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Articolo 6 Regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR)

(Reg. UE 27 aprile 2016, n. 679)

[Aggiornato al 29/04/2022]

Liceità del trattamento

Dispositivo dell'art. 6 GDPR

1. Il trattamento è lecito solo se e nella misura in cui ricorre almeno una delle seguenti condizioni:

  1. a) l'interessato ha espresso il consenso al trattamento dei propri dati personali per una o più specifiche finalità;
  2. b) il trattamento è necessario all'esecuzione di un contratto di cui l'interessato è parte o all'esecuzione di misure precontrattuali adottate su richiesta dello stesso;
  3. c) il trattamento è necessario per adempiere un obbligo legale al quale è soggetto il titolare del trattamento;
  4. d) il trattamento è necessario per la salvaguardia degli interessi vitali dell'interessato o di un'altra persona fisica;
  5. e) il trattamento è necessario per l'esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all'esercizio di pubblici poteri di cui è investito il titolare del trattamento;
  6. f) il trattamento è necessario per il perseguimento del legittimo interesse del titolare del trattamento o di terzi, a condizione che non prevalgano gli interessi o i diritti e le libertà fondamentali dell'interessato che richiedono la protezione dei dati personali, in particolare se l'interessato è un minore.

La lettera f) del primo comma non si applica al trattamento di dati effettuato dalle autorità pubbliche nell'esecuzione dei loro compiti.

2. Gli Stati membri possono mantenere o introdurre disposizioni più specifiche per adeguare l'applicazione delle norme del presente regolamento con riguardo al trattamento, in conformità del paragrafo 1, lettere c) ed e), determinando con maggiore precisione requisiti specifici per il trattamento e altre misure atte a garantire un trattamento lecito e corretto anche per le altre specifiche situazioni di trattamento di cui al capo IX.

3. La base su cui si fonda il trattamento dei dati di cui al paragrafo 1, lettere c) ed e), deve essere stabilita:

  1. a) dal diritto dell'Unione; o
  2. b) dal diritto dello Stato membro cui è soggetto il titolare del trattamento.

La finalità del trattamento è determinata in tale base giuridica o, per quanto riguarda il trattamento di cui al paragrafo 1, lettera e), è necessaria per l'esecuzione di un compito svolto nel pubblico interesse o connesso all'esercizio di pubblici poteri di cui è investito il titolare del trattamento. Tale base giuridica potrebbe contenere disposizioni specifiche per adeguare l'applicazione delle norme del presente regolamento, tra cui: le condizioni generali relative alla liceità del trattamento da parte del titolare del trattamento; le tipologie di dati oggetto del trattamento; gli interessati; i soggetti cui possono essere comunicati i dati personali e le finalità per cui sono comunicati; le limitazioni della finalità, i periodi di conservazione e le operazioni e procedure di trattamento, comprese le misure atte a garantire un trattamento lecito e corretto, quali quelle per altre specifiche situazioni di trattamento di cui al capo IX. Il diritto dell'Unione o degli Stati membri persegue un obiettivo di interesse pubblico ed è proporzionato all'obiettivo legittimo perseguito.

4. Laddove il trattamento per una finalità diversa da quella per la quale i dati personali sono stati raccolti non sia basato sul consenso dell'interessato o su un atto legislativo dell'Unione o degli Stati membri che costituisca una misura necessaria e proporzionata in una società democratica per la salvaguardia degli obiettivi di cui all'articolo 23, paragrafo 1, al fine di verificare se il trattamento per un'altra finalità sia compatibile con la finalità per la quale i dati personali sono stati inizialmente raccolti, il titolare del trattamento tiene conto, tra l'altro:

  1. a) di ogni nesso tra le finalità per cui i dati personali sono stati raccolti e le finalità dell'ulteriore trattamento previsto;
  2. b) del contesto in cui i dati personali sono stati raccolti, in particolare relativamente alla relazione tra l'interessato e il titolare del trattamento;
  3. c) della natura dei dati personali, specialmente se siano trattate categorie particolari di dati personali ai sensi dell'articolo 9, oppure se siano trattati dati relativi a condanne penali e a reati ai sensi dell'articolo 10;
  4. d) delle possibili conseguenze dell'ulteriore trattamento previsto per gli interessati;
  5. e) dell'esistenza di garanzie adeguate, che possono comprendere la cifratura o la pseudonimizzazione.

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Consulenze legali
relative all'articolo 6 GDPR

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

G. B. M. chiede
venerdì 22/03/2024
“Buongiorno,
desidero sapere quale delle domande dell'allegato questionario sono richieste/previste dalla legge e quali invece possono essere contestate in quanto invasive della privacy e non necessarie per legge
grazie”
Consulenza legale i 03/04/2024
Gentile Cliente,
pur condividendosi l'idea che lo scambio di dati in contesti particolari come nell'ambito bancario lato sensu o comunque legato ai metodi di pagamento o associati a vendita e pagamento online possa astrattamente esporre l'interessato ad una serie di rischi non sottovalutabili, si evidenzia che sia il Working Party 29 sia le raccomandazioni dell'EDPB ribadiscono come l'unica base giuridica possibile e adeguata per il trattamento dei dati finanziari è il consenso ai sensi dell’art. 6.1 lett. a) del G.D.P.R. E questo anche se si tratta di dati particolari (ex dati sensibili).
Questo è giustificato dalla necessità di mantenere il controllo sui dati e sul loro utilizzo, e ciò al fine di fronteggiare e prevenire sia i potenziali rischi per la sicurezza sia la piena tutela dei diritti e delle libertà dell'interessato.
Nel caso di specie vengono chiesti unicamente i dati minimi necessari per lo svolgimento del compito richiesto e per le finalità antiriciclaggio - e ciò mediante il Suo consenso al trattamento e la Sua specifica compilazione e rilascio.
Il contenuto risponde ed è conforme al principio di minimizzazione dei dati, il quale richiede che vengano raccolte le informazioni strettamente necessarie e proporzionate al raggiungimento delle finalità sottese al trattamento stesso.
In conclusione, in relazione al modulo allegato non si registrano particolari osservazioni afferenti alla disciplina sulla tutela dei dati personali di cui al Codice privacy c.d. armonizzato o quella antiriciclaggio ex d.lgs. 231/2007.


A. O. chiede
lunedì 08/01/2024
“Salve,

vi chiedo se sia possibile che un sito internet inserisca una pagina web al suo interno che descriva la mia attività senza il mio consenso. Questa situazione potrebbe comportare che il motore di ricerca mostri il link della suddetta pagina a chi cerca la mia azienda, generando confusione tra i miei clienti che cercano il mio contatto e rischiando di indirizzarli con bottoni equivoci o marketing estremo, verso altre attività, forse concorrenti o loro affiliate.

Vorrei sapere se questa pratica è legale e come posso tutelarmi. Ho il diritto di denunciare questa situazione e richiedere eventuali danni? In caso affermativo, a chi dovrei rivolgermi e quali sarebbero le procedure da seguire?

Grazie in anticipo per la vostra assistenza.

Cordiali saluti”
Consulenza legale i 18/01/2024
La pratica descritta - anche attraverso le immagini allegate - è denominata “Web Scraping” o “Data Scraping” e rappresenta uno strumento diffuso in internet mediante il quale specifici contenuti e dati vengono estratti dai loro siti internet originari e confrontati e/o aggregati con altri di natura simile.
Le applicazioni che svolgono questo servizio attraverso programmi software includono ricerche di mercato, confronto prezzi e monitoraggio dei contenuti.
Esistono svariati software e tool che sono in grado di riconoscere automaticamente la struttura di una pagina web, senza che sia necessario alcun intervento umano per l'estrazione dei dati.
Alcuni di questi software sono sviluppati in moda tale da estrarre informazioni direttamente dalle interfacce di programmazione delle applicazioni (c.d. API).

Al fine di comprendere se tale fenomeno sia legale o meno, occorre preliminarmente osservare che - in automatico - quando un sito web pubblica dei dati, questi sono solitamente disponibili al pubblico e, conseguentemente, passibili di “scraping”.

Venendo al caso in esame, si osserva che i dati oggetto di scraping non rientrano nella categoria di cui all’art. 9 G.D.P.R., ma è certo che tale pratica può comunque arrecare un danno al titolare del sito internet originario. Occorre però provare l'esistenza in concreto del danno e quindi la determinazione del valore economico del medesimo. Questa è la parte difficile.

Pertanto questa redazione consiglia anzitutto l’apporto di consulente informatico di parte che possa definire con precisione gli aspetti più rilevanti legati al caso di specie (da dove vengono prelevati i dati, in che modo, con che frequenza, etc.) nonché l’ausilio di un legale di fiducia che possa predisporre una lettera di intervento - con richiesta di cessazione dell’attività di web scraping e deindicizzazione in via principale e riserva di azionare la tutela risarcitoria in ipotesi di inadempimento - da inviare ai siti che pongono in essere lo “sviamento” contestato.
Spesso una comunicazione scritta da un legale al titolare del sito che pubblicati i dati sgraditi è sufficiente per ottenere il risultato voluto.

Anonimo chiede
martedì 02/01/2024
“Ho sorpreso un condomino a danneggiare e strappare il cartello di "divieto di sosta" regolarmente deliberato in assemblea condominiale, visionando le immagini della videosorveglianza. Il problema è che la telecamera si trova nel mio box e guarda all'esterno verso il corsello box condominiale, dove si trova appunto il cartello, ed era stata piazzata a seguito di precedenti episodi vandalici. Posso mostrare le immagini all'amministratore e ai diretti interessati (trattandosi di atto vandalico) o rischio una denuncia e sanzione per violazione della privacy? Grazie. Cordiali saluti”
Consulenza legale i 10/01/2024
In relazione al suo quesito è opportuno svolgere alcune preventive precisazioni.

Anzitutto, il Garante Privacy stabilisce chiaramente che “L’attività di videosorveglianza va effettuata nel rispetto del cosiddetto principio di minimizzazione dei dati riguardo alla scelta delle modalità di ripresa e dislocazione e alla gestione delle varie fasi del trattamento. I dati trattati devono comunque essere pertinenti e non eccedenti rispetto alle finalità perseguite”.

Ciò premesso, l’installazione di telecamere e l’utilizzo delle immagini realizzate nelle parti comuni - a titolo esemplificativo nell’ingresso, nelle scale comuni, nelle autorimesse e nel corsello box - deve essere quindi approvata dall’assemblea condominiale a maggioranza dei presenti in relazione ai millesimi e ciò in seguito ad una formale proposta del diretto interessato.
Successivamente occorre procedere al posizionamento in modo ben visibile di uno o più cartelli contenenti l’informativa privacy prevista per legge.
Le immagini possono essere visionate dall’amministratore di condominio oppure dal responsabile del trattamento dei dati, qualora nominato dall’assemblea, oppure - se poste su proprietà privata - dal condominio che ne ha ottenuto l’installazione.
Le riprese non devono in alcun modo interferire nella vita privata degli altri condomini in quanto ciò configurerebbe, in astratto, la fattispecie penale di cui all’art. 615 bis c.p.

Non è possibile quindi riprendere luoghi pubblici, salvo autorizzazione alla videoregistrazione per comprovati motivi di sicurezza, ed aree private dei vicini, né tantomeno divulgare le immagini di terzi senza consenso.

Ciò posto, il singolo condomino può comunque installare delle telecamere a tutela del proprio patrimonio nella propria abitazione senza alcuna autorizzazione ma ciò deve avvenire per fini esclusivamente personali e a precise condizioni: l’angolo visuale delle riprese deve essere limitato ai soli spazi di propria esclusiva pertinenza (es. ingresso della propria abitazione), escludendo ogni forma di registrazione di immagini relative ad aree comuni o antistanti l’abitazione di altri condomini, nonché la ripresa di questi ultimi.
Questo principio si estende anche nel caso in cui la telecamera venga installata nella propria autorimessa, intesa come estensione della proprietà, dovendo inquadrare unicamente il proprio posto o box auto.

Alla luce di quanto sopra si evidenzia che, da un punto di vista strettamente giuridico, le riprese effettuate dalla Sua videocamera non sono utilizzabili in quanto non approvate dall’assemblea condominiale e perciò non conformi all’attuale disciplina privacy in materia.
Ciò posto, è necessario valutare la questione anche all’interno di un meccanismo di bilanciamento dei diritti - quello relativo alla tutela dei dati personali di cui sopra e quello della tutela del patrimonio condominiale - in virtù del quale si consiglia comunque di informare l’amministratore di condominio al fine di pervenire alla soluzione più opportuna della presente controversia.

Ad ogni buon conto si consiglia di prestare attenzione alla posizione della videocamera e alla relativa inquadratura, provvedendo quanto prima alla sua modifica, poiché, essendo rivolta all’esterno del proprio box auto e potendo potenzialmente riprendere altri condomini e/o aree comuni, essa risulta essere in netta violazione della predetta normativa privacy.
Infine, occorre prestare attenzione anche al profilo della conservazione delle immagini registrate.


F. V. chiede
venerdì 10/02/2023 - Puglia
“Gentili Consulenti
Pongo il seguente quesito
Un genitore (padre naturale) che alla nascita della figlia l'ha riconosciuta come sua figlia
naturale ( ovvero nata da due genitori non sposati tra di loro ma conviventi) ma che al quinto
anno di età di quest'ultima (la figlia) è stata adottata da un'altra famiglia e di conseguenza il
padre naturale ha perso la patria potestà della figlia cosicchè c'è stato il cambio del cognome.
Bene, la figlia ormai è deceduta nella famiglia adottiva.

Porgo la mia attenzione sulle tre domande nella quale desidererei avere chiarimenti per un
eventuale azione in sede giudiziaria per l'accesso agli atti:

1) Il padre naturale della ragazza può accedere alle informazioni della cartella clinica in cui è
stata eseguita l'autopsia? Nonostante non abbia la patria potestà?

2) C'è una legge/regolamento che può esercitare in questa azione? Se si come quali sarebbero le
fasi per poter procedere in questa ?

3) Oppure può fare richiesta di comparire dinanzi al giudice esprimendo quali sono le sue
volontà che intende esercitare in merito alla questione? O magari avvalendosi di una figura
professionale come il Medico Legale?

Desidero avere chiarimenti sulla procedura più opportuna da adottare con le medesime modalità .
Con Osservanza”
Consulenza legale i 03/03/2023
In relazione alle domande poste si osserva quanto segue.

1) Dal tenore del quesito, ad avviso di questa redazione, si presume che nel caso di specie sia intervenuta la dichiarazione di decadenza dalla responsabilità genitoriale, resa dall’Autorità giudiziaria menzionata, la quale rende assolutamente difficile poter accedere alla cartella clinica della figlia biologica.

2) La legge di riferimento è la n. 241/1990, “Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi”, che, all’art. 22, disciplina l’istituto dell’accesso agli atti”.
Il dispositivo normativo garantisce il diritto degli interessati di richiedere, prendere visione e, eventualmente, estrarre copia dei documenti amministrativi.
Tuttavia, occorre un interesse diretto, concreto ed attuale per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti.
Dal tenore del quesito emerge che l’istanza in questione, oltre al profilo inerente la qualifica di colui che la presenterebbe, avrebbe carattere esplorativo e quindi risulterebbe inammissibile.

3) Un’azione giudiziaria o una consulenza medico legale avrebbero poco senso in questo ambito, attesa la carenza di legittimazione al rilascio di dati e/o informazioni della cartella clinica della ragazza.


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