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Articolo 345 Codice di procedura penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 477)

[Aggiornato al 11/01/2024]

Difetto di una condizione di procedibilità. Riproponibilità dell'azione penale

Dispositivo dell'art. 345 Codice di procedura penale

1. Il provvedimento di archiviazione [409] e la sentenza di proscioglimento [529-532] o di non luogo a procedere [425], anche se non più soggetta a impugnazione, con i quali è stata dichiarata la mancanza della querela, della istanza, della richiesta o dell'autorizzazione a procedere, non impediscono l'esercizio dell'azione penale per il medesimo fatto e contro la medesima persona se in seguito è proposta la querela, l'istanza, la richiesta o è concessa l'autorizzazione ovvero se è venuta meno la condizione personale che rendeva necessaria l'autorizzazione.

2. La stessa disposizione si applica quando il giudice accerta la mancanza di una condizione di procedibilità diversa da quelle indicate nel comma 1 [649], nonché quando, dopo che è stata pronunciata sentenza di non luogo a procedere o di non doversi procedere a norma dell’articolo 72 bis, lo stato di incapacità dell’imputato viene meno o si accerta che è stato erroneamente dichiarato(1)(2).

Note

(1) Essendo provvedimenti meramente processuali, l'esercizio successivo dell'azione penale non è precluso, a patto che si sia verificata la condizione richiesta.
(2) Comma modificato dall'art. 1, comma 23, L. 23/06/2017, n. 103 con decorrenza dal 03/08/2017.

Ratio Legis

Tale disposizione trova il proprio fondamento nella considerazione che le condizioni di procedibilità attengono a profili meramente procedurali dell'azione.

Spiegazione dell'art. 345 Codice di procedura penale

La norma in esame introduce una esplicita deroga al divieto di ne bis in idem (v. art. 649).

Difatti, una volta divenuti irrevocabili il provvedimento di archiviazione, la sentenza di non luogo a procedere o la sentenza di non doversi procedere che abbiano dichiarato la mancanza di querela, istanza, richiesta o autorizzazione a procedere, è possibile sottoporre l'ex indagato o ex imputato ad un nuovo procedimento penale per il medesimo fatto se in seguito viene regolarmente presentata una delle condizioni di procedibilità di cui sopra.

La medesima regola, ai sensi del comma 2, vale nei casi in cui il giudice accerti la mancanza di un'altra condizione di procedibilità, tra cui rientrano le ipotesi in cui lo stato di incapacità dell'imputato (si tratta della capacità a partecipare coscientemente al processo ex art. 72 bis, e non della capacità di intendere e di volere al momento della commissione del reato) viene meno o è stata erroneamente dichiarata.

Massime relative all'art. 345 Codice di procedura penale

Cass. pen. n. 12801/2007

Il decreto di riapertura delle indagini non è necessario, giusto quanto previsto dall'articolo 345, comma primo, cod. proc. pen., per il caso di archiviazione per mancanza di querela quando la querela sia successivamente presentata. Tale decreto non è parimenti necessario, sempre nel caso di archiviazione per mancanza di querela, allorquando successivamente si accerti che la querela non è più necessaria, essendo il reato divenuto procedibile d'ufficio per il verificarsi di un evento aggravatore, la cui sopravvenienza, del resto, deve indurre anche a dubitare che ci si trovi al cospetto del medesimo fatto oggetto dell'originaria (e archiviata) notizia criminis, non fosse altro perché l'evento aggravatore determina un diverso regime di procedibilità. (Nella specie, si è ritenuto non necessario il decreto di riapertura delle indagini in una vicenda relativa al reato di lesioni personali colpose derivanti da infortunio sul lavoro, originariamente fatto oggetto di archiviazione per mancanza di querela, che successivamente era divenuto procedibile d'ufficio per il verificarsi di un evento aggravatore della malattia, tale da avere consentito di ipotizzare il reato di lesioni gravissime, procedibile d'ufficio). (Annulla senza rinvio, App. Trento, 3 marzo 2004).

Cass. pen. n. 8/2001

In tema di rapporti giurisdizionali con autorità straniere, la disposizione di cui all'art. 14 primo comma della Convenzione europea di estradizione, resa esecutiva in Italia con legge 30 gennaio 1963, n. 300, secondo cui la persona estradata non può essere perseguita, giudicata o arrestata in vista dell'esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza, né sottoposta a qualunque altra restrizione della sua libertà personale per un qualsiasi fatto anteriore alla consegna diverso da quello che ha dato luogo all'estradizione, deve essere intesa nel senso che per i fatti diversi da quelli per i quali è stata concessa l'estradizione e commessi prima della consegna è inibito l'esercizio dell'azione penale, salvo che sia sopravvenuta l'estradizione suppletiva disciplinata dagli artt. 12 e 14 primo comma, lett. a), ovvero si sia verificata una delle cause di estinzione dell'estradizione previste dall'art. 14, primo comma, lett. b), della Convenzione predetta, atteso che la clausola di specialità si configura come introduttiva di una condizione di procedibilità, la cui mancanza costituisce elemento ostativo all'esercizio dell'azione penale nelle forme tipiche fissate dall'art. 405 c.p.p., anche se non impedisce il compimento degli atti di indagine preliminare necessari ad assicurare le fonti di prova, eventualmente mediante il ricorso all'incidente probatorio (art. 346 c.p.p.), l'esercizio dei poteri interruttivi della prescrizione purché compatibili con la fase antecedente all'esercizio dell'azione penale, nonché l'archiviazione della notizia di reato, che per sua natura resta estranea alla fase processuale. (In applicazione di tale principio la Corte ha annullato senza rinvio la sentenza con la quale il giudice di merito aveva disatteso l'eccezione di improcedibilità formulata dall'imputato e pronunciato condanna per un reato diverso da quello in ordine al quale era stata concessa l'estradizione sul rilievo, ottenuto erroneo, che il principio di specialità operi esclusivamente come limite alla possibilità di restrizione della libertà personale, anche in sede esecutiva, della persona estradata e non anche con riferimento alla possibilità di sottoporre la stessa a procedimento penale per fatti diversi da quelli contemplati nell'estradizione).

Cass. pen. n. 8855/2000

Una volta che la sentenza di non luogo a procedere emessa a norma dell'art. 425 c.p.p. non sia più soggetta a impugnazione e non ricorra alcuna delle ipotesi previste dalla disposizione eccezionale, e perciò di stretta applicazione, dell'art. 345 c.p.p., che si riferisce al sopravvenire della specifica condizione di procedibilità originariamente mancante, è precluso l'inizio dell'azione penale in ordine al medesimo fatto, sia pur diversamente qualificato, nei confronti della stessa persona. (Nella specie, successivamente a sentenza di non luogo a procedere emessa dal Gup per difetto di querela relativamente a reato di diffamazione a mezzo stampa, il P.M. aveva iniziato azione penale in ordine al medesimo fatto, qualificato come vilipendio delle Forze Armate, per il quale era intervenuta autorizzazione a procedere).

Cass. pen. n. 9/2000

Una volta disposta, al di fuori dei casi indicati nell'art. 345 c.p.p., l'archiviazione di una notizia di reato, non è consentito al P.M. chiedere e al Gip valutare, accogliendola o rigettandola - senza il preventivo provvedimento di autorizzazione alla riapertura delle indagini previsto dall'art. 414 stesso codice - l'applicazione di misura cautelare o l'emissione di altro provvedimento che implichi l'attualità di un procedimento investigativo nei confronti della stessa persona e per lo stesso fatto, si fondi la relativa richiesta su una semplice rilettura di elementi già presenti negli atti archiviati o su elementi acquisiti, anche occasionalmente, dopo l'archiviazione. E invero il decreto di archiviazione, pur non essendo munito dell'autorità della res judicata, è connotato da un'efficacia preclusiva, quantunque limitata, operante sia con riferimento al momento dichiarativo della carenza di elementi idonei a giustificare il proseguimento delle indagini, sia riguardo al momento della loro riapertura, condizionata dal presupposto dell'esigenza di nuove investigazioni, che rappresenta per il giudice parametro di valutazione da osservare nella motivazione della decisione di cui all'art. 414 c.p.p. (Nell'enunciare tale principio, la S.C. ha precisato che nella nozione di «stesso fatto» sono comprese sia le componenti oggettive dell'addebito - condotta, evento, rapporto di causalità - sia gli aspetti esterni al fatto di reato, da identificare nell'autorità che procede o procedette all'investigazione, in quanto l'effetto preclusivo discendente dall'archiviazione condiziona solo la condotta dell'ufficio inquirente che chiese e ottenne il relativo provvedimento).

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