti altrui. Tali frutti civili si acquistano giorno per giorno in ragione della durata del diritto (art. 821, terzo comma, c.c.), a far data dalla domanda di divisione, quale momento d'insorgenza del debito di restituzione (pro quota) del bene medesimo (art. 1148 c.c.). (La S.C., dando atto che la corte di merito, facendo esercizio dei poteri ad essa spettanti, aveva nell'impugnata sentenza correttamente interpretato la domanda, dall'appellante incidentale erroneamente qualificata come di risarcimento danni, ha enunziato il principio di cui in massima).

Il credito alla restituzione delle somme prelevate dal patrimonio personale ed impiegate in spese ed investimenti del patrimonio comune, spettante al coniuge ai sensi dell'art. 194 (recte: 192 - N.d.R.), terzo comma, c.c. all'esito dello scioglimento della comunione legale, é di natura nominalistica (art. 1277 c.c.) e, determinato nel suo ammontare all'atto della divisione, previa ripartizione in parti uguali tra i condividenti delle passività di cui all'art. 186 c.c., da tale momento liquido ed esigibile. Come tale, esso produce interessi ex art. 1282 c.c., salvo il diritto alla rivalutazione monetaria in caso di prova di sofferto danno maggiore di quello dai medesimi coperto (art. 1224 c.c.).

Cass. civ. n. 2354/2005

In tema di scioglimento della comunione legale tra coniugi, la norma dell'art. 192, terzo comma, c.c. attribuisce a ciascuno dei coniugi il diritto alla restituzione delle somme prelevate dal patrimonio personale ed impiegate in spese ed investimenti del patrimonio comune, non già quello alla ripetizione del valore degli immobili provenienti dal patrimonio personale di uno dei coniugi e conferiti alla comunione, atteso che, per effetto della trasformazione dei beni personali in beni comuni, detti beni restano immediatamente soggetti alla disciplina della comunione legale, e quindi al principio inderogabile di cui all'art. 194, primo comma, c.c., il quale impone che, in sede di divisione, l'attivo e il passivo siano ripartiti in parti eguali, indipendentemente dalla misura della partecipazione di ciascuno dei coniugi agli esborsi necessari per l'acquisto dei beni caduti in comunione.

Cass. civ. n. 18564/2004

In tema di comunione legale fra coniugi, i rimborsi e le restituzioni delle somme spettanti in dipendenza dell'amministrazione dei beni comuni, nei limiti delle somme prelevate da ciascuno dei coniugi dal patrimonio comune per fini diversi dall'adempimento delle obblígazioni cui sono destinati per legge i beni in regime di comunione legale, si effettuano solo al momento della divisione dei beni comuni che, in caso di separazione tra i coniugi, coincide con il passaggio in giudicato della relativa pronuncia. Sino a tale momento il coniuge amministratore dei beni comuni amministra i beni destinati al mantenimento della famiglia, la quale permane come vincolo anche tra i coniugi separati, senza che alcuno di questi possa rivendicare la disponibilità personale delle loro rendite, nel limiti della propria quota di comproprietà, prima del definitivo scioglimento del rapporto di convivenza. Ciò che trova conferma nell'art. 192, comma quarto, c.c., il quale prevede che i rimborsi e le restituzioni, possano avvenire, dietro autorizzazione del giudice, anche in un momento anteriore a quello suindicato, ma solo a favore della comunione e, quindi, con il vincolo di destinazione delle somme relative al mantenimento della famiglia e all'istruzione e all'educazione dei figli (in applicazione di tale principio, la Corte ha cassato la decisione di merito che aveva condannato uno dei coniugi al pagamento, in favore dell'altro, della metà del valore locativo di un immobile, da lui abitato).

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Consulenze legali
relative all'articolo 192 Codice Civile

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Giorgio P. chiede
mercoledì 27/09/2017 - Lombardia
“E' in corso da divisione giudiziale di un immobile ( fabbricato di vecchia costruzione con annesso giardino) acquisito in comproprietà fra marito e moglie nel 1987. Dopo l'acquisto, ho sostenuto personalmente tutte le spese di ristrutturazione urbanistica di detto immobile che era stato demolito e quindi ricostruito ex novo. La ristrutturazione è terminata nel 1992 ed è costata circa vecchie lire un miliardo e duecentomilioni. A seguito del divorzio ho chiesto la divisione giudiziale. Il CTU nominato a stabilito che l'immobile è divisibile ma non in lotti uguali tanto che il giudice ha stabilito un conguaglio consistente ( € 200 mila) che uno o l'altro dovrà pagare previa estrazione a sorte.
Dato che ho sostenuto interamente di tasca mia le spese di ricostruzione ( questo si desume dalle fatture e dai pagamenti) chiedo:

1) Se uno dei comproprietari che sarà l'aggiudicatario della porzione di maggiore valore ma non sarà in grado di pagare la somma stabilita per il conguaglio anche nel caso di vendita dell'immobile ( causa prezzo realizzato inferiore al valore di conguaglio stabilito dal CTU, cosa può succedere?

2) Avendo sostenuto personalmente il costo della ristrutturazione non mi spetterebbe il risarcimento di quanto ho pagato di mia tasca?
Grazie”
Consulenza legale i 03/10/2017
Come ben noto, al momento della separazione personale dei coniugi si scioglie anche la comunione legale dei beni (ossia il regime patrimoniale legale della famiglia), con la conseguenza che:
  1. ciascun coniuge sarà tenuto a rimborsare all’altro coniuge le somme prelevate dal patrimonio comune ed impiegate per fini diversi dal soddisfacimento dei bisogni familiari (così art. 192 comma 1 c.c.);
  2. tra gli stessi coniugi sorgerà il diritto a chiedere il rimborso e la restituzione delle somme prelevate dal patrimonio personale ed impiegate in spese ed investimenti del patrimonio comune (così art. 192 comma 3 c.c.).

E’ quest’ultima disposizione quella che nel nostro caso ci interessa, la quale tuttavia ha dato origine a contrastanti opinioni, in particolare in ordine alla necessità di definire con esattezza i concetti di “somme prelevate dal patrimonio personale” e di “spese e investimenti del patrimonio comune”.

Intanto, per quanto concerne il concetto di “somme prelevate dal patrimonio personale”, si è ritenuto opportuno dover distinguere tra “denaro personale” e “denaro personalissimo”, intendendosi per:
  • denaro personale, quello derivante dallo svolgimento della propria attività lavorativa, soggetto al regime della comunione de residuo, ossia quelli che l’art. 177 lett. c) del c.c. definisce proventi dell’attività separata di ciascuno dei coniugi, i quali cadranno in comunione se allo scioglimento di essa non sono stati consumati (fino a quel momento ciascuno può disporne come vuole);
  • denaro personalissimo, quello escluso dalla comunione legale ex art. 179 c.c., perché ad esempio acquistato per successione o donazione o come frutto della cessione di beni ugualmente esclusi dalla comunione.

In relazione invece al concetto di “spese e investimenti del patrimonio comune”, interessante e di sicuro ausilio per il caso che ci interessa risulta la sentenza della Corte di Cassazione Sez. I n. 19454 del 9 novembre 2012, la quale a sua volta richiama un orientamento già espresso da Cass. N. 2354/2005 e 10896/2005.

Secondo tale filone giurisprudenziale, si ritiene che trattasi di una espressione con la quale può indicarsi sia ogni acquisto di bene caduto in comunione legale ex art. 177 lett. a) c.c. sia, come nel nostro caso, quelle spese sostenute per la realizzazione di interventi minori e migliorativi di beni già facenti parte della comunione legale.

Ora, in considerazione di quello che è il principio ispiratore del regime della comunione legale dei beni (ossia la tutela del coniuge debole attraverso la condivisione degli acquisti), si è così giunti ad affermare che tutti i beni acquistati per mezzo dei proventi dell’attività lavorativa di uno dei coniugi sono destinati a rientrare nella comunione immediata ex art. 177 lett. a) c.c., senza possibilità per il coniuge che ha impiegato detti proventi di chiederne la restituzione alla cessazione del regime di comunione legale dei beni.
Detti beni risulteranno di proprietà di entrambi i coniugi ormai in comunione “ordinaria” e potranno solamente formare oggetto di divisione ex art. 194 c.c.

Diversa, invece, è la situazione nell’ipotesi in cui il patrimonio comune (ovvero il complesso dei beni mobili ed immobili già caduti in comunione legale), successivamente alla costituzione sia soggetto a spese conservative o subisca incrementi e/o miglioramenti (anche in conseguenza di lavori di ristrutturazione) realizzati con provvista “personale” di uno dei coniugi; è proprio in questa ipotesi che trova applicazione il terzo comma dell’art. 192 c.c., il quale riconosce in favore del coniuge che ha sostenuto tali spese un diritto alla restituzione a carico del patrimonio comune.

Il diritto alla restituzione potrà essere esercitato nelle forme e nei tempi stabiliti dai commi 4 e 5 dell’art. 192 c.c., ossia al momento dello scioglimento della comunione ovvero in uno momento anteriore, previa autorizzazione del Giudice, il quale dovrà valutare se l’interesse della famiglia lo esige o lo consente.

I prelievi a tale titolo sui beni comuni si potranno effettuare secondo l’ordine fissato dall’ultimo comma dell’art. 192 c.c., ossia prima sul denaro, poi sui mobili e infine sugli immobili.

Quanto detto sopra, dunque, legittimerebbe il coniuge che ha sostenuto con denaro personale le spese di miglioramento del bene comune, e di cui sembra possa darsi prova (nella parte in cui è detto che vi sarebbero fatture e pagamenti che lo documentano), a chiedere al Giudice investito della divisione giudiziale il riconoscimento di tale credito ed il diritto alla conseguente restituzione delle somme che ne costituiscono oggetto.

Presumendosi che non vi siano né denaro né beni mobili su cui poter effettuare il prelievo, si potrà chiedere al Giudice l’assegnazione della porzione di maggior valore, compensando, per intero o parzialmente, il debito da conguaglio con il credito derivante dalla somma che si ha il diritto di ripetere.

Qualora invece tale soluzione non risulti praticabile, perché magari non si riesce a dare prova della circostanza che il denaro impiegato per la ricostruzione era frutto di proventi della propria attività o, comunque, denaro personalissimo come sopra definito, il mancato pagamento del conguaglio da parte del condividente che ne risulta debitore legittimerà senza alcun dubbio l’esperimento di una procedura esecutiva contro il coniuge debitore, tenuto peraltro conto del fatto che in presenza di conguagli va sempre iscritta ipoteca sui relativi beni.

Altra soluzione potrebbe essere quella di chiedere al Giudice della divisione di subordinare il trasferimento di proprietà della quota di maggior valore al pagamento della somma dovuta a titolo di conguaglio, così da avere la garanzia di non perdere la proprietà del bene fin quando non sarà stata corrisposta per intero la somma a tale titolo dovuta.

Carmine chiede
sabato 25/09/2010

“I beni immobili acquistati con danaro donato dal genitori ad uno dei coniugi, oggi separati, all'epoca in comunione dei beni, a chi spettano di diritto visto l'art. 192 c.c.?”

Consulenza legale i 28/12/2010

Il terzo comma dell'art. 192 del c.c. prevede che "ciascuno dei coniugi può chiedere la restituzione delle somme prelevate dal patrimonio personale e impiegate in spese ed investimenti del patrimonio comune".
Per "patrimonio personale" si deve intendere solo quello costituito dai c.d. beni personali di cui all'art. 179 del c.c. (tra cui sono compresi anche i beni acquisiti successivamente al matrimonio per effetto di donazione), con esclusione dei beni destinati a cadere in comunione de residuo, come i frutti dei beni personali e i redditi individuali, anche se impiegati per l'acquisto di beni caduti in comunione legale.
La norma peraltro non può essere invocata per le somme ricavate dalla vendita di beni personali e utilizzate per l'acquisto di beni caduti in comunione per non essere state osservate le formalità di cui all'art. 179 lett. f) c.c. Ne consegue che la norma ha carattere residuale, e si riferisce sostanzialmente al denaro personale pervenuto al coniuge per cause diverse dalla vendita di un bene personale (es. reddito risparmiato prima del matrimonio o denaro pervenuto per successione).
L'immobile non sarà certamente oggetto della comunione qualora, ai sensi dell'art. 179 c.c., quando l'esclusione dalla comunione risulta dall'atto di acquisto se di esso sia stato parte anche l'altro coniuge.