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Articolo 25 Nuovo Codice Appalti (D. Lgs. 36/2023)

(D.lgs. 31 marzo 2023, n. 36)

[Aggiornato al 21/05/2025]

Piattaforme di approvvigionamento digitale

Dispositivo dell'art. 25 Nuovo Codice Appalti (D. Lgs. 36/2023)

1. Le piattaforme di approvvigionamento digitale sono costituite dall’insieme dei servizi e dei sistemi informatici, interconnessi e interoperanti, utilizzati dalle stazioni appaltanti e dagli enti concedenti per svolgere una o più attività di cui all’articolo 21, comma 1, e per assicurare la piena digitalizzazione dell’intero ciclo di vita dei contratti pubblici. A tal fine, le piattaforme di approvvigionamento digitale interagiscono con i servizi della Banca dati nazionale dei contratti pubblici di cui all’articolo 23 nonché con i servizi della piattaforma digitale nazionale dati di cui all’articolo 50-ter del codice dell’amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.

2. Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti utilizzano le piattaforme di approvvigionamento digitale per svolgere le procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici, secondo le regole tecniche di cui all’articolo 26. Le piattaforme di approvvigionamento digitale non possono alterare la parità di accesso degli operatori, né impedire o limitare la partecipazione alla procedura di gara degli stessi ovvero distorcere la concorrenza, né modificare l’oggetto dell’appalto, come definito dai documenti di gara. Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti assicurano la partecipazione alla gara anche in caso di comprovato malfunzionamento, pur se temporaneo, delle piattaforme, anche eventualmente disponendo la sospensione del termine per la ricezione delle offerte per il periodo di tempo necessario a ripristinare il normale funzionamento e la proroga dello stesso per una durata proporzionale alla gravità del malfunzionamento.

3. Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti non dotati di una propria piattaforma di approvvigionamento digitale si avvalgono delle piattaforme messe a disposizione da altre stazioni appaltanti o enti concedenti, da centrali di committenza o da soggetti aggregatori, da regioni o province autonome, che a loro volta possono ricorrere a un gestore del sistema che garantisce il funzionamento e la sicurezza della piattaforma.

4. È fatto divieto di porre a carico dei concorrenti o dell’aggiudicatario eventuali costi connessi alla gestione delle piattaforme.

Spiegazione dell'art. 25 Nuovo Codice Appalti (D. Lgs. 36/2023)

Il comma 1 definisce in via generale le piattaforme di approvvigionamento digitale come l’insieme di servizi e sistemi informatici, tra loro interconnessi e interoperabili, utilizzati dalle stazioni appaltanti e dagli enti concedenti per gestire le fasi del ciclo di vita dei contratti pubblici. La norma rinvia all’art. 21 del nuovo codice appalti, comma 1, cioè alla sequenza ordinaria di fasi contrattuali (programmazione, progettazione, pubblicazione, affidamento, esecuzione).
Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti devono impiegare esclusivamente piattaforme di approvvigionamento digitale che abbiano ottenuto la certificazione prevista dal sistema normativo vigente. Tale vincolo trova giustificazione nella circostanza che unicamente tali piattaforme risultano integrate all’interno dell’ecosistema nazionale di approvvigionamento digitale, condizione necessaria per garantire l’interoperabilità con la Banca Dati Nazionale dei Contratti Pubblici (BDNCP) e per l’acquisizione dei Codici Identificativi di Gara (CIG).

Il processo di certificazione delle piattaforme può riguardare una o più fasi del ciclo di vita del contratto pubblico (programmazione, progettazione, affidamento, esecuzione). Di conseguenza, nulla vieta che le amministrazioni procedenti ricorrano, per il medesimo contratto, a piattaforme differenti a seconda della fase interessata, purché tutte regolarmente accreditate e abilitate secondo il Registro Piattaforme Certificate (RPC).
Il Registro in parola, istituito presso l’ANAC e accessibile pubblicamente tramite il portale online dell’Autorità, elenca puntualmente le piattaforme che hanno superato con esito favorevole il processo di certificazione per ciascuna fase della gestione del contratto. Tale registro rappresenta uno strumento essenziale di verifica e consultazione per le amministrazioni interessate.

Il sistema delle piattaforme deve dialogare obbligatoriamente con la Banca dati nazionale dei contratti pubblici (BDNCP), di cui è titolare l’ANAC, nonché con la Piattaforma digitale nazionale dati (PDND), ai sensi del Codice dell’amministrazione digitale (CAD).

Il comma 2 disciplina l’impiego concreto delle piattaforme da parte delle amministrazioni per l’espletamento delle procedure di affidamento ed esecuzione, secondo regole tecniche definite dall’art. 26 del nuovo codice appalti. Il legislatore pone alcuni limiti affinché le piattaforme non diventino strumento di discriminazione o turbativa della concorrenza: esse non devono in alcun modo ostacolare la partecipazione degli operatori economici, né alterare i contenuti dell’appalto come definiti dai documenti di gara.

Di particolare rilievo è il principio di continuità operativa delle gare digitali: in caso di malfunzionamento della piattaforma, anche temporaneo, l’amministrazione è tenuta a garantire comunque la partecipazione, adottando misure correttive come la sospensione e proroga dei termini, proporzionate alla gravità del disservizio.

Il comma 3 prevede una soluzione per le amministrazioni prive di una propria piattaforma. In tal caso, esse devono obbligatoriamente avvalersi di piattaforme messe a disposizione da altri soggetti pubblici, quali altre stazioni appaltanti, centrali di committenza, soggetti aggregatori, Regioni o Province autonome.

È ammesso il ricorso a gestori esterni, i quali assumono il compito di assicurare il corretto funzionamento e la sicurezza informatica del sistema. Questo meccanismo evita che la mancanza di infrastrutture tecnologiche interne costituisca un ostacolo alla digitalizzazione del procedimento di gara.

L’ultimo comma (comma 4) sancisce il principio di gratuità per gli operatori economici, vietando espressamente che a loro carico siano trasferiti i costi relativi alla gestione delle piattaforme digitali. Il divieto tutela l’equità e l’accessibilità del sistema, prevenendo la creazione di barriere economiche all’ingresso nel mercato degli appalti pubblici e rafforzando il principio della libertà di accesso alle gare pubbliche.

Rel. C.d.S. al Codice dei Contratti

(Relazione del Consiglio di Stato al Codice dei Contratti del 7 dicembre 2022)

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I commi 1 e 2 disciplinano le piattaforme digitali di e-procurement che costituiscono l’insieme dei servizi e dei sistemi informatici, interconnessi e interoperanti, utilizzati dalle stazioni appaltanti per svolgere una o più fasi delle procedure di gara e per assicurare la piena digitalizzazione dell’intero ciclo di vita dei contratti pubblici. Le piattaforme digitali di e-procurement dovranno interoperare con i servizi della Piattaforma nazionale degli appalti e, attraverso questa, con la banca dati nazionale dei contratti pubblici. Le piattaforme di e-procurement dovranno assicurare la parità di accesso degli operatori e la partecipazione alla gara degli stessi, anche in caso di comprovato malfunzionamento, pur se temporaneo, delle piattaforme.

Il comma 3 introduce la previsione secondo cui la stazione appaltante, non dotata di una propria piattaforma digitale di e-procurement, dovrà necessariamente avvalersi delle piattaforme messe a disposizione da altre stazioni appaltanti, da centrali di committenza o da soggetti aggregatori, da regioni e province autonome.

Il comma 4 ribadisce il principio già previsto all’art. 41, c. 2-bis, del d. lgs. n. 50 del 2016, per cui non possono essere posti a carico dei concorrenti, ovvero dell'aggiudicatario, eventuali costi connessi alla gestione delle piattaforme.

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