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Articolo 85 Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR)

(D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917)

[Aggiornato al 01/01/2024]

Ricavi

Dispositivo dell'art. 85 TUIR

1. Sono considerati ricavi:

  1. a) i corrispettivi delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi alla cui produzione o al cui scambio è diretta l'attività dell'impresa;
  2. b) i corrispettivi delle cessioni di materie prime e sussidiarie, di semilavorati e di altri beni mobili, esclusi quelli strumentali, acquistati o prodotti per essere impiegati nella produzione;
  3. c) i corrispettivi delle cessioni di azioni o quote di partecipazioni, anche non rappresentate da titoli, al capitale di società ed enti di cui all'articolo 73, che non costituiscono immobilizzazioni finanziarie, diverse da quelle cui si applica l'esenzione di cui all'articolo 87, anche se non rientrano fra i beni al cui scambio è diretta l'attività dell'impresa. Se le partecipazioni sono nelle società o enti di cui all'articolo 73, comma 1, lettera d), si applica il comma 2 dell'articolo 44;
  4. d) i corrispettivi delle cessioni di strumenti finanziari similari alle azioni ai sensi dell'articolo 44 emessi da società ed enti di cui all'articolo 73, che non costituiscono immobilizzazioni finanziarie, diversi da quelli cui si applica l'esenzione di cui all'articolo 87, anche se non rientrano fra i beni al cui scambio è diretta l'attività dell'impresa;
  5. e) i corrispettivi delle cessioni di obbligazioni e di altri titoli in serie o di massa diversi da quelli di cui alla lettere c) e d) precedenti che non costituiscono immobilizzazioni finanziarie, anche se non rientrano fra i beni al cui scambio è diretta l'attività dell'impresa;
  6. f) le indennità conseguite a titolo di risarcimento, anche in forma assicurativa, per la perdita o il danneggiamento di beni di cui alle precedenti lettere;
  7. g) i contributi in denaro, o il valore normale di quelli, in natura, spettanti sotto qualsiasi denominazione in base a contratto;
  8. h) i contributi spettanti esclusivamente in conto esercizio a norma di legge.

2. Si comprende inoltre tra i ricavi il valore normale dei beni di cui al comma 1 assegnati ai soci o destinati a finalità estranee all'esercizio dell'impresa.

3. I beni di cui alle lettere c), d) ed e) del comma 1 costituiscono immobilizzazioni finanziarie se sono iscritti come tali nel bilancio.

3-bis. In deroga al comma 3, per i soggetti che redigono il bilancio in base ai principi contabili internazionali di cui al regolamento (CE) n. 1606/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 luglio 2002, si considerano immobilizzazioni finanziarie gli strumenti finanziari diversi da quelli detenuti per la negoziazione.

Massime relative all'art. 85 TUIR

Cass. civ. n. 15754/2020

In tema di determinazione del reddito d'impresa, prima delle modifiche apportate in materia di sopravvenienze attive all'art. 55 (ora 88) T.U.I.R. dall'art. 21, comma 4, l. n. 449 del 1997, i contributi concessi in relazione all'acquisto di beni ammortizzabili erano assoggettati alla stessa disciplina fiscale dei contributi in conto capitale mentre; col nuovo regime impositivo, avente effetto dal periodo di imposta in corso al 1° gennaio 1998, i contributi in conto impianti non generano né sopravvenienze attive né ricavi, ma rilevano in diminuzione del costo fiscalmente riconosciuto del cespite cui afferiscono; ne consegue che essi concorrono a formare il risultato economico civilistico e devono essere ripartiti in base alla vita utile del bene per il quale sono stati concessi sotto forma di quote di ammortamento deducibili.

Cass. civ. n. 7950/2019

In tema di determinazione del reddito d'impresa, i contributi in conto capitale (compresi quelli in conto impianti, che ne costituiscono una sottospecie) ed i contributi in conto di esercizio (anche nella forma di contributi a fondo perduto), pur avendo diverse caratteristiche, sono egualmente destinati ad integrare i ricavi o a ridurre i costi della gestione caratteristica dell'impresa o delle gestioni accessorie differenti da quella finanziaria, come si ricava sia dagli artt. 85, 102 e 103 del d.P.R. n. 917 del 1986, sia dai principi contabili e, pertanto, devono essere tutti iscritti in bilancio nel conto economico dell'impresa. (Nella specie, la S.C. ha annullato la decisione impugnata che aveva invece affermato che i contributi POR, ricevuti dall'impresa, dovessero essere appostati solo nello stato patrimoniale e non dichiarati, tra i ricavi, nel conto economico).

Cass. civ. n. 345/2019

La cessione, da una società sportiva all'altra, di un contratto di prestazioni calcistiche ex art. 5 della l. n. 91 del 1981, ha ad oggetto un bene immateriale strumentale all'esercizio dell'impresa, idoneo a generare minusvalenze deducibili, ai sensi dell'art. 101, comma 1, del d.P.R. n. 917 del 1986 (nel testo applicabile "ratione temporis"), solo se l'atto è a titolo oneroso, mentre ciò non avviene ove non sia previsto il pagamento di un corrispettivo per detta cessione, ipotesi nella quale la causa concreta del negozio risiede nell'interesse del cedente a privarsi del proprio diritto esclusivo a godere delle prestazioni sportive senza ricevere nulla in cambio, a nulla rilevando, quindi, che la cessionaria debba corrispondere al calciatore ceduto un compenso.

Cass. civ. n. 30228/2018

La trasformazione di una società commerciale in società semplice genera una plusvalenza tassabile ai sensi dell'art. 54, comma 1, lett. b, del d.P.R. n. 917 del 1986 (ora artt. 85, comma 2, e 86, comma 1, lett. c, dello stesso decreto), determinando un mutamento del regime reddituale dei beni sociali e la destinazione degli stessi a finalità estranee all'esercizio dell'impresa.

Cass. civ. n. 30811/2017

In tema di imposte sui redditi, la qualifica di un bene come strumentale, il cui valore è escluso dai ricavi ai sensi dell'art. 53 (ora 85) del d.P.R. n. 917 del 1986, esige il mancato coinvolgimento nel ciclo produttivo e la conseguente funzione di supporto solo indiretto all'attività produttiva, in contrapposizione al bene merce, ma non anche il requisito della durevolezza; sicché, le rimanenze finali del materiale di cancelleria non rilevano, ai sensi del combinato disposto degli artt. 53 (ora 85) e 59 (ora 92) del citato decreto, ai fini della quantificazione dei ricavi di un'impresa che ha ad oggetto la produzione di articoli di diversa tipologia (nella specie, componenti di auto), trattandosi di beni che, pur non essendo destinati ad essere utilizzati ripetutamente, sono strumentali, in quanto non coinvolti direttamente nel processo produttivo ma aventi solo funzione di supporto all'attività imprenditoriale.

Cass. civ. n. 25579/2017

In tema di imposte sui redditi, l'obbligo di operare le ritenute sulle provvigioni, "comunque denominate", per le prestazioni, anche occasionali, inerenti a rapporti di agenzia, previsto dall'art. 25-bis del d.P.R. n. 600 del 1973, opera anche con riferimento alla parte erogata a titolo di rimborso spese, se aventi carattere continuativo ed abituale e dirette a soddisfare, a titolo remunerativo, esigenze intrinsecamente attinenti alle prestazioni cui è contrattualmente tenuto l'agente, con esclusione invece di quella parte erogata per spese non legate da una tale stretta relazione funzionale e motivate da esigenze di carattere contingente, in quanto non ordinariamente ricorrenti. (Nella specie, la S.C. ha rigettato il ricorso avverso sentenza che aveva ritenuto operanti le ritenute anche con riferimento alle spese di trasporto della merce dalla sede del consorzio al deposito degli agenti e da questi ultimi al domicilio dei clienti, per effetto dei contratti stipulati grazie all'attività degli agenti stessi).

Cass. civ. n. 12265/2017

In tema di accertamento delle imposte sui redditi, l'art. 5, comma 3, del D.Lgs. n. 147 del 2015 - che, quale norma di interpretazione autentica, ha efficacia retroattiva - esclude che l'Amministrazione finanziaria possa ancora procedere ad accertare, in via induttiva, la plusvalenza patrimoniale realizzata a seguito di cessione di immobile o di azienda solo sulla base del valore dichiarato, accertato o definito ai fini dell'imposta di registro.

Cass. civ. n. 7636/2017

In tema di determinazione del reddito d'impresa, secondo la disciplina dettata dall'art. 55 (oggi art. 88), comma 4, del D.P.R. n. 917 del 1986, nella formulazione, vigente "ratione temporis", come introdotta dal D.L. n. 557 del 1993, conv., con modif., dalla L. n. 133 del 1994, a partire dall'esercizio 1993, la rinuncia, da parte del socio, ai crediti nei confronti della società non va considerata sopravvenienza attiva ove sia operata in conto capitale, atteso che, in tale ipotesi, esprime la volontà di patrimonializzare la società e non può, pertanto, essere equiparata alla rimessione del debito da parte di un soggetto estraneo alla compagine sociale.

Cass. civ. n. 5392/2017

Gli interessi su somme erogate per finanziamenti a terzi, se conseguiti nell'esercizio di imprese commerciali nel territorio dello Stato, sono da considerare, ai sensi dell'art. 44 del d.P.R. n. 597 del 1973, non già redditi di capitale, bensì redditi d'impresa, con la conseguenza che nessuna ritenuta deve essere in tal caso operata, non essendo il regime delle ritenute, quale dettato dall'art. 26, comma 5, del d.P.R. n. 600 del 1973, applicabile ai redditi d'impresa.

In tema di IRES, ai sensi degli artt. 48 e 81 del d.P.R. n. 917 del 1986, gli interessi su mutui, finanziamenti e simili, quando sono conseguiti da società o da enti esercenti attività commerciali residenti nel territorio dello Stato di cui all'art. 73, comma 1, lett. a) e b), del predetto decreto, non costituiscono reddito di capitale ma vanno qualificati come componenti attive rilevanti per la determinazione del reddito di impresa.

Cass. civ. n. 12329/2006

In tema di determinazione del reddito d'impresa, ai sensi dell'art. 53, secondo comma, del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, i beni alla cui produzione o al cui scambio è diretta l'attività d'impresa vanno compresi tra i ricavi se destinati al consumo personale o familiare dell'imprenditore. (cassa e decide nel merito, Comm. Trib. Reg. Napoli, 11 Aprile 2002)

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A.C. chiede
sabato 17/07/2021 - Lazio
“UNA SAS PUO' trasformarsi in una società semplice? eventualmrente quali sono i risvolti fiscali e societari?
grazie”
Consulenza legale i 23/07/2021
Ai sensi dell’art. 2249 del c.c., le società semplici non sono ammesse all'esercizio di un'impresa commerciale.
Dal punto di vista giurisprudenziale, tuttavia, è ampiamente riconosciuto, tanto a fini fiscali quanto civilistici, che l’attività di mera gestione statica degli immobili sociali possa essere svolta nella forma di società semplice, non essendo, peraltro, l’attività di gestione di immobili annoverata tra le attività commerciali elencate nell’art. 2195 del c.c. e non rappresentando un’attività imprenditoriale di per sé produttiva di reddito d’impresa e rilevante ai fini Iva.
In questo senso, pertanto, la trasformazione in società semplice delle sas immobiliari di cui al quesito appare possibile.
Sarà necessaria una modifica dell’atto costitutivo, da effettuarsi con atto notarile.

La trasformazione dovrà coinvolgere necessariamente tutti i beni sociali e cioè beni immobili strumentali e non, beni mobili registrati e non registrati, partecipazioni ecc., in quanto questi passano dal perimetro del reddito d'impresa a quello privato delle persone fisiche.
Cesserà, così, l’attività d’impresa soggetta alle disposizioni in materia di IVA, così come ogni obbligo di carattere contabile da parte della società semplice, residuando esclusivamente obblighi di carattere dichiarativo.
La circostanza che la società semplice non possa svolgere attività commerciale comporta, infatti, che essa non possa essere titolare di reddito di impresa, con la conseguenza che i beni di una società semplice non possono rientrare tra i beni relativi all’impresa.

In merito alle trasformazioni societarie, in linea generale e ai fini delle imposte sui redditi, l’art. 170 del T.U.I.R. prevede che la trasformazione della società non costituisce realizzo né distribuzione delle plusvalenze e minusvalenze dei beni, comprese quelle relative alle rimanenze ed al valore di avviamento; si tratta di un’operazione che applica la neutralità fiscale.

In relazione allo specifico caso di una sas che si trasforma in una società semplice immobiliare, tuttavia, è intervenuta la Suprema Corte, osservando che l’operazione è equiparabile ad un trasferimento a titolo oneroso ai fini delle imposte sui redditi, in quanto la trasformazione comporta l’assunzione di una forma giuridica non compatibile con l’esercizio di un’impresa commerciale e, quindi, con il conseguimento di redditi di impresa. In questo caso, infatti, il patrimonio sociale viene trasferito da un soggetto che può produrre solo redditi di impresa ad un soggetto che, invece, non può essere titolare di tali redditi (Cassazione, 22 novembre 2018, ordinanza n. 30228).
I Giudici di legittimità rilevano che nel caso in questione si verifica la perdita della qualifica di imprenditore commerciale e la fuoriuscita dei beni sociali dalla sfera di impresa, poiché questi ultimi sono destinati a finalità estranee all’esercizio dell’impresa (quelle della società semplice, la quale, appunto, non può svolgere attività commerciale).

Nello specifico caso di trasformazione di società commerciale (quale una s.a.s.) in società semplice, secondo la Cassazione viene meno la neutralità fiscale che caratterizza l’operazione di trasformazione societaria, la quale viene così considerata produttiva di redditi imponibili per il soggetto che si trasforma ai sensi degli artt. 85, comma 2, e 86, comma 1, lett. c) del T.U.I.R., individuati nella plusvalenza costituita dalla differenza tra il valore normale dei beni al momento della trasformazione ed il costo non ammortizzato dei medesimi.