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Articolo 33 quinquies Codice di procedura penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 477)

[Aggiornato al 11/01/2024]

Inosservanza delle disposizioni sulla composizione collegiale o monocratica del tribunale

Dispositivo dell'art. 33 quinquies Codice di procedura penale

1. L'inosservanza delle disposizioni relative all'attribuzione dei reati alla cognizione del tribunale in composizione collegiale o monocratica e delle disposizioni processuali collegate è rilevata o eccepita, a pena di decadenza, prima della conclusione dell'udienza preliminare o, se questa manca, entro il termine previsto dall'articolo 491 comma 1. Entro quest'ultimo termine deve essere riproposta l'eccezione respinta nell'udienza preliminare.

Spiegazione dell'art. 33 quinquies Codice di procedura penale

Il legislatore impone di stabilire, oltre a quale sia il giudice competente, di individuare la corretta distribuzione dei processi tra il tribunale in composizione monocratica o collegiale. Tale sottocategoria si chiama attribuzione.

Orbene, il tribunale in composizione monocratica opera in via residuale, ovvero per tutti i delitti non elencati nell'articolo 33 bis, e per tutti i delitti, anche tentati, puniti con la pena della reclusione non superiore nel massimo a dieci anni.

Come già anticipato all'art. 33 c.p.p., i vizi inerenti la distribuzione degli affari che spettano alla cognizione del tribunale monocratico anzichè a quella del tribunale collegiale non integrano ipotesi di nullità assolute di cui agli artt. 178, lett. a) e 179 c.p.p., bensì riguardano ipotesi di nullità relative, rilevabili anche d'ufficio. Non si tratta, dunque, di un vizio sulla capacità del giudice e pertanto, differentemente da quanto previsto in caso di violazione della disciplina del rapporto tra tribunale e corte d'assise (cui si applica la normativa relativa all'incompetenza per materia), si deve ritenere che vigono le norme relative all'incompetenza territoriale (art. 21 c.p.p.).

Se le disposizioni di cui agli articoli 33 bis e 33 ter non vengono rispettate è prevista la sanzione processuale della nullità (relativa)(v. art. 178). Tuttavia, tale inosservanza deve essere eccepita, a pena di decadenza, prima della conclusione dell'udienza preliminare. Se manca l'udienza preliminare (citazione diretta a giudizio nei casi previsti), l'eccezione deve invece essere sollevata prima che sia compiuto da parte del giudice l'accertamento della regolare costituzione delle parti. Per contro, qualora sia stata celebrata l'udienza preliminare, l'eccezione può essere riproposta entro tale ultimo termine, sempre a pena di decadenza.

Massime relative all'art. 33 quinquies Codice di procedura penale

Cass. pen. n. 7090/2012

La parte che intenda rilevare l'incompetenza del giudice monocratico, a cui erano stati trasmessi gli atti da quello collegiale, deve sollevare la relativa eccezione, a pena di decadenza, entro il termine previsto dall'art. 33 quinques c.p.p., non essendo sufficiente, per evitare la preclusione, l'impugnazione con l'atto di appello dell'ordinanza trasmissiva degli atti.

Cass. pen. n. 3115/2000

È ammissibile, in caso di contrasto, il conflitto tra tribunale in composizione monocratica ed il tribunale in composizione collegiale. Infatti, e come emerge dalla relazione al D.L.vo n. 51 del 1998, l'inosservanza delle disposizioni sulla composizione collegiale o monocratica del tribunale (art. 33 quinquies, c.p.p.) non è considerata dalla legge “una questione di mera distribuzione degli affari interna all'ufficio”, ma dà luogo ad un vizio che può essere rilevato d'ufficio o eccepito dalle parti e comportare, persino, l'annullamento della sentenza e la regressione del procedimento (art. 33 octies, c.p.p.). Deve pertanto concludersi che la situazione di contrasto che può verificarsi all'interno dello stesso tribunale tra gli organi che lo compongono, non potendo essere risolta con provvedimenti di natura ordinatoria emanati dal capo dell'ufficio, dia luogo ad una situazione di “crisi” processuale, che configura uno dei casi analoghi di conflitto previsti dall'art. 28, comma 2, c.p.p., la cui risoluzione è rimessa alla Corte regolatrice.

Cass. pen. n. 2549/2000

Il contrasto negativo che insorga fra tribunale in composizione collegiale e tribunale in composizione monocratica a proposito della competenza a decidere su una determinata questione (nella specie concernente la materia dell'esecuzione), non è inquadrabile in alcuno dei casi di conflitto previsti dall'art. 28 c.p.p. (ivi compresi i c.d. «casi analoghi» di cui al comma 2 di detto articolo). Infatti la suindicata disposizione normativa trova applicazione soltanto quando, in presenza di una situazione di stallo, l'ordinamento non offra alcuna via per superarla; il che non si verifica nel caso in questione giacché, trattandosi di contrasto fra articolazioni interne di un medesimo ufficio giudiziario (del tutto analogo a quello che poteva verificarsi in passato fra sede centrale e sezioni distaccate della pretura circondariale) esso dev'essere risolto dal dirigente di detto ufficio, avuto anche riguardo a quanto previsto dagli artt. 47 e 47 quater dell'ordinamento giudiziario, i quali attribuiscono, tra l'altro, al presidente del tribunale e al presidente di sezione il compito di provvedere, per quanto di rispettiva competenza, alla distribuzione del lavoro fra le sezioni e fra i singoli giudici.

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