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Articolo 303 Codice Penale

(R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Pubblica istigazione e apologia

[ABROGATO]

Dispositivo dell'art. 303 Codice Penale

Articolo abrogato dall'art. 18, L. 25 giugno 1999, n. 205.

[Chiunque pubblicamente istiga a commettere uno o più fra i delitti indicati nell'articolo precedente è punito, per il solo fatto dell'istigazione, con la reclusione da tre a dodici anni. La stessa pena si applica a chiunque pubblicamente fa l'apologia di uno o più fra i delitti indicati nell'articolo precedente.]

Massime relative all'art. 303 Codice Penale

Cass. pen. n. 10210/1992

Difetta la condotta del reato ipotizzato dall'art. 303 c.p. (pubblica istigazione e apologia) quando manchino i requisiti della pubblicità dell'azione e della concreta idoneità a suscitare consensi ed a provocare il pericolo di adesione al programma illecito. (La Corte ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata per insussistenza del fatto, nel caso di aderenti all'organizzazione terroristica «Brigate Rosse», che in udienza, dalla gabbia ov'erano ristretti, avevano esposto un drappo recante impressi l'emblema della stessa a cinque punte, le sigle di analoghe formazioni internazionali e la scritta «Rompiamo l'ordine metropolitano - Guerriglia per il comunismo», rilevando che la condotta si esauriva in un brevissimo arco di tempo e senza effetti, considerato che i possibili destinatari del «messaggio» erano da un canto refrattari ad esso (magistrati, funzionari, forze dell'ordine, difensori), dall'altro insuscettibili di esserne al momento influenzati, essendone già a conoscenza (parenti e simpatizzanti degli imputati).

Cass. pen. n. 8528/1988

Per la sussistenza del delitto di apologia di reato non è sufficiente l'espressione di un giudizio positivo su di un fatto delittuoso, ma è necessario che le forme di manifestazione di tale giudizio siano tali, per la loro forza di suggestione e di persuasione da poter stimolare la commissione di altri delitti del genere di quello oggetto dell'apologia. (Nella specie gli imputati all'udienza alzatisi in piedi, col braccio teso e la mano chiusa a pugno iniziavano a leggere un proclama, facendo pubblicamente l'apologia dei delitti contro la personalità dello Stato. La Corte in virtù del principio sopra enunciato ha annullato la relativa sentenza di condanna perché il fatto non sussiste).

Cass. pen. n. 7827/1988

Ai fini della sussistenza della responsabilità per pubblica apologia e quindi della realizzazione del delitto previsto dal secondo comma dell'art. 303 del codice penale col mezzo della stampa, è anche sufficiente che il colpevole collabori, in qualsiasi modo, alla stampa o anche soltanto alla diffusione dello stampato attraverso il quale e con il quale si realizza la condotta tipica prevista dalla fattispecie incriminatrice, sia o non sia egli l'autore o il coautore dello scritto, come chiaramente risulta dall'art. 266 ultimo comma del codice penale e dalla legge sulla stampa.

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