Nella normalità dei casi il mero accordo al fine di commettere un
reato non costituisce reato (v. art.
115), a meno che esso non venga effettivamente commesso, nel qual caso anche il mero accordo può essere perseguibile a titolo di concorso morale (v. art.
110) nei confronti di chi non abbia partecipato al reato, qualora si possa desumere un rafforzamento dei propositi criminosi degli autori materiali.
Data l'importanza dei beni giuridici tutelati dalle norme concernenti i
delitti contro la personalità dello Stato (artt.
241 e ss.,
276 e ss.), il
legislatore ha ritenuto opportuno punire anche chi si accordi per commettere i relativi delitti.
Per chi promuova l'accordo la pena prevista subisce un aumento.
A contemperamento dell'
elusione del principio di necessaria offensività del fatto tipico (dato che difetta la commissione di un reato), l'ultimo comma prevede che la pena da applicare ai partecipanti all'accordo sia sempre inferiore alla metà della pena stabilita per il delitto oggetto di accordo.
Il reato in esame si perfeziona nel momento in cui i congiurati concordano,
in modo serio ed impegnativo, di svolgere l'attività indispensabile per conseguire il risultato, senza che tuttavia sia necessario approntare un'effettiva organizzazione di uomini e mezzi.