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Articolo 613 bis Codice Penale

(R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398)

[Aggiornato al 30/12/2022]

Tortura

Dispositivo dell'art. 613 bis Codice Penale

(1)Chiunque, con violenze o minacce gravi, ovvero agendo con crudeltà, cagiona acute sofferenze fisiche o un verificabile trauma psichico a una persona privata della libertà personale o affidata alla sua custodia, potestà, vigilanza, controllo, cura o assistenza, ovvero che si trovi in condizioni di minorata difesa, è punito con la pena della reclusione da quattro a dieci anni se il fatto è commesso mediante più condotte ovvero se comporta un trattamento inumano e degradante per la dignità della persona.

Se i fatti di cui al primo comma sono commessi da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio, con abuso dei poteri o in violazione dei doveri inerenti alla funzione o al servizio, la pena è della reclusione da cinque a dodici anni.

Il comma precedente non si applica nel caso di sofferenze risultanti unicamente dall’esecuzione di legittime misure privative o limitative di diritti.

Se dai fatti di cui al primo comma deriva una lesione personale le pene di cui ai commi precedenti sono aumentate; se ne deriva una lesione personale grave sono aumentate di un terzo e se ne deriva una lesione personale gravissima sono aumentate della metà.

Se dai fatti di cui al primo comma deriva la morte quale conseguenza non voluta, la pena è della reclusione di anni trenta. Se il colpevole cagiona volontariamente la morte, la pena è dell’ergastolo.

Note

(1) Articolo inserito dall'art. 1 della Legge 14/07/2017, n. 110 con decorrenza dal 18/07/2017.

Ratio Legis

Con l'introduzione di tale norma il legislatore si è voluto adeguare al monito di origine comunitaria, il quale ha imposto allo Stato italiano di disciplinare le condotte di tortura.

Spiegazione dell'art. 613 bis Codice Penale

La norma in esame è posta a tutela dell'integrità fisica e psichica della persona offesa, nonché della sua libertà personale e della sua libertà di autodeterminazione.

Trattasi alternativamente di reato abituale, in quanto è richiesta la reiterazione di più condotte, oppure di reato di evento, qualora l'unica condotta comporti un trattamento inumano e degradante per la dignità della persona.

Al contempo il delitto rappresenta una ipotesi di reato permanente, nel caso in cui la condotta si esplichi in una privazione della libertà personale, assimilabile al reato di sequestro di persona (art. 605). Anche qui, in alternativa alla privazione della libertà personale, il reato può configurarsi anche nei confronti di chi, con violenze o minacce gravi o agendo con crudeltà, cagioni un nocumento a persona affidata alla sua custodia o a persona in condizioni di minorata difesa.

Per quanto riguarda il primo elemento costitutivo del reato, ovvero la violenza, essa va suddivisa in propria ed impropria. Per quest'ultima va intesa quando si utilizza un qualsiasi mezzo idoneo, esclusa la minaccia, a coartare la volontà del soggetto passivo, annullandone la capacità di azione o determinazione. Per violenza propria, si intende invece l'impiego di energia fisica sulle persone o sulle cose, esercitata direttamente o per mezzo di uno strumento.

Per minaccia va invece intesa la prospettazione di un male ingiusto e notevole, eventualmente proveniente dal soggetto minacciante.

La nozione di crudeltà può invece essere definita come quella condotta che si traduca in comportamenti degradanti, posti in essere al sol fine di assoggettare la vittima alla propria volontà, senza alcuno scopo ulteriore.

Il secondo comma prevede una circostanza aggravante specifica, qualora il fatto sia commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio, con abuso dei poteri. L'aggravante in parola non trova invece applicazione nel caso di sofferenze risultanti dall'esecuzione legittima di misure privative o limitative di diritti, e quindi essenzialmente senza abuso dei poteri.

Ulteriore aggravante è quella di cui al comma quattro, se dal fatto deriva una lesione personale lieve, grave o gravissima.

L'ultimo comma disciplina invece un'ipotesi di reato aggravato dall'evento, nel caso in cui per via della tortura derivi la morte della vittima, quale conseguenza non voluta dal reo.

Se invece la morte è conseguenza voluta, si applica la circostanza aggravante speciale dell'ergastolo.

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