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Articolo 2 Testo unico edilizia

(D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380)

[Aggiornato al 08/02/2024]

Competenze delle regioni e degli enti locali

Dispositivo dell'art. 2 Testo unico edilizia

1. Le regioni esercitano la potestà legislativa concorrente in materia edilizia nel rispetto dei principi fondamentali della legislazione statale desumibili dalle disposizioni contenute nel testo unico.

2. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano esercitano la propria potestà legislativa esclusiva, nel rispetto e nei limiti degli statuti di autonomia e delle relative norme di attuazione.

3. Le disposizioni, anche di dettaglio, del presente testo unico, attuative dei principi di riordino in esso contenuti, operano direttamente nei riguardi delle regioni a statuto ordinario, fino a quando esse non si adeguano ai principi medesimi.

4. I comuni, nell'ambito della propria autonomia statutaria e normativa di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, disciplinano l'attività edilizia.

5. In nessun caso le norme del presente testo unico possono essere interpretate nel senso della attribuzione allo Stato di funzioni e compiti trasferiti, delegati o comunque conferiti alle regioni e agli enti locali dalle disposizioni vigenti alla data della sua entrata in vigore.

Spiegazione dell'art. 2 Testo unico edilizia

L’articolo in commento si riferisce al riparto delle competenze legislative tra Stato e Regioni e si pone in linea con la riforma del Titolo V della Costituzione e con il nuovo testo dell’art. 117 Cost..
Va notato che il T.U. Edilizia, pur emanato qualche mese prima dell’approvazione della detta riforma costituzionale, a causa di numerosi rinvii è entrato in vigore solo due anni dopo, il 30 giugno 2003.
In ogni caso, in coerenza con il nuovo assetto costituzionale che include il governo del territorio nelle materie concorrenti, viene riservata allo Stato la competenza a fissare i principi fondamentali, lasciando alla legislazione regionale la definizione della disciplina attuativa e di dettaglio.

Della concreta individuazione dei principi fondamentali in tema di edilizia si è occupata, però, la giurisprudenza costituzionale, che ha fissato i limiti ai quali devono attenersi le Regioni nell’esercizio della propria potestà legislativa.
Il primo nucleo di principi fondamentali riconosciuto all’interno del T.U. Edilizia è quello relativo alla definizione delle categorie di interventi edilizi e del connesso regime dei titoli abilitativi.
Pur non essendo precluso al legislatore regionale di esemplificare gli interventi edilizi che rientrano nelle definizioni statali, tale esemplificazione, per essere costituzionalmente legittima, deve essere coerente con le definizioni contenute nel testo unico dell’edilizia.
Le stesse considerazioni valgono non solo per quanto concerne gli elementi identificativi delle varie categorie di interventi edilizi, ma pure con riguardo al procedimento per il loro rilascio e ai relativi oneri, nonché agli abusi e alle relative sanzioni, anche penali.

Inoltre, la giurisprudenza costituzionale ha precisato che uno degli istituti espressione di un principio fondamentale nella materia governo del territorio è l’accertamento di conformità di cui all’art. 36, T.U. Edilizia.
L’argomento verrà approfondito nel commento alla norma da ultimo citata, ma si può già anticipare che mediante l’accertamento di conformità è possibile ottenere la sanatoria di opere edilizie eseguite senza titolo, purché sostanzialmente conformi alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento di realizzazione dell’abuso e sia al momento della richiesta di sanatoria.
Pertanto, non vengono considerate rispettose del riparto di competenze delineato dalla norma in commento tutte le discipline regionali che prevedano per il rilascio della sanatoria condizioni diverse e/o meno restrittive di quelle stabilite dal T.U. Edilizia.

Ancora, una costante giurisprudenza costituzionale ritiene che le disposizioni contenute nel Testo Unico che stabiliscono determinati adempimenti procedurali rispondenti ad esigenze unitarie di prevenzione del rischio sismico assumano la valenza di principio fondamentale in materia sia di governo del territorio, sia di protezione civile (art. 89, T.U. Edilizia).

Altra norma considerata di principio è l’art. 9 del T.U., recante la disciplina dell’attività edilizia nei Comuni sprovvisti di strumenti di pianificazione urbanistica, in ragione della sua peculiare funzione di impedire una incontrollata espansione edilizia suscettibile di compromettere l’ordinato (futuro) governo del territorio e di determinare la totale consumazione del suolo nazionale, a garanzia di valori di chiaro rilievo costituzionale.

Un ambito di potenziale conflitto tra competenze regionali e statali è quello delle distanze legali tra costruzioni, che rientra nella materia dell’ordinamento civile di esclusiva competenza statale, ma che ha per ovvie ragioni anche dei risvolti sul piano edilizio.
Al riguardo, si ritiene che alle Regioni sia consentito fissare limiti in deroga alle distanze minime stabilite nelle normative statali, ma solo a condizione che tale deroga sia giustificata dall’esigenza di soddisfare interessi pubblici legati al governo del territorio e rigorosamente circoscritta dal suo scopo.
Per quanto concerne, invece, la potestà legislativa delle Regioni a Statuto speciale, considerate dal secondo comma della norma in commento, la eventuale competenza esclusiva regionale non può travalicare o collidere con le norme fondamentali di riforma economico-sociale.

Le suddette considerazioni si riferiscono solo al nucleo di norme considerate come principi fondamentali, mentre le norme di dettaglio contenute nel T.U. hanno natura cosiddetta “cedevole”, in quanto sono destinate ad essere superate una volta che le Regioni abbiano adottato una propria specifica disciplina.

Il quarto comma dell’articolo in esame valorizza, poi, le importanti competenze dei Comuni in materia, la cui portata viene specificata dal successivo art. 4, ai sensi del quale spetta proprio a tali Enti disciplinare con regolamento le modalità costruttive degli immobili e delle pertinenze degli stessi, con particolare riguardo al rispetto delle normative tecnico-estetiche, igienico-sanitarie, di sicurezza e vivibilità.

Da ultimo, il comma 5 esprime una norma di chiusura e di principio destinata a indirizzare l’interpretazione del Testo Unico, finalizzata a ribadire la necessità del rispetto dei vari livelli di competenza in materia edilizia.

Massime relative all'art. 2 Testo unico edilizia

Cons. Stato n. 2/2008

Si deve ritenere che nel momento in cui il legislatore nazionale sia intervenuto con il T.U. per l'edilizia, assegnando alle norme ivi contenute, volte al riordino di detta materia, il carattere di norme di principio, vanno considerate, per ciò stesso, abrogate le norme delle Regioni a statuto ordinario con esse confliggenti; ciò in quanto, fino all'adeguamento delle Regioni a statuto ordinario alle norme di principio recate nel testo unico, le norme aventi tale portata in questo contenute sono destinate a prevalere sulle prime.

Poiché anche la determinazione di principi fondamentali nelle materie di legislazione regionale concorrente risulta "riservata alla legislazione dello Stato", si deve ritenere, coerentemente, che tutte le norme regionali cedano di fronte alle norme di principio fissate dallo Stato nella stessa materia.

Cass. pen. n. 33039/2006

In materia di potestà autonoma legislativa regionale, lo Statuto siciliano pur riconoscendo competenza legislativa esclusiva in materia urbanistica, deve conformare tale potestà al rispetto della legittimità (territoriale, costituzionale, degli obblighi internazionali, etc.). Ne deriva, in ossequio al principio di legalità, che la scelta di criminalizzare o meno una certa condotta consentendo l'opzione fra attrarre o meno una certa attività al regime del permesso di costruire non può essere attribuita alla Regione attraverso l'emanazione di leggi regionali comunque incidenti sul sistema penale, in senso favorevole o contrario al reo.

In tema di disciplina edilizia anche la legislazione delle Regioni a statuto speciale "si deve armonizzare con le norme di principio della legislazione statale", sicché "il concetto di opera precaria, cui anche la legge regionale fa riferimento, non può essere un concetto diverso da quello previsto dalla legislazione statale". Pertanto, deve escludersi, in ossequio al principio di legalità, che la scelta di criminalizzare o meno una certa condotta possa attribuirsi alla Regione, consentendo l'opzione fra attrarre o meno una certa attività al regime del permesso di costruire.

Nell'interpretazione del principio della riserva di legge in materia penale, (art. 25, 2° comma Cost.), la Corte Costituzionale ha costantemente affermato il monopolio del legislatore statale, fondando tale posizione su un'esegesi del complessivo sistema costituzionale che disvela la statualità del ramo penale del diritto in ogni vicenda costitutiva o estintiva della punibilità. È stato evidenziato, in particolare, che: a) la scelta circa le restrizioni dei beni fondamentali della persona e cosi impegnativa che non può non essere di pertinenza dello Stato; b) la riserva di competenza alla legge statale è anche una conseguenza della necessità che vi siano in tutto il territorio nazionale condizioni di eguaglianza nella fruizione della libertà personale, pena la violazione dell'art. 3 Cost.; c) un eventuale pluralismo di fonti regionali penali contrasterebbe con il principio dell'unità politica dello Stato (Corte Cost. sentenza n. 487 del 25.10.1989, riferita proprio a disposizioni legislative della Regione Siciliana incidenti sul regime del condono edilizio posto dall'art. 31 della L. n. 47/1985.

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